Titolo: After Shiyagare
Fandom: Arashi/Kanjani8
Pairing: AibaKura (Aiba/Ohkura)
Rating: R
Disclaimer: I MIEI ICHIBAN MI APPARTENGONO, OK?? i personaggi non mi appartengono, con questo scritto non intendo offenderli in alcun modo
Note: QUALCUNO MI FERMI, PER L'AMOR DEL CIELO. Io avrei una long da portare avanti... ehm. Comunque, fu scritta subito dopo aver visto lo Shiyagare con i Kanjani (era senza sub, ancora, quindi tutto è basato esclusivamente su quello che sono riuscita a capire), e non mi soddisfa granchè: nella mia mente era molto più divertente o.o Inoltre, sto notando che scrivere su questa coppia, oltre a provocare fangirleggiamenti interiori non indifferenti, è abbastanza interessante... nel senso, far interagire Aiba con qualcuno che non è un membro degli Arashi e che è pure un suo kohai, mi permette di porlo sotto una luce diversa. Vabbè, io ci provo, poi non so cosa ne venga fuori!
La porta del camerino si aprì quando ormai erano rimasti solo lui e Hina. Lanciò una rapida occhiata per vedere chi era appena entrato, per poi concentrare nuovamente lo sguardo sul suo riflesso allo specchio; probabilmente, più tardi, il compagno di gruppo lo avrebbe sgridato per non aver salutato per bene il senpai, ma non importava.
Sentiva il vocione di Hina ripetere quanto quella puntata fosse stata divertente, e quanto gli fosse dispiaciuto non aver potuto terminare la loro sfida per la seconda volta. E continuò a parlare, parlare, parlare; ogni tanto si sentiva un assenso, e poi una risata. La sua.
Ohkura rabbrividì, iniziando a struccarsi più lentamente. Venne colto dall’impazienza mentre Hina continuava a parlare. Che aveva così tanto da blaterare? Perché non si sbrigava? Aveva avuto più di 15 anni per parlare con lui, non gli erano bastati?
Io, invece, ho un sacco di tempo da recuperare.
Sospirò sollevato quando, finalmente, il collega si avviò alla porta.
“Beh, allora ci vediamo! E... Ohkura??”
“Sì?”
“Come fai a essere così lento?” esclamò stupito “Sono secoli che sei davanti a quello specchio! Tanto tra un po’ ci truccheranno di nuovo...”
Sorrise scrollando le spalle “Ho quasi finito, non preoccuparti”
“Mh, ricorda che le macchine partono tra meno di un’ora”
Ohkura annuì e sventolò la mano mentre l’altro, infine, se ne andava.
Non appena la porta si chiuse, tornò a girarsi verso lo specchio, questa volta senza guardare il proprio riflesso, bensì quello della persona dietro di lui: Aiba si era seduto al contrario su una sedia, le braccia attorno allo schienale, il mento su di esso, e gli occhi piantati su di lui.
“Quindi avete ancora da lavorare?”
“Sì, dobbiamo girare il Music Lovers... ma non ci vorrà molto”
Tornò a guardare il proprio volto, ormai completamente struccato; aggrottò le sopracciglia nel vedere le imperfezioni della sua pelle, residui dell’acne giovanile. Se avesse saputo che Aiba sarebbe passato dopo la puntata non si sarebbe struccato, concentrandosi magari sull’acconciatura completamente rovinata dall’acqua, ma ormai era troppo tardi per rimediare.
Si voltò verso il senpai “Anche tu devi lavorare ancora, stasera?” chiese con tono casuale, come se non gli importasse granchè.
“Mh, abbiamo ancora due o tre puntate da registrare”
“Eh?! Due o tre??” non riuscì a mascherare né la sorpresa né la delusione: le riprese del Music Lovers sarebbero finite entro la mezzanotte, e vedendolo entrare nel camerino, aveva pensato che invece il senpai fosse libero e che, forse, dopo...
L’altro lo guardò come se non capisse il suo stupore.
“Beh, sì... c’è ancora tempo, non sono nemmeno le 10...”
