Titolo: In a perfect world you'd still be here
Fandom: Supernatural
Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester, Castiel, Death, Michael, Lucifer, Mary Winchester, OMC, OFC, presenza minore di Bobby Singer
Pairings: Michael/Lucifer, Dean/OFC (diciamo... più o meno XD)
Rating: PG
Genere: AR (Alternative Reality), drammatico, angst
Parte: 4/11
Warnings: lieve linguaggio, accenni di incesto slash tra due angeli, spoiler fino alla fine della 6° stagione
Warning SPOILER sulla trama: Character death (sort of, la morte è solo temporanea)
Note: Post 6x22, inizio alternativo della 7° stagione.
Scritta per il
bigbangitalia insieme alla mia adorata soulmate
arial86.
Riassunto: Per riportare l’ordine nell’ormai irrimediabile anarchia causata dai Winchester negli equilibri di vita e morte, Death prende una drastica decisione: intervenire personalmente nel passato, modificando gli eventi. Le conseguenze riscrivono l’intera esistenza di Dean e Sam, creando una realtà alternativa in cui i due fratelli sono cresciuti vivendo una vita normale, completamente ignari dell’esistenza del soprannaturale. A 32 anni, Dean vive con sua moglie e i suoi due bambini, sereno seppur con il ricordo doloroso di suo fratello, morto quattro anni prima. Ma lo spirito di Sam, dilaniato dai ricordi della sua vera vita, ora vaga nel tormento. E mentre Dean, tra déjà-vu e ombre del passato, scopre l’esistenza di un mondo fatto di fantasmi, medium e cacciatori, qualcuno si sta muovendo in segreto per rimettere ogni cosa al suo posto.
Disclaimer: Caroline, Richard e i pupetti sono roba nostra, su tutti gli altri personaggi non deteniamo alcun diritto, per fortuna per loro e purtroppo per noi. Non ci guadagniamo niente se non il piacere di soffrire e far soffrire. ♥
Masterpost:
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All gone but the will to live to tell the tale
(Live to tell the tale - Nightwish)
Caroline prese la sua borsa da lavoro e si chinò a dare un bacio a Sam. “Mi raccomando, Sammy, fai il bravo e non fare capricci con la nonna. Sicura che non sia un problema, Mary? Posso chiamare la babysitter per darti una mano,” aggiunse poi, rivolta alla suocera.
Mary scosse la testa. “Vai, cara, e non preoccuparti.”
“John probabilmente continuerà a dormire per ore, comunque. E Dean dovrebbe tornare presto, oggi non ha allenamento,” disse Caroline, avviandosi verso la porta. “Grazie ancora.” Si fermò, la mano sulla maniglia, rivolgendo a Mary un sorriso incerto. “Stai attenta.”
Non appena sua nuora si fu richiusa la porta alle spalle, il sorriso di Mary iniziò a spegnersi. Gettò uno sguardo amorevole al piccolo Sam, intento a giocare con delle macchinine colorate, e i suoi occhi presero poi a vagare sulle pareti, tra i mobili, verso il soffitto.
Sei qui da qualche parte.
Le rispose soltanto la vocetta di Sam che imitava il broom delle auto.
Poco più di un’ora dopo, il campanello suonò. Quando Mary aprì la porta, di fronte a lei c’era un uomo giovane, all’aspetto appariva appena quarantenne. Sotto le nette sopracciglia scure, i suoi occhi azzurri ammiccarono vivaci quando sorrise.
“Mary Campbell!” Si chinò e prese la mano di Mary, sfiorandola con le labbra. “Ops, scusa, volevo dire Winchester.”
Mary sorrise, bonaria. “Richie.”
“Speravo di somigliare più a Fonzie,” rispose lui, aggiustandosi il bavero della giacca di pelle e facendole l’occhiolino.
Mary allargò le braccia e Richard accettò di buon grado l’affettuoso abbraccio.
“Grazie per essere venuto così presto,” disse Mary, facendolo accomodare.
“Oh, non dirlo nemmeno. Sarei venuto anche ieri sera, se non mi fossi trovato nel pieno di un lavoro. Così la casa è questa, eh?”
Aveva iniziato immediatamente a guardarsi intorno, misurando a passi lenti l’ingresso. Si fermò quando si trovò di fronte un bambino biondo che lo fissava con curiosità.
“Chi sei, signore?” chiese Sam.
Richard si chinò e offrì la mano al piccolo. “Richard Barrowman al tuo servizio, giovanotto.”
Sam sorrise e gli strinse solennemente la mano.
“E tu sei...”
“Sammy!” esclamò Sam.
