Fic: 404

Dec 12, 2012 18:28

Titolo: 404
Autore: lisachanoando (lizonair)
Beta: No one \o\
Fandom: RPF Muse/Placebo
Personaggi: Brian Molko/Matthew Bellamy (MOLLAMY \O/♥), Helena Berg, Cody Molko, Stefan Olsdal
Rating: PG
Warning: Slash, Fluff.
Wordcount: 3832
Riassunto: La mattina del dieci dicembre duemiladodici, Brian apre gli occhi e si ritrova avvolto in un centinaio di strati di coperte calde ma desolatamente solo nel proprio letto. Una tale mancanza di rispetto nei confronti della sua palese vetusta persona non può restare impunita. Peccato che Matthew sia irraggiungibile, e che pertanto a fare le spese per la sua insubordinazione sia tutto il resto del mondo.
Note: Tanti auguri, Brian \*O*/ Sì, lo so, il compleanno di Brian era l'altroieri, ma io ho bisogno di tempo per scrivere, specie da quando non riesco più a scrivere flashfic ed ogni storia approfitta di qualsiasi pretesto per diventare spropositatamente lunga XD
Comunque u.u Niente, in realtà questa fic non nasce da nessuna ispirazione precisa, semplicemente ad un certo punto l'altroieri ho cominciato a sentire Brian parlarmi nella testa come non accadeva da un po', e questo è il risultato ♥
Scritta per la Maritombola @ maridichallenge con prompt #15 (X e Y hanno una relazione a distanza), e sul prompt #41 (Ed è bello) della 500themes_ita.

404
Matthew aveva avuto quantomeno la decenza di presentarsi a casa il ventiquattro novembre senza por tempo in mezzo, questo Brian doveva riconoscerglielo. Non che ciò valesse in alcun modo a migliorare la sua posizione, considerando la situazione contingente che eliminava a priori qualsiasi possibilità di attenuanti applicabili, ma era giusto ricordare il particolare, fosse anche solo per darsi un singolo motivo al quale pensare quando l'avrebbe avuto nuovamente per le mani e si sarebbe trattato di decidere se lasciarlo in vita o terminare la sua patetica esistenza.
Il ventiquattro novembre mattina si era puntualmente fatto trovare sullo zerbino rosa a macchie leopardate fucsia che aveva preteso di scegliere personalmente quando avevano affittato l'appartamento ed erano di conseguenza dovuti andare all'IKEA per acquistare la relativa mobilia-barra-articoli di arredamento. Brian - imbottito di antibiotici per cercare di tenere a bada la tonsillite ricorrente contro la quale combatteva ormai da mesi, ed avvolto in una sciarpa arrotolata sei volte intorno al collo ed in una felpa larga almeno un paio di taglie in più rispetto alla propria - l'aveva accolto con la migliore fra le proprie espressioni affatto impressionate, come se, per Matthew, trovarsi lì quella mattina fosse il minimo da fare per non incorrere in qualche orrenda punizione divina coinvolgente mutilazioni e dannazioni eterne, cosa che peraltro corrispondeva al vero. Il suo sguardo di ghiaccio non s'era ammorbidito neanche quando Matt aveva piegato le labbra nel suo solito sorriso un po' triste e carico di scuse, ed aveva sfilato da sotto il cappotto una scatola di cioccolatini al liquore.
"Sorpresa," aveva abbozzato, e Brian aveva inarcato un sopracciglio, scostandosi dall'uscio per lasciarlo passare.
