Titolo: Changes
Fandom: Glee
Rating: R
Pairing: Kurt/Blaine + Burt, Finn, Carole
Avvertimenti: Lime, Slash,
Betareader:
naripolpettaScritta per: il prompt 'vestiti' di
hmirai per il
kinkmemeita per la sagra del kink.
Wordcount: 1261 (FdP)
Note: Questa fic è assurda, assolutamente no sense, e dovevo pubblicarla qualcosa come 17 giorni fa ma poi è rimasta a vegetare nel mio pc.
“Dobbiamo far piano o mio padre se ne accorgerà…” mormorò Kurt dopo che Blaine si era letteralmente attaccato al suo collo per leccarlo con lentezza.
“Tranquillo… abbiamo chiuso la porta a chiave, faremo pianissimo,” Blaine carezzò la sua schiena, scendendo lentamente con la mano verso il suo sedere.
Kurt e Blaine stavano assieme da circa sette mesi e non era certo la prima volta che facevano l’amore; troppo spesso però, si ritrovavano a farlo scomodamente in macchina - visto che fino a poco tempo prima, Burt non accettava molto l’idea che Kurt ospitasse il suo ragazzo in camera con la porta chiusa - per cui in quel momento era confortevole l’idea di avere un letto sotto di loro.
Kurt ebbe occasione di scoprire, con il tempo, che il suo fidanzato era decisamente un tipo a dir poco passionale.
Scivolarono dalla porta al letto con velocità, senza rendersi conto e totalmente presi da ciò che stavano facendo e ciò che stavano per fare.
Il modo in cui Blaine spingeva dentro di lui era sempre molto irruento e Kurt amava stare sotto; amava vedere di scorcio le mani del fidanzato premute contro il materasso e sentirsi circondato e pieno di lui.
Non ne aveva mai abbastanza.
Quando il compagno venne, riversandosi dentro il preservativo, Kurt sentì una scossa pervaderlo da cima a piedi nel vedere la sua fronte corrugata, gli occhi serrati e le labbra aperte per un grido roco.
“È stato bello…” mormorò Kurt, accarezzandogli la guancia e baciandolo con dolcezza, sentendo l’altro stretto stretto a lui “come ogni volta.”
Tutte le volte che facevano l’amore sentivano il bisogno di coccolarsi e riprendere le forze assieme o magari pulirsi l’un l’altro.
“Vorrei rimanere qua con te per sempre” Kurt si accoccolò vicino al suo petto, stringendosi ancora di più mentre Blaine passava le mani nei suoi capelli; era l’unico a cui era concesso fare una cosa simile.
“Kurt, Blaine, è pronta la cena!” la voce di Burt interruppe la loro calma facendoli scattare seduti immediatamente.
“Arriviamo subito papà!”
Ringraziò gli Dei del cielo che la porta fosse chiusa perché se mai l’avesse aperta, anche solo per caso, sarebbe stata letteralmente la loro fine. Burt sapeva, probabilmente, che suo figlio aveva perso la verginità, ma vederlo poteva essere un colpo troppo duro da reggere.
Si rilassarono entrambi soltanto quando sentirono i suoi passi allontanarsi dalla camera.
“Me la sono vista brutta,” confessò Blaine, portandosi una mano al cuore che batteva ancora velocemente per lo spavento.
“Non lo dire a me, non ci avrebbe più permesso di uscire senza un’opportuna guida.”
L’ex studente della Dalton rabbrividì all’idea e diede un bacio sulla fronte di Kurt.
“Vestiamoci, se lo facciamo aspettare sospetterà ancora di più.”
“Giusto!” concordò Kurt, afferrando il primo maglione che gli capitò sotto mano, considerando che avevano buttato tutto all’aria e si erano spogliati decisamente di fretta.
Si guardarono velocemente negli occhi ed aprirono la porta, fiondandosi in bagno a lavarsi le mani - perlomeno quelle - prima di scendere in sala.
Kurt non fu sorpreso di trovare il suo fratellastro già a tavola e pronto a gustarsi qualche squisito piatto di Carole, che aveva amorevolmente cucinato ogni tipo di pietanza esistente; dava sempre del suo meglio quando sapeva che Blaine era ospite a cena.
“Umh, che buon profumo!” commentò l’ex Warbler, annusando da lontano le pietanze di Carole e complimentandosi. La donna gli sorrise riconoscente.
“Oh, finalmente vedo che ci siamo tutti e finalmente voi siete-“ Burt apparve dietro di loro e strinse gli occhi, fissandoli con intensità. Tutti i presenti si fermarono, magnetizzati dal silenzio portato da Burt.
