Continuo a scrivere.
E alla festa di Halloween abbiamo visto il film tutte assieme quindi mi è ritornata più forte che mai la voglia di postare e scrivere questa ff *___*
Titolo: 8uppers (2?) ---> non saprei in che altro modo chiamarlo xD
Grupppo/i: Kanjani e Arashi (vabbeh, ormai si sa...)
Pairing: avanti, mi conoscete... *è prevedibile*
Rating: R per violenza, credo prossimamente scadremo anche in un lieve NC-17 (come cacchio fa ad essere "lieve" lo so solo io...).
Disclaimers: LI AMO! LI AMOOOOO, DATEMELIIIIII! *e venne arrestata* Purtoppo non sono miei anche se li vorrei tutti e sette/otto *uhuh*
Note: liberamente ispirato ai personaggi e alla trama del film 8UPPERS contenuto nel nuovo album dei Kanjani8. Se non l'avete ancora visto... cosa aspettate a farlo??? O___O E' consigliata la visione o almeno la conoscenza della trama per la lettura di questa ff... anche perché potrebbe contenere spoilers involontari o cose incomprensibili per chi non sa ancora nulla. Se volete recuperare il film andare qui
kanjani8 oppure direttamente da
dozchan <3
Dediche: a Rachele e Ila che hanno allegramente sclerato con me e che amano Gum, a mia sorella che almeno queste ff le legge e a Jinny che ha visto la proiezione del film coscia a coscia con me <3
Parti precedenti: (per fare ordine...)
Parte prima -Perché continui a volerlo tenere con noi se diffidi così tanto di lui?- chiese Arsenal quella sera, mentre giocavano a poker con Jacky e Ace. Ovviamente quest’ultimo si stava facendo stracciare, come sempre.
-Perché conosco il gruppo per cui lavorava e se veramente hanno tentato di ucciderlo ci riproveranno. In più penso abbia delle informazioni che non ci vuole dire, ma che potrebbero servire ai suoi strozzini. Lui lo sa quanto stare qui sia sicuro rispetto ad andarsene in giro da solo e disarmato- spiegò Mac, guardando le proprie carte.
-Non ti piace, vero?- chiese Ace.
Mac lo guardò storto.
-Beh, a me piace. Non sembra così pericoloso, forse era solo ricattato da questi tizi... forse è pulito- disse Ace, con il suo solito tono arrogante.
-L’avrebbero ucciso se fosse stato pulito- fece notare Arsenal. Poi buttarono le carte.
E ovviamente Ace scordò il discorso perché cominciò a disperarsi per i propri soldi.
Arsenal tuttavia continuò a fissare Mac finché questo non gli fece vedere i documenti che il giorno prima aveva chiesto a Jacky di trovare durante la missione: erano dei file su Jun.
-Kage?- domandò Arsenal, sollevando i documenti.
-E’ il suo soprannome nell’ambiente. Pare uno specialista in assassinii- disse Mac. Arsenal lo guardò sconvolto: non sembrava affatto un ragazzo capace di quello che era scritto nel file.
-Tuttavia, se hanno tentato di ucciderlo devono volerlo fuori dal gioco. E se non ha ancora tentato di fuggire deve avere i suoi motivi per restare nascosto, per ora- disse Mac, come per tranquillizzarlo.
Non aveva ancora parlato con nessuno del fatto che pensava di conoscere Jun, o almeno di averlo già visto. Ma più ci pensava più i ricordi gli sfuggivano... tanto che ormai era certo non fosse un ricordo recente di quell’ambiente in cui “lavoravano”, ma appartenesse ai pochissimi ricordi appannati del passato, di quando ancora le ombre dei suoi genitori apparivano di sfuggita.
Quella notte fece fatica a prendere sonno.
Riguardò più volte il file di Kage nella sua stanza e tentò di collegare un ricordo a quel viso, ma nulla... però da quando l’aveva incontrato le ombre della sua vita passata continuavano a tormentarlo.
Si spogliò per andare a letto, sentendo che tutti gli altri stavano già dormendo: indossò i pantaloni della tuta e si buttò sul letto, dopo aver spento la luce.
