Christmas Eve will find me where the love light beams

Jan 07, 2010 14:28

Titolo: Christmas Eve will find me where the love light beams
Autore: p-will
Beta: Eris <3
Personaggi/pairing: Pete/Ryan [lista 3, 5/12 @ C.U.M.] + unresolved!Pete/Patrick, unresolved!Ryan/Brendon (Jon/Spencer, Andy/Joe, et cetera)
Rating: PG
Avvertimenti: slash, tanta banalità, scritta alle due di notte.
Conteggio parole: 2856 (FDP)
Disclaimer: Spero bene siano meno scemi di così.
Note: Nel magico universe in cui i Panic non si sono mai divisi e sono tutti gay e piuttosto scemi \o/ Il titolo è da I’ll Be Home For Christmas di… boh (personalmente preferisco la versione di Bing Crosby)
Sommario: Pete ha un piano. Purtroppo, anche Ryan.




Quindi, Pete ha un piano.

È un piano semplice, ingegnoso, e perfetto nella sua ovvietà. Vorrebbe andare da Patrick per metterlo al corrente della questione e farsi dare un abbraccio di ricompensa, ma visto che il piano serve ad incastrare Patrick non sarebbe molto saggio informarlo, così si dà un abbraccio di ricompensa da solo.

«Uhm,» dice Andy, fermandosi sulla porta «Devo mettere il cartello non disturbare quando esco?»

Pete si volta, sempre stringendosi forte forte le spalle, e sorride nella maniera volutamente inquietante che sfoggia ogni tanto, perché non c’è nessuno che potrà distoglierlo dal suo buon umore ora che ha scoperto di essere un genio. «Hurley, ho un piano!»

«Ossignore.»

«È semplice, ingegnoso, e Patrick non avrà scampo una volta che l’avrò in trappola.»

Andy si sistema gli occhiali. «Ancora non vuoi chiedergli di uscire?»

«Questo piano è migliore!» sbotta Pete, lanciando le mani in aria in un gesto scocciato. «Comprende agguati, atmosfera, patos, Natale, e sesso sotto il vischio!»

«…che tradizioni usano nella famiglia Wentz?»

Pete fa una smorfia scandalizzata, come se non si stesse immaginando proprio in quel momento scene di sesso sotto il vischio nei corridoi. «Stai facendo sembrare il mio piano una sciocchezza immorale!»

«Ti prego, perdonami, non era mia intenzione» dice Andy in tono piatto mentre fruga in un cassetto. «È che il tuo strabiliante piano di baciare Patrick sotto il vischio mi ha sconvolto intimamente.»

«Be’» bofonchia Pete «Come l’avevo formulato io sembrava più arguto.»

Ci sono poche persone che riescono a fare “mmh mmh” in maniera snervante come Andy. Dev’essere qualcosa nel timbro da voce bianca, dà ai nervi come un bimbetto petulante. «Non mi serve la tua comprensione, guastafeste! Ora, se permetti, ho un carico di vischio da ordinare.»

«Certo» dice, tirando fuori l’iPod dal cassetto e facendo per uscire. Prima di andarsene si volta un attimo verso Pete, che ha tirato fuori un quadernino e sta rifinendo un enorme titolo appena scritto in cima ad una pagina bianca, e dice sornione: «Io comunque aspetterei almeno di arrivare a dicembre, per le consegne. Sai, sennò marcisce.»

*

«Ma queste cose vanno programmate per tempo, Spence.»

«Cosa devi programmare? Compra un mazzo di vischio, presentati a casa sua e saltagli addosso quando apre la porta!»

Ryan lo guarda male e, per ripicca, cerca di spalmarsi sul divano che stanno dividendo in modo da occupare tutti i cuscini. È pura illusione che ci riesca, ma l’importante è l’intenzione. «Vedi, è questo il motivo per cui io scrivo i nostri testi e tu ti limiti a picchiare tamburi.»

Spencer ricambia l’occhiataccia, prende uno della mezza dozzina di cuscini che i cinquanta chili di Ryan non sono riusciti a coprire e glielo sbatte sulla pancia. Ryan fa un soddisfacente rumore di materassino gonfiabile che si sgonfia. O, be’, nel suo caso più un bracciolo che si sgonfia.

