[Amuse] My little romance fairytale

Aug 01, 2013 00:02

Titolo: My little romance fairytale
Fandom: RPF Amuse
Pairing: Kaku Kento x Uehara Takuya
Rating: SAFE
Avvertenze: Slash
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: Kento iniziava seriamente a credere che stava passando troppo, decisamente troppo tempo con Haruma, a casa sua.
Note: Scritta per la 500themes-ita con il prompt “368. Perdere cosa non è tuo”, per il COW-T3.5 di maridichallenge con il prompt "Altrove" e per la diecielode con il promp “04. Giorni”
WordCount: 2392 fiumidiparole

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Kento iniziava seriamente a credere che stava passando troppo, decisamente troppo tempo con Haruma, a casa sua.
Negli ultimi tempi specialmente, non faceva altro che stare da lui e, davvero, Kento si chiedeva dove fosse il problema nel suo cervello.
Sì, Haruma era il suo migliore amico, l’unico con cui poteva davvero sfogarsi senza temere di essere preso in giro o che poteva maltrattare senza preoccuparsi di apparire eccessivamente sgarbato e maleducato.
Haruma sapeva bene quale era il legame che li univa e riusciva sempre ad andare oltre alle sue parole, alle apparenza. Capiva sempre che cosa aveva e quando poteva o non poteva chiedergli qualcosa di più del semplice “Come stai?”.
Forse era per quello che ultimamente stava sempre piazzato a casa sua, nonostante temesse di sentirsi il terzo incomodo nella sua idilliaca relazione con Takeru.
Osservarli a volte gli faceva venire il voltastomaco. Un continuo dolce punzecchiarsi, un continuo di parole romantiche, anche davanti ad altre persone. C’era sempre un “Take-chan non preoccuparti i piatti li lavo io, domani devi andare a lavoro e non puoi rovinarti le mani” o un irritante “Haru, ti ho appena preparato il bagno, l’acqua è tiepida, come piace a te.”
Kento li osservava, sul volto una smorfia che certe volte era veramente difficile togliersi. La maggior parte delle volte erano veramente vomitevoli. Erano perennemente circondati dai cuoricini rosa dell’amore eterno, anche quando stavano semplicemente vicini e non facevano i piccioncini.
C’era qualcosa fra di loro, qualcosa di particolare che, in fondo, Kento gli aveva sempre invidiato.
C’era un legame forte, uno di quelli che difficilmente il tempo, la quotidianità o le difficoltà di coppia avrebbero potuto spezzare. Perché Kento riusciva a vederlo bene il profondo amore reciproco che li legava. Anche quando litigavano furiosamente, vedeva come bene o male i loro pensieri correvano all’altro e anche per quello li invidiava.
Guardandoli avrebbe detto che era incredibilmente semplice esprimere le loro emozioni, quello che provavano l’uno per l’altro. Sembrava veramente stupido dire un “Ti amo”, sia che fosse sussurrato che urlato a voce alta.
Eppure Kento sapeva che non era così, che era qualcosa che doveva nascere dentro, che si depositava in fondo allo stomaco, attorcigliandolo, rendendolo così vero da fargli quasi male.
Kento sospirò, sistemandosi sul divano. Takeru era intento a ripassare un copione e quando era arrivato Haruma era ancora sotto la doccia. Osservò il più grande, anche se solo di pochi mesi, e prese un profondo respiro.
« Takeru… » lo chiamò a voce bassa, quasi desiderando che in realtà l’altro non lo sentisse.
Ma purtroppo Kento sapeva quando bene ci sentisse l’amico e dopo due secondi lo vide voltato verso di lui.
« Mh? »
« Quando Haruma, ecco, lui… quando ti ha chiesto di venire a vivere qua, tu cosa hai fatto? »
Takeru rimase in silenzio per una manciata di secondo, poi scoppiò a ridere. Kento alzò un sopracciglio.
« Ho riso. E’ stato talmente inaspettato e talmente fuori luogo che pensavo mi stesse prendendo in giro. »
Kento accennò un sorriso. Era felice di vedere che le richieste e le affermazioni di Haruma non sembravano assurde solo a lui.
« E poi? » chiese ancora, mordendosi un labbro.