“Molto lieto, Sammy.”
Soddisfatto, Sam trotterellò via e tornò ai suoi giocattoli.
“Non sembra un bambino che ha paura di venire aggredito dai fantasmi mentre se ne va a spasso per casa,” commentò Richard, guardandolo allontanarsi. “Hai detto che da qualche tempo si verificano manifestazioni più violente. Nessuno di loro è mai rimasto ferito?”
“No, finora fortunatamente no,” rispose Mary.
Richard riprese a camminare, i suoi occhi sondavano con attenzione l’ambiente circostante. Si avvicinò alle foto sul mobile del salotto.
“Voi... avete avuto dei lutti nella vostra famiglia, non è vero?”
Per qualche secondo, Mary non riuscì a rispondere, e Richard si voltò a rivolgerle un sorriso comprensivo e desolato. “Scusami, sai che devo chiedertelo.”
“Sì,” annuì lei, sospirando profondamente. “Mio marito è morto circa due anni fa, un incidente d’auto. E mio figlio minore... Sam... è stato aggredito e ucciso da un malvivente. È successo quattro anni fa,” rispose, lottando per tenere ferma la voce.
“Mi dispiace,” mormorò Richard, con gentilezza. “Entrambe morti violente, quindi,” rifletté poi. Fissò Mary in viso. “Hai considerato l’ipotesi che sia uno di loro, vero?”
Mary chiuse gli occhi e scosse appena la testa. “Non riesco a pensare a una simile possibilità, Richie.”
Non voglio.
Richard restò in silenzio per un attimo. “Tuo figlio cosa ne pensa?” chiese, infine.
“Nulla, Dean ha soltanto paura per la sua famiglia.”
“Ma va avanti da mesi, avrà cercato di venirne a capo. Dovrà pur avere almeno un indizio, un sosp... Oh per la miseria, lui non sa niente! È così, vero?” Richard non poté trattenere una breve risata incredula.
“Niente di niente,” confermò Mary. “Non gli ho mai raccontato nulla. Volevo che vivesse sereno, Richard, lontano da quel mondo.”
“Già, giusto, Mary Campbell è fuori dal giro. Mio padre non poteva rassegnarsi, diceva che tu eri una delle migliori.”
“Non sono pentita della scelta che ho fatto.” Mary sorrise tristemente. “Se vuoi saperlo, Richie, sono sempre stata contraria al fatto che tu usassi il tuo dono pur essendo solo un bambino. Tuo padre e io abbiamo avuto più di una discussione su questo. Quel vecchio testardo,” mormorò Mary, una sfumatura di affettuosa nostalgia nel suo tono.
Richard si strinse nelle spalle con noncuranza, e le rivolse un'occhiata furba. “Che posso dirti, ho sempre avuto un talento spettacolare.”
Mary si concesse un sorriso divertito, poi tornò pensierosa. “Non ho voluto considerare la possibilità che si tratti di John o di Sam, ma se devo dirti la verità, ho il sospetto che la presenza sia in qualche modo legata a Dean.”
“La cosa mi sembra plausibile,” rispose Richard, lo sguardo che analizzava ancora una volta l’abitazione. Chiuse gli occhi, infine. “Perché non è qui. In questo momento, in casa ci siamo soltanto noi.”
“E tu saresti un medium?!” Dean lo esaminò con espressione scettica.
Richard inarcò le sopracciglia in un cipiglio divertito. “Cosa ti aspettavi? Un mantello con le stelline e un cappello a punta?” Incrociò le braccia al petto, osservando più attentamente il figlio di Mary, poi il suo sguardo si perse per un attimo, assorto e concentrato. Prese un lungo respiro. “È qui,” annunciò con calma.
Mary si avvicinò a Dean, che appariva ancora poco convinto.
“Tesoro, Richard e io... Richard ha motivo di pensare che l’entità sia in qualche modo legata a te.”
Dean rimase in silenzio, turbato dalle parole delle madre. Dopo lo smarrimento iniziale, però, quella teoria non gli sembrò affatto priva di senso. Quando tutto era cominciato, aveva avuto il terrore che potesse succedere qualcosa ai suoi bambini o a Caroline mentre lui non era lì a proteggerli, ma adesso, ripensando ai mesi passati, si rese conto che il fantasma non si era mai manifestato senza che lui fosse in casa. Non si era neppure mai fatto vedere in una stanza in cui lui non fosse presente.
“Almeno sai anche come sbatterlo fuori?” chiese bruscamente a Richard.