«Sei un energumeno. Jon Walker, digli che è un energumeno.»

Jon, dalla sua postazione sulla moquette con le spalle appoggiate al divano tra le loro gambe, dà qualche colpetto di simpatia sul ginocchio di Ryan senza staccare gli occhi dalla tv.

Discovery Channel e i suoi documentari saranno banditi da questa televisione per sempre, decide Ryan. Stupido Spencer, stupido ragazzo di Spencer e la sua stupida fissa per gli animaletti teneri (ivi compreso Brendon).

Oooh, un servizio sui panda.

«Ci sono!» esclama Ryan, spalancando la bocca esterrefatto dal proprio genio. Si aspetterebbe qualche “ooh” e “aah” o anche solo un “togli il gomito dalla mia pancia”, ma nessuno di quei due spiriti semplici lo degna di nota - come sarebbe giusto - perciò ripete “CI SONO!” qualche decibel più su, battendo una manina sul palmo aperto per dare enfasi.

«Dov’è che sei?» chiede Brendon, tornato dal bagno, che si lancia con molta grazia e agilità oltre la spalliera del divano e atterra nel posto libero tra Ryan e Spencer con precisione millimetrica, rovesciando solo tre cuscini e una lattina di RedBull vuota e rischiando di falciare un’orecchia di Jon. Raccoglie un cuscino da terra, se lo stringe al petto e si volta verso Ryan con un sorrisone curioso.

«Err-» Ryan si trova in difficoltà, non solo perché nell’acrobazia la maglia di Brendon si è sollevata ovunque e ora c’è un buon palmo di schiena nuda che gli rende difficile concentrarsi su altro. Dio quanto vorrebbe leccarlo. Ma se il piano funziona, potrà fare questo ed altro. «No, niente, davvero. Hey, ci sei alla festa di Natale di Pete, vero?»

*

«Cosa vorrebbe dire che non vieni?!»

Patrick fa una smorfia e alza una mano a coprirsi l’orecchio in cui Pete sta, molto ineducatamente, urlando come un aquilotto. Non era questa la sua idea di “sessione compositiva”, se gli è permesso lamentarsi.

«Patrick, è una festa di Natale! È la mia festa di Natale!» continua Pete, sedendosi sulla panca non tanto accanto quanto sopra Patrick. «Se non ci sei sarà un disastro, orribile, gli alberi saranno tutti flosci e le luci non brilleranno e l’eggnog sarà amaro! Tu sei il regalo del mondo per me, non puoi non esserci a Natale!»

(Dall’altra stanza, sdraiato nella cuccetta di Andy, Joe guarda incredulo il batterista domandandosi che bisogno ci sia di un Grande Piano quando già Pete si dichiara un paio di volte al giorno. Andy scuote sofferente la testa e gli fa notare che, finché possono stare un po’ da soli, può impiegare meglio il suo tempo che meditando sulla follia di Pete. Joe ride, e riprende a leggere ad alta voce Watchmen.)

«Pete, quando ci siamo visti l’ultima volta?» chiede Patrick in tono controllato.

Pete ci pensa un attimo, spaesato. «Uhm…»

«Ecco, vedi? Non ti ricordi neanche l’ultima volta che ci siamo visti perché ci vediamo sempre, non posso lavarmi i denti o andare a dormire senza vederti, e intanto sono alcuni mesi che mia madre non mi vede, e sta iniziando a lamentarsi che le sembro magro.»

«Non ti metterei mai a dieta, Patrick» lo rassicura Pete con fervore, punzecchiando col ditino la ciccia sul fianco di Patrick per dimostrare quanto ci tenga ad avere un cantante soffice.

Patrick scaccia la sua mano, esasperato, e ignora tranquillamente l’espressione offesa di Pete. «Pete, ascoltami, dovrei passare le vacanze di Natale con la mia famiglia. Vorrei passare il Natale con la mia famiglia, mi sembra una richiesta ragionevole.»

«Ma siamo noi la tua famiglia!»

