[Hey!Say!Jump] Ma adesso sei qui e mi sei mancato

Oct 29, 2012 22:14

Titolo: Ma adesso sei qui e mi sei mancato
Fandom: Hey!Say!Jump
Pairing: Yabu Kota x Chinen Yuri
Rating: G
Avvertenze: Slash
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: Ma Yuri era stanco di quella situazione, non ne poteva davvero più.
Note: Scritta per la khorakhane_ita con il prompt “L’acqua dei piatti non rispecchia la luna” e per la 500themes_ita con il prompt “36. Colto sul fatto”.
WordCount: 1488 fiumidiparole

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Era tardi. Molto tardi.
Yuri non aveva sonno e Yabu era ancora steso sul divano e fumava in silenzio, osservando il soffitto. Il tavolo era già stato sparecchiato, il rumore della lavastoviglie in movimento quasi lo irritava, ma sembrava che al più grande tutto quello non causasse nessun problema.
Rimaneva in silenzio, come faceva sempre. Ma Yuri era stanco di quella situazione, non ne poteva davvero più. Non che l’altro non avesse ragione nel dirgli che non potevano pretendere di più, in fondo loro non aveva nessun legame, e forse avrebbe dovuto solo accontentarsi di Yabu che si preoccupava, bene o male, per lui.
Invece era seccato. Afferrò la pentola ancora sporca, che non era entrata nella lavastoviglie e iniziò a pulirla, senza ragionarci troppo. Strinse la spugna insaponata in una mano, passandola senza troppa forza contro il sugo incrostato.
Yabu era stato diverso da tutti gli altri. Fin dall’inizio di quella storia che non aveva un senso, né un inizio e né una fine, era stato l’unico che non lo aveva trattato come un bambino, ma bensì quasi come un uomo adulto.
Non si era sprecato in sciocchezze mielose o regali intrisi di romanticismo. Non era nel suo stile e, probabilmente, non lo sarebbe stato mai.
Aveva tutto un suo personale modo di vedere le cose Kota e Yuri era sempre stato bravo, fin troppo bravo forse, a leggere fra le righe, fra i suoi discorsi interrotti quando arrivava qualcun altro, a leggere oltre i suoi gesti quasi casuali.
Forse era per quello che una sera era finiti a letto insieme. Forse era per quello che Yuri sentiva una sintonia tutta particolare quando stava accanto a lui.
All’inizio si era accontentato di quel loro rapporto praticamente inesistente. Si trovavano quasi sempre a casa del più piccolo, perché c’era meno il rischio che Kei tornasse a casa prima dal lavoro o dall’università. Si era accontentato perché era l’unica cosa a cui poteva realmente ambire.
Kota non lo amava, ma lo faceva sentire amato. Non con parole dolci o con regali inutili, ma con i movimenti sul suo corpo, con una domanda o una mail sul drama o sul programma che stava girando.
A volte Yabu si presentava a casa sua all’improvviso. Lo prendeva sul corridoio, spogliandolo e baciandolo con irruenza, spingendolo sul divano, colto da una frenesia a cui Yuri non riusciva a dare un nome.
Poi, rinsavito, si lavava, mangiavano insieme e poi rimaneva da lui l’intera giornata o l’intera nottata. Ed era in quelle ore che Yuri sentiva di essere sulla stessa linea di Kota, quando lo guardava cucinare a casa sua, lavare i piatti, muoversi come se quella fosse realmente il luogo dove abitava da anni e non la casa del suo amante.
Yuri avrebbe voluto sentirsi in colpa nei confronti di Kei, ma non ci riusciva. In fondo il più piccolo aveva compreso fin da subito che c’era qualcosa fra lui e Kota che non andava, ma non aveva mai fatto domande e da quel poco che vedeva a lavoro o sentiva dalle conversazioni sembrava tutto a posto.
Ma Yuri non avrebbe comunque voluto sentirsi dire che Kei era l’unico che amava, che lui era solo un ripiego per un po’ di noia, che sarebbe stato poi accantonato appena questa noia sarebbe passata.
Preferiva vivere e nutrirsi di quell’affetto, di quell’amore nascosto che ormai il suo corpo e il suo cuore non riuscivano più a contenere.
Questo aveva sempre pensato.
Almeno fino a due settimane prima, fino a che non aveva sentito Kei e Kota discutere nei camerini dello Shounen Club, quasi come cogliendolo sul fatto compiuto.
Kei si vedeva con Daiki da quasi un anno. Kota lo aveva scoperto mesi prima, ma non lo aveva lasciato perché non si sentiva pronto ad accettare tutto quello. Ma era stanco Kota. Lo aveva detto, ma anche se non lo avesse fatto, Yuri avrebbe riconosciuto bene i segni della stanchezza sul volto dell’uomo che amava.
Le occhiaie erano più profonde del solito, aveva perso il suo sorriso e si passava nervosamente la mani sul volto. Non fissava Kei negli occhi, ma un punto dietro di lui, come se stesse disperatamente cercando di recuperare i pezzi di una relazione in cui aveva messo tutto sé stesso, in cui aveva dato tutto quello che poteva dare e anche di più.
Ma non riusciva a trovare nulla. Kei gli sfuggiva dalle dita come sabbia al vento, ma doveva accettarlo.