Takeru fissò il muro davanti a sé, sulle labbra un sorriso dolce che forse nemmeno lui sapeva di aver sul volto e di nuovo quella fitta di invidia tornò a torturare lo stomaco del più piccolo.
« Poi l’ho guardato negli occhi e ho capito che era quella la vita che volevo fare. Volevo stare con lui, sempre. Ho capito che era serio e che in fondo amavo Haruma anche per la sua ingenuità. Il manager di Haruma è entrato nel camerino e ci ha accompagnato lungo il corridoio, dovevamo promuovere il drama ed è stato in quel momento che gli ho detto di sì, che non aspettavo altro. »
Il sorriso era sempre là, poi Takeru si voltò verso di lui, come risvegliatosi dai suoi pensieri.
« Scusa, sono stato troppo sdolcinato. » ridacchiò e Kento scosse la testa.
« Va bene così una volta ogni tanto. » concesse « Su torna a lavorare. Non voglio avere il fallimento del tuo provino sulla coscienza. » borbottò poi, arrivando alla conclusione che per quel mese aveva esaurito la sua dose di affetto verso il resto del mondo.
Haruma uscì dal bagno una manciata di minuti dopo, scusandosi per il ritardo. Kento sbuffò, incrociando le braccia al petto.
« Sei veramente il peggior essere umano che popola la Terra, Haruma. Dovevamo uscire per una rilassante birra fra amici e siamo ancora a casa tua. Ma perché fra tutti gli uomini dovevi decidere che sarei stato io il mio amico? Non potevi scegliere Doori? »
« Ma io esco con Doori. » commentò divertito Haruma dalla stanza.
« Soichi? »
« Esco anche con lui. »
« Kouki? Takuya? Kimito. Anzi, perché non hai stretto amicizia con Kenta? Lui è simpatico, no? »
« Molto e mi trovo bene con tutti loro. Solo quando ti ho conosciuto metà di loro non era ancora nell’agenzia. »
« Ah bene. Quindi sono stato scelto per esclusione? » borbottò poi Kento alzandosi in piedi e stiracchiandosi.
Aveva intravisto l’accappatoio volare, seguito poi da alcuni vestiti. Almeno in quello, Haruma era abbastanza veloce. Aveva un pessimo senso estetico, ma era rapido nel decidere di qualche morte sociale morire.
« Esattamente. »
L’amico apparve al suo fianco indossando degli orribili pantaloncini rossi, una maglietta bianca, gli occhiali da vista e un cappello blu notte. Ormai erano troppi anni che combatteva contro il suo pessimo gusto e alla fine Kento l’aveva giudicava una battaglia persa. Probabilmente doveva pensarla così anche Takeru dato che si era limitato ad un bacio sulla guancia, senza nominare i suoi abiti.
Li aveva salutati e poi era tornato a studiare, mentre loro si erano già avviati verso la macchina.
Kento si lasciò andare. Si trovava bene a parlare con Haruma, poteva dirgli qualunque cosa. In ogni modo, con ogni parola, Haruma riusciva comunque a farlo sentire meglio, a dargli sempre qualche consiglio per aiutarlo a tirarsi fuori dai pasticci.

Il giorno dopo Kento si fermò sotto casa di Takuya, e prese un profondo respiro. Socchiuse gli occhi, tentando di tenere a mente tutti i consigli di Haruma, i discorsi che gli aveva detto cercando di farli suoi. Era un attore in fondo no? Doveva assimilare tutto quello che gli aveva detto Haruma e buttarsi.
Scese dalla macchina e salì fino all’appartamento di Takuya. Il pseudo fidanzato non lo stava aspettando e Kento non sapeva se lo avesse trovato in casa.
Qualche giorno prima avevano litigato e da allora non si erano più visti. Si sentiva come se avesse qualcosa di prezioso fra le mani, ma che gli stava sfuggendo via dalle dita.
Per lui Takuya era importante, solo che non aveva mai trovato il coraggio di dirglielo chiaramente.
Si aspettava stupidamente che il più grande si accontentasse di quelle poche briciole che riusciva a far cadere e che potessero continuare per sempre la loro storia comoda e semplice basata sul nulla.
