[Sherlock BBC] Couldn’t Never Figure Out How To Love 2/2

May 09, 2012 00:21



“Lui ti piace, vero?”
Quasi gli va di traverso la saliva, quando sente la voce di Sarah soffocata contro l’incavo del suo collo, e la sua mano si ferma tra i suoi capelli, improvvisamente incapace di muoversi. “Scusa?”
“Sherlock.” La ragazza si sistema sui gomiti, la testa piegata leggermente di lato mentre gli sorride. “Tu a lui piaci. Si vede lontano un miglio. Non so se hai notato come è arrossito, quando ti ho baciato. È carino.”
“Tu stai male.”
Sarah ride, e John quasi si spaventa nel capire che sta dicendo tutto senza particolare malizia. Gli accarezza il petto, il viso rilassato, le palpebre basse mentre guarda le sue stesse dita - fa contrasto, la pelle chiara di lei contro la sua, più scura. “No, sono serissima. Non te ne accorgi, ma tu e lui avete qualcosa di particolare, quando siete insieme. Lui ti guarda con i miei stessi occhi. Sicuramente gli stai simpatico. Probabilmente qualcosa di più.”
John deglutisce appena, riappoggiando la testa al cuscino. Non doveva farla bere.
“Perché dovrei piacergli? Io non- cioè hai visto che razza di persona sia. Dubito gli potrà mai piacere qualcuno.”
“Tu gli piaci. Non verrebbe da te ogni santo giorno, se non gli piacessi. Pensaci.”
John sospira, ricominciando ad accarezzare la testa di Sarah. L’unica cosa di cui è certo, al momento, è che se prova a pensare a Sherlock ci guadagna solo un orribile mal di testa.
*
John sorride, tornando a sedersi sul banco. È la prima volta in mesi che riesce a intascare un voto che va ben oltre l’insufficienza da un’interrogazione di biologia. Tamburella con le dita sul libro aperto, ignorando la prossima vittima del professore.
Si sente leggero.
Quando la campanella suona, la prima cosa che pensa è che deve trovare Sherlock e ringraziarlo, perché in fondo è tutto merito suo e della sua infinita - quanto malcelata, considerando come lo ha trattato ogni volta che non capiva qualcosa - pazienza. Corre nell’andito senza smettere di sorridere, un occhio fuori dalla finestra per vedere se è sempre lì, seduto nel muretto vicino al campo. La sua sagoma proietta un’ombra corta, accarezza appena i fili d’erba rinsecchiti, un giardino mal curato da troppo tempo. Scende le scale a due a due, mentre altri ragazzi gli passano affianco ridendo a squarciagola. Quando apre la porta, finalmente, sente solo il rumore del vento tra le fronde degli alberi. “Sherlock!” lo chiama, avvicinandoglisi, ma quello non si gira, scuote la testa.
“Resta lì.”
John si blocca, obbedendo. Vede l’amico tenere una mano sul viso, e nota solo ora che la sua schiena si alza e si abbassa velocemente, come se avesse corso, come se-
Sherlock si volta il tempo di guardarlo negli occhi, e John per un istante non respira più. Vede le nocche sporche di terra e sangue, l’occhio sinistro cerchiato di nero. Lui riabbassa subito la testa, e solo in quel momento vede che si sta reggendo la pancia.
Qualcosa non va. Gli si avvicina piano, mettendosi davanti a lui. Gli poggia le mani sulle spalla e lo guarda, e si rende conto che il cuore ha cominciato a battergli così forte che gli sembra quasi di avere un tamburo, nel petto. “Cosa è successo?”
Lui si passa il dorso della mani sulla bocca, lasciandosi una scia di sangue dietro. “Due idioti. Mi davano noia. Li ho insultati e questo è il risultato.” Tiene la testa china, e se la solleva comunque non lo guarda. “Comunque ho ricambiato abbondantemente.”
Si sente stupido, John, mentre si lascia scappare uno sbuffo divertito. Gli sfrega una mano sul braccio, lasciandogli il tempo di riprendersi - deve essere appena successo, forse avrebbe potuto fare qualcosa, forse-
“No, John. Non ci provare nemmeno.”
“Cosa?”
“So a cosa stai pensando. Smettila adesso.”
Sospira, arrendendosi prima ancora di provare a protestare. Mastica aria per qualche istante, sfregandosi ripetutamente il naso. E poi sospira, e lo chiama.
