PERCHEEEE' E' UNA BRAVA RAGAZZAAAAAH

Jul 04, 2011 00:00

Titolo: Sobre llamadas borrachas, y filósofos de melancolía.
Autore: perlinha
Fandom: RPF Calcio
Pairing: Steven Gerrard/Xabi Alonso
Rating: PG
Warning: accenni di slash e di angst, spin-off, cibo basco (?)
Conteggio parole: 954 (fdp)
Prompt: B.I.Bi.T.A. di maridichallenge, ovvero un amorosissimo spin-off di questa meraviglia di waferkya che guarda la stranezza del caso è proprio la festeggiata UHUHUHUH.
Disclaimer: tutto fintofintofintissimo, non ci guadagno un tubo, ari-augh.
Note: tutti i nomi strani che vedrete appartengono a cibi spagnoli/baschi, non preoccupatevi, è roba buona, e sì, chiaramente si mangia e no, non è contagiosa.
Dediche: tuttatuttatuttissima per il compleanno della succitata waferkya che è bella e anche bella ma soprattutto è Kyo. Ti voglio un bene che boh. ♥


La finale era stata chiaramente noiosa. Non nel senso che Barcellona o Manchester United avessero giocato in maniera pallosa, ci mancherebbe altro, un Barcellona così era sempre una gioia per gli occhi, soprattutto per lui che, nonostante le varie rivalità, riusciva sempre a mantenere quell'aria super partes che poi rifletteva perfettamente il suo oggettivo pensiero su qualsiasi cosa stesse analizzando. Insomma, non era per quello che l'aveva ritenuta una barba, ma per due semplici dati di fatto: dato di fatto numero uno, quella partita non l'aveva giocata lui, ovvero si era visto costretto, causa eliminazione prematura della propria incazzatissima squadra, a guardarsela dal maxischermo del suo pintxos bar madrileno preferito (praticamente affittato dal suo gruppo di amici per l'occasione), sorseggiando pigramente una pinta di Carling (sì, birra inglese. Gli piaceva la birra inglese, non le ottocento birre spagnole che sponsorizzavano la sua nazionale. Da quando l'aveva assaggiata la prima volta, aveva preteso birra inglese ovunque andasse, manco fosse una viziatissima rockstar alcolizzata affezionata a una particolare marca di Whisky) e spiluccando, appunto, pintxos a non finire; dato di fatto numero due, in ogni caso la sua squadra non era più quella con cui aveva vinto la Champions l'ultima volta, e quindi in ogni caso non sarebbe stata la stessa cosa, insomma, anche se quella finale l'avesse giocata col Real, e l'avesse anche vinta, le cose non sarebbero state le stesse. Per esempio, nessuno avrebbe tentato di baciarlo per premiarlo dei cinque metri più veloci della sua carriera, davanti ai flash di ventiduemila fotografi, e anche se qualcuno avesse tentato di farlo, col cavolo che si sarebbe allungato a ricambiarlo, siamo pazzi. Come minimo, vista la sua fortuna ultimamente, gli sarebbe capitato davanti il culo di gallina di Cristiano Ronaldo, e, davvero, con tutto il bene che voleva a quel ragazzo, davvero non era il suo tipo.
Ed ecco, a proposito di suoi tipi, chissà cosa ne pensava Stevie - Steven Gerrard, ora era Steven Gerrard per lui, doveva ficcarselo in testa - di quella finale, del fatto che Orecchie Grandi stava facendo il giro tra una ventina di mani diverse, tutte rigorosamente non appartenenti ad alcuna delle loro rispettive squadre. Ma soprattutto del fatto che Messi, pur essendo calcisticamente un supereroe, riuscisse inesorabilmente a sembrare un bambino buffo anche in quell'occasione.
Aveva intravisto un paio di tweet di Gratty, sbirciando di sottecchi il proprio cellulare ogni cinque, sei minuti (il tempo che ci metteva la timeline ad aggiornarsi automaticamente), con delle foto molto divertenti ma forse altrettanto preoccupanti di lui e Stevie, decisamente paonazzi e con una cosa in mano che somigliava tanto ad un ananas con delle cannucce e degli ombrellini infilati in mezzo. Al vederle, l'istinto gli aveva ordinato di mandar giù un bel sorsone di birra con il successivo pintxo (una fetta di salame rosso sopra una di curado sopra una di lonza sopra una di serrano sopra una di salame nero sopra una di pane abbrustolito con un velo di burro spalmato sopra), nonostante il leggerissimo quanto trascurabile groppo in gola che minacciava di formarglisi entro breve. Mica per altro, l'istinto gli ripeteva, è per la digestione. Bevi.
E poi, senza nemmeno accorgersi di aver desiderato quel momento per tutta la serata (per tutta la settimana per tutto il mese per tutto l'anno), all'ennesima sbirciatina il suo cellulare aveva preso a vibrare e lampeggiare come un pazzo con una foto di Steven Gerrard dai toni freddi (gli esaltavano meglio gli occhi) con sopra scritto LLAMADA ENTRANTE: Steven Gerrard (trabajo). Questa volta l'istinto aveva dato talmente per scontato la sua reazione che se ne era rimasto zittino zittino mentre Xabi faceva esattamente quello che gli avrebbe detto di fare, fosse stato un istinto meno perspicace: pigiava il tasto contestar in un quattordicesimo di secondo netto.
“Stevie?” con una certa dose di incertezza nella voce, aveva bellamente mandato a quel paese ogni tentativo del proprio raziocinio di ripetergli si chiama Steven Gerrard, ora.
E chiaramente Stevie era ubriaco fradicio - no, no, brillo, che faceva più ridere di sobrio - e, come le non rare volte in cui era brillo fradicio, a una prima fase di gioia smisurata per la sola presenza delle rispettive voci nei rispettivi timpani, ne era seguita una seconda di gioia un po' più contenuta per il casino di voci e urla e cori e tonfi sordi di chiappe su un prato e rumori di cose che cadevano a terra senza che nessuno se ne curasse più di tanto, e di risate, e infine era arrivata quella in cui entrambi si riscoprivano un po' più sobri e la parola sobrio non faceva più tanto ridere, e in realtà niente faceva più tanto ridere se non poteva infilargli le dita nel colletto della polo per fargli solletico alla base del collo, perché la distanza era...distante, e momentaneamente incolmabile e tutto a un tratto bruttissima (non che solitamente fosse bella, ci mancherebbe altro) e quasi somigliava a un baratro, e insomma quella era la fase in cui entrambi diventavano vecchi filosofi malinconici e onestamente ancora un po' alticci, prima di avvicinarsi finalmente alla fase-normalità, in cui si raccontavano le avventure della rispettiva prole, e molte volte anche delle rispettive consorti, e delle rispettive case, e delle rispettive vite, sempre costantemente sperando in silenzio che un giorno tutto questo smettesse di essere rispettivo e diventasse (ritornasse) in qualche modo condiviso (mogli a parte, s'intende).
Chiusa la telefonata, nonostante tutto con un sorriso semipermanente a un angolo solo, Xabi aveva fissato prima il vassoio ormai vuoto dei pintxos, e in seguito il bicchierone ormai vuoto di Carling, e pensando alla splendida metafora di una cosa così basca associata così bene a una così inglese, aveva deciso che era ora di tornare a casa a sognare un po'.

random posting: ilmattinohal'oroinbocca, pairing: xard

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