Patrick si massaggia gli occhi sotto le lenti e trattiene un ringhio esasperato. «Pete…»

«Trick, Tricky Trickster, Pattycake, ti prego» c’è più Pete implorante spalmato addosso a Patrick che in qualunque altro posto più ragionevole «Passa alla mia festa, fai un salto prima di mezzanotte così brindiamo, i tuoi parenti non possono volerti tenere sotto una campana di vetro anche la sera della Vigilia, Paaaaa-»

«Sì, sì, okay, vengo!»

Pete lancia un urlo di gioia, Patrick impreca sentitamente di non farlo mai più nel raggio di cento metri da lui, e dalle cuccette Andy strilla di smetterla di fare casino una buona volta.

*

Quello della festa non è casino: è caos creativo, come dice Gabe.

O un mucchio di ragazzi ubriachi che non riescono ad andare in linea retta da un divano all’altro, come dice Andy. Lo dice un po’ di meno da quando ha il permesso di mettere le mani ovunque sul suo ragazzo ubriaco per tenerlo dritto, ma comunque.

«Decorativo» mormora Spencer mentre passano davanti ad un’agghiacciante ghirlanda a forma di bartskull di dimensioni inumane, appesa proprio nell’ingresso di casa Wentz. Doveva essere verde, un tempo, prima di venire quasi totalmente ricoperta di festoni dai colori che fanno a pugni tra loro e un paio di palle strategicamente appese.

Pete fa un sorriso che gli illumina il viso. «Vero? La base è di William, ma l’ha decorato Gabe.»

Ovviamente.

«Ma dov’è l’alcol!» chiede Ryan squillante, guardandosi intorno con discrezione e prendendo mentalmente nota della posizione di ogni singola pallina di vischio appesa ai soffitti (e sono veramente tante, c’è da dirlo). La cosa migliore per Ryan sarebbe riuscire ad inchiodare Brendon sotto il rametto appeso alla porta della cucina - dove c’è l’alcol -, lasciarlo entrare e bere e poi ribeccarlo casualmente all’uscita e portarlo a discutere dei rispettivi sentimenti in un posto più discreto. Come una camera da letto. Le scale per il piano di sopra sono proprio accanto alla cucina, poi!

Un piano eccellente, davvero, se non che prima che Pete possa soltanto indicare la direzione dell’alcol tutti i suoi compagni di band sono stati dirottati verso altri luoghi privi di vischio - o peggio, muniti di vischio ma senza di lui. Forse avrebbe dovuto includere l’incognita “mondo esterno” nel suo piano eccellente.

«Ryro, vuoi qualcosa di forte?» chiede Pete, preoccupato dall’improvvisa aura negativa del chitarrista, e gli mette un braccio intorno alle spall- (seh, ti piacerebbe) alla vita per confortarlo.

Ryan non risponde, e fissa con astio Shane mostrare entusiasta il suo nuovo berretto natalizio con lucine a Brendon. Gli fossero rimasti almeno Spencer o Jon per riportare l’attenzione di Brendon dove dovrebbe essere, ma no, nemmeno, anche loro hanno ceduto alle lusinghe della festa - come le birre che sta offrendo in giro William a mo’ di Babbo Natale troppo alto, o altri sollazzi mondani cui Ryan non potrebbe importare di meno.

«No, voglio solo fare un giro» mormora, e Pete stringe appena quella vita troppo magra. Ryan non riesce a sopprimere un piccolo sorriso, e scivola via dalla presa di Pete con un bacio scherzoso nella sua direzione. Pete ridacchia e alza una mano per far finta di acchiappare il bacetto al volo (e poi metterselo diosolosadove, perché è Pete), quando una voce familiare lo fa voltare rapidamente.

Una voce familiare con una nota di acidità purtroppo altrettanto familiare, che proviene da un Patrick appena arrivato con ancora il cappello e il cappotto coperti di neve, le guance arrossate e le labbra strette in una piega poco conciliante. Lo segue Joe - al punto della sbronza in cui è ancora lucido ma prova un inconsueto amore per tutto il mondo - che dice, sfregandosi forte le braccia per mandar via il freddo: «Ti serve davvero un maggiordomo, perché col cavolo che vado di nuovo ad aprire con quel tempo. Mandaci Ryan, il suo vestito è perfetto.»

