[Amuse] Amarti è naturale come respirare

Aug 01, 2013 00:02

Titolo: Amarti è naturale come respirare
Fandom: RPF Amuse
Pairing: Hirama Soichi x Totani Kimito
Rating: PG
Avvertenze: Slash
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: Soichi osservò Kimito mentre recitava. Possedeva un’eleganza tutta particolare mentre si muoveva con facilità sul palco. Sorrise, inconsciamente.
Note: Scritta per la 500themes-ita con il prompt “61. Cuore ardente”, per il COW-T3.5 di maridichallenge con il prompt “Sud” e per la diecielode con il prompt “10. Passato”
WordCount: 3004 fiumidiparole

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Soichi osservò Kimito mentre recitava. Possedeva un’eleganza tutta particolare mentre si muoveva con facilità sul palco. Sorrise, inconsciamente.
Osservò il continuo gesticolare del suo personaggio, le sue espressioni, le sue smorfie. Gli piacevano tutte e tutte, in un modo o nell’altro, facevano parte di lui.
non ricordava bene quando aveva iniziato ad essere affascinato da Kimito. Non ricordava bene quando aveva iniziato a considerarlo più di un amico, quando aveva cominciato a desiderare che il loro rapporto diventasse qualcosa di più profondo.
Sapeva soltanto, con certezza, che era stato un passaggio naturale.
Aveva iniziato ad amarlo, con una semplicità che gli era sembrata spaventosa eppure in quel momento non si pentiva di nulla.
Anzi, se qualcuno gli avesse chiesto se voleva cambiare qualcosa del suo passato, avrebbe risposto un altrettanto semplice “Niente. Sono felice così.”.
Ed era davvero così.
Era felice e non avrebbe scambiato quella felicità con nient’altro al mondo.
Si riscosse quando sentì Kimito urlare qualcosa e tornò a prestare la sua attenzione allo spettacolo.
Non poteva perdersi nemmeno una battuta oppure Kimito si sarebbe arrabiato.

Kimito sul palco possedeva un’eleganza tutta particolare.
Questa era la prima cosa che aveva pensato, osservandolo. Si trovavano tutti ad una lezione di recitazione e non lo conosceva molto bene.
Lui era entrato nell’Amuse già da qualche mese, a breve sarebbe stato un anno, e aveva subito stretto amicizia con tante persone nuove.
Gli piaceva, a Soichi, fare nuove amicizie. Era diventato amico di Haruma, un ragazzo particolare, già famoso ma che faceva di tutto per metterti a tuo agio. Poi c’era Kento, che con il suo finto disinteresse era quello che si preoccupava più di tutti. C’era Takuya, che recitava già a teatro e che a breve avrebbe avuto il suo primo ruolo da protagonista e con cui andava sempre al karaoke. Poi aveva conosciuto Kenta e Kouki e Doori. Li adorava, sembravano essere sempre e comunque sulla stessa linea.
Kimito invece se ne stava sempre da solo. Non parlava molto, ma quando era sul palco diventava un’altra persona, come se di colpo riuscisse ad immedersimarsi con il personaggio, tirando fuori le sue emozioni più profonde e Soichi si sentiva sempre tremendamente coinvolto.
Anche in quel momento stava recitando un monologo e lo trovava meraviglioso.
Avrebbe voluto essere suo amico, farlo ridere un po’ di più, ma non ci riusciva. Eppure lo avrebbe fatto.
Riusciva ad essere abbastanza testardo quando ci si impegnava.