Ohkura scosse la testa: controbattere che no, effettivamente era un po’ tardi per girare ‘due o tre puntate’, non avrebbe avuto senso. I Kanjani8 stavano iniziando solo negli ultimi mesi a capire cosa fosse un’agenda strapiena, ma gli Arashi lo sapevano ormai da tempo, e si erano abituati a quei ritmi frenetici.
Gli Arashi sono gli Arashi, come diceva sempre Yokoyama-kun. Solo che Ohkura non lo pensava con l’amarezza e la leggera invidia dell’amico, piuttosto con ammirazione e il desiderio di superarli, un giorno.
“E’ stato divertente, oggi” disse. Non proprio un commento brillante, ma non sapeva né che dire, né quando Aiba se ne sarebbe dovuto andare. E anche lui non aveva tanto tempo “A parte la cascata dritta in testa”
Aiba rise “Invece è stato il momento migliore: eri così carino!”
Si sentì avvampare, ma fece del suo meglio per apparire seccato.
“Non si dice ad un uomo che è carino”
Aiba intanto si era alzato e gli si era avvicinato, e ora lo guardava con aria confusa.
“Tu me lo dici continuamente”
“Perché tu sei l’eccezione che conferma la regola” spiegò, convinto. Ed era vero: non era solito definire gli uomini ‘carini’, ma con Aiba si alternavano dei momenti in cui rischiava lo svenimento ad altri in cui avrebbe voluto solo abbracciarlo e riempirlo di coccole. C’erano poi delle volte, come quella, in cui si trovava a metà strada.
“E comunque non ero carino: avevo i capelli tutti in disordine, stavo da schifo”
Aiba sorrise e mormorò qualche parola d’assenso, per poi avvicinarsi di più e alzare la mano per toccargli i capelli ancora umidi.
Ohkura socchiuse gli occhi, facendosi accarezzare, e si sporse involontariamente un po’ in avanti, diminuendo la distanza tra i loro corpi. Solo quando arrivò a sfiorargli il braccio, Aiba parlò di nuovo.
“Però, sai, sono offeso con te”
“Eh?” mormorò confuso, ancora concentrato sui movimenti della mano fra i suoi capelli “Che ho fatto?”
“Non sei riuscito a dire sette nomi di animali! E dire che ce n’erano così tanti...”
Rise “Non tutti abbiamo la fortuna di lavorare in uno zoo televisivo, Aiba-kun”
“E’ per questo che l’ho presa sul personale!”
“Forse... potrei conoscere più animali...” la sua mano salì fino a stringersi sul gomito dell’altro “Se tu mi insegnassi, senpai” azzardò.
Ma il volto del più grande si fece serio e la mano si allontanò dai suoi capelli.
“Quello è il motivo minore, comunque”
“E qual è l’altro, allora?” chiese, incuriosito. Non gli sembrava di aver fatto nulla di male, durante la registrazione.
Aiba s’imbronciò, lanciandogli uno sguardo che, secondo lui, esprimeva molto risentimento “Non sapevo che tu e Jun-pon foste così intimi”
“Chi diavolo è Jun-pon?”
“Quello bello che dice che sei un kohai carino”
“Oh!” esclamò, senza riuscire a reprimere un sorriso: Aiba aveva accentuato il suo broncio tirando più in fuori il labbro inferiore, ed era assolutamente adorabile. Si sporse in avanti per piantarvi sopra un bacio leggero, per poi tornare alla posizione originaria.
“Matsumoto-kun è stato molto gentile a dire quelle cose” concesse “Ma non sono certo io quello scambia i vestiti con gli altri e li conserva per anni...” sussurrò, percependo il suo umore cambiare al solo ricordo. Aiba, inve ridacchiò, riavvicinandosi e poggiando la fronte sulla sua spalla sinistra.
“Non fa ridere” fece, seccato. L’altro si zittì, e lo fece rabbrividire sussurrandogli le sue scuse contro il collo.
Ohkura cercò di concentrarsi sul fatto che, finalmente, il più grande fosse incollato al suo corpo, ma non riusciva a dare all’evento la dovuta importanza, l’umore ormai completamente guastato.