Sapeva che era stupido da parte sua e anche infantile. Ma avrebbe voluto sapere prima certe cose di Takuya, certe emozioni, certi sentimenti che covava e covava, che tentava di nascondere con tutto sé stesso, fino a farsi male.
Negli ultimi giorni aveva sentito come se avesse perso qualcosa che però non era realmente suo, come se il fantasma che amava più di sé stesso fosse appena svanito da un’altra parte, altrove, verso un altro universo.
Suonò al campanello e rimase in attesa, dondolandosi da un piede all’altro. Dall’altra parte non arrivava nessun rumore e schioccò la lingua. Suonò di nuovo il campanello, giusto per scrupolo.
Conosceva bene Takuya e sapeva che se era impegnato a fare qualcosa, difficilmente avrebbe sentito il campanello, anche se non ci credeva molto nemmeno lui.
Probabilmente non era proprio in casa e lui sarebbe di nuovo ritornato nel suo appartamento, da solo.
Era già a metà della prima scalinata quando sentì la porta aprirsi. Si voltò di scatto, tornando sul pianerottolo e osservò la figura spezzata di Takuya, nascosto fra la porta e lo stipite.
« Cosa vuoi? » mormorò il più grande, scorbutico « Pensavo che ci fossimo detti tutto l’ultima volta. »
« Sì, io… » Kento si interruppe, non riuscendo a trovare le parole adatte « Volevo parlarne ancora. Per favore. »
Takuya lo fissò di soppiatto, rimanendo in silenzio.
« Non lo so. Io penso di poter sopportare di nuovo tutto quello. »
« Lo so, e non voglio farti stare di nuovo male. Voglio solo parlare. » si avvicinò alla porta, prendendo dallo spiraglio una mano di Takuya, stringendola forte « Per favore. »
Il più grande sospirò, svicolando la mano e richiudendo la porta. Kento sul primo momento pensò che era ufficialmente la fine, ma poi Takuya riaprì di nuovo la porta, invitandolo ad entrare.
Kento si tolse le scarpe e cercò le ciabatte. Stava di nuovo perdendo le speranze quando intravide le sue ciabatte che erano rimaste là dall’ultima volta. Era convinto che Takuya le avesse già buttate e vederle gli diede un po’ di forza.
Si sedette sul divano, osservando Takuya che tornava dalla cucina con due lattine di Coca-Cola in mano, porgendogliene una.
« Allora? Cosa vuoi dirmi? »
Kento rischiò di strozzarsi, non aspettandosi un attacco diretto di quel genere. Pensava, anzi, sperava che ci sarebbe stato almeno qualche discorso senza senso, il minimo per metterlo a proprio agio.
Ma probabilmente Takuya era ancora arrabbiato e ferito da quello che era successo quando avevano litigato e non aveva per nulla voglia di perdonarlo.
« Io… mi dispiace per quello che è successo l’altra giorno. Davvero. Non so come farti capire che io non volevo dirti quelle cose. Ero stupito, arrabbiato, nervoso e ti ho detto cose che non pensavo. »
Takuya annuì, torturandosi le dita delle mani, senza guardarlo.
« Carino il discorso che ti ha preparato Haruma. Se non conoscessi abbastanza bene da sapere che vai da lui quando hai questi problemi, avrei quasi potuto commuovermi. »
Kento sospirò, cercando di mantenere la calma. Quelle non erano le stesse identiche parole di Haruma, aveva riadattato il discorso a parole sue, eppure Takuya aveva ragione. Non era un suo discorso.
Solo che lui non era bravo con le parole. Quando doveva essere sé stesso, quando era sincero, si incespicava sempre, balbettava e preferiva sempre recitare un copione già scritto, indossare una maschera e mandare tutti al diavolo.
Era più semplice fingere di essere una persona diversa, perché in fondo, il vero sé stesso non gli era mai piaciuto molto e spesso, troppo spesso, si era chiesto di chi in realtà Takuya si era realmente innamorato.
Se della maschera o del vero Kento, ma era una domanda che il ragazzo non aveva mai osato porgli, temendo una risposta che, ne era certo, non gli sarebbe piaciuta.
