Ok, inizio finalmente con la torre dei clichè e con il COW-T2. Speriamo di arrivare in fondo ad entrambe xDDD
Titolo: I reach out my hand, my eyes fixed upon yours {Flame of Love - Yaotome Hikaru}
Fandom: Hey!Say!Jump
Pairing: Yabu Kota x Inoo KeiI
Rating: NC17
Avvertenze: Slash,
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: “Chiedi e tutto ciò che vuoi si avvererà.”
Note: Partecipante al COW-T2 con il prompt “pioggia” di
maridichallengeWordCount: 2599 @
fiumidiparole *°*
Inoo Kei quella sera si aggirava nervoso per casa. Yabu Kota, il suo fidanzato, si era gettato stremato sul divano, stanco dalla giornata lavorativa e si era addormentato nel giro di pochi minuti.
Sbuffò, ancora più nervosamente, di fronte a quella prospettiva e fissò con sguardo triste la tavola in cucina, imbandita per una cenetta romantica, solo fra loro due.
Si era sempre sforzato per essere ai livelli di Yabu, per non essere così indiscreto, per cercare di sopportare quella sua freddezza quando erano a lavoro o semplicemente i suoi sguardi furtivi, quasi terrorizzati.
Lo aveva accettato, perché lo amava. Perché sapeva che lui non lo faceva con cattiveria, ma aveva tutte le migliori intenzioni.
Non voleva che gli accadesse qualcosa, che fosse mandato via, voleva solo proteggerlo. E lui lo capiva.
Ma questo non gli impediva di starci male, perché, dentro di sé, soffriva tutte le volte che Yabu lo spintonava via, soffriva tutte le volte che lo evitava, soffriva tutte le volte che, involontariamente, l'altro gli rispondeva male perché era stressato.
Aveva sempre stretto i denti, dicendosi che prima o poi si sarebbe calmato, che quel periodo di terrore sarebbe passato.
E pensando a quello aveva impiegato l'intero pomeriggio per cucinare la cena, con i piatti preferiti di Yabu, senza nessuna eccezione. Sapeva che sarebbe tornato affamato, perché lo era sempre dopo che aveva finito di girare lo “Yan Yan Jumping”, il programma che divideva con Hikaru.
Ma quella sera invece Yabu si era a malapena tolto le scarpe e, senza nemmeno cambiarsi, si era gettato sul divano all'ingresso e si era addormentato.
Kei non lo aveva sentito arrivare perché era sotto la doccia e quando era uscito lo aveva trovato che borbottava nel sonno.
Aveva accennato solo un sorriso triste, gli aveva poggiato sopra una coperta e adesso si trovava di nuovo in cucina, seduto al tavolo, mentre apriva la scatola dei dolcetti della fortuna che aveva comprato quel pomeriggio.
La donna che gliela aveva venduto, una anziana signora del quartiere che lui conosceva fin da quando era piccolo, gli aveva detto che quei dolcetti ogni desiderio si sarebbe avverato.
Lui si era limitato a sorridere e a ringraziarla, allontanandosi.
Aprì il primo, spezzandolo a metà. Mangiò la prima parte, srotolando il bigliettino che si trovava al suo interno.
"Chiedi e tutto ciò che vuoi si avvererà.”
Kei alzò un sopracciglio, perplesso. Mangiò la seconda parte, fissando il foglietto fra le sue dita.
« Tanto è solo un foglio. Cosa potrà mai accadere? » borbottò fra sé e sé alzandolo e fissandolo contro luce « Voglio che Yabucchi stia più attento ai miei sentimenti. » mormorò con un sospirò.
Si alzò, posò la scatola nella credenza e, lasciando Yabu sul divano, andò a letto.
**
La mattina dopo Kei si svegliò più tardi del solito. Non aveva nulla da fare, a differenza di Yabu. Sempre a differenza di Yabu, che era quello più richiesto sulla piazza. Cercò di non lasciarsi andare a gelosie e pessimismi di prima mattina e si voltò verso la parte vuota del letto.
Era ancora sfatta e, senza rendersene conto, sorrise. Sapere che alla fine Yabu era venuto a dormire nel letto, lo rendeva felice. Si sentiva bene, anche solo all'idea del fidanzato accanto a lui.
Strascicando i piedi e sbadigliando si diresse in cucina per farsi il caffè, ma vide che sulla tavola c'erano i pacchetti con il cibo della sera prima sistemati vicino al microonde e, sul tavolo, una tazza di caffè ancora caldo, il latte tiepido e dei biscotti.
Vicino alla tazza, un biglietto.
Perplesso, Kei lo prese.
