Reach - parte 2

Jul 08, 2012 08:27

Hola!
Vi siete divertite/avete fatto qualcosa per Tanabata? Io ho avuto il mio yukata debut (che imbarazzo... una balena in uno yukata) e sono andata con coinquiline e amici ad una festa al tempio! Volevo postare la fanfiction, ma coi vari preparativi non ho fatto in tempo, così oggi che sono a casa a fare pacchi e sistemare la stanza, ne approfitto!

Titolo: Reach
Genere: AU, fantascientifico, futuro
Gruppi: (per ora solo) Arashi
Pairing: Sakumoto (un po' spoiler, forse)
Rating: un PG-13 generale
Disclaimers: non mi appartengono i personaggi e penso di aver preso elementi da questo e quello un po' a muzzo... per il resto, è tutta colpa mia.
Note: sul forum AFD scrivevo: 'Sono stata ispirata per questa fict dalle dannatissime tutine di Gantz (<--- eheh) e da varie storie incrociate di alieni e esperimenti... metteteci qualche basilare e confusa conoscenza di chimica e fisica e questo è quello che ne sta venendo fuori XD' ...non so se si possa ancora applicare, ma faremo finta di niente XD Ringraziamenti sentiti alla mia editor ( yukari85).



Nei giorni seguenti al loro incontro con gli alieni e appena precedenti alla loro partenza per Myrthas, i tre impiegati dovettero sottoporsi a nuovi test e assistere a lezioni specifiche per viaggiatori e ricercatori spaziali. I test erano approntati per misurare la loro resistenza fisica, le inibizioni, la reattività… ed altre innumerevoli cose che neanche capivano. Sapevano che gli alieni, pur non avendoli ancora incontrati una seconda volta, studiavano tutti i loro risultati e li osservavano con attenzione.

Questo aiutò leggermente Sho a calmarsi: se li stavano scegliendo con così tanta cura, allora non erano stati presi solo perché erano cavie facilmente sostituibili. Si impegnò a fondo in ogni cosa che gli venne richiesta e scrisse più volte, in quella settimana, alla propria famiglia. Voleva informarli che stava per partire e mentì un po’ sulla natura della spedizione: non voleva che fossero in pensiero per lui, voleva che fossero fieri del loro primogenito, finalmente in viaggio per altri pianeti.

Il giorno prima della partenza, vennero concesse loro delle licenze.

Ohno partì subito per andare a trovare i suoi parenti portandosi con sé le attrezzature per la pesca; Masaki decise di fare un salto a Chiba quando un suo amico gli disse che poteva dargli un passaggio su un auto fluttuante; Sho invece decise di rimanere nel suo appartamento, dato che il villaggio dei suoi genitori era troppo lontano, quasi tre giorni di carrozza. Dormì fin quasi all’ora di pranzo, si preparò del cibo istantaneo e rimase fino a metà pomeriggio a guardare dalle finestre la frenetica Roppongi immersa nel caos del traffico, degli enormi pannelli pubblicitari e del cielo artificiale che mandava ad intervalli regolari una luce intensa e l’orario aggiornato. Si annoiava.

In realtà non faceva che pensare al suo primo incontro con degli alieni e a quanto fosse stato strano. Erano assolutamente umanoidi, tanto che se fossero andati in giro per Tokyo senza le loro assurde tute sarebbero stati senza problemi scambiati per gente del luogo. Ma a che razza appartenevano? Era assurdo che un impiegato dell’IRST non potesse sapere che tipo di forme di vita ci fossero nell’universo! La cosa che più lo sconvolgeva era che, a questa stregua, magari una buona parte della popolazione di Tokyo poteva essere composta da alieni umanoidi! E chissà quante volte aveva preso il bus fluttuante con uno di loro senza sapere che non fosse affatto un terrestre!

Decise di uscire quando venne annunciata la prima pioggia. Camminare per i parchi sospesi dell’IRST quando pioveva lo calmava... l’unica distesa verde di tutta Tokyo era quell’enorme parco botanico, dove resistevano, conservate come un una serra, tutte le specie di piante tipiche giapponesi. Il parco era pieno di sentieri percorribili, ma Sho preferiva camminarci attorno, sotto gli enormi portici che lo bordavano, dalle quali sommità partiva la cupola di materiale semi-trasparente che preservava la sopravvivenza della natura e catturava l’ossigeno prodotto dalle piante.

Si fermò sulla sua panchina preferita ed osservò il praticello verde venire bagnato dalla finta pioggerella leggera, immergendosi nei ricordi: com’era quando pioveva a casa sua, fuori dalla sua finestra nei giorni in cui stava piegato sulla scrivania a studiare, o quando tornava a casa dalle lezioni sotto l’ombrello, scosso dal vento.

Sperò che le lettere che aveva spedito ai suoi genitori fossero arrivate in tempo.