Rimase in quella posizione a pensare per un tempo lunghissimo, forse ore. Non riusciva a smettere di pensare. E stava per alzarsi quando sentì la porta della sua camera aprirsi. Chiuse gli occhi per fingersi addormentano e contò i passi: ce ne volevano cinque per raggiungere la testata del letto.
Uno... due... un rumore... tre... quattro...
Mosse velocemente la mano per bloccare quella di Jun e lo fece ricadere sul letto, immobilizzandolo. Dalla destra di Jun uno spillone di metallo cadde sul cuscino, bagnandolo leggermente.
-Veleno?- chiese, ansimando per lo sforzo del movimento repentino e perché Jun tentava di liberarsi, senza tuttavia lamentarsi, a parte per il gemito sorpreso quando si era ritrovato sul letto.
Mac annusò il cuscino: aveva uno strano odore di candeggina.
-Parla, cosa vuoi?- fece poi rivolto a Jun, che lo guardava spaventato dalla reazione.
-Non mi piaci neanche tu- fece quello, sbuffando.
-Ti sembra un motivo sufficiente per uccidermi?- chiese Mac, con un sorrisetto.
-Non ti avrebbe ucciso... con solo della candeggina e altri detersivi non posso uccidere nessuno...- rispose Jun, distogliendo lo sguardo. Era ovviamente uno specialista nei veleni, ecco come uccideva le vittime.
-Perché non riesco a convincerti che restare qui è sicuro?- lo sgridò ancora Mac.
-Tu non li conosci... mi troveranno lo stesso. E’ meglio che arrivi prima io da loro-.
-E perché dovresti?- chiese ancora Mac. Ecco... stava per svelare il tassello mancante, il motivo per cui era stato ritrovato ridotto così male in quella stanza.
-Per vendicarmi. Hanno in ostaggio i miei compagni... minacciano di ucciderli. Devo vendicarmi!- esclamò Jun, tentando nuovamente di liberarsi: Mac lo lasciò andare. Si sedettero entrambi sul letto.
-Non credi che dircelo prima avrebbe permesso al sottoscritto di cominciare delle ricerche per sapere dove sono i tuoi compagni e sconfiggere questi yakuza?- fece ancora in tono da sgridata Mac, riprendendo a fissarlo. Jun assottigliò le labbra, infastidito da quel discorso.
-Ho sempre fatto tutto da solo. E poi tu non mi piaci, come te lo devo dire? Mi fai rabbia. Sei irritante...- disse, stringendo i pugni. Mac si alzò in piedi: Jun gli studiò la schiena nuda mentre era in cerca di documenti nel proprio armadio: aveva una pelle talmente candida da risaltare nel semibuio della stanza. La nuca scoperta terminava nelle soffici onde nere dei capelli spettinati. Jun distolse lo sguardo immediatamente, rosso in viso.
-Perfetto, Kage... domani parliamo anche con gli altri. Hai il nostro appoggio per questo incarico. Di me puoi non fidarti... ma degli altri non vedo perché non farlo- disse, gettando qualche cartelletta sul letto: quella notte era ormai deciso a non dormire, tanto valeva lavorare.
Poi fece il suo solito sorrisetto: -Come pensavi di uscire di qui dopo avermi avvelenato, scusa? Non lo sai che Gum dorme sul divano? E Arsenal ha il sonno leggero, tende a sparare a qualunque cosa si muova, la notte- lo informò. Jun rabbrividì ad occhi spalancati.
-Torna a letto- gli disse poi, con un tono quasi gentile, sempre senza riuscire a sorridere, tornando seduto sul letto. Jun ripercorse il pezzo di corridoio che lo separava da camera di Gum e si buttò sul letto, sbuffando. Tolse i due spilloni di riserva dai capelli, che gli ricaddero sul cuscino.
Perché volevano venire coinvolti in quella storia? Non avrebbero dovuto saperne nulla... non poteva rischiare di coinvolgere anche loro.
Eppure Mac... eppure c’era qualcosa in quell’uomo che gli ricordava il passato. Il tempo senza sfumature di colore e dai bordi opachi, che appariva e spariva nei suoi ricordi e nei suoi sogni... il tempo in cui era stato un bambino.
Aveva agito d’impulso, non aveva senso ucciderlo: bastava ricordarsi di lui.
Ma per quanto si sforzasse, non gli riusciva.