“Kurt quella non è la tua felpa…”
Kurt si guardò e no, quella non era la sua felpa. Amava Blaine ma quelli non erano assolutamente i suoi vestiti e… occazzo si erano scambiati i vestiti.
“E quello non è il tuo maglioncino…” concluse il padre, rivolgendosi poi a Blaine, che stava seguendo la scena inorridito e stava preparando una serie di preghiere da dire prima di morire sotto le forti mani del signor Hummel. Pregò in aramaico che Kurt trovasse una soluzione.
“Ah, emh, sai papà stavo facendo provare a Blaine i miei vestiti e… lui mi ha prestato il suo maglione, tutto qua.”
Burt inarcò un sopracciglio, cercando il sostegno di Carole che, invece, aveva continuato a cucinare ridacchiando tra sé e sé. Finn, dal canto suo, fisava i due senza dire - e forse nemmeno pensare, - niente di troppo malizioso.
“Volete prendermi per stupido? Dio solo sa cosa facevate in quella camera e perché vi siete scambiati i vestiti… oddio no, vi prego, non voglio saperlo. Facciamo finta che non sia successo,” Burt si portò una mano sul volto con disperazione.
Il suo bambino aveva perso la verginità davvero, allora. Un buco nero si aprì davanti a lui, un vortice di totale disperazione.
“Papà non è come credi,” enunciò Kurt, con voce tremula ed afferrando la mano di Blaine per sentirsi più sicuro.
“Già… emh, signor Hummel, forse è meglio se si siede,” disse Blaine, scansando una sedia dal tavolo e facendo sedere l’uomo, che lo guardava come se fosse un alieno. Avrebbe potuto odiare quel ragazzo con tanta facilità, ma perché farlo quando faceva star meglio suo figlio? L’uomo sospirò.
“Oh andiamo Burt, sono solo due ragazzi che si amano molto,” disse Carole, mentre metteva in tavola le ultime pietanze con un sorriso, “dovresti esserne felice.”
L’uomo sentì le sue parole e la guardò senza dire niente, perfettamente consapevole del fatto che sua moglie avesse ragione.
Kurt e Blaine si sedettero con lentezza, guardandosi con un po’ d’indecisione; entrambi non potevano far a meno di chiedersi se Burt avrebbe riaperto bocca da lì a poco.
“Buon appetito!” disse Finn, rompendo il silenzio ed avventandosi sulle prelibatezze cucinate da sua madre, ricevendo una risposta da tutti i presenti; da lì fu di nuovo silenzio.
Burt posò la forchetta, pulendosi la bocca con il tovagliolo e rivolgendo uno sguardo chiaramente imbarazzato a Kurt e Blaine.
“U-usate le protezioni, vero?”
Ci fu uno scroscio di forchette contro i piatti; Kurt, Blaine e Finn si voltarono simultaneamente.
“P-papà!”
“Ah. Era quello che facevate?” chiese Finn, ridacchiando e sentendosi un po’ inferiore; con Rachel erano arrivati a malapena alle palpatine.
“Sì…” rispose Blaine a bassa voce, guardando Kurt con sincero amore e rivolgendosi poi al padre del suo fidanzato. In fondo prima o poi quella storia doveva finire.
“Ma signor Hummel, so che le mie scuse non bastano così come non basteranno le mie parole; io amo suo figlio, noi… noi ci amiamo e non facciamo niente contro la volontà di uno o dell’altro…” disse il giovane, stringendo la mano di Kurt sotto il tavolo e ricevendo uno sguardo intenerito ed incoraggiante da parte di Carole.
Burt spostò lo sguardo dal piatto al ragazzo, incontrando il suo sguardo determinato e la sua mascella serrata; anche Finn li stava guardando con un certo - e piacevole - stupore.
“Dovresti dar loro ragione, tesoro…” mormorò Carole, poggiando una mano sul braccio di suo marito con tenerezza.
I grandi occhi azzurri di Burt Hummel, - così simili a quelli del figlio, a detta di Blaine, - si posarono ancora una volta su di lui dopo aver guardato la moglie. Sospirò, prendendo un sorso d’acqua.
“Diciamo che… sì, se va bene per mio figlio. Ma devi rispettarlo,” la sua voce era evidentemente aspra ed insicura, ma i due ragazzi apprezzarono perlomeno l’intento dell’uomo.
Blaine drizzò la schiena senza lasciare la mano di Kurt, così perfettamente unita con la propria ed elargì un sorriso.
“Non la deluderò signor Hummel.”
Burt guardò i due ragazzi, ora vicini, ora uniti e con un grosso sorriso sulle labbra; sospirò, riprendendo a mangiare la sua cena.
Ci avrebbe fatto l’abitudine, prima o poi. E se ciò aiutava suo figlio, non poteva non esserne almeno un po’ contento.