A fine lezione Kimito stava già tentando di scappare via verso la stazione metropolitana. Soichi era riuscito a raggiungerlo solo perché era più veloce. La lunghezza delle sue gambe, decisamente più corte di quelle di Kimito, non giocava a suo favore.
Si fermò davanti a lui con le braccia tese, facendocelo sbattere contro. Alzò la testa dal petto, ansimando e sorridendogli.
« Mi chiamo Hirama Soichi. Non ci siamo ancora presentati, vero? »
« Ah… n-no. Totani Kimito, piacere. » aveva mormorato imbarazzato il più piccolo facendo un profondo inchino.
« Io e gli altri stiamo andando al karaoke. Cioè. Siamo io, Takkun, Kenta, Docchan e Kouki. Haru-chan deve andare a girare delle scene di un drama e Kenpi deve tornare a casa presto. Ma comunque. » sorrise ancora, osservando il ragazzino, confuso da quel fiume di parole « Vuoi venire con noi al karaoke? »
« Eh? Karaoke? Ma… non lo so, è un po’ tardi e… non conosco nessuno e poi… »
« E allora? E’ così che si fanno nuove amicizie, no? »
Kimito lo guardò, spiazzato.
« S-Suppongo di sì. Ma a loro va bene? Cioè, se non gli vado bene rischio di rovinargli il pomeriggio e poi io… »
« Ma che dici? » lo afferrò per un braccio, trascinandolo di nuovo verso l’agenzia « Vedrai che andrà tutto bene. »
Kimito non rispose. Non era bravo a piacere alla gente e Soichi gli sembrava troppo espansivo per i suoi gusti.
Eppure non riuscì a fare nulla per fermarlo. Dentro di sé si chiese se fermarlo era quello che volesse davvero.

Il ragazzo andò in bagno a sciacquarsi la faccia. Era sudato e stanco, ma felice. Lo spettacolo era andato bene e si era divertito anche quella sera.
Per un attimo, solo per attimo, attraverso le luci che riflettevano sul palco, gli era sembrato di intravedere il volto di Soichi nella seconda fila, ma poi si era detto di essersi sbagliato.
Aveva detto di essere impegnato con delle lezioni di danza e che non sarebbe riuscito a finire in tempo, quindi doveva essersi confuso con qualcun altro che gli assomigliava.
Socchiuse gli occhi, continuando a lavarsi la faccia e sussultò quando sentì qualcuno abbracciarlo da dietro. Sbattè la testa contro il lavandino e si voltò di scatto, irritato, ma solo per alcuni secondi.
Davanti a lui c’era Soichi, con un’espressione a metà fra il mortificato e lo spaventato e non riuscì ad essere poi così tanto arrabbiato.
« Ma che fai? » esclamò comunque « Mi hai spaventato e mi sono anche fatto male. »
Il ragazzo unì le mani di fronte al viso, in segno di scuse.
« Mi dispiace! Non pensavo che potessi farti male! Volevo solo farti una sorpresa. Sei stato bravissimo, lo sai? »
Kimito arrossì, senza rispondere e tornò a concentrarsi sul lavandino.
« Avevi detto che non saresti venuto. » borbottò.
« E che sorpresa sarebbe stato se te lo avessi detto? »
Soichi sorrise ancora dondolandosi da un piede all’altro.
« Mi pare una risposta corretta. »
Il più grande si avvicinò a Kimito, baciandolo all’improvviso.
« Ma che fai? » ripeté di nuovo a voce bassa senza però respingerlo con convinzione « E se entra qualcuno? Sai che problema spiegare tutto? »
« Gli diremo che mi stai aiutando per una scena di bacio di un mio spettacolo. » mormorò Sochi avvicinandosi di più e alzandosi sulle punte dei piedi, baciandolo ancora.
« Nei bagni di un teatro? » Kimito sospirò stringendo però le mani sulla vita del più grande « A volte hai idee veramente assurde, lo sai? »
« Sì! Non è anche per questo che mi ami? » rise Soichi stringendosi a lui.
« Mh. Diciamo di sì, così sei felice. »
Soichi non rispose, ma sorrise ancora. Kimito lo rendeva felice come nessuna altra cosa al mondo.

« Visto che non gli sono piaciuto? » piagnucolò Kimito in lacrime, accovacciato in un angolo del karaoke, fuori dalla loro sala.
Soichi davanti a lui lo fissava perplesso e decise di sedersi a sua volta davanti all’amico.
« Perché dici così? Kouki ti ha anche chiesto se volevi scegliere una canzone. »
« Ma quell’altro ragazzo, Sakurada-kun mi ha detto che non era necessario che lo facessi. Che non importava cosa sceglievo e che sarebbe sicuramente andata male. »
« Ma che dici, ma che dici? Lo sai qual è il problema? E’ che Docchan è geloso. Lo sai? » si avvicinò a lui, accostando la bocca al suo orecchio « A Docchan piace Kouki. E quindi è cattivo con chiunque parli con Kouki. »
« Davvero? »
« Sì. »
« Davvero davvero? »
Soichi sorrise ancora, annuendo con più energia e gli tese le mani per aiutarlo ad alzarsi.
« Su, ora torniamo di là. Takkun sicuramente si stava sorbendo tutti i borbottii di Docchan e sarebbe cattivo da parte nostra abbandonarlo a sé stesso, no? » rise ancora.
Kimito abbozzò un sorriso, annuendo lentamente. Non gli piaceva fare nuove amicizie, lo aveva sempre detestato.
Sia a scuola che sul lavoro stava tutto il tempo libero da solo. Era sempre convinto di non piacere a nessuno e in fondo, gli altri non avevano mai smentito quella sua malsana teoria.
Soichi era il primo che sembrava interessarsi sinceramente a lui e, proprio per questo, aveva deciso di dargli una possibilità.

