Titolo: Hoshi wo mezashite
Fandom: Hey!Say!Jump
Pairing: Yabu Kota x Inoo Kei ; Takaki Yuya x Inoo Kei ; Takaki Yuya x Chinen Yuri ; Yabu Kota x Yaotome Hikaru.
Rating: NC17
Avvertenze: Slash, NonCon!, Death!Fic, Violence, AU!, Under!Age
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: Kei è stanco della sua vita. Stanco di quella routine che lo stava lentamente uccidendo. E Kota, il suo padrone, il suo carnefice e l’uomo che lo aveva comprato non migliorava le cose.
Note: Scritta per il
bigbangitalia.
Note 2: Scritta per la
500themes_ita con i seguenti prompt.
“25. Soffrire l’agonia.”
“338. Affetto crescente.”
“253. Da solo vado in pezzi.”
“154. Favola incompleta.”
“339. Un tempo per essere in lutto.”
“108. Promettimelo.”
Note 3: Scritta per la
diecielode con i seguenti prompt:
"You trick your loves // That yo're wicked and divine"
“The undisclosed desires in your heart.”
“You may be a sinner.”
“Your beauty’s not just a mask.”
"I'll make you feel pure."
"Trust me // You are the one"
WordCount: 23.331 @
fiumidiparole Infine, ma non meno importante, per questa storia
vogue91 ha creato uno splendido fanmix. Meraviglioso. Mi è piaciuto tanto! ** Ancora grazie! <3
Gift!
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vogue91 Capitolo 01
“Leggermente amaro il sapore della vita.”
{Utada Hikaru - Flavor of Life}
Il palazzo era alto. Un grattacielo abbastanza raffinato, nel pieno del quartiere dei divertimenti di Shinjuku.
Le vetrate a specchio rilucevano durante il resto della giornata, mentre sembravano inquietanti occhi che ti fissavano e ti seguivano ovunque quando calava la notte.
Gli altri edifici, più bassi, erano tutti illuminati a giorno e c'era una fila umana di persone che occupavano la strada. Chi doveva decidere dove entrare, chi si era ritrovato con degli amici e stava chiacchierando, chi fingeva di non trovarsi veramente là, chi si nascondeva dietro una maschera di perbenismo e si guardava intorno stringendo la propria ventiquattro ore, come per dire che si trovavano là solo per un appuntamento di lavoro.
Kei li osservava tutti, dal primo all'ultimo. E li avrebbe potuti classificare tutti, dal primo all'ultimo.
Stringeva in una mano un cocktail, mentre dietro di lui il rumore assordante dei clienti del casinò gli stava perforando le orecchie.
Il palazzo dove lavorava gli piaceva. Maestoso e terrificante allo stesso tempo. Era imponente, segno di una società che piuttosto che affrontare i problemi preferiva chiudere gli occhi.
E lui lo aveva imparato a proprie spese. Nessuno, in quella società, lo aveva aiuto quando era stato necessario.
E proprio come quel palazzo, anche lui era diventato parte di un sistema che le persone comuni decidono di ignorare.
Non gli interessava le loro motivazioni. Che fosse per comodità, per paura o per altro ancora, ormai per lui era troppo tardi per cercare di comprendere gli altri.
Loro non avevano compreso lui e quindi non vedeva la necessità di capire ciò che lo circondava.
Kei sentì delle mani posarsi sui suoi fianchi e stringersi leggermente. Sempre tenendo il drink in mano, si voltò fra le braccia del nuovo arrivato.
Davanti a lui l'ennesimo cliente. Kei lo squadrò per un secondo, il sorriso sempre sulle labbra lunghe e sottili, il sopracciglio alzato mentre si muoveva contro di lui.
Non era niente di che, giudicò ad una prima occhiata. Un avvocato, notando la spilla gialla sul colletto della giacca, nemmeno particolarmente bravo o a rischio di scandali se si trovava in quel luogo.
