Titolo: If you are okay with me, I'll listen to your problems
Fandom: Hey!Say!Jump
Pairing: Takaki Yuya x Chinen Yuri
Rating: PG13
Avvertenze: Slash, Death!Fic
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: Poteva essere solo uno scherzo.
Note: Scritta per dalla prima giornata del “Carnevale delle Lande” indetta da
maridichallenge e per la
khorakhane_ita con il prompt “E ora sorridimi perché presto la notte se ne andrà” e per per la Zodiaco!Challenge indetta da
fiumidiparolecon il prompt "Bad Ending"
WordCount: 2113@
fiumidiparole Prompt fillato: “Sii sincero almeno per una volta.” di
yukiko_no_niji **
Urlava Chinen. Urlava tutta la rabbia e la disperazione che aveva in corpo. Tutto quello, ne era pienamente consapevole, non aveva un senso.
Non aveva un senso.
Nulla, nulla, nulla di tutto quello poteva essere reale.
Poteva essere solo uno scherzo. Uno scherzo di pessimo gusto perché nulla, e ripeteva nella sua testa nulla, poteva giustificare tutto quello che stava vivendo.
**
Da piccolo adorava la voce di Yamada. La sentiva squillante dentro le sue orecchie, sempre pronto a farlo ridere.
Quando era ancora un Junior, vedeva sempre Yamada intorno a sé. Lo vedeva e si sentiva a casa perché lui era l'unico che lo trattava come un amico, uno di quelli a cui tieni davvero.
E quando arrivava l'ora di andare via, non partiva se non lo aveva salutato. Ci era affezionato a quel ragazzino buffo con la faccia rotonda Chinen.
Gli voleva bene. Ero l'unico a cui avrebbe potuto voler bene là dentro, a parte Ohno-kun. Ma lui lo amava. Era un amore diverso.
Era sicuro che Ohno-kun non se la sarebbe presa se fosse diventato amico di Yamada che gli voleva così tanto bene.
Era giusto essere suo amico.
Gli voleva davvero tanto bene. Non voleva separarsi da lui. Gli dava calma e sicurezza.
**
Gli morì la voce in gola. Non riusciva più a sentire le parole di chi parlava intorno, non riusciva più a vederle o a tenere un semplice contatto con la realtà.
Due braccia lo circondarono, tenendolo fermo. Chinen si agitò in mezzo a quelle braccia familiari, senza riuscire però a liberarsi.
Urlò, ancora e ancora, il volto rigato dalle lacrime.
La stretta su di lui si fece più forte e lui continuava a dimenarsi, con tutta la forza che aveva in corpo.
**
La routine era praticamente sempre la solita. Scendeva alla stazione della metropolitana alle otto in punto del mattino. Seguiva l'orda di ragazzini della sua età lungo la strada principale per qualche minuto poi all'angolo trovava sempre Yamada che lo aspettava.
Era là, che si guardava intorno, con la cartella sulle spalle, la divisa scolastica un po' sgualcita, che mangiava un panino.
Senza rendersene conto Chinen aumentava il passo, solo per raggiungerlo prima, solo per poter stare con lui qualche minuto in più, solo per sentire di nuovo quella sensazione di tranquillità e quell'affetto che fra le mura domestiche non riusciva a trovare.
Poi si dirigevano insieme verso la scuola, seguivano le lezioni e andavano a mensa. Chinen era piuttosto abitudinario e prendeva quasi sempre il solito menù, mentre Yamada lo cambiava continuamente. Una volta il riso al curry, una volta la carne, altre volte ancora del pesce fritto.
Appena la campanella suonava annunciando la fine delle lezioni, entrambi scattavano in piedi, dirigendosi verso la jimusho dove li attendevano gli allenamenti o delle riprese o chissà che altro.
Si allenavano, si cambiavano e, se c'era ancora tempo, facevano uno spuntino prima di cena.
Oppure rimanevano fuori. Yamada non avvisava mai la madre che, puntualmente, lo riprendeva.
Il più grande veniva ripreso anche a lezione, perché non stava mai attento. Era sempre perso a fissare fuori dalla finestra, a pensare a chissà che cosa, a sognare qualcosa che era solo nella sua testa.
Ma a Chinen piaceva anche per questo.
Crescendo, continuò a dirsi che di certo Ohno-kun sarebbe stato felice nel sapere che aveva trovato un amico così fidato e sincero.
**
Urlò, di nuovo, chiamando il suo nome con tutta la voce che aveva in gola, sapendo che l'altro non avrebbe mai potuto sentirlo.
I singhiozzi gli spezzavano il fiato e non riusciva più a respirare bene.
Non sentiva nulla di quello che gli veniva detto. Sentiva solo il vuoto, il vuoto in mezzo al petto che lo stava mangiando, che lo stava logorando, che lo risucchiava in un buco nero.
Avrebbe voluto accasciarsi a terra, piangere, battere i pugni, chiedere a qualcuno perché gli fosse successo tutto quello.
Ma sapeva che nessuno gli avrebbe mai potuto una risposta.
Era successo. Basta.