“Oggi cercherò di tornare prima.
Voglio passare la serata con te. Andremo al cinema.
Che ne pensi?
Mandami una e-mail quando ti svegli.
Ti amo”
Arrossì, senza saperne il motivo.
Erano giorni che Yabu non gli diceva di amarlo. Forse settimane. La sua assenza si fece sentire solo in quel momento, quando lesse quel piccolo Ti amo su un post - it con l'angolo unto dall'olio della sera prima.
La quotidianità fra lui e Yabu si faceva sentire, giorno dopo giorno, ma si ostinava a dire che era solo il lavoro.
Che era solo colpa del lavoro se loro si ritrovavano, a volte, come degli estranei nella stessa casa.
Lo amava esattamente come il primo giorno e credeva ciecamente nei piccolissimi gesti che Yabu gli rivolgeva.
Una minuscola carezza nel backstage, o un bacio quando lo credeva ancora addormentato la mattina.
Piccolezze, ma che per lui erano importantissime.
Quindi, sempre sorridendo, prese il telefono dal salotto e gli mandò una mail, confermando per la serata.
Voleva svagarsi con lui e cosa meglio di un cinema?
**
Dopo meno di un paio d'ore si ritrovò con Daiki. Lo aveva chiamato subito, voleva stare un po' in compagnia e si erano ritrovati per un caffè e metà strada fra casa di entrambi.
Gli raccontò di quello che aveva trovato e, mentre chiacchieravano, gli arrivò un'altra mail.
“Finalmente abbiamo finito le riprese per questa mattina. Ora io e Hikaru andiamo a mangiare del ramen con lo staff e poi finiamo nel primo pomeriggio. Mi manchi.”
Rispose sempre sorridendo alla mail dell'altro, mentre Daiki rideva, sorpreso da tutto quell'affetto da parte di Yabu, lo prese in giro.
Insomma, tutti sapevano quanto Yabu fosse preciso e serioso, quindi era una faccia tutta nuova per entrambi.
Si salutarono dopo pranzo e ognuno tornò a casa propria.
**
Yabu arrivò a casa puntualissimo. Si fece una rapida doccia mentre Kei lo aspettava in salotto e poi uscirono per cena.
A Kei gli sembrò per un attimo di essere tornati a quando erano fidanzati, a quando ogni volta Yabu gli diceva di amarlo, lo stringeva a sé, baciandolo sulla guancia quando era sicuro che nessuno li stesse fissando.
Gli piaceva quel “nuovo” Yabu. Quel Yabu un po' più tranquillo e rilassato, ancora in grado di godersi la vita come un ventenne e non come un uomo adulto, oppresso da un lavoro stancante e sfibrante.
Gli piaceva. Molto.
**
Kei fu sbattuto contro il muro dell'ingresso, mentre Yabu lo spogliava e lo baciava. Lo sentì chiudere la porta di casa con il piede, poco prima di sentire il ginocchio dell'altro che si infilava in mezzo alle sue gambe.
Kei si staccò faticosamente dalla bocca di Yabu, gemendo quando sentì la gambe premergli contro l'erezione.
Il più grande iniziò a baciargli il collo, mentre sentiva le mani di Yabu sotto la sua maglietta, stringendogli i capezzoli fra le dita. Poi le mani scivolarono sull'orlo della maglia, togliendola con foga, quasi strappandogliela di dosso.
Kei si spinse contro di lui, gemendo ancora, inarcando la schiena contro la lingua che gli leccava il petto e gettando la testa all'indietro, lasciando visibile il collo nudo, mentre i segni rossi spiccavano contro la pelle lattea.
Kei sentì la cintura scivolare via dai pantaloni, mentre quest'ultimi venivano tolti con una furia animalesca. Vide Yabu fermarsi per qualche secondo davanti alla sua erezione e alzò leggermente la testa; Inoo lo fissò con un aria particolarmente trasognata ed eccitata.
Da quant'era che non sentiva la sua lingua sul suo corpo?
Yabu gli sembrò leggere la mente e, con un ghigno, iniziò a leccare l'intera lunghezza del ragazzo sotto di lui, fino a che non lo prese tutto in bocca, iniziando a succhiare con un ritmo sempre più veloce.
Kei non riusciva a fare altro che ad aprire ancora di più le gambe e di stringere la propria mano sui capelli dell'altro, quasi strappandoli, fino a lasciarsi andare ad un gemito più forte e più roco, venendogli in bocca.
L'altro non gli diede quasi il tempo di respirare, che ritornò all'attacco sul suo petto, mordendolo e graffiandogli la schiena con una mano, mentre le dita della mano libera si infilavano dentro di lui per una veloce preparazione.