Ad onor del vero, bisognava riconoscere che le successive due settimane (tralasciando l’incidente relativo al Buddha in giada imperiale che era accidentalmente caduto sul piede di Matthew fratturandogli un dito, incidente col quale Brian negava recisamente di avere alcunché a che fare nonostante sia lui che Matthew sapessero perfettamente che non era così) erano state per Brian probabilmente le migliori in un lungo periodo in cui non avevano fatto che succedersi settimane peggiori, e bisognava riconoscere nondimeno che gran parte del merito per questo improvviso ed inopinato miglioramento andava senza dubbio attribuito a Matthew, il quale, preso atto della generica cattiva disposizione del proprio compagno rispetto al mondo circostante, invece di afferrare le proprie rachitiche stampelle e fuggire in Australia col primo volo disponibile, aveva ingoiato il rospo, smesso i panni del frontman di fama mondiale col gesso al piede ed indossato quelli della diligente infermiera devota per prendersi cura del proprio uomo depresso e malaticcio, cosa che, lentamente ma inesorabilmente, era riuscita a disciogliere lo spesso strato di ghiaccio attorno al cuore della Regina Checca delle Nevi, come Dom amava chiamarlo quando si riferiva a lui, rendendolo meno uggioso e più genericamente ben disposto, almeno nei confronti della sua persona.
Naturalmente, al punto in cui si trovava Brian quando, la mattina del dieci dicembre, si risvegliò, sommerso dai sei strati di coperte in differenti tessuti e a differente densità all'interno dei quali Matthew si era premurato di imbozzolarlo la sera prima dopo averlo imbottito di pasticche colorate e vomitevole tè bollente alla pesca nana del Madagascar, niente di tutta questa storia pregressa di amorevoli cure ed affezionate attenzioni aveva più un valore. La parte sinistra del letto era vuota e non c'erano crediti precedentemente accumulati che potessero rendere questa realtà meno offensiva o irritante.
Tirando rumorosamente su col naso, Brian strisciò all'esterno del caldo bozzolo, pentendosene all'istante e decidendo pertanto molto saggiamente di tornare indietro e nascondersi nuovamente sotto le coperte, impegnandosi il più possibile ad aggrottare le sopracciglia ed arricciare le labbra in un broncio impietoso. Lasciando emergere dalle coperte solo un braccio, come fosse un periscopio, recuperò a tentoni il cellulare abbandonato sul comodino e, pur sapendo già perfettamente cosa aspettarsi, provò a chiamare Matthew. La voce femminile impersonale ed anche vagamente antipatica della segreteria telefonica lo invitò gentilmente a riprovare più tardi o lasciare un messaggio dopo il bip, e lui, altrettanto gentilmente, la mandò a quel paese e poi chiamò Helena per la quotidiana telefonata mattutina a Cody. Cercava di andarlo a trovare il più spesso possibile - giornalmente, in periodi come quello in cui non era in tour e neanche impegnato ventiquattro ore su ventiquattro in studio - ma Helena gli aveva espressamente proibito di avvicinarsi a suo figlio - che da lui, oltre alle guance da criceto, aveva ereditato anche la salute particolarmente cagionevole - quando era ammalato.
Ad Helena bastarono venticinque secondi di conversazione per scoppiare in una risata divertita e sussurrargli "Matthew se n'è andato senza farti gli auguri, vero?". Al colmo del disappunto, Brian tirò su col naso un'altra volta e borbottò qualcosa di incomprensibile, rigirandosi fra le coperte.
- Cosa te lo fa pensare? - biascicò poi, cercando di sbirciare all'esterno del letto per capire che ore fossero.
- Non lo so, hai sempre quel tono di voce lì, quando sta qualche giorno e poi se ne va. - rise ancora Helena, - Oggi, poi, sembri particolarmente di malumore.
- Be', ti sbagli. - sbottò lui, - Matthew è qui e sta preparando i pancake per colazione. Mi ha promesso di metterci sopra lo sciroppo d'acero e portarmeli a letto, e se sono di malumore è solo perché sto diventando sempre più decrepito e brutto.
Helena rise ancora, divertita. Brian la immaginò scuotere il capo con aria a metà fra l'intenerito e l'incredulo mentre preparava una tazza di latte e cereali per Cody, e si concesse un sospiro stanco e vagamente nostalgico.
- Ovviamente non c'è nulla di vero in quello che hai appena detto. - commentò quindi, mentre Brian sbuffava ancora.