Non si accorse della presenza di un solo altro individuo sotto i portici di quel parco finché non gli si sedette di fianco.

-Troppi pensieri per la testa, alieno?- chiese uno dei due inviati da Myrthas, quello piccolino, con un buffo neo sul mento appuntito e i bordi della tuta gialli.

Lo guardò sorpreso, mentre l’altro sorrideva divertito: -Tranquillo, sono umano quasi al 90% adesso... non penso proprio di poterti leggere la mente e comunque non mi interesserebbe- spiegò.

-Umano al... che significa?- chiese. Era alieno o mezzo?

-Ah, come sospettavo... non vi hanno preparato sull’incontro con la nostra popolazione- sospirò.

-Non ci hanno mai detto moltissime cose, se ti può interessare...- commentò Sho, ironico.

-Lo so, ho sentito l’altro giorno che ci credevate tutti verdi, con la testa strana e le antenne- ridacchiò l’alieno, per poi presentarsi: -Io sono Nino. Il mio nome per intero sarebbe Ninomiya Kazunari, ma puoi chiamami Nino... alla fine tutti mi chiamano così-.

Sho fece un breve inchino: -Sakurai Sho... chiamami pure Sho-.

-Allora, noi siamo... un tipo di popolazione mutante- affermò Nino: -Mi spiego meglio. La nostra vera forma non è assolutamente questa... il nostro pianeta è nato dallo scontro primordiale di tutti gli elementi che lo compongono, che guarda caso, sono gli stessi che hanno composto la Terra. Però da anni abbiamo imparato a contenere i nostri poteri e assumere sembianze umanoidi. La nostra gente osserva la Terra da tempi remoti, siamo molto più sviluppati di voi e Myrthas ha avuto una storia ben più lunga di quella terrestre-.

-Ma perché sembianze... umane?- chiese.

-La leggenda narra che un antico re di Myrthas fosse talmente innamorato della Terra che impose a tutto il pianeta di assumere le sembianze degli umani per la vita normale... prima di allora andavamo in giro nei nostri corpi “normali”. Diciamo che è una convenzione, i vostri corpi sono molto utili... avete braccia, gambe... apparati ben sviluppati per ogni funzionalità... insomma, siete comodi. E ormai siamo veramente molto abituati a rimanere umanoidi per il 70 o 80% tutto il giorno... io stesso ogni tanto ho difficoltà a tornare totalmente elementare, come diciamo noi. Mi scordo, semplicemente- continuò a spiegare Nino.

-Puoi... farmi vedere come si diventa elementari?- chiese Sho, sempre più curioso.

Nino ridacchiò: -No, non sono sul mio pianeta... rischierei di distruggere un po’ di cose... diciamo che posso raggiungere un 40% massimo...- spiegò, per poi chiudere gli occhi. Sho lo vide lentamente cambiare: sembrava che il viso gli si illuminasse e la pelle smettesse di essere semplice pelle.

L’alieno venne circondato da un alone di luce e Sho lo vide “comporsi” di piccole scintille... era talmente assurdo per lui che non riusciva neanche a descriverlo.

Quando Nino riaprì gli occhi, l’effetto svanì: la sua pelle era tornata solo pelle, gli occhi solo occhi... nella mano chiusa a pugno guizzò per un istante un ultimo lampo che scoppiò veloce, nell’aria.

-Io sono della etnia della luce- disse, giocando divertito con le dita nell’aria umida del parco, facendo brillare qua e là delle scintille quasi fossero lucciole.

-E l’altro tuo compagno?- chiese Sho.

-Chi, Jun? Lui è uno dell’acqua... stranamente andiamo d’accordo, solitamente quelli della sua etnia trattano male i miei. Sai, sono un po’ vanitosi... quando ci avviciniamo troppo gli si arricciano i capelli per l’elettricità- scherzò l’alieno, strappandogli una risata.

-Ma quelli dell’acqua sono ottimi compagni per noi... possiamo usarli come corpo di passaggio nei combattimenti senza che si facciano male. Per di più io e Jun siamo amici da molto, è come se fossimo fratelli. Fin da quando eravamo molto piccoli ci alleniamo assieme. Certo, ogni tanto ha il suo caratterino...- sospirò.

Dal cielo risuonò l’orario e Sho si alzò in piedi, sospirando: -Devo andare a finire di prepararmi prima della partenza di domani. Grazie della chiacchierata, Nino- sorrise, prima di salutare con un inchino e avviarsi all’uscita.

Nino salutò con la mano prima di vederlo sparire, per poi rivolgere lo sguardo verso il parco e cominciare a parlare: -E’ ottimo, non capisco perché sei rimasto nascosto tutto questo tempo-. Alle sue spalle si avvicinò l’altro alieno, sbuffando: -Non avevo voglia di parlargli, tutto qui... e poi odio quando mi prendi in giro con gli estranei!- fece quello, sedendosi al suo fianco.

