Summary: Come al solito si era buttato a capofitto nel lavoro, posticipando ancora e ancora quella discussione con sé stesso che sapeva essere inevitabile, se voleva anche solo fare un tentativo di portare avanti una relazione che a tutti gli effetti ignorava se potesse essere chiamata tale.
Words: 850
Genre: Fluff, Introspective, Slice Of Life
Character: Graham Simpkins/Larry Paul
Rating: PG
Warnings: Crossover, Missing Moments, One-Shot, Slash
Notes: Scritta sul prompt "sorrisi" per la
seconda RDJude Week (e questa volta li ho fillati tutti e tre! >:D). Il titolo è un verso di
Waitin' On A Sunny Day di Bruce Springsteen (A.K.A. Il Momento Karaoke Dei Bimbi Durante I Concerti).
Enjoy!
Nonostante l’apatia che quella situazione avrebbe sicuramente comportato, Larry aveva invano sperato che il mese di distanza trascorso a Detroit gli avrebbe chiarito le idee, almeno in parte. Cosa che puntualmente non era avvenuta. Perché come al solito si era buttato a capofitto nel lavoro, posticipando ancora e ancora quella discussione con sé stesso che sapeva essere inevitabile, se voleva anche solo fare un tentativo di portare avanti una relazione che a tutti gli effetti ignorava se potesse essere chiamata tale.
Ma era spaventato alla sola idea, e quindi si era ritrovato ad inventare scuse con sé stesso, preferendo di tanto in tanto l’autocommiserazione ad una riflessione sull’argomento, cosa dalla quale avrebbe senza dubbio tratto maggior giovamento, in prospettiva futura. Così invece correva il rischio di correre bendato verso qualcosa che era altamente incerto già di per sé. Non una grande idea.
Tuttavia, quando gli si era presentata l’occasione di prendersi una settimana di ferie, proprio in occasione di San Valentino, si era trovato a dire di sì senza neanche dare alla cosa un ulteriore pensiero. Cosa aveva da perderci, in fin dei conti? Negli anni aveva accumulato un discreto conto in banca, e alla peggio avrebbe rimediato un soggiorno a Londra, il che comunque non era male. L’ultima volta che c’era stato si era innamorato di quella città. Oltre che, forse, di qualcos’altro. Qualcuno.
Così adesso è lì, fuori dalla porta della casa di Graham, un piccolo trolley ai suoi piedi e nove ore di aereo alle spalle. Non gli ha telefonato per avvertirlo che stava arrivando, non l’ha proprio più cercato da quella famosa chiamata - l’unica, fino a quel momento - di quasi due settimane prima. A ben guardare, l’altro avrebbe tutte le ragioni del mondo per sbattergli la porta in faccia, senza neanche il bisogno di sentirsi in colpa, dopo. Ma qualcosa dice a Larry che non lo farà. È una specie di sesto senso, e lui ha imparato a fidarsene quasi ciecamente. Finora non l’ha mai tradito.
Prende un profondo sospiro e finalmente si decide a suonare il campanello. Rimane lì, in attesa di un suono, qualunque suono, che però non arriva. Per la prima volta si chiede che ore siano. Guarda l’orologio, fa un po’ di calcoli, e realizza che sono quasi le nove. Ed è sabato, non crede che Graham sia a lavoro. Forse dorme.
Così suona di nuovo. Si guarda attorno, sorride appena alla via deserta dove la luce del primo sole comincia ad illuminare i piani più alti delle palazzine. Sospira quella tranquillità quasi sovrannaturale che lo circonda e si sente un po’ più calmo a sua volta. Ed è allora che avverte il suono leggermente ovattato di passi all’interno della casa. Sente all’istante il cuore cominciare a battergli appena più velocemente, e una calda, soffice emozione farsi strada dallo stomaco in su. Qualche secondo ancora, e la porta si apre.
‹‹ ... Oh. ›› è l’unico suono che vien fuori dalla bocca di Graham, che a giudicare dallo stato dei capelli si è alzato da poco da dormire.
‹‹ Ehi... ›› ribatte lui, sorridendogli appena e notando che l’altro indossa soltanto i pantaloni del pigiama. ‹‹ ... Sorpresa! ›› ridacchia poi, cercando di scrollarsi di dosso tutto il nervoso che in un batter d’occhio s’è impossessato di lui.
‹‹ Larry, cosa... cosa ci fai qui? ››
‹‹ Be’... sono venuto a trovarti. Ti avevo detto che mi mancavi, no? ››
‹‹ Io... pensavo che fosse così per dire. Non ci siamo più parlati, quindi... non lo so, pensavo che stessi soltanto facendo il cortese. ››
In effetti, non gli poteva dare proprio tutti i torti. Il suo comportamento poteva essere facilmente equivocato.
‹‹ No, è che... Niente, soltanto il mio stupido modo di fare i conti con la realtà, scusami. Ho pensato... “Gli faccio una sorpresa, passo con lui una settimana, visto che me l’hanno data libera a lavoro”... ›› si interrompe un attimo, e ridacchia un po’ a disagio. ‹‹ Però se vuoi tolgo il disturbo, voglio dire... non c’è problema, sul serio... ››
‹‹ Che stupidaggini... ›› ribatte Graham, aprendosi in un largo sorriso e allungando una mano per afferrare il suo braccio, tirandolo dentro casa e chiudendo con un piede la porta dietro di lui.
Larry rimane un po’ stupito e spiazzato da quel gesto, ma fa comunque in tempo ad acchiappare il trolley e a portarlo in casa. Lascia andare la maniglia e subito dopo si ritrova appoggiato contro la porta, gli occhi grigio-chiari di Graham che lo scrutano da così vicino che riesce a coglierci tutte le più piccole sfumature di colore.
‹‹ ... Lo sono? ››
‹‹ Sì. ››
Graham gli sorride, e pian piano avvicina sempre di più il proprio volto al suo. Fin quando non rimane altro che un centimetro di distanza tra le loro labbra. Larry continua a guardarlo, aprendosi a sua volta in un largo sorriso, prima di cominciare a baciarlo piano.
E in quell’attimo di inizio trova tutte le risposte alle domande che gli frullavano nella testa da un mese a quella parte.
Tutte in un unico, un po’ timido sorriso.