- Niente a parte il fatto che divento sempre più decrepito e brutto. - confermò lui, arreso, fra le risate divertite della sua ex. - Ma la pianti? - la rimproverò, fingendosi molto più offeso di quanto in realtà non fosse, - Hai il cuore di pietra, giuro. Cody?
- In arrivo. - lo rassicurò lei, allontanando la cornetta. "Cody, di' ciao a papà," la sentì raccomandarsi dolcemente col figlio a distanza.
- Papà! - strillò Cody, entusiasta, afferrando il telefono e fuggendo in un'altra stanza come faceva sempre quando parlava con suo padre, geloso di quei momenti d'intimità che solo a fatica riusciva a strappare dalla vita concitata dalla quale Brian non sembrava mai in grado di prendersi una pausa, - Tanti auguri!
- Grazie, piccolo. - rispose Brian in una mezza risata, accoccolandosi meglio fra le coperte, - Pronto per andare a scuola?
- Sì. - annuì lui, e poi Brian lo sentì come interrompersi all'improvviso per riflettere. - Zio Matthew è andato via senza farti gli auguri, vero? - domandò quindi, con l'aria di uno che chiede per scrupolo ma in realtà non ha alcun bisogno di sentirsi confermare a viva voce qualcosa che sa già essere vera.
- Che? - sbuffò Brian, spalancando gli occhi, - Ma da cosa l'hai capito?
- Boh, parli diverso quando se ne va. - rispose Cody con la massima naturalezza. Poi, dissipata la propria curiosità, tornò all'argomento principe della giornata. - Ti ho comprato un regalo! - annunciò felice, - Con la mia paghetta. - precisò con una punta di orgoglio.
- Davvero? - sorrise Brian, rigirandosi su un fianco.
- Sì! - confermò Cody, - Quindi guarisci presto, così posso dartelo.
- Va bene. - annuì Brian, compiaciuto, - Sono curioso di sapere--
- E' una borsa dell'acqua calda! - disse precipitosamente Cody, impaziente di rivelare al padre cosa avesse comprato per lui, - Così puoi dormire al caldo e smettere di ammalarti così spesso. - precisò, compiaciutissimo della propria scelta saggia ed evidentemente brillante.
Brian rise, scuotendo il capo con aria rassegnata.
- Va bene, tesoro. - concluse, - Ora vai a scuola. E ricorda da parte mia a mamma di rispiegarti di nuovo il concetto del regalo e della sorpresa.
- Papà, sei un cretino. - borbottò Cody, offeso, porgendo nuovamente il telefono ad Helena e correndo via per non perdere l'autobus per la scuola.
- Brian? - il sorriso perenne ed evidente nella voce di Helena lo investì come un'onda anomala di tepore improvviso, avvolgendolo tutto e costringendolo a propria volta ad un sorriso simile, - Che gli hai detto?
- Che dovevi rispiegargli il concetto dei regali e della sorpresa.
- Sei un cretino. - rise Helena, - Era solo impaziente di fartelo sapere. Sei contento?
- Estatico, - rispose Brian, accentuando ancora quel tono di offesa che si era ormai del tutto dissipato, - mio figlio mi ha appena confessato di avermi regalato una borsa dell'acqua calda, neanche fossi un nonnetto ottuagenario. Sono così depresso che penso mi trasferirò sul divano a guardare repliche di Dynasty ingozzandomi di cioccolatini.
- Bel modo di festeggiare i quaranta. - concordò Helena in una risata. - Cerca di rimetterti, piuttosto. - aggiunse più dolcemente, - A presto.