Dopo pochi minuti, e dopo aver mormorato un bassissimo “Ti prego Ko”, il ragazzo lo accontentò, spingendolo poco delicatamente dentro di lui.
Kei poteva sentire il corpo di Yabu vibrare sopra di il suo, mentre spingeva velocemente dentro il corpo bollente e stretto del fidanzato.
La mano di Yabu si frappose fra i loro corpi, costringendolo a separarsi dalle sue labbra e dal suo collo, per stringere fra le dita l'erezione di Kei, di nuovo dura.
Yabu spingeva, con foga, come se non ci potesse essere il giorno dopo, come se non potesse più stringerlo e penetrarlo, prenderlo e farlo suo.
Lo sentì gemere più forte prima di dargli un'ultima poderosa spinta e sentire lo sperma di Yabu dentro di lui, scivolargli poi fra le cosce una volta che fu uscito.
Ma Yabu sembrava non averne ancora abbastanza e, raggiunto il letto, continuarono per il resto della nottata.
**
Kei si svegliò dopo meno di due ore che aveva fame. Yabu si era addormentato da poco, stremato da quelle ore di sesso selvaggio, mentre si rotolavano nel letto, fra le lenzuola umide dal loro sudore.
Al solo pensiero delle mani grandi di Yabu che lo accarezzavano e lo afferravano, mentre spingeva dentro di lui come un animale selvaggio, sentiva di nuovo i brividi.
Si sedette di nuovo al tavolo, prendendo ancora una volta i biscotti della fortuna.
Ridacchiò al pensiero della sera prima, quando sembrava che tutto stesse andando a rotoli fra loro due.
Mangiò di nuovo metà del biscotto e lesse ancora il biglietto.
"Quando non sei soddisfatto, devi solo chiedere."
Sogghignando rimase qualche secondo fermo a sgranocchiare la seconda metà del biscotto e scosse le spalle.
« Voglio che Yabu la smetta di essere così preoccupato dalle telecamere. » ridacchiò.
Si alzò dal tavolo, bevve un po' d'acqua e andò a letto.
**
Era passato un mese da quando aveva mangiato il secondo biscotto della fortuna e, in quel momento, a Kei gli sembrava di vivere la peggiore giornata della propria vita.
Era stato chiamato da Johnny in persona negli uffici presidenziali e quello che aveva da dirgli di certo non era un premio per come aveva lavorato bene negli ultimi tempi.
Il discorso gli entrava da un orecchio e gli usciva dall'altro, ma il concetto era quello.
Avevano esagerato e di questo se ne era reso conto anche da solo. Era da una settimana che ci pensava incessantemente.
Durante l'ultima tappa del concerto, Yabu si era avvicinato a lui e lo aveva baciato. E non era stato esattamente un bacio casto e puro.
Era stato un bacio.
La lingua non si vedeva, ne era convinto, ma lui l'aveva sentita. Era come quando si baciavano a casa, chiusi nell'intimità della loro stanza.
E adesso, mentre il sudore ghiacciato gli scivolava lungo la schiena, capiva perché Yabu fosse sempre stato così pressante con le sue precauzioni.
Aveva paura.
Sarebbe stato spedito anche lui lontano da Yabu? La sola prospettiva lo uccideva. Non poteva vivere senza di lui.
Lo conosceva da quando aveva poco più di undici anni. Erano dieci anni che stava sempre con lui, sempre attaccato a lui, sempre a guardarlo da lontano, perché non gli era permesso pretendere qualcosa di più quando erano con gli altri.
Non sarebbe sopravvissuto alla sua lontananza.
« Da domani tu e Yabu Kota non dovrete più avere nessun contatto. Né davanti, né dietro le telecamere. Questa è l'ultima occasione che avete. La prossima volta sarò più drastico. Ricordatelo. »
Poche parole, feroci. Era un ultimatum.
Era come un labile patto di non belligeranza. Uno dei due non sarebbe stato allontanato dal gruppo a patto che si lasciassero.
Kei lasciò la stanza con il passo pesante.
Fuori dall'ufficio Yabu si teneva la testa fra le gambe, tremava leggermente. Lui era entrato poco prima. Gli aveva detto le stesse cose?
Inoo si sentì morire.
Non poteva lasciare Yabu. Era inaccettabile.
Lui era la sua famiglia, la sua vita.
Era... inconcepibile.
**
Tornò a casa. Yabu non lo aveva seguito. Era entrato in casa, aveva acceso la luce e aveva fissato la casa in cui abitava da tanti anni.
L'assenza di Yabu si sentiva ed era la prima volta che la sentiva così vivida sulla sua pelle.