All’improvviso Kota lo aveva lasciato. Yuri aveva sbarrato gli occhi, tanto quanto Kei, e aveva trattenuto il fiato.
Gli aveva detto che fra di loro era finita, che non c’era a quel punto più niente da recuperare. Che lo aveva amato così tanto che alla fine il suo stesso amore si era consumato e non c’era più da qualche mese a quella parte.
Kei non aveva detto nulla. Aveva chinato gli occhi, poi aveva abbracciato Kota, a lungo.
“Mi dispiace.” aveva sussurrato piano.
L’altro non rispose. Era stanco Kota. Stanco anche delle scuse, stanco di tutto. Aveva ricambiato l’abbraccio, lentamente, come se volesse comunque imprimere nella sua mente ogni più piccolo dettaglio che non avrebbe più ritrovato.
Un profumo, un tocco lieve, uno sguardo.
Era tutto finito.
Poi Kei gli aveva dato le spalle, chiudendo dietro di sé non solo la porta, ma anche la loro intera relazione.
E solo in quel momento Yuri aveva visto Kota accasciarsi e piangere qualche lacrima, più di sfogo forse, che di reale disperazione.
Yuri se ne era andato, non riuscendo a comprendere.
Erano passate due settimane in cui attendeva che Kota gli dicesse qualcosa. Non si aspettava di certa la dichiarazione di amore eterno, ma almeno una affermazione, anche poco generica, tipo “mi sono lasciato con Kei.”, giusto per non fargli credere di esserci immaginato tutto.
Non pretendeva molto.
E invece evidentemente non contava nessuno così tanto per il più grande, che non si era nemmeno degnato di dirgli che la loro non era più una relazione clandestina, ma che avrebbero potuto ammettere alla luce del sole che facevano sesso.
Yuri iniziò a fregare la spugna con più forza contro la pentola, quasi con rabbia, fregandosene del fatto che poteva rovinarla. Era arrabbiato e deluso e continuare a lavare i piatti in quella maniera, osservano il proprio riflesso nell’acqua sporca, non gli avrebbe di certo donato la luna, il sole o le stelle o tutte quelle cose idiote che dicono le persone innamorate.
Ad un certo punto sussultò nel ritrovarsi Kota accanto.
« Ko, mi hai fatto prende un colpo. » ammise posando l’ultima pentola sullo scolapiatti e voltandosi verso di lui.
« Non volevo, mi dispiace. » si scusò l’altro sorridendogli « Volevo solo dirti che qualunque cosa ti abbia fatto quella pentola, non l’ha fatto apposta. »
Yuri ridacchiò, arrossendo perché non avrebbe mai ammesso i pensieri che lo stavano torturando da due settimane a quella parte. Un po’ di vergognava di sperare di ottenere il suo lieto fine.
Kota lo prese per mano, fino a farlo sedere sul divano. Yuri si stese su di lui, baciandolo, sperando di far dimenticare a lui e a sé stesso la rottura con Kei.
Il più grande gli sfiorò la pelle scoperta con i polpastrelli, continuando a baciarlo lentamente, quasi dolcemente.
« Mi sei mancato. » mormorò Kota come se fosse normale dire una cosa del genere al proprio amante.
Yuri arrossì.
« Non dire idiozie. » replicò sedendosi.
« Dico sul serio. » continuò l’altro sedendosi accanto a lui « In questi due giorni che non ci siamo visti… mi sei mancato. » ripeté con naturalezza mentre Yuri cercava di convincersi che quella frase non volesse dire niente di più.
Yuri lo vide frugare in tasca, tirando fuori una collana con una chiave come ciondolo. La fece dondolare qualche secondo fra loro due, prima di porgerla al più piccolo.
« Ci ho pensato a lungo in queste settimane. Sai, fra me e Kei è finita. Non andava più da tanto tempo ormai. »
Yuri lo vide mordersi un labbro, ma le ombre che oscuravano il suo sguardo sparirono dopo un secondo, prima di sorridergli e fissarlo in volto.
« So che è inaspettato, ma vorrei dirti solo che ti amo. Che è grazie a te se negli ultimi mesi sono tornato a vivere, se mi hai fatto sentire amato e protetto allo stesso tempo. Che è grazie a te se posso dirti che ti amo anche se potrebbe andarmi male. Vorrei regalarti questa collana, per farti sapere che hai tu la chiave del mio cuore, comunque vada. »
Yuri sentiva milioni di parole, di frasi che si accavallavano dentro la sua testa e sulla punta della sua lingua, sentiva il cuore che batteva contro il petto a livelli disumani e non sapeva assolutamente che cosa dire per rispondere a quella dichiarazione.
Lo amava. Diamine se lo amava. Lo amava così tanto che finalmente anche lui si sentiva completo, perché lo aveva desiderato così tanto quel momento che quasi temeva di sognarselo.
Ma l’unica cosa che riuscì a fare fu abbracciarlo e stringerlo a sé, sussurrando solo un debole “Sì.”
Perché tanto Yuri ne era convinto, per dirgli quanto lo amava, aveva tutto il tempo del mondo.

Fine.

challenge: 500themes ita, fandom: hey!say!jump, pairing: yabu x chinen, challenge: khorakanè (album)

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