Dopo averla salutata, Brian si concesse altri cinque minuti sotto le coperte, prima di cominciare ad accorgersi di tutta quella serie di familiari doloretti ossei che avevano cominciato a tormentarlo recentemente quando si attardava a letto troppo a lungo. Sbuffando contro l'età e contro la ribellione ingiustificata del suo vecchio corpo, si costrinse a scivolare in una lagna infinita fuori dalle coperte, recuperando un plaid a scacchi dalla poltrona vicina e trascinandosi faticosamente verso il divano, fra le rassicuranti morbidezze del quale si lasciò sprofondare con un ennesimo sbuffo contrariato prima di avvoltolarsi la coperta attorno alle spalle.
Chiamare Stef non rappresentava niente di diverso rispetto al passaggio logico immediatamente successivo a tutta questa indecorosa fatica, motivo per il quale Brian si decise a non frapporre più la barriera della propria volontà fra se stesso e la telefonata, ed afferrò nuovamente il cellulare, schiacciando con forza il numero uno ed aspettando che l'autodialer facesse il resto.
- Pronto? - rispose la voce sempre pacata e compassata di Stef dopo non più di un paio di squilli.
- Stef. - cominciò Brian con aria grave, - Mio figlio mi ha comprato una borsa dell'acqua calda per il compleanno.
- Ossignore. - sbuffò Stef, passandosi una mano sulla faccia in segno di anticipata stanchezza rispetto alla conversazione che doveva ancora avere luogo, - Matthew se n'è andato senza farti gli auguri, vero?
- Che? - sbottò Brian, sconcertato, - Ma cosa c'entra?! Ma mi ascolti? Ti ho detto una cosa molto precisa. Mio figlio--
- Sì, ma è evidente che Matthew se n'è andato senza farti gli auguri, - insistette Stef, - E tu sei incredibilmente contrariato da questo fatto.
- ...be', sì. - ammise Brian, piegando le labbra in un broncio carico di disappunto, - Sì, se proprio vogliamo dimenticarci che oggi compio mille anni e questo sarebbe già un motivo più che sufficiente per essere contrariato, Matthew se n'è andato senza farmi gli auguri e questo mi rende ancora più contrariato, contento? Come hai fatto a capirlo?
- Non lo so, - rispose Stefan, quasi stupito dalla domanda, come non avesse mai pensato di potersi chiedere una cosa del genere, - E' qualcosa nella tua voce, quando se ne va c'è sempre.
- Ma piantala. - sbuffò lui, - Comunque non c'è. Se n'è andato. Ieri sera! Non ha neanche aspettato la mattina. E' fuggito via nella notte come un delinquente. Potrei denunciarlo.
- Per cosa, lesa maestà? - domandò curiosamente Stefan.
- Zitto! - lo interruppe Brian, urtatissimo, - Non capisci la gravità della situazione?
- Brian, i Muse sono in concerto ad Helsinki, stasera. - cercò di ragionare Stef, mentre Brian lo immaginava pinzarsi la radice del naso e fissare il soffitto con aria supplice, invocando un qualche miracolo che potesse salvarlo dalla successiva mezz'ora di conversazione, - Nonostante i tuoi ripetuti tentativi di sabotare il loro tour attentando alla vita del loro cantante nonché tuo fidanzato usando enormi Buddha di giada come armi contundenti.
- Queste sono volgari illazioni delle quali non mi curerò nemmeno, e comunque poteva anche partire stamattina! - sbuffò Brian, - Ci sono meno di tre ore di volo, da qui a lì. E poi nessuno mi leverà mai dalla testa che abbia fissato la data di ripresa del tour oggi appositamente per non restare con me il giorno del mio compleanno. - concluse con un altro sbuffo offeso.
- ...certo. - sospirò Stef, - Brian, cerca di riflettere un minimo. Hai dimenticato di prendere le tue medicine?
- Impiccati.
- Scherzo. - rise Stef, - No, dai, sul serio. A parte che le date del tour non le decide personalmente Matthew e non poteva certo dire al tour manager "no, guarda, il dieci dicembre no che se non sto a casa per il suo compleanno il mio uomo si sente trascurato". Ma poi, se davvero avesse preferito andarsi a nascondere in Finlandia proprio oggi, potresti biasimarlo?