« So-chan, dai. Non siamo nemmeno entrati in casa, guarda, la porta è ancora aperta! » bisbigliò Kimito indicando la porta con un cenno della testa, mentre le sue labbra erano letteralmente sotto attacco dai morsi del fidanzato.
« E allora? Lasciati un po’ andare Kimi. Sai come dev’essere eccitante farlo nell’ingresso rischiando che qualcuno ci scopra? »
« Ma non potevo trovarmi un fidanzato normale? Quando mi hai trascinato al karaoke, anni fa, avrei dovuto andarmene a casa e ignorarti per il resto della mia esistenza. »
« Sì sì, lo dici sempre. » lo liquidò il più grande con un gesto indifferente del polso, tirandolo improvvisamente a terra.
« Sei un pervertito, lo sai? » sussurrò Kimito sedendosi comunque addosso a Soichi, incrociando le gambe dietro la sua schiena, stringendosi a lui.
« Sì. » rise « E mi piace da impazzire. » mormorò poi prima di baciarlo ancora e ancora e ancora.

« Soichi! » esclamò Kimito a bassa voce, entrando dentro la sala.
Era in ritardo e non voleva farsi vedere dagli altri. Ormai era un bel po’ che aveva iniziato ad uscire con gli amici di Soichi eppure, non sapeva ancora bene il perché, preferiva sempre rimanere con il più grande.
Gli piaceva la sua compagnia, la sua risata, il suo incredibile ottimismo e la passione che metteva praticamente in ogni cosa che faceva. Sentiva che standogli vicino avrebbe potuto imparare ad essere anche lui un po’ più aperto, sicuro di sé.
« Kimi-chan, sei in ritardo. Cos’è successo? » bisbigliò il ragazzo, avvicinandosi all’amico.
« Ho avuto dei problemi a casa e sono uscito tardi. Mi sono perso qualcosa? »
« Oggi si parla di come migliore la nostra introspezione del personaggio. Analizzero dei personaggi famosi e poi li reciteremo. »
Kimito annuì. Gli piaceva quella lezione. Ma ancora di più, gli piaceva sentire lo sguardo di Soichi addosso a sé ogni volta che recitava.
Gli sembrava che bruciasse contro di lui, mandandolo letteralmente fuori di testa, come se anche il proprio cuore riuscisse ad ardere, a renderlo vivo, umano. Era la prima volta che si sentiva così ed era una sensazione del tutto nuova per lui.
Era Soichi che lo aveva cambiato. Era Soichi che si era avvicinato e che lo aveva reso una persona migliore.
Kami, come gli piaceva Soichi. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per poter passare tutto il tempo che aveva accanto a lui.

Quel pomeriggio Soichi scappò via quasi subito. Avere delle prove e non poteva assolutamente fare tardi. Urlando qualcosa sul fatto che si sarebbero sentiti per mail, Soichi lo abbandonò così con Doori.
Da quando lo aveva ripreso al karaoke, Kimito aveva prestato molta attenzione nel mettere fra sé stesso e il ragazzo quanta più distanza possibile, ma quel giorno sembrava che Doori non fosse dello stesso avviso.
« Su, ho voglia di mangiare qualcosa al McDonald’s. Vieni con me? »
Kimito ragionò per qualche minuto su quale fosse la risposta migliore da dare, ma non gli venne in mente niente di più educato di “Piuttosto la morte.” per cui decise, almeno per quella volta, di prendere spunto da Soichi.
Nonostante il suo più grande desiderio di andarsene in un posto caldo, che so, Okinawa o ancora più a Sud in qualche altra isola tropicale oppure, meglio ancora, in Australia, Kimito stirò un sorriso che sperò risultare convincente.
Si sarebbe sforzato di essere amichevole e anche un po’ ottimista. Dopotutto era stato lui ad invitarlo, no?

