[Hey!Say!Jump] La vita che avremo dovuto vivere insieme [04/ ?]

Nov 30, 2012 20:21

Titolo: La vita che avremo dovuto vivere insieme.
Fandom: Hey!Say!Jump
Pairing: Yabu Kota x Inoo Kei ; Takaki Yuya x Chinen Yuri ;
Rating: NC17
Avvertenze: Slash, Death!Fic, Violence, AU!, Under!Age
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: Kei non ha mai desiderato una vita migliore perché non sa che cosa significa essere felici. Ma l’incontro con quelli che lo salveranno dal baratro in cui vive da ormai troppi anni gli farà scoprire quello che si è perso fino a quel momento.
Note 1: Scritta per la 500themes_ita con il prompt "076. Lasciare andare"
WordCount: 3045 fiumidiparole

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Quando mi risveglio, c’è Yabu - sensei accanto a me. Sta leggendo un libro e quando prendo coscienza di dove mi trovo, scatto in piedi, imbarazzato. Per quanto tempo ho dormito? Perché non mi ha svegliato?
« Oh, ben svegliato Inoo - kun. »
« Poteva svegliarmi. » replico acido cercando di controllare il rossore sulle guance.
« Non sono così cattivo da svegliare un ragazzo che dorme così profondamente. Che ne dici se andiamo a mangiare qualcosa? Yaotome - san e Takaki - san ci aspettano al ristorante dell’altra volta. »
Annuisco di nuovo, confuso.
« Questa volta non scapperai via, Inoo - kun? »
« Questa volta non mi farà domande invadenti, Yabu - sensei? » domando a mia volta, seccato, come se fosse colpa mia. E’ lui che dovrebbe imparare a farsi gli affari suoi.
Ridacchia, alzando le mani in segno di resa.
« Colpito e affondato. Lo prometto. Non ti chiederò nulla. »
« Allora va bene. »
Non lo guardo. Non sopporto di vedere il suo sguardo pieno di compassione.
Entriamo di nuovo in macchina, lui guida in silenzio, io di certo non sono il tipo che avvia di sua spontanea volontà una conversazione.
Sempre in silenzio, arriviamo al ristorante, dove troviamo già i due poliziotti.
La cena fila liscia come l’olio. Non ho parlato molto. Mi sono limitato ad ascoltare i loro discorsi, ma di certo è che nemmeno Yaotome ha parlato molto ed è molto strano da parte sua.
Di solito è lui che parla, parla, parla senza mai stancarsi, parla di tutto quello che gli passa per la mente, a volte dicendo cose che non hanno realmente un senso. Invece questa sera invece sembra spento.
Gli unici, in pratica, che sembrano essersi divertiti, sono Yabu e Takaki. A fine cena, mentre i due ragazza si avviano verso la cassa, litigando su chi deve pagare il conto, Yaotome si avvicina, sedendosi al mio fianco.
« Inoo - kun, ti dovrei parlare. »
Alzo lo sguardo dalla mia ciotola di gelato. Non so perché, ma improvvisamente mi sembra che un tifone si stia per abbattere su di me.
« Dimmi Yaotome- san. » mormoro con la gola secca.
« Riguarda quelle foto. » s’interrompe, poi prende fiato « Sai, mia madre ha divorziato da mio padre tanti anni fa ormai. E io ho deciso di prendere il nome di mia madre. Ci furono dei problemi all’epoca e io non volli più averci niente a che fare. »
Si interrompe di nuovo. China gli occhi e serra le mani a pugno.
« Uno di quegli uomini Inoo - kun… »
« Non m’interessa. » lo interrompo.
Non voglio sentire il resto della frase. Non voglio vedere la rabbia e la delusione negli occhi di Aiba, non sopporterei di sapere di essere uno di quelli che lo rendono infelice, che lo disgustano.
Accenno un sorriso. Uno di quelli falsi, che lui ha imparato a riconoscere e scuote la testa, frustrato.
« Non m’interessa. » ripeto « E’ solo uno dei tanti, capisci Yaotome - san? » mi gratto nervosamente la testa « Per me… è solo un numero. » scrollo le spalle, come per dare più enfasi alle mie parole.
« Io non posso pensare... » mi risponde a fatica « Chissà che cosa ti ha fatto. Come ti ha picchiato, costretto a fare sesso con lui. Io… » pianta un pugno sul tavolo, facendomi sussultare e io socchiuso gli occhi per un secondo prima di tornare a fissarlo.
« Non m’interessa. » dico ancora « Davvero. » stringo fra le mani la coppetta di gelato, gelida fra le mie dita « Adesso vorrei solo… far finta di niente. I loro nomi, le loro attività o tutto il resto per me non contano nulla. Quello che hanno fatto rimane, e nulla di quello che accadrà in futuro potrà cancellarlo. Tuo padre non è stato uno dei migliori, ma nemmeno uno dei peggiori. » concluso.
Lui si alza di scatto in piedi, poi lascia il ristorante. Yabu e Takaki alla cassa ci guardano in silenzio, poi, ignorandoli, lo seguo all’esterno. Si trova sul retro, seduto su delle casse a fumare e mi lancia una veloce occhiata, poi torna a guardare i propri piedi.
Mi siedo a terra, accanto alle sue gambe.
« Puoi darmi una sigaretta Yaotome - san? » chiedo alzando la testa verso di lui.
Mi guarda, forse un po’ stupito e ridacchio del suo stupore.
« Non bevo e non mi drogo, qualche difetto dovrò pur avercelo, no? » scherzo cercando di alleggerire la tensione che c’è fra noi e lo vedo finalmente abbozzare un sorriso.
« Hai ragione. » dalla tasca della giacca prende il suo pacchetto di sigarette « Tieni tutto il pacchetto. Io ho la stecca in macchina. »
Alzo le spalle, prendendone una. Mi porge anche l’accendino, inspirando a pieni polmoni e socchiudo gli occhi. La nicotina mi scorre nelle vie respiratorie. La gola mi brucia, ma adoro fumare e apro di nuovo gli occhi.
« Avrai paura di me un giorno? Temendo che io sia come mio padre? » mi chiede Yaotome e io scoppio a ridere.
« Tu non assomigli minimamente a quell’uomo. Come ti è venuta in mente una simile sciocchezza? »
Lui alza le spalle, rimanendo in silenzio.
« Puoi far finta di niente per favore? » gli chiedo poi « Non voglio che tu cambi atteggiamento verso di me a causa sua. »
« Ci proverò. » mi dice sorridendo. « Ti è piaciuta la cena? »
« Ottima. Ho mangiato tantissimo ramen. »
Ride anche lui, scompigliandomi i capelli.
« Dove andrai a dormire? » mi chiede dopo un po’, quando le nostre sigarette sono quasi finite.
« Non lo so. » rispondo lentamente « Troverò un posto. »
« Yabu - sensei ha una stanza degli ospiti. Io e Takaki non abbiamo spazio a casa nostra. Sai, condividiamo l’appartamento. Per risparmiare sulle spese. » mi spiega.
Storco leggermente il naso. L’idea di passare del tempo con lui mi rende nervoso.
Ma non ho altre alternative, no? Di certo non posso dirgli che avrei passato la notte in qualche stazione o al riparo nei ricoveri dei senzatetto.
« Glielo chiederò io. » propone notando il mio disappunto.
« Grazie. » mormoro grato, annuendo.