- ...non mi piace dove sta andando a parare questo discorso. - sentenziò cupamente Brian, tirandosi su la coperta fin sotto al naso, - Penso che riattaccherò, ora.
- Davvero, Brian. - insistette Stefan, sospirando pesantemente ed ignorando del tutto la sua vana minaccia, - Sono almeno due mesi che fai terrorismo psicologico su quel povero disgraziato. Io per primo non ho ancora capito se questi benedetti auguri per questi benedetti quarant'anni li vuoi fatti o no. E se non l'ho capito io, figurarsi se può averlo capito Matthew, che per carità, ha tanti pregi, ma certamente, quando Madre Natura distribuiva la sagacia, era impegnato a mangiare la sabbia nella piscinetta del parco giochi ed è risultato assente.
Brian sbuffò sonoramente, cercando di trattenere l'impulso di ridere causato dall'immagine mentale che Stefan gli aveva appena regalato.
- E' per questo che non mi hai ancora fatto gli auguri? - domandò quindi, - Perché non hai capito se li voglio o meno?
- Ecco, appunto. - sospirò Stef, - Scusa, Brian. Auguri.
- No! - strillò istericamente Brian per tutta risposta, - Non li voglio! Cosa c'è da festeggiare in me che mi trasformo lentamente in Matusalemme?!
- Ma vedi? Vedi?! - strillò anche Stefan, nella voce la stessa sfumatura isterica che colorava anche quella di Brian, - Sono due mesi che ti comporti così! Se provavamo ad organizzare qualcosa per il tuo compleanno sbuffavi subito che non c'era niente da festeggiare, se rinunciavamo ti offendevi perché avevamo rinunciato troppo in fretta e non ti sentivi abbastanza considerato, e ti stupisci davvero che Matthew preferisca fuggire al circolo polare artico piuttosto che restare lì a farsi trattare malissimo solo perché non ti piace invecchiare e puntualmente quando ti accorgi che sta accadendo diventi isterico?!
- Io non sono per niente isterico! - strillò Brian, dimostrando quindi di esserlo eccome, - E sai cosa ti dico? I tuoi auguri ed anche i tuoi rimproveri non richiesti te li puoi anche tenere per te!
- Bene! - strillò anche Stef, - Non chiedo altro! Arrivederci!
- Addio! - rispose Brian, alquanto drammaticamente, prima di interrompere la chiamata con la stessa violenza con la quale avrebbe schiacciato uno scarafaggio orrendo se se lo fosse trovato di fronte sul ripiano della cucina e poi, non contento, lanciando il telefono sull’angolo opposto del divano, augurandosi di non rivederlo mai più.
Tutto quel movimento e tutta quella concitazione avevano avuto un solo effetto sul corpo di Brian, naturalmente negativo, perché non esisteva fenomeno naturale, atmosferico o emotivo che non avesse effetti negativi sul corpo di Brian: gli avevano fatto venire fame. Gorgogliando con estremo disappunto, Brian strisciò giù dal divano, avvolgendosi nella coperta per trascinarsi stancamente in cucina. Aveva bisogno di qualcosa di caldo, morbido e dolce, per cui decise che avrebbe preparato una camomilla ed avrebbe dunque passato la successiva mezz’ora ad inzuppare biscotti finché non fossero diventati morbidi abbastanza da poter essere ingeriti anche dal suo organismo palesemente secolare.
Si fermò sulla soglia della porta, però, notando un bigliettino - in realtà un quadrato di carta strappato da una pagina di un quaderno a quadretti - appeso alla maniglia con lo scotch. Lo staccò per portarlo più vicino al viso e poterlo leggere più agevolmente. Il biglietto, nella calligrafia incasinata ed onestamente indecorosa per un ultratrentenne che Matthew si ostinava a conservare neanche fosse un tratto distintivo della propria personalità, recitava: “Dunque, siccome siamo stati insieme senza praticamente mai vedere nessun altro due settimane e nonostante questo non sono riuscito ad assorbire per osmosi se volessi ricevere gli auguri ed un regalo per il compleanno o meno, io per non saper né leggere né scrivere il regalo te l’ho fatto, però poi sono anche fuggito in Finlandia dove non potrai farmi alcun male se la cosa non dovesse andarti a genio. Scusami, Bri, io ti amo ma amo anche le mie gambe, i miei piedi e in generale tutte le varie parti del mio corpo. Sono fuggito per autoconservazione.
