Titolo: My chest won't forget this warm {Hey!Say!Jump - Shinku}
Fandom: B.I. Shadow
Pairing: Kikuchi Fuma x Kochi Yugo
Rating: R
Avvertenze: Slash,
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: Fortunatamente il compagno di stanza era tornato a casa per una vacanza e quindi era del tutto solo.
Note: Scritta per la
diecielode con il prompt “Volevo capirti, ma quello che stavo facendo era solo raschiare la superficie.”, per la Zodiaco!Challenge indetta da
fiumidiparolecon il prompt "Bad Ending" e per il terzo giorno di “Carnevale delle Lande” indetto da
momenti_perdutiWordCount: 1520@fiumidiparole
Prompt fillato: "[B.I. Shadow] Kikuchi Fuma/Kochi Yugo, dopo la notizia del debutto dei Sexy Zone" di
vogue91 *°*
Chiuso nel buio della sua stanza, Kochi stava fissando il nulla davanti a sé. Era seduto sul letto, con le ginocchia al petto e gli occhi rossi e umidi da un pianto recente.
Subito dopo le registrazioni delle due puntate dello Shounen Club quel pomeriggio era rientrato immediatamente al dormitorio e si era chiuso a chiave dentro la stanza. Fortunatamente il compagno di stanza era tornato a casa per una vacanza e quindi era del tutto solo.
Era rientrato e si era tolto le scarpe, abbandonandole disordinatamente all'ingresso. Si era tolto il cappotto, che aveva appeso senza fare attenzione all'appendiabiti e poi si era spogliato, aveva gettato i vestiti sudati nel cesto dei vestiti sporchi nel piccolo sgabuzzino e si era chiuso in bagno, intenzionato a farsi una lunga doccia.
Quel giorno gli sembrava di aver lavorato il triplo del solito e non solo perché durante le registrazioni aveva partecipato ad entrambi i giochi di metà puntata, ma anche perché, gli era parso, le coreografie erano incredibilmente complicate.
Oppure era solo lui che aveva la testa altrove dalla mattina e quindi gli sembra tutto difficile.
Era rimasto sotto il getto dell'acqua bollente per più di un'ora, sentendo la pelle della schiena e delle spalle ustionarsi, arrossarsi e forse screpolarsi a causa del calore eccessivo. Eppure nulla di quel dolore gli sembrava minimamente paragonabile al vuoto che sentiva dentro di sé.
Quando era uscito dalla doccia, aveva preso il ramen precotto, aveva aperto parte dell'armadio che nascondeva un piccolo angolo cottura e aveva mangiato distrattamente, guardando la televisione. Il telegiornale era catastrofico, come sempre, quindi a metà puntata aveva girato ed era rimasto su MTV.
Stava sparecchiando la scrivania quando dalla televisione arrivarono le note di “Sexy Zone”. La ciotola e le bacchette scivolarono nel lavandino, sfuggite dalla presa del ragazzo che si affrettò a chiudere nervosamente l'apparecchio.
Era tornato traballando verso il lavandino, leggermente scosso da come delle semplici note potessero destabilizzarlo così tanto. Tornò a lavare la ciotola e la mise nello scolapiatti, sopra la sua testa. Recuperò la scatola vuota del ramen istantaneo, gettandola nel cestino.
Per tenersi occupato iniziò anche a sistemare la stanza, arrivando a sfiorare un ordine che i medici avrebbero definiti ossessivo - compulsivo. Tornò in bagno a sistemare, ad asciugare l'acqua che era caduta a terra mentre si faceva la doccia, poi ritornò nella stanza, e si sedette sul letto, dopo aver chiuso tutte le luci.
Era fermo, immobile da ore ormai. Nella sua testa, nonostante avesse fatto di tutto per distrarsi, sentiva ancora la voce di Nakajima.
Gli rimbombava, come se ci fosse continuamente l'eco dentro il cervello. Gli sembrava di rivivere in loop la scena e più la vedeva, più stava male.
Si sentiva vuoto. Svuotato da ogni emozione, svuotato da ogni sensazione, svuotato da tutta la voglia di vivere che aveva avuto fino a quella mattina.
Avrebbe voluto aprirsi la testa, spaccarla contro il muro e afferrare a mani nude quei pensieri, estirpandoli da dentro di sé.
Eppure, per quanto il solo pensiero lo facesse stare male, la voce di Kento continuava a risuonare, con un tono languido, seducente e lascivo che, ne era sicuro, quella mattina non aveva.
Dentro di sé si alternavano immagini di Kento e di Fuma, insieme, in ogni momento della giornata.
Li immaginava abbracciati, li immaginava sotto la doccia, li immaginava stretti l'uno all'altro, mentre si rotolavano fra le coperte, mentre Fuma stava sopra al più grande, con la stanza che odorava di sesso e di sudore, il loro sesso e il loro sudore.
Li immaginava mentre si baciavano, mentre Fuma, con un gesto più veloce, veniva dentro Kento, esattamente come fino a poche settimane prima il più piccolo faceva con lui.
E pensare a quello cose lo distruggeva. Aveva sempre creduto ciecamente alle parole di Fuma, alle sue promesse, ai suoi regali, alla sua voce. Aveva sempre dato tutto sé stesso per quella relazione, senza mai sottrarsi, facendo sempre e solo sacrifici.
Aveva scavato contro quel muro, lottando fino a farsi male. Aveva lavorato, cercando di andare oltre quella superficie impervia che lo ostacolava.
Ma, a quel punto, poteva solo pensare che era stato solo un folle nel pensare di essere andato un po' più a fondo.