All’uscita dal ristorante, prima di andare a casa sua, Yabu mi ha portato al mio piccolo appartamento, giusto per prendere le poche cose che erano indispensabile.
Il mio album da disegno, i miei astucci, alcuni vestiti, un paio di libri.
Prima di chiudermi la porta alle spalle, ho gettato un ultimo sguardo alla mia casa, perché qualcosa mi aveva detto che non l’avrei mai più rivista e la cosa non mi dispiace più di tanto.
Sta per iniziare un nuovo capitolo della mia vita adesso e inizia nel momento esatto in cui entro in casa di Yabu, grande e arredata all’occidentale. Il padrone di casa è cortese come sempre, quasi troppo.
Mi indica il bagno, la cucina, la mia stanza. E’ luminosa. La finestra dà sulla corte interna del palazzo, quindi dovrebbe essere piuttosto tranquillo.
Lo ringrazio e mi lascia da solo, permettendomi di sistemare le mie cose.
I libri e le cose per disegnare sulla scrivania. I vestiti nell’armadio. Metto la valigia sotto il letto, anche questo rigorosamente occidentale.
Guardo la stanza. Poi raggiungo Ninomiya in salotto. Sta bevendo una birra. La televisione è accesa su un telegiornale, ma lui sfoglia distrattamente una rivista.
Mi siedo dalla porte opposta del suo kotatsu. Lui mi getta una veloce occhiata. Poi torna a guardare la televisione.
Anche se la sua gentilezza può risultare irritante, mi piace quest’atmosfera.
E’ molto casalinga, intima.
Familiare.
Come quella famiglia che mi apparteneva e di cui ormai ho pochissimi ricordi. Una sorta di calore che mi fa sentire bene, permettendomi finalmente di lasciarmi andare, di darmi finalmente l’opportunità che aspettavo segretamente da una vita, seppellita sotto anni e anni di abusi e di indifferenza.
Appoggio un gomito sul tavolo e faccio cadere la testa sulla mia mano, guardando la tv anche io.
« Grazie. » dico solo.
Lui non dice nulla, non subito almeno. Accenna un sorriso, continuando a bere.
« Prego. »
Socchiudo gli occhi. Ascolto il vociare di sottofondo del telegiornale, il ritmico respiro di Ninomiya, il suono sordo della bottiglia di vetro contro il tavolo, il fruscio delle pagine del libro.
Decisamene, potrei quasi abituarmi ad una vita del genere.