Comunque, il regalo è oltre questa porta. Buon compleanno!”
Inarcando un sopracciglio e sbuffando dal naso, Brian appallottolò il bigliettino e lo ficcò senza riguardi in una delle tasche anteriori della felpa, spalancando la porta della cucina con un calcio e preparandosi a ritrovarsi sotto gli occhi quello che ovviamente sarebbe stato il regalo di compleanno più orrendo che si fosse mai visto da quando l’uomo aveva inventato l’usanza di regalare cose brutte ed inutili alla gente per festeggiare un fatto che non aveva alcun diritto di essere festeggiato, e poi, altrettanto ovviamente, si immobilizzò sulla soglia, gli occhi spalancati, le labbra dischiuse in segno di sorpresa, una miriade di fiori multicolori ad incontrare il suo sguardo ovunque lo guardasse.
- Oddio… - mormorò, muovendo un paio di passi incerti all'interno della stanza, - Oddio.
Matthew aveva spostato il tavolo per la prima colazione al centro esatto della cucina, cosa che, in qualsiasi altro momento, non gli avrebbe fatto guadagnare altro che una strigliata e possibilmente un paio di scapaccioni molto forti dietro la nuca. Non in quel momento, però, specialmente considerato il fatto che, sul ripiano del tavolo, campeggiava il portatile personale di Matthew, aperto ed acceso da chissà quante ore, peraltro. Sullo schermo, un video in attesa di partire ed un altro quadratino di carta a quadretti attaccato con lo scotch, con sopra scritto "pigia play!".
In estatico, quasi ascetico silenzio, Brian prese posto sulla sedia addobbata con un cuscino a forma di cuore che Matthew aveva sistemato proprio davanti al computer ed avviò il filmato. Per i primi tre o quattro minuti non si vedeva altro che Matthew che cercava di spostare il portatile in modo da inquadrarsi in maniera appena passabile, il tutto condito da una sequela di imprecazioni e insulti talmente buffi che, nonostante il mal di gola, Brian non poté fare a meno di ridere di gusto.
Dopodiché, intorno al quinto minuto di registrazione, il vero e proprio video d'auguri ebbe finalmente inizio.
"Ehi. Ciao. Buon compleanno!" diceva Matthew, agitando la manina oltre lo schermo, "Lo so che sei arrabbiato con me, avrei dovuto restare, ma mi facevi paura. Smettila di farmi paura, Brian. Perché devi sempre farmi paura? Ma poi, perché il tuo compleanno deve essere sempre una cosa così complicata? Io invecchio esattamente come invecchi tu, ma non faccio tutte queste storie, ogni anno."
Brian lo osservò interrompersi e poi schiarirsi imbarazzato la gola, come potesse osservarlo aggrottare le sopracciglia in reazione alle sue ultime parole.
"Ma sto andando fuori tema!" riprese a chiacchierare quindi, sollevando entrambe le mani in un gesto esageratamente gioioso. "Niente, dunque. Ho pensato a lungo a cosa regalarti per il compleanno, ma la verità è che sei troppo complicato per me. Okay? Lo ammetto candidamente. Non riesco a starti dietro. Per cui, visto che non ti manca niente e regalarti uno stupido orologio o uno stupido dolcevita mi sarebbe sembrato ridicolo, ho pensato di riempire la cucina di fiori e girarti un video. Anche perché tu gli orologi non li usi che ti danno fastidio al polso, e i dolcevita figurarsi, che metti magliette con lo scollo a v fino all'ombelico anche in pieno gennaio. Ho pensato, magari i profumi dei fiori gli liberano le vie respiratorie - aromaterapia! - e il mio video lo mette di buon umore - Matthewterapia! - per cui mi è sembrata la scelta più sensata," Brian lo osservò arricciare le labbra in una smorfia pensosa e grattarsi il mento con ponderazione, "Mi sovviene adesso che forse non è una scelta tanto sensata, ma mi è sembrata carina, sul momento. Meno male che sono in Finlandia."