-Allora... è quello giusto, no? Lo sono tutti e tre...- fece Nino.

-Abbiamo visto i test...- fece Jun in tono ovvio.

-Lo sai di cosa parlo- lo sgridò Nino: -A parte quegli stupidi test... gliel’ho vista negli occhi. A tutti e tre. Ce l’hanno già negli occhi- disse.

Jun annuì. L’aveva vista anche lui... quella piccola fiamma. Bruciava, intensa... ignara della propria forza recondita.

-La tireremo fuori- sorrise.

Nino gli posò una mano sulla spalla e annuì convinto: -Ci puoi contare!-.

-Argh! Nino! I capelli! Quante volte te lo devo dire di non toccarmi, brutto nano malefico???- schiamazzò Jun, tentando di far abbassare i ciuffi elettrici mentre l’altro rideva divertito.

Qualche minuto prima del lancio ricevette un messaggio video da parte dei suoi fratellini: Mai e Shu, una sorellina e un fratellino. L’avevano sicuramente registrato ufficialmente in una stazione tecnologica vicino a casa e parlavano un po’ spaesati... era la loro prima volta a contatto con quelle camere di registrazione per messaggi. Gli dissero che papà e mamma erano tanto fieri di lui e che aspettavano sue notizie al rientro dalla spedizione. Mandò un telegramma per ringraziarli e salì sull’astronave con il resto dell’equipaggio. Attese in silenzio il lancio, immerso nei suoi pensieri, mentre al suo fianco Ohno e Aiba si raccontavano del giorno di riposo precedente in toni animati, come se parlassero di un mese di vacanze estive. Percepì il veloce sguardo di Nino su di sé. Forse gli stava leggendo i pensieri.

L’astronave partì senza problemi e in breve tempo la terra scomparve sotto di loro.

Avvolti dal cielo stellato Sho guardò il pianeta azzurro allontanarsi e ripensò a quanto tempo aveva atteso per essere in viaggio nello spazio. Eppure, non ce la faceva ad essere completamente felice: si chiedeva se sarebbe mai tornato. Se sarebbe sopravvissuto agli esperimenti.

-Ti prometto che tornerai. E che i tuoi genitori saranno ancora fieri di te- gli disse Jun, posandogli una mano sulla spalla. Sho si sentì all’improvviso più calmo, sentendo quel tocco e guardandolo negli occhi scuri dai riflessi nocciola.

Spostò lo sguardo sull’interno dell’astronave: la cabina di pilotaggio aveva sei poltrone dispose attorno allo schermo per la visuale esterna, che copriva quasi tutta la parete ed il soffitto. Avevano visitato la piccola cucina (se così si poteva chiamare dove scaldare i cibi compatti da viaggio spaziale) e ognuno di loro aveva una stanza da letto personale, con un letto ed una scrivania. La forza di gravità era mantenuta dal computer di bordo, attraverso il quale Nino e Jun controllavano le comunicazioni di viaggio dalla torre di controllo dell’IRST e da quella di Myrthas.

-Ok, ora che siamo partiti potete cambiarvi quelle tute ridicole- ridacchiò Nino, consegnando ad ognuno delle tute come le loro, di quel materiale leggero e resistente, simile alla plastica. Indossarono le tute a fatica, levando quelle strane palandrane che avevano ricevuto all’IRST: il materiale si modellò attorno al loro corpo senza lasciare alcuno spazio fra la pelle e la stoffa, che sembrava appiccicarsi ad essa per non essere tolta più. Sho fu sorpreso a trovarla, tuttavia, estremamente comoda. La sua aveva i bordi rossi, quella di Ohno azzurrini e quella di Aiba verdi.

Stabilirono i turni di riposo e in breve tempo gli alieni spiegarono loro cosa dovevano fare qualora dovessero assumere il controllo dell’astronave. Per il resto rimasero a fare praticamente il loro lavoro all’IRST: mandavano e ricevevano messaggi dalle torri di controllo che presiedevano le zone di universo che man mano attraversavano. Capitavano raramente delle zone senza segnale.

Nino si divertì per un po’ di tempo a descrivere gli abitanti di ogni pianeta da cui ricevevano segnale, con sommo stupore dei terrestri che finalmente vennero soddisfatti: era vero, esistevano quelli verdi con le antenne. Oppure se lo stava inventando l’alieno solo per farli divertire.

Ohno e Aiba decisero di mangiare e andare a riposarsi nelle loro stanze, quindi Sho rimase del tempo solo coi due alieni. Per rompere il ghiaccio, decise di chiedere ancora qualcosa sulla loro popolazione: -Quanti tipi di elementi avete in tutta Myrthas?- domandò.