Alto circa quanto lui, il volto pressoché anonimo e difficile da ricordare. Occhi scavati, nonostante non dovesse superare i trentacinque anni.
Gli tremavano le mani mentre riprendeva a toccarlo e Kei aveva smesso da tempo di sentire il disgusto scorrere sottopelle al tocco di qualcuno che lo nauseava. Era disgustato, ma non smise di sorridere e di parlargli in maniera affabile.
Forse aveva una moglie che lo attendeva a casa, continuò il ragazzo osservando la porzione di pelle più chiara al dito dell'uomo che stava cercando di rimorchiarlo. Una moglie probabilmente depressa e poco incline al sesso o alla vita di coppia se suo marito stava cercando di portarsi a letto un avvenente sconosciuto di ventiquattro anni.
Ad un certo punto la mano dell'uomo fu bruscamente tolta dalla sua coscia e portata dietro la schiena.
L'uomo si lamentò, piegandosi leggermente in avanti.
Kei alzò lo sguardo e osservò il suo capo. Chinen Yuri era una persona poco raccomandabile. Kei avrebbe potuto dire che lo odiava selvaggiamente, se solo avesse trovato dei motivi abbastanza seri per farlo.
Non si odiavano, ma non andavano d'accordo. D'altronde, in quel mondo, era difficile anche andare d'accordo con la propria madre, figuriamoci con una persona come Chinen, già poco disponibile al dialogo.
« Attiri sempre questo target di persone, vero Kei? » commentò il ragazzo.
Kei si attardò come ogni volta che gli parlava, ad osservare la cicatrice a forma di croce sulla guance e parte di un tatuaggio che spuntava fuori dal colletto della camicia.
« Deve essere perché sono bellissimo. » il sorriso di Kei si era fatto improvvisamente freddo, mentre replicava con indifferenza al suo capo.
Chinen non colse la sfida. Tirò con ancora più forza il braccio dell'avvocato, che mugolò di dolore.
« Non credo che lei abbia il permesso di toccare la nostra merce. » sibilò al suo orecchio, puntandogli un coltello al fianco.
L'uomo squittì di terrore, ma né Chinen né Kei si fecero impressionare più di tanto. Era la normale routine.
E dove non arrivavano le guardie, entrava in gioco direttamente lui.
Veloce, letale, senza un briciolo di umanità nei confronti di chi non gli interessava. Kei si era sempre chiesto perché si trovasse là, in un casinò a gestire un giro di uomini che si prostituivano.
Non glielo aveva mai domandato apertamente. I loro discorsi non sfioravano mai nemmeno lontanamente la sfera personale e gli andava bene in quel modo.
A volte la mattina presto, quando il cliente aveva lasciato la stanza di Kei, lui scendeva di nuovo al primo piano, dove c'era il casinò e lo trovava sempre là, seduto al bancone a bere sakè.
Si sedeva al suo fianco e parlavano. Nonostante tutto, Kei sapeva di potersi fidare di lui. Per lui era troppo importante, un giro di soldi che avrebbe fatto girare la testa a chiunque non avesse mai visto un assegno con più di sei zeri.
Se a Kei succedeva qualcosa, Chinen aveva chiuso.
Ritornò con i piedi per terra quando le guardie li raggiunsero. Afferrarono l'uomo che aveva ancora il coltello puntato contro le costole e lo portarono fuori.
Kei sospirò, appoggiandosi alla vetrata. Osservò l'enorme stanza, girando lievemente il cocktail dentro il bicchiere.
La sala era piena di gente che si aggirava fra i vari tavoli da gioco e fra le macchinette, mentre c'era chi giocava, chi lavorava, chi supervisionava.
Yuri era uno di quelli. Stava là, nascosto nell'ombra ad osservare che tutto andasse secondo i propri piani.
Kei si guardò intorno. Si diresse al bancone, mentre finiva il suo cocktail. Ne aveva bisogno di uno bello forte, che, come ogni sera gli facesse dimenticare quello che stava succedendo.