«Credo che Ryan sia impegnato» dice Patrick in tono leggero, ma sta stringendo le palpebre in quella maniera che sia Pete che Joe conoscono troppo bene per non subodorare il pericolo in arrivo. Joe, che è ancora saldo sulle sua gambe, fugge finché può, Pete invece è troppo eccitato dal Natale e da Patrick e dal piano che può FINALMENTE cominciare che è come se gli tirasse un calcio sullo stinco, al pericolo.

«Pattycake!» sorride, illuminando la stanza intera, e lo prende sotto braccio senza nemmeno lasciargli tempo di togliersi il cappotto. «Iniziavo a preoccuparmi, sai? Cos’avrei fatto senza il mio cantante preferito?»

«Oh, credo che un modo per ammazzare il tempo l’avresti trovato» commenta Patrick, ed è solo perché è finalmente al caldo e tutti i suoi amici lo salutano calorosi e Pete gli sta praticamente tenendo la mano che l’acidità che dovrebbe trapelare dal suo commento è quasi svanita.

Appunto per questo Pete non capisce niente e risponde tutto contento: «Hai ragione, la festa va alla grande! Gerard ha persino promesso di fare qualche disegno di quando tutti saranno troppo sfatti per restare verticali!»

Patrick scuote semplicemente la testa e ride.

*

«Cos’è quel muso lungo a Natale?»

Ryan grugnisce scontroso, ma prende ugualmente il biscotto allo zenzero che gli viene porto e lo sgranocchia cupamente mentre si sposta per far spazio a Spencer sulla poltrona. «Tuo marito sta flirtando con William, non dovresti badare a lui?»

«La tua cotta ti sta ignorando in maniera spettacolare, non dovresti alzarti e fare qualcosa?»

Facile a dirsi, ma il punto cardine del suo piano si è rivelato un’arma a doppio taglio: c’è talmente tanto vischio in quella casa che ogni tre passi si rischia di finire a limonare con qualcuno. Il tasso di scambio di saliva di questa festa è infatti incredibilmente alto, persino per un party di Pete.

D’altra parte, Brendon non è ancora finito nelle grinfie di nessuno - segno del destino…?

Spencer sbuffa e si alza (per andare a salvare Jon dalle torbide manovre di William, perché il flirt stava accadendo al contrario). «Sappi solo» dice «che la tua cotta sta per finire sotto il vischio con Bob Bryar.» Poi se ne va, ridacchiando degli scatti da centometrista di quel cretino del suo migliore amico.

«Ryan!» esclama Brendon, piacevolmente sorpreso dalla sua comparsa e non dal fatto di esser stato appena strattonato via dalla sua strada verso i dolci senza apparente motivo. «Che c’è?»

«Io, uh… volevo salvarti da un bacio con Bob?»

Brendon guarda Bob e poi il vischio ad un metro da loro con spensierata perplessità. «Per me non c’era niente di male!»

«Grazie, Ross» mormora Bob, e sparisce tra la folla evitando i mazzetti di vischio come un ninja. Gli altri due restano vagamente impressionati.

«Allora» dice infine Brendon «Ho sete, mi accompagni in cucina?»

Gli occhi di Ryan lanciano un bagliore inquietante. Brendon lo prende per un sì.

*

«Sai, credo non ti serva veramente la mia presenza per sistemare i tramezzini» dice Patrick, il capo piegato da una parte mentre contempla il piatto che sta componendo.

«Shcchesse!» trilla Pete, e forse i suoi versi animaleschi avrebbero più senso se si togliesse quel candy cane di bocca per parlare come le persone normali, o quantomeno educate. (Pete non ha la minima intenzione di toglierlo, perché è una caramella totalmente allusiva e in più dà un buon sapore alla sua bocca, per la FASE FINALE DEL PIANO.) Si ferma alle spalle di Patrick e studia anche lui l’opera in corso, mordicchiando l’estremità del dolce. Se lo toglie di bocca con uno schiocco osceno e se lo batte sulle labbra pensieroso. «Non mi sembra per niente un abete.»