- Meno male che sei un cretino e non posso prenderti a pugni perché sarebbe come perpetrare atti di crudeltà contro gli animali! - rise Brian, assestando un colpetto vagamente affettuoso sul fianco del portatile e poi incrociando le braccia sul tavolo ed appoggiandovi sopra il mento per continuare a guardare lo schermo con aria sognante, mentre Matthew continuava a parlare.
"Insomma, niente, volevo solo dirti che sono felice che stai invecchiando. Cioè, sono felice che stiamo invecchiando. Insieme. Nel senso che è una cosa bella ed io un po' l'ho sempre sognata, cioè, invecchiare insieme alla persona che amo. Che saresti tu. E quindi, boh, niente, tutto quello che spero è di riuscire a rendere il tempo che passa una cosa meno brutta per te, come tu la rendi una cosa meravigliosa per me. Ed ora, visto che palesemente non sono capace di parlare come una persona seria, però so cantare come una persona seria, ecco... ecco," biascicò, allungandosi fuori dall'inquadratura per recuperare una chitarra acustica abbandonata lì di lato, "Buon compleanno, Bri."
Avrebbe voluto risparmiarselo, giusto per fingere di possedere ancora un briciolo di dignità e non avere lasciato che lo stupido folletto dagli occhi azzurri del quale s'era innamorato gliela strappasse tutta di dosso, ma per tutti e cinque i minuti che seguirono, e che videro Matthew impegnarsi in una ridicola quanto adorabile cover di Absolute Beginners per voce e chitarra, Brian non riuscì neanche per un secondo a trattenere le lacrime.
Naturalmente, Stef si aspettava la telefonata che lo raggiunse pochi minuti dopo la fine dello spettacolo, motivo per il quale invece di rispondere al telefono col solito laconico "pronto?" trovò più opportuno rispondere con un semplice ed efficace "vai".
- Sono un cretino epocale. - biascicò Brian, ancora impegnatissimo ad asciugarsi le lacrime.
- E questo ormai non stupisce più nessuno. - sospirò pazientemente Stef, - Quanto è bello il regalo che ti ha fatto, da uno a dieci?
- Venticinque. - ammise Brian in un mugolio intenerito.
- Bene. - sorrise Stef, - Allora chiamalo, uomo orribile che non sei altro.
- Ma non risponde, - si lamentò Brian, - ho già provato!
- Dio mio, devi averlo terrorizzato proprio parecchio.
- Sta’ zitto, non ti ho dato il permesso di prendermi in giro. Proverò a mandargli un messaggio. - concluse lui, annuendo a se stesso con palese eccessivo autocompiacimento.
- Ecco, bravo. - rise Stef, - Fammi sapere poi.
- Seh. - concesse Brian, prima di interrompere la chiamata e restare poi in contemplazione della schermata per l'invio dei messaggi per i successivi dieci minuti. La testa ancora confusa dalla commozione e dalla generica esondazione d'amore che stava colpendo il suo povero cervello vecchio e stanco, si arrese con un gemito alla propria incapacità di trovare qualcosa di divertente e-barra-o spiritoso e-barra-o simpatico da scrivere a Matthew, e pertanto si limitò a scrivere "cretino".
Mattew chiamò puntualissimo pochi secondi dopo, e nello schiacciare il tasto verde per rispondere alla telefonata Brian si concesse un sorriso soddisfatto. Si sentiva già meglio.
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