Si sedette al bancone, ordinando un po' di sakè. Rimase fermo, con il cervello vuoto, in attesa di qualcosa che non sapeva quando sarebbe arrivato.
Accanto a lui si sedette un ragazzo, di qualche anno più grande di lui. Ordinò a sua volta qualcosa da bere. Appoggiò i piedi sui poggiapiedi dello sgabello, curvandosi sul bancone e prendendo la bottiglia di birra per il collo, iniziando a bere senza guardarsi intorno.
Kei storse le labbra, continuando a fissare dritto davanti a lui. Il ragazzo accanto a lui si chiamava Yaotome Hikaru e lui lo conosceva bene.
Era il tirapiedi del suo capo, dell'attuale boss della famiglia di yakuza che gestiva quel giro a Shinjuku. Lo conosceva da anni, da quando aveva solo quindici anni e lui e il capo, che non era ancora nessuno, si presentavano a casa sua chiedendo indietro i soldi.
Aveva i capelli abbastanza lunghi, di un biondo che sparava negli occhi ed era incredibilmente affascinante.
Kei lo detestava. Ed non era come il finto odio che diceva di provare in giro per Yuri. Lui lo odiava.
Era un odio che Kei si sentiva nascere dal profondo delle viscere. Perché Hikaru aveva sempre fatto di tutto perché le cose andassero esattamente come diceva lui. E quando le cose non seguivano i suoi piani, sapeva essere veramente spietato e disgustoso.
Non distolse lo sguardo dagli scaffali pieni di alcolici davanti a lui. Non voleva parlarci, a meno che non fosse strettamente necessario.
Ad un certo punto le lunghe dita di Hikaru si poggiarono sulla sua gamba. Non fremere di disgusto sotto al suo tocco, fu difficile.
La mano si appoggiò poi contro la sua coscia, palpandolo lentamente.
Kei avrebbe voluto amputargli la mano e fargliela ingoiare. Non lo sopportava. Ogni volta che lo vedeva, che gli si avvicinava, che lo toccava e sentiva quel desiderio di portarselo a letto fluire nelle sue vene, soffriva.
Perché a lui non piaceva quello che faceva. Era solo carne da macello, carne da sfruttare il più possibile fino a che non sarebbe diventato vecchio, meno appetibile.
E ripensare ai suoi trascorsi con Yaotome, a come si era comportato con lui, come lo aveva usato, violato e ferito lo faceva impazzire. Lavorare con lui era come una lenta agonia, come un veleno assunto in piccole dosi giorno dopo giorno.
Era un veleno. Uno mortale. E lui soffriva, rinchiuso senza via di uscita in quella sua agonia mortale, che, ne era certo, un giorno di quelli lo avrebbe definitivamente distrutto.
« Sei qua per qualcosa Yaotome? » domandò gelidamente Kei « Sai che non puoi toccarmi, vero? » gli rivolse un sorriso sprezzante « Non puoi permetterti di pagare una simile cifra solo per una scopata. » sussurrò mellifluo facendo scivolare via la sua mano con un gesto elegante.
L'altro sorrise, tornando a bere la sua birra.
« L'asta si è appena conclusa. Ti aspettano in stanza. » gli disse l'altro con una risata « Mi raccomando, fatti ripassare per bene. »
Kei si alzò per andarsene e Hikaru ne approfittò per dargli una sonora pacca sul sedere. Il più piccolo si fermò, socchiudendo gli occhi. Poi, come se nulla fosse successo, riprendere a camminare, s'infilò nell'ascensore fino ad arrivare al quarantesimo piano.
**
Uscito dall'ascensore Kei si fermò davanti ad uno specchio. Si sistemò i capelli e i vestiti, osservandosi accuratamente.
Il cliente lo stava aspettando e nulla era più importante del cliente per Kei. Il cliente voleva il suo corpo, lo bramava, lo desiderava.
Voleva toccarlo, scoparlo, sentirlo fremere sotto al suo tocco.