Quello scambio di battute con Subaru non gli era piaciuto per niente, lo aveva fatto bruciare dalla gelosia. In realtà, odiava ogni volta in cui i suoi compagni iniziavano a parlare con Aiba del periodo dei Junior, perché era sempre tagliato fuori da quei discorsi; c’erano così tante cose che non sapeva, tanti avvenimenti che non aveva mai vissuto.
Gli altri ti conoscono da così tanto tempo, mentre io sono solo l’ultimo arrivato...”
“Ma non vuol dire nulla” mormorò Aiba, la fronte ancora sulla sua spalla.
“Per te, forse” ribattè amaramente. E nonostante il suo cervello gli stesse urlando di stare zitto, che stava iniziando a dire cose senza senso, continuò a parlare “L’unica cosa che ci accomuna agli occhi degli altri è il drama, eppure ogni volta che l’argomento salta fuori parli sempre di come io ti abbia ossessionato per quel maledetto regalo, come se non ci fosse stato altro!”
Si rese conto di aver esagerato con i toni, perché Aiba alzò la testa per guardarlo in volto, stupito.
“Ma... tu hai detto che ti avevo fatto un regalo, e allora ho pensato che...”
“Era perché volevo far vedere a tutti quanto fossi stato gentile con me!” esclamò. Ormai era partito per la tangenti, non riusciva più a fermarsi “Eppure, tu non hai perso tempo per dire a tutti, per l’ennesima volta, che razza di kohai viziato sono! È questo che sono, per te, no? Solo un-”
Per fortuna, Aiba lo zittì piantandogli una mano davanti alla bocca. Ohkura gliene fu intimamente grato, perché sapeva che sarebbe riuscito ad andare avanti fino a combinare qualche danno. Sempre che non lo avesse già fatto, a giudicare dall’aria ferita del senpai.
Deglutì quando l’altro aprì la bocca per parlare: stava per dirgli che aveva esagerato, che non voleva più avere niente a che fare con lui. Ne era sicuro.
Ottimo lavoro, Ohkura.
“Scusa” disse, invece, con gli occhi lucidi.
“Co-come?” di sicuro aveva sentito male.
“Mi dispiace” ripetè Aiba, la voce instabile “Non credevo che ti facesse stare così male... è che io non sono bravo a nascondere certe cose, e se avessi parlato di altri episodi, di certo tutti avrebbero finito per capire quanto mi piaci e...”
Ohkura lo interruppe baciandogli le labbra. Quando si staccò, gli occhi del senpai erano ancora lucidi.
“Non ne parlerò più, se ti fa star male...” continuò, ma Ohkura scosse la testa, il malumore di qualche istante prima scomparso del tutto. Avrebbe dovuto fare qualcosa per quel carattere lunatico che si ritrovava.
“Sei tu che devi perdonarmi, Aiba-kun. Sei sempre così gentile e paziente, con me, che spesso finisco per dimenticare di essere davvero un kohai viziato ed esagero... scusa”
Sospirò abbassando il capo. Ancora una volta aveva dimostrato di essere solo un ragazzino sciocco e desideroso di attenzioni: avevano poco tempo da passare insieme, e lui era riuscito a rovinare tutto con la sua gelosia infantile. Però poteva vedere che Aiba non ce l’aveva con lui: il suo volto si era rilassato e disteso in un sorriso, le mani posate sui suoi fianchi.
“E’ vero... sei un kohai un po’ troppo viziato!” disse in tono allegro “Però...” abbassò lo sguardo per un attimo, per poi tornare a guardarlo, gli occhi luminosi “Mi piace. Va bene così”
E lo disse con una totale mancanza di imbarazzo, con una sincerità tale, che Ohkura scoppiò a ridere, deliziato dalla fortuna che aveva, e lo abbracciò di nuovo, questa volta più stretto. Quello si staccò quel tanto che bastava per guardarlo in volto, corrucciato “Che c’è di così divertente?”
Ci pensò un attimo, assumendo un’aria sorniona “Uhm, nulla. E’ che mi piaci un sacco, senpai”
Aiba lo guardò interdetto per un attimo, poi sorrise, avvicinandosi; Ohkura inclinò il capo in avanti ricambiando il sorriso prima di chiudere le distanze, e le labbra dell’altro erano già dischiuse, pronte ad incontrare le sue. Il bacio, anche se lento, fu sin da subito profondo, accompagnato da respiri profondi e mani che premevano sui fianchi.