« Ho solo preso spunto. Ieri gli ho solo chiesto come fa ad essere così naturale con Takeru. Sono invidioso di loro, della facilità che dimostrano nel mostrarsi affetto e sapere che io non riesco a fare lo stesso mi fa ingelosire. Io penso davvero le cose che ti ho appena detto. Mi sono solo fatto dare una mano nell’espressione. Sai che non sono molto bravo a parlare. » borbottò poi, distogliendo lo sguardo.
Si sentiva uno stupido ad arrossire in quel modo, come un piccolo adolescente di fronte alla sua prima cotta. Però in un certo senso era davvero così. Aveva avuto un sacco di storie prima di Takuya, ma nulla era lontanamente paragonabile a lui.
Ne era sicuro, in quel momento più delle altre volte. Lo amava e avrebbe solo voluto sentirsi dire che sì, avrebbe avuto una seconda possibilità e che sì, lo amava ancora.
Stava quasi per inginocchiarsi davanti a lui e implorare perdono, quando Takuya ridacchiò, nascondendo la bocca dietro una mano.
« Sei veramente buffo Kenpi, lo sai? » Takuya sospirò, appoggiando poi la guancia sul mano, osservandolo di traverso « Non ci hai messo un po’ troppo per venire da me? »
Kento avrebbe voluto dirgli un sacco di cose, quanto gli era mancato, quando voleva stare con lui, quanto aveva scoperto di amarlo, quanto aveva desiderato la sua presenza, anche solo per stare insieme nella stessa stanza.
Aveva in mente un sacco di pensieri, aveva pensato a lungo a cosa dirgli e a come dirglielo eppure quando aprì di nuovo la bocca, nulla di tutto ciò che aveva pensato uscì dalla sua bocca.
« Io ti amo. Ti voglio accanto a me, ogni giorno. Mi sei mancato e non voglio più stare così tanto senza di te. Vuoi venire a vivere con me? » rovesciò quasi senza riprendere fiato.
Il sorriso dal volto di Takuya scomparve, lasciando spazio ad un’espressione di pura sorpresa. Kento sentiva il fiato pesante, come se finalmente si fosse liberato di mesi e mesi di ansie e angosce che portava sulle spalle.
Si sentiva finalmente bene, anche se era ancora in agitazione per la risposta di Takuya che tardava ad arrivare.
« Allora? » lo incalzò poi senza nemmeno respirare.
Takuya lo osservò per qualche secondo, senza dire nulla. Poi, all’improvviso, scattò verso di lui spingendolo sul divano e baciandolo con foga.
Kento sentiva la sua bocca, la sua lingua e le sue mani dappertutto. Lo sentiva sopra di sé e dovette fare appello a tutte le sue capacità per allontanarlo leggermente.
« Takkun… » rise piano, osservandolo negli occhi « Takkun mi dispiace davvero per tutto quanto. » mormorò poi accarezzandogli lentamente i capelli.
« Non fa niente. Iniziavo solo a perdere le speranze. »
Fece per baciarlo di nuovo, ma di nuovo Kento lo fermò.
« Facciamo le cose per bene. Andiamo a cena prima, che ne dici? Un bel ristorante e poi andiamo a casa mia, anzi, a casa nostra. »
Takuya si rialzò a sedere, divertito e annuì.
« Mi piace come piano. » lo baciò a fior di labbra « E mi piace anche il modo in cui pronunci “casa nostra”. »
« Sei uno stupido sentimentale romantico. » brontolò Kento, nascondendo un sorriso, avvicinandosi al suo orecchio « Casa nostra. » sussurrò poi.
« Ah! Così sembra un film porno, Kenpi! » lo rimproverò il più grande, dandogli un leggero colpo sulla spalla, alzandosi in piedi.
Kento sorrise, osservando Takuya continuare a riprenderlo mentre andava a farsi una doccia e poi a cambiarsi. Si sistemò comodo sul divano, aspettando a cuor leggero adesso che, dopo tanti mesi, le cose si stava rimettendo a posto.
Anzi, ora tutto andava per il verso giusto.
Ora anche lui avrebbe avuto la sua relazione idilliaca con Takuya. Sperava solo di non risultare agli altri come risultavano Haruma e Takeru.
Quello sì che sarebbe stato uno smacco difficile da digerire.

challenge: 500themes ita, challenge: cow-t3.5, pairing: kaku x uehara, challenge: diecielode {#tempo}, fandom: amuse

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