E Kei gli dava tutto quello. Gli faceva credere che quei gemiti di piacere fossero sinceri, che il suo corpo che tremava sotto le loro spinte fosse sopraffatto dalle loro emozioni. Gli faceva credere che quella notte non avrebbe avuto né fine né limiti.
Lui ingannava i suoi amanti, perché era pagato per quello, perché quello era il suo lavoro. Li ingannava, fingendosi più divino di quello che era. Ed era bravo. Decisamente bravo.
Ed era per quello che in breve tempo era diventato il numero uno. Era per quello che in quel momento il suo corpo valeva migliaia di yen. Perché era bravo nel far credere alla gente tutto quello che voleva ed era bravo a farli godere, a fargli desiderare di tornare una secondo, una terza, una quarta volta.
Ma loro erano, in fondo, abbastanza ricchi da permetterselo. Non c'era gentilezza nei loro modi, né alcun riguardo nei suoi confronti.
Né Kei li aveva mai chiesti. Aveva sempre saputo quale era il target di persone che potevano permettersi di pagare quelle cifre e tutti, fino a quel momento, avevano una qualche perversione segreta da soddisfare.
E quindi arrivava lui, arrendevole, docile, sottomesso. Per far sì che ogni loro desiderio diventasse realtà.
Si diede un ultima aggiustata ai capelli e poi camminò velocemente lungo il corridoio, raggiungendo l'ultima porta.
La aprì con la carta e, mentre si chiudeva la porta alle spalle, sfoderò il suo migliore sorriso, squadrando l'uomo che lo aspettava al centro della stanza.
Gli bastò poco per capire quello a cui sarebbe andato incontro.
Uomo abbastanza in vista, socialmente importante. Vestiti di classe, anche se leggermente logori agli orli.
Doveva praticamente vivere solo con quell’abito. Si torturava i polpastrelli con le unghie del pollice.
Gli piaceva dominare, lo poteva vedere dal suo sguardo.
A fine nottata avrebbe avuto così tanti lividi che coprirli con un po' di trucco sarebbe stato semplicemente impossibile.
**
Alle sei del mattino Kei si accasciò sul letto. Ansimava per il dolore. L'uomo era appena uscito dal suo corpo, dopo l'ennesimo amplesso, dopo averlo sentito per l'ennesima volta dentro di lui.
Si massaggiò le spalle, cercando di far riprendere la circolazione, spostandosi poi sui polsi dove il segno delle corde era quasi tatuato sulla sua pelle. Aveva la schiena graffiata e si sentiva ancora le sue mani addosso e il suo respiro dentro l'orecchio.
Nulla che una buona doccia bollente non avrebbe saputo togliere.
Osservò l'uomo rivestirsi, troppo velocemente per uno che si era divertito nel torturarlo lentamente per una notte intera.
Kei fece vagare lo sguardo lungo tutta la stanza. Era enorme. Un'intera parete era di vetro e dava direttamente a strapiombo sulla strada.
C'erano solo due porte. Quello dello sgabuzzino e quello del bagno. Il resto era completamente aperto. I mobili finemente decorati, la piccola cucina in legno antico, il cassettone e il letto.
Tutto di una certa classe doveva ammettere Kei prima di osservare di nuovo l'uomo. Cose che quel tipo non avrebbe mai più rivisto a meno che non si fosse preso la briga di tornare.
E Kei lo sapeva, lo avrebbe fatto.
L'altro non si voltò nemmeno verso di lui. In pochi lo facevano. D'altronde era solo una puttana, quindi perché avrebbero dovuto preoccuparsi di salutarlo?
Si alzò debolmente in piedi, gettandosi immediatamente sotto la doccia. Aveva fame e sonno.
Rimase sotto il getto dell'acqua calda per tempo che gli parve interminabile.
**
Chinen Yuri era seduto al bancone del casinò. I clienti erano appena andati via e lui poteva finalmente bere qualcosa di più forte di una coca-cola.