“I fantasmi non si ‘sbattono fuori’, si comunica con loro e li si aiuta a trovare la pace,” rispose Richard. Le sue labbra si piegarono in un sorrisetto e non poté fare a meno di continuare. “O se proprio butta male, li si fa arrosto. Non ti hanno insegnato proprio niente?!”
“Scusa tanto, devo aver saltato qualche lezione a Hogwarts,” ribatté Dean.
Mary si schiarì la voce e scoccò a Richard una sottile occhiata di rimprovero.
“Chiedo scusa,” disse Richard, senza perdere il sorriso, guardando Dean ma rivolgendosi segretamente alla donna. “Ad ogni modo,” continuò, muovendo qualche passo per la stanza, “ho anche motivo di considerare la possibilità che si tratti di tuo padre o di tuo fratello Sam.”
Si voltò verso Mary, offrendole uno sguardo dispiaciuto, ma prima che lei potesse dire qualcosa, fu Dean a replicare con veemenza.
“Attento a quello che dici, amico! Questo è assurdo! Né Sam né mio padre cercherebbero mai di fare del male a me o alla mia famiglia!”
“Infatti questa presenza, chiunque sia, non è qui perché vuole farvi del male.” Richard si appoggiò con nonchalance al bordo del tavolo, incrociando le braccia. “Se quella fosse stata la sua intenzione, vi avrebbe già infilato il phon nella vasca da bagno.” Fissò Dean per un attimo, lo sguardo calmo e penetrante. “C’è uno spirito che cerca di comunicare con te, e due persone molto vicine a te hanno avuto una morte violenta. È così che un fantasma ha origine. Morti improvvise che lasciano gli spiriti con qualcosa di incompiuto. Un dolore da consolare, o anche soltanto una faccenda in sospeso verso coloro che hanno lasciato nel mondo dei vivi. Quasi sempre, quella che appare come violenza è semplicemente sofferenza.”
Lo sguardo incerto di Dean gli strappò un sospiro annoiato. Era sempre complicato spiegare alla gente comune come funzionassero le cose con i fantasmi. La maggior parte assumeva un’espressione vacua o chiedeva cose del tipo ‘Come in Casper?’. Cercò di farsi venire in mente un esempio semplice e immediato.
“Vediamo... qualcosa tipo...”
“Tipo non poter trovare la pace prima di esserti assicurata che tuo marito sia sano e salvo dopo l’incidente d’auto in cui tu sei morta?” Appena pronunciate quelle parole, Dean si accigliò, confuso. Da dove diavolo gli erano uscite?!
Mary e Richard lo fissarono, sbalorditi.
“Be’... sì... sì, esattamente,” rispose Richard, esibendo un sorriso piacevolmente sorpreso. “Non sei completamente irrecuperabile, dopotutto. Ma una cosa alla volta. Cercheremo di capire che cosa vuole dopo aver capito chi è.” Fece un passo verso Dean, che lo guardava ancora confuso. “Sappiamo che è legato a te. Potrebbe anche essere soltanto un vicino di casa a cui ha fregato il giornale, ma vediamo di tentare con le opzioni principali.” Sollevò lo sguardo verso le pareti intorno a loro. “Chiamalo.”
“Come hai detto?!”
“Devi provare a chiamarlo.” La sua voce si abbassò lievemente, come se stesse concentrandosi. “Prova con tuo padre. Chiamalo.”
Dean roteò gli occhi con un sospiro scettico perfettamente udibile. Concentrarsi su quanto lo irritasse quel buffone sembrava il modo migliore per fingere che non ci fosse una morsa dolorosa ad artigliargli lo stomaco.
“Papà?...” mormorò a bassa voce. Quando gli rispose solo il silenzio, provò un po’ più forte. “Papà?”
Dopo un istante, Richard fece spallucce. “Non è il nostro spirito. Tentativo numero due, Dean.”
Dean esitò un momento. Mary gli posò una mano sulla spalla, stringendola dolcemente, rivolgendogli un sorriso pieno di dolore e comprensione.
“Devo... chiamare Sam ora?”
Non aveva ancora finito di pronunciare la domanda, quando una delle sedie tremò violentemente e con un volo venne scaraventata contro il muro. Lo sguardo di Richard si assottigliò.
“No. A quanto pare non ce n’è bisogno.”
“Mi stai dicendo che è davvero Sam quello che sta infestando casa nostra?!”
Dean non riusciva ancora a crederlo possibile.
“Ne sono praticamente certo,” rispose Richard, senza guardarlo, assorto. “C’è qualcosa di strano però... non riesco a...”
“Se si tratta davvero di mio figlio,” intervenne Mary, accorata, “devi aiutarlo, Richard. Ti prego.”