«Be’, prova a fare tu un albero di Natale con dei tramezzini poi dimmi come ti viene.»

«Io sono artisticamente incapace, apposta ti ho trascinato qui» e fa un ghigno con i denti tutti rossi del colorante della caramella, e Patrick lo guarda male ma neanche troppo.

«Se avessi saputo i tuoi loschi piani…»

«Saresti venuto lo stesso» dice Pete, sempre con quel ghignetto, ma lo stomaco gli fa una capriola perché ci siamo, è il Momento. «Dai, non importa se sembra una betulla, portiamolo di là.»

E si incammina verso la porta, le bacche del vischio che sembrano dorate a pochi passi dalle loro teste.

*

Ma il vischio è una pianta magica.

Succedono contemporaneamente un paio di cose:

*

Patrick, essendogli stato chiesto di portare da solo un vassoio con degli snack impilati in maniera assurda, resta indietro per assicurarsi che non cada nulla.

*

Ryan, per assicurarsi che non ci sia nessuno pronto ad insidiare il ragazzo che deve insidiare lui, si guarda tutt’intorno in cagnesco, sicuro che la loro strada effettiva sia libera.

*

Pete, troppo esaltato dal piano e dalla FASE FINALE che arriverà a momenti, non ha tempo di pensare al resto del mondo o a scansarsi per far passare Ryan dall’altro lato della porta, col risultato che si finiscono addosso.

*

Brendon è un cretino.

*

«Ryro, sei sotto il vischio con Pete!» scoppia a ridere Brendon, indicando il rametto sopra di loro. «Lo sai che porta sfortuna se non vi baciate?»

«Sì Pete, porta sfortuna» dice Patrick, con un tono che assicura a chiare lettere che quella sfortuna sta già scendendo su di lui come un condor su una carcassa. È piuttosto strano che non abbia già fatto cadere tutti i tramezzini per brandire il vassoio e romperci i denti di Pete.

Ryan è semplicemente troppo sconvolto per far altro che aprire e chiudere la bocca senza un fiato. Lui stava… era Brendon che rischiava di finire sotto il vischio con chissà chi, non lui… Gli istinti omicidi di Patrick gli sembrano più che condivisibili.

«Oh, be’» dice Pete, sbattendo le palpebre, e gli servirà qualcosa di ben più intelligente se non vuole essere fulminato sul posto- «Ry, che coincidenza.»

A Ryan pizzicano le mani, davvero.

«Vogliamo finire entro la serata? Intralciate la strada» sbotta Patrick, con un certo perverso senso di autolesionismo.

Pete lo guarda, titubante, poi si volta verso Ryan e… fa spallucce. Ryan è quasi assolutamente sicuro che non ha veramente intenzione di- quando Pete si alza appena sulle punte e gli prende il viso tra le mani e incolla le labbra alle sue.

Brendon fa un piccolo applauso, che Patrick vorrebbe imitare sbattendo qualcosa sulla testa di Pete.

«Wentz» ringhia Ryan quando si staccano, nello spazio minuscolo tra i loro visi. «Tu- tu hai rovinato il mio piano-»

«Anche tu,» mormora Pete «ma ormai…»

E torna a baciarlo - perché baciare Ryan non è mai stato nella lista delle cose spiacevoli da fare, nonostante tutto - e Ryan gli infila la lingua in bocca perché se è questa la guerra che vuole, questa guerra avrà. Gli stringe il collo della felpa e Pete gli infila le dita tra i capelli per fargli piegare il viso verso un angolo migliore, ed è il miglior fallimento di piano che potessero desiderare finchè-

Finché il vassoio con i tramezzini non cade effettivamente a terra, mentre l’applauso divertito di Brendon si spegne in un silenzio freddo, e passano tutti un brutto quarto d’ora.

*

Pete passa la serata inseguendo Patrick nella speranza di riuscire a farsi ascoltare per spiegare che non era per fargli vedere quello che l’aveva supplicato di venire, e Ryan si ritrova costretto a dimostrare a Brendon che non gli interessava affatto baciare Pete limonando con metà degli invitati.

Nella loro corona di foglie, le bacche di vischio continuano a brillare malignamente nella debole luce delle luminarie natalizie.

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