Accanto a lui si sedette Kei. Profumava di bagnoschiuma e di... buono, avrebbe detto il ragazzo gentile che era stato un tempo.
Il più piccolo ordinò da mangiare e Yuri rimase in silenzio mentre mangiava, anzi, si ingozzava come un animale. Chinen lo considerava ancora un bambino e quello era sempre stato il suo punto debole, lo sapeva.
Aveva sempre mantenuto delle distanze nei suoi confronti perché aveva imparato a sue spese che tutte le persone a cui teneva prima o poi sparivano o lo abbandonavano.
E anni prima non aveva nessuna intenzione di affezionarsi a quel ragazzetto di quindici anni con la faccia svagata che Kota gli aveva rifilato.
Con il tempo si erano leggermente avvicinati. Parlavano. Era capitato qualche volta che s'incontrassero nel pomeriggio per fare quattro chiacchiere, ma niente di che.
Kei afferrò il bicchiere d'acqua, svuotandolo in un paio di sorsi, solo per tornare poi a mangiare la sua pasta.
Chinen sbuffò, riempiendogli di nuovo il bicchiere.
« Sei un animale. » commentò sorseggiando il suo liquore.
« Sono affamato, è diverso. » biascicò l'altro infilandosi in bocca una forchettata di spaghetti.
Il più grande scosse la testa, senza aggiungere altro.
Non lo avrebbe mai ammesso, ma gli piaceva quella sorta di quotidianità. Da anni oramai a fine lavoro Chinen si prendeva un liquore e poco dopo arrivava Kei.
Alla sei finiva il contratto del suo cliente e quindi scendeva immediatamente per mangiare o per borbottare contro i metodi poco gentili di chi gli era capitato. Quelle lamentele gli entravano da un orecchio e uscivano dall'altro, ma d'altronde sapeva che per di più Kei si divertiva a dar fiato alla bocca.
Non lo aveva mai sentito lamentarsi seriamente.
Ma d'altronde gli piaceva quel lato schivo e indipendente di Kei. Gli risparmiava parecchi problemi. E lui odiava i problemi, dal più profondo del suo cuore.
« Come è andata? » domandò Chinen distogliendo lo sguardo.
« Nella norma. » rispose Kei masticando e svuotando di nuovo il bicchiere d'acqua « Era solo un vecchio pervertito che si divertiva a fingere di avere di nuovo vent'anni. »
Il più grande notò i lividi intorno ai polsi e Kei si limitò a ridacchiare, tirando giù la manica della giacca, tornando poi a mangiare. Guardò dritto davanti a sé.
Avrebbe voluto dirgli tante cose, da tanti anni. Ma anche quella sera, decise di rimanere in silenzio.
Mostrare il suo dispiacere non avrebbe aiutato Kei e nemmeno sé stesso. Non poteva permettersi di avere compassione o pietà.
Se proprio la doveva avere, avrebbe dovuto dimostrarla nove anni prima, quando Kota si era presentato con quell'enorme problema.
Avrebbe dovuto sparargli un colpo dritto in testa perché sapeva quello a cui andava incontro, ma non lo aveva fatto.
Aveva discusso con quello che sarebbe successivamente diventato il suo capo e aveva perso.
E adesso si trovava con Kei. Con quel Kei distaccato che non amava mostrare troppo di sé, se non per sedurti e per divertirsi a vedere l'effetto che il suo corpo ha su quello di qualcun'altro.
Adesso non poteva permettersi di provare pena per lui. Il tempo delle decisioni era ormai passato.
**
Anche quella sera Kei entrò dentro la stanza. Era la solita stanza, da anni.
Seduto sul bordo del letto si trovava un ragazzo abbastanza giovane, non doveva avere meno di trent'anni.
Era di bell'aspetto, con i capelli di media lunghezza, sciolti, scuri. Indossava un bel completo, forse comprato di recente e si guardava nervosamente intorno.