Jun si girò a guardarlo annoiato: teneva il viso appoggiato sulla mano, con il gomito sul pannello di controllo con le direzioni della astronave. Lasciò che rispondesse Nino, e Sho lo guardò male: era così palloso parlare con il terrestre? In fondo anche tutte le spiegazioni dalla partenza in poi le aveva sempre lasciate all’altro alieno, quasi fosse una seccatura per lui aprire bocca. Quella bella bocca dalle labbra carnose.

-Cinque elementi principali con qualche sottocategoria. E una serie di elementi ignoti- disse Nino.

-Elementi ignoti?- chiese Sho.

-Significa che non si sa da dove vengano e che forze abbiano. Ne abbiamo un po’ di casi così... appaiono ogni tanto. Li riconosciamo appena nascono e li plachiamo prima che raggiungano un livello troppo sviluppato di forza- spiegò in tono annoiato Jun.

-Li... placate? Cioè li uccidete?- chiese Sho.

Nino scosse la testa: -Li costringiamo nella loro forma umana. Li uccidiamo solo se perdono il controllo... capita ogni tanto, ma non a tutti-.

Sho rabbrividì: si trattava, forse, di qualcosa come criminali?

-Più come di poteri troppo forti per essere controllati da una mente sola- chiarì Jun, sempre leggendogli nel pensiero.

-Giusto per sapere... ora a che percentuale state?- chiese Sho.

-Io 80%, Jun 70%... perché?- chiese Nino, curioso.

-Fino a che punto potete leggere nel pensiero?- chiese di nuovo il terrestre.

-Uhm... credo 76%- rispose Jun.

-Allora per piacere rimanete sempre al di sopra del 76%. E’ frustrante...- fece, sospirando.

I due alieni risero e Jun chiuse gli occhi, abbassando di qualche grado la sua elementarietà.

Nino si alzò dalla sua postazione e sbadigliò, andando a riposare un po’ nella sua stanza.

Sho e Jun rimasero soli nella cabina di pilotaggio, controllando annoiati le comunicazioni e le coordinate. Non parlarono per un tempo lunghissimo, tanto che quando Sho provò a dire qualcosa, Jun sembrò sussultare: in fondo adesso non poteva precedere le sue mosse leggendogli nel pensiero.

-Perché ogni cosa che io e gli altri terrestri ti diciamo ti sembrano noiose?- chiese, un po’ scocciato.

-Ti dà fastidio?- domandò di rimando Jun, guardandolo divertito con sempre il viso sulla mano, adesso a conca sotto il mento.

-Sì. Sembra che quello che noi terrestri diciamo non ti sembri importante- disse lui.

-Infatti non è importante- fece Jun, semplicemente. Sho lo guardò a bocca aperta. L’alieno sbuffò e spiegò: -Il limite della mente umana è terribilmente basso. Quello che voi sapete e imparate in una vita intera è imbarazzante per noi... il tuo livello è paragonabile a quello di un bambino di uno o due anni da noi, eppure sei molto colto... capisci? Siete estremamente banali. E pallosi- fece Jun.

Sho non aveva parole: -Lo sai che è terribile sentirsi insultati in questo modo?- fece.

Jun fece spallucce, sorpreso: -Mi spiace. Comunque tranquillizzati, tutto il genere umano è composto da trogloditi. Avete una mente limitata ed una capacità di conoscenza che non è assolutamente ampliabile all’infinito come pensano alcuni-.

-Perché tu... quanto conosci?- chiese Sho, ancora molto offeso.

-Uhm... tutto? O una buona parte del Tutto. Noi sappiamo ogni segreto dell’Universo, ogni minima minuzia dell’Assoluto. Ecco perché leggere nella mente di voi umani è così semplice- fece Jun, come se parlasse di una cosa assolutamente banale.

In quell’istante Aiba e Ohno tornarono dal riposo e diedero il cambio a Jun, che si alzò dopo essersi assicurato che i tre terrestri trogloditi sapessero cosa fare per non far saltare in aria l’astronave. Fece per andare alla sua stanza e ancora una volta posò una mano sulla spalla di Sho, che si girò a guardarlo negli occhi.

-Tranquillo... manca pochissimo perché lo scopra anche tu- disse piano, senza farsi sentire dagli altri due.

Sho lo vide allontanarsi.

E si chiese che cosa volesse dire con quelle parole... che effetto avrebbero avuto gli esperimenti su di loro?

Tornò a fissare lo schermo del computer di bordo, guardando preoccupato ai due colleghi dell’IRST e tornando ai propri pensieri affollati.

Jun è seriamente uno stronzo di prima categoria in questi primi capitoli, lo ammetto XD

r: pg-13, g: arashi, p: sakumoto, gnr: au, gnr: future, gnr: fantasy

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