Era stato difficile parlare con Fuma, era stato difficile mettersi con lui ed era stato altrettanto difficile continuare a tenerselo stretto. Eppure lo aveva fatto e, evidentemente, aveva fallito.
Si strinse ancora di più le gambe al petto, nascondendo la faccia fra le ginocchia e sentì le guance umide.
Piangeva e non sapeva esattamente perché avesse iniziato a farlo proprio in quel momento. Perché non lo aveva fatto quella mattina, quando aveva sentito quella voce maledettamente lussuriosa di Kento mentre parlava con quello che doveva essere il suo fidanzato?
Perché non lo aveva fatto durante la pausa fra le due registrazioni, chiuso nel bagno mentre osservava la sua stessa faccia, incredibilmente bianca e stravolta?
Perché non aveva pianto mentre si faceva la doccia, cenava o puliva casa? Perché proprio quel momento?
Perché proprio con quelle immagini nella testa, con quella voce?
Singhiozzò ancora più forte, serrando le mani a pugno e sentendo le unghie che tagliavano la carne dei palmi della mano.
Avrebbe voluto fare qualcosa. Qualunque cosa perché riuscisse a smettere di piangere.
Eppure non ci riusciva. Ogni cosa gli faceva riportare la memoria a quei momenti.
La mattinata era iniziata piuttosto bene. Appena arrivato agli studi televisivi, aveva incontrato i suoi amici ed erano andati insieme a fare colazione. Erano in anticipo e che senso aveva rimanere a prendere freddo davanti a delle porte chiuse?
Erano rientrati che c'era già qualcuno nei camerini generali. Rimase a parlare un po' con Juri e con Shintaro. Gli piaceva stare con loro nonostante fossero più piccoli.
Si voltò verso l'ingresso quando sentì la porta aprirsi. Erano altri Junior. Intravide la stanza del camerino dei “Sexy Zone” aperta.
Vide solo un paio di borse gettate sul divanetto, ma non vide nessuno. Aveva voglia di salutare Fuma.
Era qualche giorno che non si vedevano dati gli impegni del più piccolo, ma non si era mai lamentato. Era via per lavoro, non per piacere personale e comunque si sentivano abbastanza frequentemente tramite le mail.
Salutò gli amici e si diresse verso il camerino. La porta adesso era semi chiusa e si chiese se poteva entrare.
Stava per bussare quando udì la voce di Kento -era davvero così lasciva come se la stava immaginando? -e si fermò, senza fare rumore.
« Fuma, sei in ritardo. » diceva il più grande « Sono sicuro che troverai un buono stimolo per arrivare in tempo, amore. » sussurrò poi a voce più bassa « Direi che durane la pausa possiamo andare da qualche parte, nei bagni. O dove vuoi te. » la voce di Kento si fermò per qualche secondo e poi ridacchiò « Adoro quando sei così violento, Fuma. » mormorò poi con voce roca, pieno, forse di desiderio.
Kochi rimase fermo per un tempo che gli parve interminabile e poi, come se non riuscisse realmente ad avere coscienza del suo corpo, era rientrato dentro i camerini generali, si era seduto in un angolo e, se non quando si trovava sul palco, rimase in completo silenzio.
Kochi riprese a piangere. Si era interrotto solo per qualche minuto, perché riprendesse fiato, perché cercasse di metabolizzare quel pensiero.
Da quanto tempo quella storia andava avanti? Per quanto tempo aveva chiuso gli occhi, mentre Kento e Fuma facevano sesso, mentre Kento lo chiamava tranquillamente “amore”, come se fosse una sua esclusiva proprietà?
Da quanto tempo Fuma gemeva il nome di Kento? Il solo pensiero lo rese ancora più vuoto.
Non aveva mai contemplato l'idea del tradimento. Né da parte propria, né da parte di Fuma. Si era fidato, lasciandolo andare.
L'idea del debutto dei “Sexy Zone”, un gruppo creato assolutamente a caso, non gli era mai andata a genio, ma non poteva farci molto. Ormai erano oltre il livello di Kochi, su un piano che lui, forse, non avrebbe mai raggiunto.
E, nonostante ciò, nonostante sapesse delle mire di Kento verso Kikuchi, si era fidato, ciecamente, come un perfetto imbecille. Non aveva mai pensato che Kento, quello stesso Kento che lo aveva spinto a dichiararsi, per poi pugnarlo alle spalle, potesse aver fatto una cosa del genere.
I singhiozzi calarono, lentamente. Il suo respiro di regolarizzò, le guance e gli occhi si asciugarono.
Si appoggiò con la testa al muro, mentre lentamente il sonno calava su di lui.
Si sentiva stanco, stremato, improvvisamente debilitato, come se anche solo tenere gli occhi aperti fosse un'impresa impossibile.
Li riaprì per un solo secondo, osservò la scrivania, la stanza, la finestra, l'ingresso.
Osservò il proprio letto, quel letto che aveva visto lui e Fuma lasciarsi andare come due animali per poi stringersi e sussurrarsi parole di affetto.
Contavano davvero così poco quei momenti per Fuma? Il solo pensiero lo fece impazzire, ma solo per pochi secondi.
Il sonno lo attaccò di nuovo, senza dargli un attimo di tregua.
Le mani, ancora arpionate intorno alle sue gambe scivolarono lentamente lungo i suoi fianchi, sentendole pesanti come macigni.
Le palpebre si chiusero, pesanti.
In tutto quello c'era solo una consolazione: mentre si avviava a dormire per sempre, ricordando con tremenda lucidità come avesse svuotato la scatola di sonniferi dentro la ciotola di ramen, si disse che, almeno, non avrebbe più dovuto immagine Kento e Fuma.
Accennò un sorriso.
Era liberatorio. In un certo senso.
Fine.