Titolo: Tutto ciò che puoi togliermi
Fandom: RPF Amuse
Pairing: Miura Haruma x Sato Takeru ; Kaku Kento
Rating: G
Avvertenze: Slash
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: Quando Haruma si era svegliato quella mattina, aveva sentito improvvisamente un freddo gelido penetrargli sotto la pelle.
Note: Scritta per la
500themes-ita con il prompt “131. Per amore del peccato” e per la 10 Dark di
contestmania con il prompt “Perdersi nella mente”
WordCount: 975
fiumidiparole **
Quando Haruma si era svegliato quella mattina, aveva sentito improvvisamente un freddo gelido penetrargli sotto la pelle.
Non si era voltato verso la parte vuota del letto perché non voleva ritrovarsi di fronte alla realtà. Socchiuse di nuovo gli occhi, desiderando solo di scivolare in un limbo dove non avrebbe potuto pensare a niente, quando la sveglia tornò a suonare, ricordandogli che quella mattina aveva le prove per lo spettacolo, che doveva alzarsi e muoversi perché probabilmente era in ritardo.
Si alzò a sedere, dirigendosi poi in fretta nel bagno, facendosi una rapida doccia. Sentì la voce del manager squillare dalla segreteria telefonica di casa, mentre lo avvisava che a breve sarebbe arrivato sotto casa per prenderlo e sbuffò, continuando a lavarsi i capelli.
Uscì in fretta, vestendosi con i primi vestiti che trovò nell’armadio mentre si asciugava i capelli e fu solo quando afferrò la borsa sul divano per dirigersi verso l’ingresso che gettò l’occhio verso l’albero di natale tutto addobbato in un angolo.
Sotto le ghirlande, sotto le palline colorale, sotto i fili luccicanti c’era ancora un pacchetto che non aveva consegnato.
Anzi, per dirla tutta sperava che il destinatario lo avesse portato con sé quella mattina prima, quando se ne era andato di soppiatto come se fosse un ladro, abbandonandolo.
Schioccò la lingua, la suoneria del cellulare che lo avvisava che il manager era arrivato, chiedendosi quanto ancora male avrebbe dovuto farsi prima di capire che per lui non c’era quel futuro romantico che aveva sempre immaginato.
I suoi piedi si mossero da soli, le sue mani afferrarono il piccolo pacchetto colorato prima di infilarlo in borsa.
Si chiuse nell’ascensore, passandosi le mani sugli occhi, stanco come raramente gli era capitato di essere.
Quando arrivò a lavoro ed entrò nel camerino con gli altri Amuse, chinò immediatamente gli occhi, cercando di passare il più possibile inosservato, sistemandosi davanti allo specchio dalla parte opposta di Takeru.
Si mise subito a sistemarsi, infilandosi le lenti a contatto e cercare di essere un po’ più positivo. Non era da lui deprimersi o lasciarsi andare e non lo avrebbe fatto nemmeno in quel momento. In fondo poi, era un attore e se non riusciva a fingere di essere di buon’umore allora poteva anche lasciare quel lavoro per dedicarsi a qualcos’altro.
Cercò di concentrarsi il più possibile durante le prove, tentando di ricordare i balli, le canzoni, i passi e tutto quello che avevano imparato negli ultimi mesi.
Rientrati nel camerino Takeru gli passò accanto e Haruma sentì di nuovo il profumo caratteristico della sua pelle invadergli le narici, spingendo di nuovo la sua mente ai ricordi di quella notte che tentava in tutti i modi di dimenticare.
Vide di nuovo Takeru nudo nel suo letto, che si muoveva sotto di lui, che gli sussurrava parole all’orecchio mentre si stringeva a lui, mentre gemeva il suo nome e Haruma era sicuro di avere il segno delle sue unghie conficcate nelle spalle.
Haruma sentì il fiato diventargli sempre più veloce e pesante mentre ricordava quelle labbra peccaminose dirgli che lo amava e improvvisamente la testa iniziò a girargli, sentendosi stupido, incredibilmente stupido per aver creduto alle sue parole, per aver creduto che realmente Takeru potesse amarlo almeno un decimo di quanto lo amava lui.
Si appoggiò alla sedia accanto a lui, prima di sentire le voci ovattate dei suoi amici che si stringevano intorno a lui e farsi sempre più lontane e confuse.
Quando chiuse gli occhi, il buio lo avvolse e non capì più nulla.
Di nuovo, quando si svegliò, Haruma sentì il freddo gelido che aveva avvertito quella mattina farsi strada dentro di lui.
Una pezza umida era posata sulla sua testa, le gambe alzate appoggiate su una pila di cuscini e Kento, il suo migliore amico, era seduto accanto a lui mentre leggeva un manga.
Si agitò debolmente, sentendo le braccia e le gambe pesanti, trovando difficile anche solo muovere la testa. Kento posò subito il manga, iniziando a girare un cucchiaino in un bicchiere e spingendolo davanti a lui.
« Su, muoviti.. Bevilo tutto e non fare storie. Sono abbastanza irritato. » lo ammonì il più grande.
Haruma si alzò in piedi, aiutato dall’amico e senza protestare bevve tutto il bicchiere pieno di acqua e zucchero. Si sentì un meglio ed evitò di alzare gli occhi verso l’altro.
« Allora, cosa è successo? E’ tutto il giorno che sei strano. »
« Cosa? Non ho nulla, mi devo solo essere sforzato troppo durante le prove. Stanotte poi ho dormito poco e… »
« Niente cazzate per favore. Puoi ingannare gli altri con la tua bella faccina da angioletto divertito ma non me. Ci conosciamo da troppi anni perché la tua stupida maschera di ottimismo possa convincermi davvero. » lo riprese Kento, con il suo solito tono irritato, eppure Haruma riuscì a percepire una lieve intonazione preoccupata che lo fece sorridere.
Strinse il bicchiere fra le dita, osservando il fondo vuoto, sentendosi svuotato nella stessa identica maniera. Aveva fatto il passo più lungo della gamba solo per amore del peccato, i un peccato che poteva tranquillamente essere evitato.
Quell’amore che Takeru gli aveva tanto professato nel giro di qualche ore era svanito altrettanto velocemente e quando il più grande se ne era andato da casa aveva deciso di ignorare o dimenticare chi e cosa si stava lasciando alle spalle.
Sentì gli occhi lucidi e trattenendo i singhiozzi spiegò tutto quello che era successo con Takeru, sentendosi via via sempre più stupido.
Quando smise di parlare Kento rimase in silenzio per qualche secondo, prima di sedersi accanto a lui e, per la prima volta, lo abbracciò con forza, stringendolo a sé, permettendogli di continuare a soffocare i singhiozzi nella sua felpa.
Era stanco Haruma di correre dietro al fantasma di un amore così forte che non avrebbe mai potuto essere ricambiato, ma ormai non poteva fare più nulla.
Aveva raggiunto il fondo e adesso non avrebbe dovuto fare altro che tentare di rialzarsi perché quella era l’ultima cosa che Takeru non era riuscito a togliergli.