A Kei venne da ridere. Non doveva essere da tanto che frequentava quel posto. Lo aveva già intravisto poco prima, al casinò. E seguiva passo passo quello che doveva essere il suo capo, senza mai toccare una fiche e giocando solo una volta alle macchinette.
Appena lo vide si alzò di scatto in piedi, inchinandosi più e più volte e Kei questa volta non riuscì a nascondere un sorriso mentre gli si avvicinava.
Lo vide allontanarsi di un passo e inghiottire rumorosamente quando si appoggiò contro di lui, sfiorandogli il volto.
« B-Buonasera. » balbettò l'uomo « Mi chiamo Takaki Yuya. » esclamò poi frugandosi in tasca e allungandogli un biglietto da visita.
Kei lo prese, perplesso e poi appoggiò il biglietto su un comò. Si tolse la giacca e la camicia, rimanendo a petto nudo davanti a lui, andando nuovamente fra le sue braccia.
« Piacere. Io sono Inoo Kei. » gli sfiorò il cavallo dei pantaloni con una mano « E il mio corpo è il mio biglietto da visita. »
Kei sentì l'uomo sussultare, spostandogli nervosamente la mano e tenendola nella sua, come intimidito.
« Ti sto mettendo a disagio? » sussurrò al suo orecchio.
« N-No. » balbettò il più grande « Io... niente, io... lascia stare. » mormorò ancora distogliendo lo sguardo.
Il ragazzo allora lo prese delicatamente per un polso e si sdraiò sul letto, trascinandolo sopra di sé. Yuya appoggiò le mani ai lati della sua testa, alzandosi imbarazzato.
Kei alzò la mano, accarezzandogli dolcemente il volto.
« Che cosa vuoi fare, Takaki-san? » domandò languido.
« Io non lo so... Tu cosa vuoi fare? » chiese a volta, agitato.
« Ciò che ti fa stare bene. Hai pagato abbastanza per avermi, ti conviene usarmi. » sussurrò poi.
Yuya socchiuse gli occhi. Se ripensava a quei soldi... Li riaprì, osservando il ragazzo sotto di lui. Alzò una mano, accarezzandogli il volto, scendendo poi lungo il collo e il petto, sfiorando i capezzoli. Kei socchiuse gli occhi, mugolando di piacere. Le mani di Yuya gli piacevano davvero. Erano grandi e morbide. E calde.
Rimase fermo, mentre l'uomo continuava ad accarezzarlo, iniziando a baciarlo lentamente lungo il collo e le clavicole. Kei gli circondò il collo con le braccia, stringendolo a sé e muovendo il bacino contro di lui.
Gli slacciò sensualmente la cravatta, facendola scivolare oltre la sua testa. Poi fece passare le mani sul suo petto, tirando via la camicia da dentro i pantaloni e accarezzandogli la pelle nuda. Lentamente la sbottonò, bottone per bottone, senza staccare gli occhi da quelli di Yuya nemmeno per un secondo.
La fece scivolare oltre le sue spalle e avvicinò la sua bocca al suo corpo, baciandolo delicatamente e mordicchiandolo. Yuya serrò gli occhi, ansimando leggermente. Kei sorrise, mentre le sue mani gli accarezzavano i pettorali e gli addominali, arrivando poi alla cintura.
Kei gli accarezzò l'erezione già dura poi gliela slacciò, sbottonandogli i pantaloni e tirandoli giù insieme ai boxer.
Il più grande si alzò in piedi, togliendoli rapidamente e rimanendo nudo. Si avvicinò di nuovo a Kei, sfilandoli anche a lui e osservando il suo corpo privo di vestiti. Lo sfiorò interamente, come se avesse paura di romperlo o di fargli del male.
Kei rimase appoggiato sui gomiti, beandosi di quella delicatezza e gentilezza inaspettata.
L'altro ritornò su di lui, avvicinando la sua bocca a quella del più piccolo.
« Posso baciarti sulla bocca, Inoo-san? » domandò timidamente.