Al karaoke, improvvisamente scelto al post del McDonald’s senza possibilità di appello, Kimito rimase seduto immobile sulla sua parte di divano, la borsa sulle gambe, pronto alla fuga al primo cenno di Doori di volerselo mangiare per chissà quale motivo.
Eppure Doori non sembrava intenzionato ad essere malvagio nei suoi confronti. Aveva anzi ordinato un sacco di cose dal menù e molte delle quali erano i suoi cibi preferiti.
Kimito sentiva lo stomaco urlargli di mangiare, ma non aveva abbastanza soldi quel mese per permettersi eccessi. Già essere andato là significava un sacrificio da qualche altra parte.
Aveva lavorato meno del solito quel mese e tutto ciò che gli avevano dato i genitori era sparito per l’affitto.
Anche se era di Tokyo, aveva deciso di andare a vivere da solo abbastanza presto, complici le pressioni in casa e i continui litigi con il padre. Non ne voleva più sapere e anzi, quello era il primo mese in cui chinava la testa per chiedergli qualcosa.
« Non mangi nulla? » domandò all’improvviso Doori, smettendo di cantare, mentre la base continuava a suonare.
Kimito sussultò, tornando nella stanza insonorizzata e scosse energicamente la testa.
« M-Meglio di no. Poi non saprei come pagare il cibo. »
« Eh? » esclamò Doori lasciandosi ricadere accanto a lui, quasi addosso « Certo che Socchan ha davvero ragione. Sei proprio ingenuo, lo sai? »
« Cos… Soichi-kun parla con te… di me? » domandò un po’ seccato e pensieroso.
Chissà che cosa pensava a quel punto Soichi di lui.
« Certo che sì. Quando qualcosa lo rende felice è impossibile che lui smetta di parlarne. Qualche tempo fa si era comprato la Wii e la Balance Board per fare tenersi in forma durante l’inverno. Kami, ne parlava continuamente. »
Il malumore di Kimito si accentuò. Praticamente Doori lo stava paragonando ad uno stupido accessiorio per i videogiochi, perfetto.
Se già la sua autostima e le sue possibilità di fare colpo su Soichi erano ià allo zero, in quel modo si sentiva definitivamente lanciato da un burrone.
« Mh. Interessante. »
Doori lo fissò per qualche secondo in silenzio.
« Tutto questo per dire che pago io. Mi sembra ovvio, no? Ti ho invitato io e ti faccio anche pagare? Devi avere proprio una pessima opinione di me per pensare questo. »
Kimito arrossì di colpo, senza guardarlo.
« No. » mentì « E’ che vi ho sempre visto dividervi il conto quando siamo tutti insieme. »
« E allora? Io e te non siamo amici, quindi non vedo perché dobbiamo dividere. »
Il macigno sul petto di Kimito si fece ancora più pesante, quasi insostenibile. Sentiva gli occhi lucidi, ma non voleva scoppiare a piangere di fronte a Doori, come un bambino che senza la mamma, Soichi nel suo caso, non sapeva fare nulla.
Doori sospirò di nuovo, scompigliandosi i capelli, gemendo di frustrazione.
« Intendevo dire che mi sono comportato male la prima volta che Socchan ti ha portato con noi. Ed è ovvio che fino ad esso non abbiamo avuto modo per conoscerci meglio. Dato che anche se non sembra Socchan è un ragazzo abbastanza selettivo riguardo le sue amicizie più strette, mi sono incuriosito e adesso voglio conoscerti meglio. »
Kimito lo vide inchinanrsi leggermente di fronte a lui.
« Piacere, mi chiamo Sakurada Doori. E tu? »
Il più grande lo osservò, il sopracciglio alzato sospettoso, ma di nuovo la voglia di imitare Soichi prese il sopravvento e si inchinò a sua volta.
« Totani Kimito. Piacere di conoscerti. » mormorò.
Si guardarono per un secondo, prima di scoppiare a ridere.
« E adesso mangia. Il tuo stomaco che brontola mi infastidisce mentre canto. » Doori si avvicinò allo schermo, scorrendo le canzoni « Quale canzone vuoi cantare? » domandò poi.
Kimito lo guardò e poi si avvicinò a lui.
Ancora non lo sapeva ma in quel preciso istante, era appena nata una lunga amicizia che non si sarebbe mai più spezzata.