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Il rapporto fra lui e Yamada si fece sempre più morboso. Ora che avevano debuttato insieme nello stesso gruppo, avevano ancora più tempo a disposizione. Non che prima stessero poco insieme, ma Chinen poteva sfruttare quell'opportunità per stare ancora di più fuori casa, per sentirsi amato.
Perché Yamada gli dava quella sensazione. Si sentiva amato da lui, si sentiva coccolato, si sentiva protetto.
Il sorriso del più grande lo faceva sentire bene. Curava la sua sofferenza, la sua solitudine, come mai nessuno, ne era sicuro, sarebbe riuscito a fare.
Era un amico che non avrebbe mai abbandonato. Per Chinen era difficile parlare dei suoi sentimenti, era difficile aprirsi perché aveva sempre avuto paura del rifiuto degli altri.
Quindi preferiva essere lui quello che chiudeva le porte in faccia, perché non avrebbe sopportato vedere qualcuno che le sbatteva in faccia a lui, non dopo che si era esposto così tanto.
Ma con Yamada... con lui era tutto diverso. Parlargli era semplice, naturale. Gli veniva spontaneo andare a casa sua o chiamarlo e sfogarsi, parlargli della sensazione di inadeguatezza che sentiva o di ciò che lo faceva stare male.
Lui non avrebbe mai tradito. Sarebbe rimasto con lui, per sempre, si sarebbero sempre supportati a vicenda perché loro due, in fondo, erano simili, più simili di quello che avrebbero potuto dire.
Avevano entrambi paura della solitudine e stavano sempre insieme proprio per questo.
Stretti l'uno contro l'altro nel letto di un albergo durante un temporale, Chinen si faceva coccolare dal più grande.
Yuri aveva alzato gli occhi verso Yamada, cercando un po' di conforto. Sorrideva, nonostante gli occhi lucidi.
« Tranquillo Chii-chan. » gli aveva sussurrato. « Sorridi e addormentati. Presto la notte finirà. »
**
Lentamente smise di ribellarsi, accasciandosi fra quelle braccia forti che, ancora una volta, gli davano conforto.
Singhiozzava e basta Chinen, inginocchiato a terra, il volto coperto dalle mani per coprire quelle lacrime, il corpo affannato dal pianto.
Rimase a lungo, su quel pavimento gelido a chiamare il nome di una persona che non sarebbe mai più tornata da lui.
Le braccia non lo avevano ancora lasciato andare e, appoggiandosi contro il petto dell'uomo che amava, sperava solo che non se ne sarebbe mai andato.
**
Erano grandi ormai. O, per lo meno, era quello che pensava Chinen. Aveva quindici anni e si sentiva il padrone del mondo.
Quella sera, dopo le ultime prove di ballo, si era avvicinato a Yamada e lo aveva preso da parte, dicendogli che sulla strada verso la stazione gli doveva parlare.
L'altro aveva annuì, sorridendogli ed era andato a farsi una doccia.
Fuori dagli studi faceva un po' freddo, ma Chinen, pieno di felicità, non ci fece nemmeno caso.
Porse a Yamada una scatola di tamagoyaki appena comprati e s'incamminarono.
« Mi sono messo con Yuyan. » aveva esordito Chinen continuando a camminare « Lui ha detto che per ora non stiamo insieme, che è solo una prova. Ma io lo conosco. Stiamo insieme. » si voltò verso Yamada, fermò qualche metro prima di lui « Ryo-chan, che cosa c'è? » aveva chiesto, senza riuscire a capire.
L'altro lo aveva guardato come se non lo vedesse realmente per qualche altro secondo, poi aveva scosso la testa. Lo aveva raggiunto, continuando a sorridere, chiedendogli altre cose su quel rapporto fra lui e Yuya.
Ma Chinen non riusciva più a confidarsi. Perché Yamada aveva quel sorriso triste? Perché non lo guardava negli occhi, mostrandogli quel luccichio di affetto che solo da lui era riuscito a vedere?
Si morse un labbro a sangue e chinò la testa, rispondendo svogliatamente alle sue domande. Improvvisamente, davanti alla tristezza di Yamada, sembrava aver perso tutta la sua appena conquistata felicità.
**
Rimase a lungo a terra, incurante del freddo e della fame. Sussurrava il suo nome, facendosi cullare dall'abbraccio di Yuya, mentre lo chiamava, ormai lo lontano.
Le voci degli altri ragazzi lo raggiungevano lievemente, a volte udiva dei singhiozzi, sempre comunque troppo lontane perché potesse farsi influenzare da solo.
Perché piangevano? Che cosa ne sapevano, loro, di Yamada?
Che cosa ne sapevano della sua gentilezza, della sua sensibilità, del suo affetto? Del suo stupidissimo ottimismo o della sua incredibile e incontrollata voglia di vedere sempre del bene negli altri?
Cosa ne sapeva della sua sofferenza, della sua solitudine, di quel dolore che si portava dentro fin da quando erano bambini e che aveva condiviso solo con lui?
**
« Chii-chan! » lo chiamò Yamada.