Quando mi sveglio il sole mi finisce direttamente negli occhi e li serro, disturbato da tutta quella luce. Allungo stancamente una mano, tirando la tenda e facendo tornare un po’ di ombra nella stanza e poi mi stiracchio.
Sono passate due settimane da quando ho messo piede nella casa di Yabu, settimane in cui io non ho detto nulla e lui non mi ha ancora cacciato via.
Si sta bene qua.
Al contrario di quello che pensavo, ho molta libertà d’azione.
Lui va al lavoro presto e io rimango da solo a casa. Posso uscire, andare a fare la spesa o andare a disegnare al parco vicino casa.
Yabu torna la sera, quasi sempre per l’ora di cena e Takaki e Yaotome sono spesso qua, a bere birra fino ad orari improponibili a guardare la televisione.
Meno male che l’adolescente sono io. Ogni tanto lo penso per davvero. Li guardo e mi domando dove sia tutta la loro maturità, anche se mi fa piacere vederli così aperti e felici.
Questa sera invece siamo al ristorante, mentre aspetto la cameriera, rimango in silenzio, in attesa del momento giusto per parlare e lo trovo in quel momento di stallo che passa dopo che la cameriera ha preso le ordinazioni.
« Ho pensato di trovarmi un lavoro. » annuncio lentamente.
I ragazzi mi guardano, io tiro fuori una rivista di annunci, aprendo la pagina che m’interessa. Ci sono parecchi articoli cerchiati, altri sono sbarrati con delle grandi X.
« Ho fatto alcuni colloqui. Sto aspettando una risposta. »
« Inoo - kun, hai un tempismo micidiale. » commenta Yabu perplesso, mentre dalla sua borsa prende dei fascicoli.
« Questa sera volevo proporti di riprendere la scuola. »
M’irrigidisco. Non sono mai stato una cima, nemmeno quando la frequentavo, non l’ho mai nascosto.
I miei errori mentre parlo ne sono la prova. Balbetto spesso, temendo di sbagliare parole, e non conosco kanji più complicati di quelli per un linguaggio colloquiale. Perfino per leggere gli annunci di lavoro per alcuni kanji ho avuto bisogno del dizionario.
Arrossisco, scuotendo la testa.
« Credo che sia una pessima idea Yabu - sensei. Non sono assolutamente al livello di una scuola superiore. »
« Per questo possiamo darti delle ripetizioni. » si offre Sakurai.
« Vi sarei di peso. »
« Per niente. » ribatte al volo Yaotome.
« Preferisco lavorare. » commento seccato.
« Senza diploma non avrai mai un lavoro decente. » continua il padrone di casa
« Allora lavorerà in un konbini per il resto della mia esistenza. » sbotto con il tono di voce più alta del normale e lui sbuffa.
« Almeno provaci. Datti un semestre di prova. Se ti farà così schifo o ti sentirai così in imbarazzo ad andarci, ti troverai un lavoro. »
« Anche se dico di no, continuerà a parlarmi di questa o di quella scuola, vero? »
« Sono bravo a prendere per sfinimento la gente. » mi sorride e vorrei dargli un pugno.
« Un semestre. » gli dico guardandolo negli occhi « Un solo semestre. » ripeto.
Lui allunga la mano.
« Lo prometto. »
La stringo e sposto lo sguardo. Spero di non essere arrossito troppo.
La sua mano è piccola per essere quella di un uomo adulto, ma calda e morbida. La tengo stretta qualche secondo più del necessario e poi la lascio di scatto.
Torno a mangiare il ramen, mentre Takaki e Yaotome ridono.