Kimito chiuse la porta dietro di loro, esausto. Quando Soichi si metteva in testa qualcosa, era davvero difficile fargli cambiare idea, ma anche quello era un lato del suo carattere che negli anni aveva imparato ad amare.
Si trascinò stancamente verso la camera da letto, chidendosi come riuscisse Soichi ad avere ancora tutte quelle energie. Forse perché non aveva recitato tutta la sera, ma poi si disse che anche quando lavorava, era esattamente uguale a tutti gli altri giorni.
Si sdraiò nel letto, sorridendo mentre lo ascoltava parlare.
Ripensò alla prima volta che lo aveva incontrato, quando era praticamente stato rapido e trascinato in un karaoke, sballottato in un mondo pieno di colori, di persone, di sentamenti ed emozioni che lui aveva tentanto con tutte le sue forze di estromettere dalla sua vita.
In quel momento si era sentito rinato, come se avesse appena mosso i primi passi in un mondo a lui sconosciuto.
Soichi gli era stato accanto, sostenendolo nei momenti del bisogno e sopportando i suoi dubbi, attendendo giorni e giorni prima di ricevere una risposta alla sua dichiarazione. Non si era mosso dalla sua posizione, nemmeno quando aveva proposto di provarci ma senza troppa convinzione.
Soichi era sempre stato là.
Quando lo insultava, quando lo maltrattava, quando lo amava, quando piangendo urlava di aver bisogno di lui per vivere.
Quando facevano selvaggiamente sesso contro le pareti della doccia o quando si amavano dolcemente nel loro letto.
Quando litigavano perché avevano due caratteri difficili e diametralmente opposti e quando poi decidevano di nuovo di fare pace.
Era sempre là Soichi. Al suo fianco, in ogni momento bello o brutto da quando lo aveva incontrato.
« Socchan. » lo interruppe a voce bassa mentre si stendeva meglio nel letto.
« Mh? » mormorò il diretto interessato, voltandosi verso di lui.
« Lo sai di che cosa ho voglia adesso? »
« Eh? Vuol quei dolci alle mele che mi faranno venire il diabete solo a guardarli? » lo prese in giro il più grande sedendosi accanto alla sua testa.
Kimito rise, dandogli una poderosa pacca sulla coscia.
Lo amava anche per quello in fondo. Perché, e soprattutto perché, lo faceva ridere.
« No idiota. Voglio un bacio. »
« Il bacio del vero amore? Quello delle principesse? » sussurrò Soichi chinandosi su di lui, senza però sfiorargli le labbra.
« No. Un bacio e basta. » Kimito allungò il collo, baciandolo lentamente « Il mio bacio del vero amore l’ho già ricevuto e sono già la tua principessa, no? »
Soichi rise, senza allontanarsi troppo dal suo viso.
« Anche questo è vero. Sono il principe che ti ha salvato. »
Il più piccolo gli diede un altro leggero colpo sulla testa, facendolo stendere poi accanto a lui. Sbadigliò. Era stremato ed essere di nuovo a casa, fra le confortevoli mura che lo avevano sempre accolto, aveva solo accentuato la sua stanchezza.
Sentì Soichi sistemarsi accanto a lui, ma aveva già gli occhi chiusi e non comprendeva bene quello che gli accadeva intorno.
Si adagiò meglio contro il petto di Soichi. Ogni tanto si chiedeva quando e come si era reso conto di amare Soichi.
Se lo chiedeva, ma non trovava mai una risposta definitiva. Ogni voltai il motivo era diverso, perché diverse facce possedeva Soichi.
Sapeva soltanto, con certezza, che era stato un passaggio naturale.
Aveva iniziato ad amarlo, con una semplicità che gli era sembrata spaventosa eppure in quel momento non si pentiva di nulla.
Anzi, se qualcuno gli avesse chiesto se voleva cambiare qualcosa del suo passato, avrebbe risposto un altrettanto semplice “Niente. Sono felice così.”.

challenge: 500themes ita, challenge: cow-t3.5, challenge: diecielode {#tempo}, pairing: hirama x totani, fandom: amuse

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