Richard si riscosse, scrollando lievemente le spalle. Rivolse un sorriso rassicurante alla sua vecchia amica. “Sono qui per questo. Cercheremo di capire cosa lo sta trattenendo in questo mondo.”
“Quindi che dovremmo fare, ora? Cantare Kumbayah tenendoci per mano?” chiese con sarcasmo Dean.
Richard sorrise ispirato. “Ehi, non ci avevo mai pensato! Potrebbe essere d’impatto.” All'espressione accigliata di Mary, il medium si strinse nelle spalle. “Ad alcuni clienti piacciono gli effetti speciali, sai. Uhm, non importa.” Si schiarì la gola, imbarazzato, sotto lo sguardo contrariato della donna. “Comunque ci hai preso a metà,” riprese, allungando il braccio verso Dean, che lo fissò perplesso. Richard ammiccò. “La mano, maschione.”
“Oh andiamo, non puoi usare una palla di cristallo o qualche altra roba simile?!”
“Lo sto facendo. Si dà il caso che oggi tu sia la mia palla di cristallo.”
Agitò maliziosamente le dita, invitandolo ancora a prendergli la mano. Con un sospiro, Dean si arrese.
Il volto di Richard si fece serio. Chiuse gli occhi con un respiro profondo.
“Sam,” cominciò, la voce calma e concentrata. “Siamo qui per te. Desideriamo aiutarti. Ti chiedo di parlarmi, Sam.”
I mobili attorno a loro presero a vibrare lievemente, un tremore sottile che riempì la casa di un basso e monotono ronzio.
“Parlami, Sam,” continuò Richard, alzando la voce. “Cosa ti sta trattenendo? Cosa ti impedisce di trovare pace?”
La vibrazione si fece più intensa, la mano di Richard iniziò a stringersi sempre più forte attorno a quella di Dean.
“No... questo non...” balbettò il medium.
L’aria, divenuta incredibilmente densa, venne squarciata da un grido disperato. Dean e Mary sussultarono mentre Richard cadeva in ginocchio, stringendosi la testa tra le mani.
Dean si guardò intorno freneticamente, ogni oggetto nella stanza oscillava e tremava, ovunque il rumore di mobili che venivano scossi e di cocci che si infrangevano a terra. In mezzo al frastuono, sentì arrivare dalle scale la voce del piccolo Sam che lo chiamava e corse da lui, mentre Mary si inginocchiava allarmata accanto a un Richard sconvolto.
Esalando un sospiro esausto, Richard posò sul tavolino il terzo bicchiere di scotch e si abbandonò contro lo schienale del divano. Dean e Mary lo fissavano in attesa.
Dopo qualche secondo, l’uomo si appoggiò con i gomiti sulle gambe, le mani affondate nei capelli.
“Mary,” mormorò, la voce sottile, tremante. “Questo è... Questo non somiglia a niente che abbia mai visto.” Continuò a parlare senza guardarli, senza sollevare la testa. “Credo ancora che sia tuo figlio, ma... la sua anima... è come se fosse fuori dal tempo. Come se avesse vissuto per oltre un secolo.” Abbassò lentamente le mani. “È in cerca di qualcosa che non riesce a raggiungere. Ho sentito il suo dolore... il suo dolore...” Quando sollevò la testa, aveva gli occhi lucidi di lacrime. “Non avevo mai incontrato una sofferenza simile. Sta letteralmente gridando di dolore. C’è molto di più di una semplice questione incompiuta. È come se fosse... malata.” Il suo sguardo si spostò da Mary a Dean e nuovamente a Mary. “Non credo possa essere guarita. Non credo... ci sia modo per lui di raggiungere la pace. Mi dispiace, Mary. Mi dispiace davvero...” Abbandonò nuovamente la testa tra le mani, mentre Dean e Mary si guardavano in silenzio, un peso insostenibile che schiacciava loro il cuore.
Due giorni dopo, Mary riprese il treno per Lawrence, angoscia e tormento che l’attanagliavano ad ogni gesto. Rimise piede a casa solo dopo essere stata per oltre un’ora di fronte alla tomba di Sam, immobile, riuscendo soltanto a piangere. Le era rimasta un'unica scelta, ma richiedeva molta più forza di quanta ne avesse in quel momento.
Quella sera, Dean diede la buonanotte ai suoi bambini, spense le luci, raggiunse sua moglie a letto. Fuori, in piedi tra le ombre proiettate dai lampioni, un uomo con addosso un impermeabile osservava in silenzio la casa.
Capitolo 5 →