Una settimana passa velocemente. Yabu ha inoltrato le pratiche per l’ammissione alla scuola pubblica superiore che c’è vicino casa.
E’ lunedì ed entra nella mia stanza che sono in dormiveglia. Si avvicina al mio letto, iniziando a scuotermi.
« E’ tardi, alzati. »
Mi scosto, forse un po’ bruscamente. Ma lui ormai ci è abituato. Sa che non mi piace essere toccato, eppure lo fa ugualmente. E’ irritante.
« Mancano ancora trenta minuti. E la scuola è dietro l’angolo. » borbotto alzandomi a sedere sbadigliando e stropicciandomi gli occhi.
« Devi farti la borsa, fare colazione e vestirti. »
« La borsa l’ho fatta ieri. Non faccio colazione da anni. Ho già sistemato i vestiti sulla sedia. E adesso fammi dormire per altri dieci minuti. Vado in bicicletta a scuola. » rispondo tirandomi la coperta sulla testa e dandogli la schiena.
Lui sbuffa. Mi toglie la coperta e io protesto.
« Forza muoviti. Devi imparare a fare colazione. Non lo sai che è il pasto più importante della giornata? »
Lascia la stanza, sorridente. Mi alzo a sedere, seccato. Poi lo raggiungo in cucina. Sul tavolo c’è una ciotola di latte e cereali.
« Ehi, ti hanno mai detto che non ho cinque anni ma sedici? » nervoso indico la colazione che mi aspetta « Non faccio colazione. » ripeto ancora.
« Il latte è nutriente. » si limita a dire bevendo il suo caffè « Forza muoviti. Manca poco. »
Ho imparato ben presto che mettermi contro Yabu non porta a nulla di buono. Tanto in un modo o nell’altro riesce sempre a farmi fare quello che vuole lui.
Mi siedo al tavolo, trangugiando affamato l’intera ciotola e tutti i cereali. Vado in camera e mi vesto.
Perdo qualche minuto nel fissarmi allo specchio.
Non mi ero mai immaginato con la divisa scolastica. Giro un paio di volte su me stesso. Il colletto della giacca è troppo attillato. Sbottono i primi due bottoni, tornando a respirare.
Guardo l’orologio. Afferro la borsa.
Vado in corridoio. Mi appoggio sullo scalino davanti alla porta infilandomi i mocassini. Yabu mi raggiunge, infilandosi anche le sue scarpe, masticando contemporaneamente un pezzo di pane. Usciamo di casa. Io raggiungo il cancelletto e prendo la mia bicicletta. Lui si avvia verso la macchina.
« Allora ci vediamo stasera. Usciamo con i ragazzi. Vogliono sapere del tuo primo giorno di scuola. »
Roteo gli occhi. Appoggio la borsa nel cestino della bici e monto in sella.
« Non sperare che io parli di questa giornata. » borbotto.
Lui ride. Alzo una mano in segno di saluto e mi avvio.