Era buio e faceva freddo quella sera. Davvero troppo freddo, anche se capodanno era passato da poco.
Yuri aveva alzato la testa dai libri. Il camerino era pieno di gente, ma a lui non interessava. Doveva finire dei compiti o non avrebbe passato il tempo.
« Chii-chan, ti rendi conto che fra poco ci diplomiamo? Un mese, solo un mese e poi potremo finalmente andarcene via da scuola. » il più grande si era lasciato andare a mugolii soddisfatti accasciandosi contro la sedia.
Yuri aveva annuito, senza aggiungere altro. Poi lo aveva afferrato e trascinato fuori dalla stanza.
« Chii-chan, che cosa c'è? »
« Smettila. » aveva mormorato Chinen senza guardarlo negli « Smettila. Mi dai fastidio. »
« “Smettila” di fare che cosa? »
« Di amarmi. Mi dà fastidio vedere come non te ne frega niente se io sto con Yuyan. Mi dà fastidio vederti piangere di nascosto perché non ti amo. Mi dà fastidio pensare che ti sto facendo soffrire, perché è l'ultima cosa che vorrei. Quindi, smettila di amarmi. »
Yamada aveva annaspato per un po' prima di negare con tutte le sue forze di essere innamorato di lui.
Poi la conversazione era sfuggita di mano, ad entrambi. Avevano iniziato ad alzare la voce, ad urlarsi a vicenda, a parlare di cose che credevano seppellite.
Yamada gli riversava addosso tutta la sua frustrazione, perché non era stato in grado di far innamorare Chinen di sé mentre il più piccolo, umiliato da quella situazione, gli rispondeva che non era colpa sua se non lo aveva mai amato e che non sarebbe mai potuto accadere.
Yamada aveva aperto e chiuso un'altra volta la bocca, le guance rigate dalle lacrime, scese involontarie dopo quelle parole. Chinen lo vide stringere i pugni.
« Sii sincero almeno per una volta. » gli aveva detto « Tu volevi solo sbattermi in faccia la sua felicità. Volevi solo che io fossi invidioso e geloso di te, volevi che soffrissi perché tu aveva qualcosa da proteggere mentre io ero sempre ad un passo dietro di te. Tu... per tutti questi anni hai sempre e solo cercato il mio dolore. » aveva urlato con tutta la voce che aveva in corpo.
Chinen era rimasto senza parole e a nulla servirono le parole dei colleghi. Non riusciva a parlare.
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Ora che cosa avrebbe fatto Chinen? Yamada era sempre stata la sua ancora di salvezza, quel luogo di pace e tranquillità dove poter andare quando aveva dei problemi, qualcuno che avrebbe potuto ascoltarlo senza prenderlo in giro, senza che lo abbandonasse per le sue stupide paranoie.
Senza Yamada il suo mondo non aveva un senso. Ryosuke era una delle colonne portati, lo aveva sempre saputo e farselo sfuggire così... era stato da stupidi.
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Quando, tre giorni dopo, Chinen era rientrato nel suo appartamento e aveva trovato il corpo di Yamada morto nel suo letto, aveva urlato.
Aveva urlato e urlato mentre cercava aiuto, mentre cercava di salvarlo. Ma era morto già da tempo ormai e ogni suo sforzo era vano.
La lettera che Yamada gli aveva scritto gli apriva il cuore in due, strappandoglielo a mani nude dal petto.
Diceva che lo amava, Yamada, diceva che si scusava per quelle parole, che avrebbe voluto essere un amico migliore, che avrebbe voluto davvero smettere di amarlo.
Ma che non ci sarebbe mai riuscito perché per lui Chinen era tutto quanto il suo mondo.
Si scusava, per tutto quel dolore. Si scusava e gli diceva, scherzando, che quando sarebbe toccato anche lui avrebbe potuto punirlo se voleva.
Lo avrebbe accettato.
E poi se ne era andato. Era andato via da lui.
Per sempre.
**
Riprendersi non fu semplice. Anzi. Pensava a Yamada in ogni momento. Sentiva il senso di colpa graffiargli il petto, perché sentiva che era colpa sua.
Yamada aveva provato a smettere di amarlo perché lui aveva detto che gli dava fastidio. Ma non ci era riuscito quindi aveva preferito uccidersi.
In casa sua. Nel suo letto.
Perché gli dava sicurezza, quella stessa sicurezza che invece era Yamada che dava a Chinen, giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno.
Invece adesso era da solo.
Yamada si era ucciso e non poteva crederci.
Socchiuse gli occhi, ripensando a quello che gli aveva detto una sera di quelle Yamada, quando erano terrorizzati per un temporale.
« E ora sorridimi, perché presto la notte se ne andrà, Chinen. Se ne andrà e il temporale non ci sarà più. »
Quella sera chiuse gli occhi, stringendo la mano di Yuya. Il temporale forse non ci sarebbe più stato la mattina dopo, ma sapeva che la voragine nel suo petto sarebbe stata sempre presente.
E non se ne sarebbe mai andata.
Nonostante ciò, ripensando alle sue parole, riuscì a sorridere.