Kei si morse un labbro. Non era sua abitudine permetterlo. Non gli piacere sentire in bocca il sapore di altri uomini, non gli piaceva sentire la loro lingua dentro e contro la sua e lo disgustava pensare di poterlo fare con degli sconosciuti.
Ma Yuya gli sembrava così tenero ed indifeso che poteva anche fare uno strappo alla regola.
Annuì, avvicinando il proprio volto e baciandolo. Socchiuse gli occhi, assaporando le labbra del più grande, incredibilmente morbide.
Kei non aveva mai baciato nessuno sulla bocca. Per quanto i clienti fossero violenti, non era mai stato stuprato e, bene o male, gli davano sempre retta.
Sentiva lo stomaco contorcersi mentre baciava quelle labbra e mentre le mani di Yuya gli stringevano i fianchi, accarezzandolo con i polpastrelli. Inarcò la schiena, permettendo a Yuya di accarezzarlo meglio e di più.
Si staccarono e Kei sorrise, stringendosi a lui. Sentiva le loro erezioni sfiorarsi e lo sentiva gemere e desiderava solo dargli piacere.
Se lo meritava quel Takaki Yuya anche se, in fondo, nemmeno conosceva. Lo fece stendere al suo posto e si mise fra le sue gambe. L'altro lo guardava perplesso e Kei aveva la certezza che nessuno, nessun uomo almeno, gli avesse mai fatto un pompino.
Gli strinse l'erezione in una mano, muovendola lentamente, assaporando la punta, leccandola e succhiandola con la stessa lentezza con la quale la sua mano continuava a muoversi su di lui.
Yuya gemette il suo nome, socchiudendo gli occhi e Kei aumentò leggermente l'intensità della mano e della sua bocca, fino a quando non lo sentì fremere troppo, segno che stava giungendo l'orgasmo.
Si allontanò da lui e Yuya sbarrò gli occhi, osservandolo perplesso. Kei gattonò sopra di lui, baciandolo.
« Scusami. Ma se venivi adesso, non avresti potuto scoparmi, no? » sussurrò divertito.
Yuya arrossì, annuendo.
« E' vero. »
Kei rimase fermo, attendendo qualcosa che non arrivò, quindi decise di prendere lui l'iniziativa.
« In che posizione vuoi fare sesso Takaki-san? » domandò languido, strusciandosi sulla sua erezione.
« I-Io... non l'ho mai fatto. Con un uomo. » precisò subito dopo.
Kei lo fissò di nuovo e sorrise ancora.
« Allora la tua prima volta sarà da urlo con me. » ammiccò « Hai qualche preferenza? »
« Vorrei guardarti e toccarti. Così... credo che possa andare bene. » commentò poi osservando il ragazzo seduto sul suo addome.
L'altro annuì. Si tirò leggermente indietro, alzò il bacino e lentamente scivolò sopra l'erezione di Yuya. Ansimò mentre la sentiva spingere dentro di lui e Yuya gemette a voce più alta, afferrandolo per le cosce e stringendo con forza.
Kei la spinse completamente dentro di lui, iniziando a muoversi poco dopo. Yuya gemeva a voce alta e a Kei piaceva sentire i suoi gemiti, le sue mani, la sua voce che gli parlava.
Era l'unico che gli aveva mostrato un minimo di gentilezza.
Il più grande prese quasi subito il ritmo e iniziò a spingere a sua volta, uscendo del tutto per poi affondare ancora una volta dentro di lui, sempre più in profondità. Kei si muoveva contro di lui, alla sua stessa velocità, mentre una mano dell'uomo si appoggiava sulla sua erezione, iniziando a masturbarlo, senza dargli tregua. Si muoveva sia contro la mano che contro di lui, contro il suo membro, duro e pulsante dentro di lui.
E non riusciva a farne a meno.
Venne con un gemito strozzato nella mano di Yuya e, dopo pochi secondi, anche l'altro raggiunse l'orgasmo dentro di lui.
