TITOLO: Non ho nulla di nuovo da insegnare al mondo.
AUTORE: StoryGirl.
GENERE: Oneshot. (Triple Drabble). Angst.
RATINGS: Pg13.
DISCLAIMERS: Nessun personaggio mi appartiene, purtroppo.
PAIRING: Dean Winchester, Sam Winchester. No Pairing.
TABELLA:
Bingo.
PROMPT: Tortura, Corda, Sporco.
RIASSUNTO: Alla fine, la verità era che lui, Dean Winchester, era un debole. Ambientata nella quarta stagione.
THANKS: A
yuya_lovah che l'ha letta in anteprima, come sempre.
A
mauve_amethyst, perchè l'ha betata.
PAROLE: 900, (300 per ogni mini-capitolo) con il conteggio di word.
Non ho nulla di nuovo da insegnare al mondo
(Tortura)
Nessuno poteva capirlo: ben che meno Sam.
Non era stato lui ad essere morto, ad essere finito all’Inferno. Non era stato lui quello costretto a torturare tutte quelle anime.
Non aveva pensato la prima volta che l’aveva fatto.
Dopo trent’anni era talmente stanco di sentire tutto quel dolore che non aveva pensato: aveva accettato il patto, era passato dalla parte del torturatore.
Aveva sventrato anime, le aveva squartate, gli aveva fatto provare ciò che, in tutti quegli anni, si erano divertiti a fare sul suo corpo. Non aveva pensato, aveva solamente agito.
Ricordava ancora la sua prima vittima: era un’anima giovane, sui diciassette anni. Era morta in un grave incidente stradale e, per chissà quale ragione, si era trovata all’Inferno, legata sotto le sue mani.
E lui aveva iniziato a farla a pezzi senza nessun sentimento negli occhi. E mentre quella ragazzina urlava, chiedeva pietà, lui aveva continuato senza provare pena, né dispiacere per lei.
Dopo tutti quegli anni lui non provava più nulla: era come se il suo cuore avesse ormai smesso di battere, di provare emozioni e sentimenti che potessero essere legati anche ad una minima particella di umanità. Era come se lui avesse smesso di essere umano. Come se si fosse trasformato in uno di quegli orribili demoni a cui aveva dato la caccia per tutta la vita.
Ricordava ormai tutte le sue vittime, ricordava persino ciò che aveva fatto ad ognuna di loro. Lo ricordava come se non fossero passati che pochi secondi da quando aveva smesso di torture.
Quando provava a riposarsi quelle anime gli passavano davanti agli occhi urlandogli contro tutto il loro dolore e lui, Dean, ora riusciva a provare qualcosa.
Provava senso di colpa per non essere riuscito a resistere ancora, ancora un po’ di più. Poteva farcela, ma non l’aveva fatto.
(Corda)
Non l’aveva fatto perché era stanco di sentirsi legato senza nessuna possibilità di muoversi, di potersi liberare in un certo qual modo.
Era semplice stanco di provare sempre tutto quel dolore, di non poter contrattaccare in nessun modo perché era imprigionato sotto le sue torture.
Ed allora aveva accettato. L’aveva fatto, ed era stato liberato e messo al loro servizio. Aveva torturato, aveva provato persino piacere nel farlo, e poi l’avevano riportato indietro.
L’avevano fatto tornare in vita, di nuovo umano, di nuovo sulla Terra. E lì si sentiva imprigionato un’altra volta: imprigionato dal dolore che finalmente riusciva a sentire persino nelle ossa, ma soprattutto nel cuore. Ora poteva sentire il senso di colpa delle azioni che aveva compiuto.
Ora poteva comprendere cosa avesse fatto alla sua prima vittima, ed ora riusciva persino a versare le lacrime che prima non poteva lasciar scorrere.
Ed esse scorrevano sulle sue guance cadendo a terra, infrangendosi con un dolore che non avrebbe mai neppure osato credere di poter provare, ma era lì e lo provava, lo sentiva dentro di sé che scavava cercando di andare sempre più a fondo.
Faceva male: faceva più male di quanto avesse mai immaginato. Era un dolore che gli scorreva nel sangue andando a fargli marcire tutto ciò che incontrava.
La corda gli premeva sul petto mozzandogli il respiro ed era per questo non riusciva a riposarsi: perché appena chiudeva gli occhi quella corda lo imprigionava e tutto il male che aveva compiuto ritornava a naufragare nella sua mente facendogli ricordare il motivo per il quale in quel momento lui doveva essere morto. Perché aveva provocato così tanto dolore che non si meritava di certo di essere stato salvato.
E faceva male, così male che quasi non si rendeva conto di non essere più all’Inferno. Faceva troppo male.
(Sporco)
Il senso di colpa che lo avvolgeva lo faceva sentire sporco, incapace di poter più provare amore.
E forse, era veramente così.
Per quanto Sam provasse a farlo parlare, a farlo confidare con lui, Dean non se la sentiva. Forse perché era così sporco da non voler intaccare persino suo fratello minore.
Si sentiva come morto, come pieno di un dolore che non poteva lasciar confluire da nessuna parte, perché esso rimaneva lì attaccato al suo corpo come un’ape con il miele.
Avrebbe voluto uccidersi, ma non poteva. Aveva una missione da portare a termine. Doveva fermare l’Apocalisse.
A volte desiderava che Castiel se ne fosse rimasto a cuccia. Che Dio non avesse deciso di mandarlo a salvarlo. Non gliene importava nulla di essere salvato. Lui non voleva essere salvato. Non dopo aver accettato quell’ignobile patto.
A volte si chiedeva persino il motivo per il quale gli Angeli non fossero riusciti a salvarlo prima: se lo avessero fatto lui non avrebbe più sentito quel dolore sordo in fondo al cuore. Si sarebbe svegliato con la consapevolezza di essere riuscito a resistere, di essere un uomo buono che meritava ciò che Dio aveva fatto per lui dandogli un’altra possibilità.
Invece si sentiva solamente un demone nel corpo di un umano. Un po’ come l’essere impossessati solo che, in quel momento, non c’era nessuno nel suo corpo. Non c’era nessun componente estraneo se non la sua consapevolezza di essere un debole.
Doveva resistere e non l’aveva fatto. Doveva marcire per sempre all’Inferno e non l’aveva fatto.
Dean non credeva di poter essere il Prescelto, non dopo ciò che aveva fatto all’Inferno. A dire la verità credeva solamente che, una volta arrivato il giorno del giudizio lui si sarebbe lasciato andare, troppo debole per affrontarlo, perché lui non sarebbe dovuto tornare sulla Terra.