La scuola è diventata un routine.
Un giorno, due, tre, fino a diventare quasi un mese. All’ora di pranzo sono letteralmente scappato sul tetto, come ogni giorno. Mi piace stare da solo, non sentire più tutti quegli sguardi addosso, il non essere costantemente giudicato.
Dopo qualche minuto, la porta si apre. Non mi alzo dal pavimento. Strare sdraiati sulle mattonelle calde mentre il sole di questo giugno particolarmente afoso mi fa prendere un po’ di colore sul volto, è troppo bello.
Dei passi si avvicinano. Apro leggermente gli occhi. Accanto al mio viso ci sono dei mocassini e dei pantaloni neri.
Mi alzo sui gomiti, fissando il nuovo ragazzo. Dovrebbe essere un mio compagno di classe, ma non c’è spesso, fa molte assenze.
Si siede al mio fianco, a gambe incrociate. Prende il suo bento e inizia a mangiare. Sempre in silenzio.
Lo fisso per qualche secondo. Poi torno sdraiato. Finché non mi dà fastidio, non vedo perché io debba preoccuparmi della sua presenza.
La campanella suona. Mi alzo, senza aver toccato il mio pranzo.
Torniamo in classe, lui sta dietro di me.
Si siede al suo banco. Due sulla mia destra. Io occupo quello accanto alla finestra, seconda fila partendo dal fondo.
Tanto non capirei nulla, nemmeno se mi trovassi in prima fila. E poi da qui è l’opportunità di osservare il mondo che scorre oltre quest’aula.

Inizia una nuova quotidianità.
Quella di Chinen Yuri che mi segue sul tetto dopo qualche minuto che mi sono steso sul tetto ed è già parecchi giorni che mi segue, anche se non parliamo mai.
Né mentre torniamo in classe, né nella classe stessa, né mentre mangiamo il nostro bento.
« Sei strano. » dice poi, all’improvviso.
Sussulto nel sentire la sua voce e apro gli occhi, fissandolo. Abbozzo un sorriso, ironico.
« Buffo detto da te. Mi segui ogni giorno sul tetto e non spiccichi una parola. Poi sono io quello strano? » chiedo accennando un sorriso sarcastico.
« Non parli con nessuno in classe. » mormora sovrappensiero aprendo il suo bento e iniziando a mangiare di gusto.
« Nemmeno te se per questo. » borbotto « Non trovi che sia un po’ da ipocriti questo discorso? » domando.
Lui accenna un sorriso.
« Anche se stai sempre in silenzio, sei bravo a rispondere. » fissa il suo bento e poi il mio, ancora chiuso « Tu non mangi? » mi chiede
« Non ho molta fame. »
Serro le labbra. Un senso di nausea mi stringe la bocca dello stomaco se solo penso di mangiare.
Lui annuisce e continua a mangiare e mi piace il suo silenzio. E’ rilassante.
Non è invadente come gli altri ragazzi della mia classe.
Non vuole sapere a tutti i costi perché mi sono trasferito a maggio e non ho iniziato l’anno scolastico come tutti gli altri.
Non fa domande. Prende quello che gli si dà.
Mi piace.

Tornato a casa, dopo una rapida doccia e aver tentato di mangiare qualcosa solo per far chiudere la bocca a Yabu, mi sono messo sul tavolo a studiare.
Siamo rimasti in silenzio per un po’, poi, senza distogliere lo sguardo dai compiti, ho deciso di mettere al corrente Yabu di quello che era successo a scuola.
« Oggi ho parlato con un mio compagno di classe. » dico all’improvviso.
Yabu alza lo sguardo da alcuni fascicoli che sta riempiendo e mi fissa, un po’ stupito.
« Davvero? » mi chiede.
Non alzo lo sguardo dai libri di storia e un po’ imbarazzato continuo a sottolineare.
« Sì. Ero sul tetto a mangiare e abbiamo parlato. »
« Perfetto. » aspetta qualche secondo prima di continuare « Sei felice? »
Scrollo le spalle, cambiando evidenziatore.
« E’ simpatico credo. Almeno non fa domande. »
Lui annuisce. Poi mi sorride e io lo guardo torvo.
« Non ho detto che mi piace la scuola. Se voglio, posso incontrare Chinen - kun anche fuori dalla scuola. »
« Certo. » risponde lui ridendo.
Mi scompiglia i capelli. Torna a scrivere, sempre con quel suo irritante sorriso sulla faccia. Ogni tanto beve della birra o cambia canale al televisore.
Potrei abituarmi seriamente a questa vita ma è meglio che Yabu non lo sappia.
Mi darebbe fastidio vedere il sorriso di vittoria sulle sue labbra.

challenge: 500themes ita, pairing: yabu x inoo, fandom: hey!say!jump, pairing: takaki x chinen, pg: yaotome hikaru

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