Rabbrividì quando Aiba gli morse piano il labbro inferiore, per poi interrompere il bacio e sfregare il naso contro la sua guancia, la mascella, e finire per poggiare le labbra sul suo collo, succhiandolo. Si sentì bruciare quando Aiba si attaccò di più, premendo la coscia sinistra contro la sua nascente eccitazione; lo percepì deglutire al contatto, e lui stesso rafforzò la presa sulla sua nuca e la sua spalla. Era su di giri.
Quella relazione, nata per puro caso, era iniziata da poco più di un mese e mezzo, eppure, dalla fine delle riprese del drama e delle varie promozioni, le occasioni in cui erano stati da soli erano quanto mai esigue. Per questo, quando Aiba si avvicinava, il sangue gli ribolliva nelle vene.
E non lo aiutava il fatto che non avesse avuto ancora tutto da lui, né mentalmente né fisicamente. E lo voleva. Dio se lo voleva. Desiderava quell’uomo in un modo in cui aveva desiderato ben poche cose. Come fosse la sua pietanza preferita, agognava ad assaporare ogni cosa di lui, sino all’ultima briciola.
Un lungo brivido gli percorse la schiena quando la mano del più grande si spostò dal suo fianco per avvicinarsi alla cinta dei pantaloni. Prima che potesse fare qualunque cosa, Ohkura lo fermò.
“Quanto tempo c’è, ancora?”
Aiba scoccò un’occhiata al suo orologio da polso “Meno di dieci minuti” e gli premette la mano sull’inguine con delicatezza, come a chiedere se poteva continuare, facendolo gemere piano.
“Non iniziare nulla che non potrai portare a termine”
Aiba si staccò dal suo collo e lo guardò con un sorriso “Non lo farò”
Per tener fede alla sua parola, gli aprì rapidamente i jeans e afferrò il suo membro, iniziando a muovere la mano, prima lentamente, poi a ritmo sempre più sostenuto.
Ohkura chiuse gli occhi e si morse il labbri per evitare di fare troppo rumore. La testa gli girava, e fu lieto di essere premuto contro un tavolo e di potersi aggrappare al corpo di Aiba. Essendosi visti così poco, non erano ancora arrivati a questo. In quel mese, Ohkura aveva spesso immaginato a come doveva essere, avere la mano di Aiba stretta attorno a sé per donargli piacere, ma la realtà superava di gran lunga tutti i suoi sogni ad occhi aperti.
Imprecò sonoramente quando sentì squillare un cellulare; Aiba si fermò per frugarsi in tasca con la mano libera e guardare chi lo stava chiamando. Ohkura sospirò: di certo lo stavano cercando per iniziare le riprese, e lui si sarebbe dovuto arrangiare, velocemente, da solo.
Si sorprese quando, invece, l’altro zittì il telefono e tornò a muovere la mano su e giù, molto più velocemente.
“Ma... non devi...” riuscì a balbettare tra un gemito e l’altro.
“Devo finire ciò che ho iniziato, no?” rispose quello con un sorriso.
Con quel ritmo, gli ci volle ben poco per raggiungere l’apice, e Aiba zittì i suoi gemiti con un bacio profondo. Mentre riprendeva fiato, la testa ancora che girava, Aiba si ripuliva la mano con un fazzoletto di carta, l’aria soddisfatta.
“Mi devi un favore, ricordalo, Kura-chan!” gli disse allegramente, come se fosse lui quello ad essere stato fisicamente appagato.
“Conosci il mio numero” replicò con un sorriso stanco.
Aiba rise, iniziando ad andare verso la porta “Allora... buonanotte. Anzi, no, buon lavoro”
“Anche a te” lo osservò aprire la porta e bloccarsi sulla soglia, di nuovo girato verso di lui.
“Stavo pensando... non è che era tutto un modo per dirmi che vuoi che ci scambiamo i vestiti anche noi?” chiese, la testa inclinata.
Represse una risata “Sparisci, senpai”
Ci fu un ultimo sorriso abbagliante e il suono di quella strana risata, prima che la porta si chiudesse definitivamente.