Yuya era stremato e teneva la mano leggermente alzata per non sporcare il lenzuolo. Kei sorrise di nuovo e di sfilò da dentro di lui. Gli prese delicatamente il polso fra le dita e si portò la mano alla bocca, leccando via tutto lo sperma.
L'uomo sussultò e arrossì, cercando di spostare la mano. Kei lo guardò, scuotendo la testa e leccando con fare provocante. Yuya inghiottì di nuovo e decise di godersi lo spettacolo.
Finito, si sdraiò al suo fianco. Iniziava ad avere freddo e si tirò un lenzuolo fino alla vita.
Yuya ansimava ancora e si voltò verso di lui.
« E' stato bello. » ammise piano.
« Anche per me. » concordò Kei.
Si avvicinò di più a lui, iniziando ad accarezzandogli il petto con i polpastrelli.
« Dimmi Takaki-san, come ci sei finito qua? » chiese dopo qualche minuto di silenzio.
« Mi ci ha portato il capo. Dovevamo concludere degli affari e... ha deciso di darmi un incentivo per partecipare al progetto. » mormorò senza guardarlo.
« Oh! Quindi sei una persona importante. » esclamò Kei ridacchiando « E qual è il tuo lavoro Takaki-san? »
« Dirigente di banca. » rispose Yuya sorridendogli.
« Forte. » esclamò Kei ridendo « Parlami un po’ di te, della tua famiglia. Chi ti aspetta a casa? » chiese.
« …ho un cane. Si chiama Moe. »
« A me piacciono i cani, ma non ho tempo per starci troppo insieme. Ma ho un pesce rosso. » Yuya rise con lui « E della tua famiglia? » chiese poi.
Yuya rimase in silenzio a lungo a fissare il soffitto. Kei comprese di aver posto la domanda sbagliata e stava per chiedergli qualche altra cosa, quando il più grande rispose.
« Sono figlio unico. Mio padre è morto quando avevo otto anni. Mia madre mi ha abbandonato quando ne avevo sedici. » si voltò verso Kei, stringendolo ancora « Mi dispiace, non volevo rattristarti. »
Kei scosse la testa.
« Ti ho posto delle domande troppo personali, la colpa è solo mia. Non preoccuparti di questo. » sospirò, guardando la stanza « Come mai hai deciso di provare a fare sesso con un uomo? » chiese poi.
Yuya si agitò un po' e smise di guardarlo.
« Non mi piacciono le donne. Cioè... ho provato ad uscire con qualcuna di loro, un paio di volte. Ma... non mi piacciono. Il sesso con loro è noioso. »
« Io invece ti sono piaciuto? » chiese languido Kei.
« S-Sì! » esclamò Yuya tornando di scatto a guardarlo « Tu... sei stato bravo e io... ho goduto molto Inoo-san. » chinò la testa, accennando un sorriso.
« E' stato specialmente per merito tuo se ti è piaciuto. Sei stato veramente bravo. » sussurrò Kei prima di baciarlo un'altra volta.
Yuya ricambiò il bacio, stringendo di nuovo le mani sui suoi fianchi, tirandolo ancora una volta su di lui. Kei montò sui suoi fianchi, chinandosi su di lui e facendosi accarezzare la schiena, sentendo le sue unghie che gli penetravano leggermente la carne.
« Io... vorrei farlo ancora, Inoo-san. » mormorò imbarazzato.
« Fino alla scadenza del contratto Takaki-san, possiamo fare sesso tutte le volte che vogliamo. »
Yuya ribaltò la situazione, sistemandosi fra le sue gambe. Lo baciò di nuovo, più appassionatamente, facendo scivolare una mano sulla sua erezione, stimolandola lentamente.
Kei gemette, lasciandosi andare sotto quel tocco, allargò di più le gambe, permettendo al più grande di penetrarlo di nuovo e di nuovo e di nuovo.
Si spinse ancora verso i suoi fianchi, gemendo sotto quelle spinte profonde, sotto il tocco di quelle mani tanto delicate.
Quella notte fecero sesso fino al mattino.