Con le lacrime che gli rigavano le guance, si diresse in cucina. Spezzò l'ultimo biscotto e fissò il foglietto.
“Quando i desideri sono come lame, bisogna solo farsi ferire.”
Piangeva come un bambino, stringendo i pugni.
Era stato uno stupido. Solo uno stupido non avrebbe capito perché Yabu era così freddo nei suoi confronti, perché era sempre stressato, perché era così lontano da lui.
Solo uno stupido non avrebbe compreso che non ci si poteva spingere oltre, che i desideri che esprimeva poi si avveravano sempre, per uno strano scherzo malefico del destino.
Lui non voleva lasciare Yabu. Voleva solo che fra di loro le cose si sistemassero e, per quanto l'altro si fosse sempre spiegato con parole semplici, lui non era stato in grado di comprenderlo.
Era uno stupido.
Aprì tutti i biglietti. Doveva rimediare, in qualche maniera.
Sapeva che non sarebbe accaduto nulla, che erano solo pezzi di carta scritti da un computer e messi dentro a dei biscotti, ma aveva il disperato bisogno di sapere che quella situazione sarebbe cambiata, perché era una situazione decisamente... inammissibile.
« Voglio che tutto torni come prima. » singhiozzò, mentre non riusciva nemmeno a respirare.
Doveva cambiare.
La sua vita non sarebbe continuata lontano da Yabu.
Un lampo illuminò a giorno la cucina, la pioggia batteva ferocemente contro la finestra, picchiando senza sosta.
Aveva iniziato a piovere da poco. Un nuovo tuono seguì quello precedente. Era fortissimo.
Si sedette a terra, continuando a piangere, senza riuscire a fermarsi.
Avrebbe voluto fare qualunque cosa, una qualunque cosa per cercare di tornare a pochi giorni prima.
Chiuse gli occhi, addormentandosi con il suono della pioggia dentro le orecchie.
**
Quando riaprì gli occhi, si trovava nello studio di Johnny. Si guardò intorno, perplesso. Non aveva il volto bagnato dalle lacrime, non sentiva il petto pesante e nemmeno il fiato scosso dai singhiozzi.
Sentiva solo il sudore scivolargli ancora lungo la schiena, mentre la paura gli attanagliava le membra.
Fissò l'orologio, mentre il suo datore di lavoro parlava del bacio che Yabu gli aveva dato al concerto.
Erano le quattro del pomeriggio. La stessa ora di quando era entrato e l'uomo gli aveva detto che doveva lasciare Yabu.
Sentì gli occhi lucidi, ma si costrinse a non piangere.
« Vi tengo d'occhio. Quello che fate dentro le mura di casa non affare di mia competenza, ma sappiate che questa è l'ultima occasione che vi concedo. Non una di più. E adesso, vai via. » lo liquidò alla fine l'uomo.
Kei si alzò, sempre con le gambe che gli tremavano. Uscì e rivide la stessa scena di poche ore prima, Yabu seduto con la testa fra le gambe, che tremava leggermente.
Ignorarlo fu difficile, ma questa volta non avevano davvero scelta.
Questa volta avrebbero giocato con le regole di Yabu e se per stare con lui doveva sopportare quella logorante situazione di indifferenza, l'avrebbe fatto.
Aveva rischiato di perderlo per sempre e il fato gli aveva dato una mano. Sentiva che anche quella era l'ultima occasione e non aveva intenzione di sprecarla.
Quando Yabu rientrò a casa si limitò ad alzare la testa e a sorridergli, tristemente. Piegò la testa, poi si alzò in piedi e lo abbracciò.
« Perdonami. » sussurrò solo.
« E' stata colpa mia. »
Kei scosse la testa, premuta contro il collo del più grande, mentre sentiva le sue braccia che lo stringevano con una forza disperata, facendogli male.
Rimase in silenzio.
Il dolore che sentiva era minimo, se paragonato a quello provato quando era convinto di dover lasciare Yabu.
Sarebbe stato male, molte altre volte.
Ma doveva tener duro, per entrambi. Non si sarebbe mai più concesso il lusso di essere egoista.
« Ti amo. » sussurrò solo « Ti amo. »
« Starò accanto a te per sempre, sappilo. Qualunque cosa accada. Dobbiamo solo stare più attenti. »
Kei annuì, poi lo lasciò andare.
« Andiamo a letto. Domani dobbiamo andare a lavoro. » mormorò.
Si addormentarono l'uno accanto all'altro, con la mano di Yabu che gli stringeva la sua.
Con Yabu accanto, avrebbe sopportato qualunque cosa.
Fine