Il giorno dopo scese al piano inferiore sperando di non dover rispondere ad un sacco di domande su se stesso da parte di tutti. E invece sembrava che nessuno sapesse niente. Persino Johnny gli chiese come stesse e se la ferita si era di nuovo riaperta.
Cercò Mac e lo trovò nella saletta privata del locale.
-Perché?- chiese, senza capire.
-Perché non sono il tipo che racconta cose che riguardano altre persone, nonostante loro siano i miei fratelli... se vorrai farlo, spetterà a te- disse Mac, per poi riconsegnargli lo spillone che ieri si era dimenticato sul suo letto.
Jun lo prese osservandolo poi dargli le spalle mentre sistemava il tavolo pieno di cianfrusaglie: forse si era sbagliato sul suo conto. Forse non era mai stato così minaccioso come credeva. Forse in fondo l’aveva valutato male.
-Chi sei, Mac?- chiese debolmente. Mac sembrò sentirlo, perché si fermò e si girò nuovamente a guardarlo: teneva il viso basso e si mordeva le labbra.
-Chi sei tu in realtà?- chiese ancora.
-Neanche io mi ricordo di te, Jun... non ancora almeno- disse, con una voce tutta diversa dal suo solito tono: sembrava insicuro, triste. Forse quello era il vero se stesso.
-Ricordare?- chiese Jacky ridacchiando, arrivando in quel momento: -Perché, già vi conoscevate?- chiese, senza capire, mentre anche gli altri a quelle parole si sporgevano dentro. Jun sospirò e sorrise, guardandoli: cosa l’aveva spinto ad affezionarsi così tanto a quei ragazzi in così poco tempo? Eppure erano così... simili ai suoi compagni.
Si sedette sul divano e attese che tutti e sette gli altri fossero ben sistemati nella stanza per chiarirsi una volta per tutte su quella faccenda: se dovevano aiutarlo, dovevano anche sapere. Non aveva mai amato parlare di sé, ma era indispensabile farlo. Prese un bel respiro e partì dal principio.
-Gestivo una pasticceria con quattro amici, ma per aprirla abbiamo dovuto chiedere un prestito che nessuno voleva garantirci. Alla fine siamo andati ad indebitarci con il gruppo di yakuza che controllava la nostra
zona, e per ripagarli abbiamo a lungo tentato di dar loro una parte dei guadagni, ma non è passato molto che hanno iniziato a chiederci dei lavoretti: spionaggio, estorsioni, qualche piccolo furto- iniziò a spiegare: -Eravamo coperti, quindi abbiamo accettato, ma lentamente le cose si sono fatte pericolose e non potevamo più tirarci indietro. Il gruppo avversario una notte ci ha teso una trappola e noi in quanto non facevamo parte del gruppo siamo stati sacrificati. Hanno preso in ostaggio i miei amici e minacciano di farli fuori-.
-E’ terribile!- esclamò Toppo, la mano davanti alla bocca per la paura.
Jacky si morse il labbro: -E tu?-.
Jun li guardò: -E’ quello il problema. Non li libereranno finché non avranno...-.
-Te. E’ te che vogliono- concluse Mac, finalmente svelando ogni carta.
Jun annuì: -Sì, non so perché... ma sembra mi stiano cercando. Il gruppo per cui lavoravo ha frainteso e ha tentato di eliminarmi, pensando mi volessero per delle informazioni su di loro. Poi mi hanno affidato al gruppo che avete eliminato per farmi sparire-.
Li guardò tutti, uno ad uno: sembravano assorti nei loro pensieri, e preoccupati. Arsenal, seduto al suo fianco sul divano, gli appoggiò una mano sulla spalla. Un tocco forte della sua mano tiepida. Gli diede subito forza e si sentì meglio.
-Troviamoli e spacchiamoli- disse Ace, scrocchiandosi le dita.
Jun guardò Mac, che incontrò il suo sguardo ed annuì: sembrava tranquillo. E per un attimo Jun si permise di perdersi in quelle fiamme nere, che fino a poco prima aveva guardato con odio. Sentì qualcosa nel petto, come se un ingranaggio da tempo immobile avesse ripreso a far funzionare una vecchia macchina con un click sordo. E Mac... gli sembrò di riconoscerlo.