“Sherlock?” Lui si gira e lo guarda, il labbro ancora sanguinante. John si avvicina ancora e glielo sfiora, piano, come se avesse paura di fargli male, il polpastrello che si appena bagna di rosso. “Dovresti andare in infermeria, è profondo.”
“Non fa male. Passerà.”
Idiota. “Sei uno stupido.”
“Scusa?”
“Hai sentito bene.” Fruga tra le tasche, scuotendo ripetutamente la testa. Stringe tra le dita un fazzoletto di stoffa e lo appallottola, cominciando poi a premerlo contro la sua bocca. “E adesso mi fai il favore di stare zitto e fare come dico io, per una volta. Sei sporco di terra, potresti prenderti un’infezione e sinceramente è l’ultima cosa che voglio. Quindi ora alzi il culo e vieni con me in infermeria. Okay?”
Si morde il labbro, appena pronuncia l’ultima parola. E Sherlock ride appena, scuotendo la testa e alzandosi in piedi. “D’accordo, d’accordo. Grazie.”
Oh mio Dio, no.
Deve smetterla di tenere gli occhi incollati addosso ai suoi, deve smetterla adesso o non riuscirà più a guardarlo in faccia per tutto il resto della sua vita. Sente improvvisamente le sue orecchie più calde, e ringrazia il cielo quando Sherlock si volta e comincia a camminare, perché così può prendersi due secondi per pensare, mentre sposta lo sguardo sulla sua schiena.
Tu gli piaci.
Odiava immensamente Sarah, in quel momento. Perché la tua ragazza dovrebbe instillarti certi pensieri in testa? La paura di perderlo dovrebbe portarla a tenere certe cose per sé, non indurla a fargli pensare a cose che non vuole assolutamente prendere in considerazione. Trattiene l’aria nei polmoni finché non entrano di nuovo a scuola, l’intervallo finito da quel pezzo, i loro passi che rimbombano nel silenzio dei corridoi. Sulla porta dell’infermeria c’è un foglio di quaderno stracciato con su scritto torno subito, e Sherlock spinge la porta per entrare, lasciandola chiudere da sola una volta dentro con lui.
John non può assolutamente permettersi di stare in silenzio. Altrimenti comincia a pensare e-
Tu gli piaci.
Ha paura che a lui sia piaciuto fin dal primo giorno. “Sherlock-“
“Sto bene, che cosa-“
“No, Sherlock, lasciami- lasciami parlare. Devo dirti una cosa ed è già abbastanza complicato così.”
Deve essere una giornata speciale, se è già riuscito a vedere due espressioni nuove nel viso di Sherlock. Probabilmente una giornata che si chiuderà con un suicidio.
Il suo.
“Dimmi.”
Prende fiato più volte, prima che il suo cuore riprenda a battere non a un ritmo normale, ma almeno sopportabile. Stringe un pugno convulsamente, mentre si schiarisce la voce. Non ha assolutamente idea di cosa dire. Apre la bocca sperando che l’aria esca da sola dalla bocca, ma Sherlock lo interrompe prima ancora che cominci.
“Quando mi sono proposto di farti ripetizioni mentivo. Nessuno mi ha detto che avevi problemi, l’ho dedotto.”
“Cosa-“
“Non mi interesso alla gente. Non mi piace parlare, lo avrai capito ormai. Ma tu sembravi una persona interessante. Forse per la tua stupidità, non lo so. Ma era divertente vederti uscire ogni volta alla stessa ora, negli stessi giorni. Ho guardato gli orari, ho visto da che cosa scappavi, e ho fatto due più due. Non sapevo come avvicinarti. Dare noia è la cosa in cui sono più bravo, oltre a tutto il resto. Ti ho dato abbastanza noia da costringerti a chiedermi cosa volessi da te. Ci hai messo pure meno del previsto.” John non riesce a crederci. Davvero, non se ne capacita. “Sembravi interessante. Lo sei. Sei una persona ordinaria, ma sei diverso, in qualche modo che ancora mi è ignoto.”
Sarah aveva ragione. Lui l’aveva sempre capito, ma non ci aveva mai pensato seriamente, d’altra parte. Sherlock ha la testa china, si sfrega le mani, continuando a mordere il labbro per strappare la pelle morta, e lasciare che il sangue continua a fuoriuscire. John gli si avvicina, piano, stringendo le labbra tra i denti. “Io… io sto con Sarah. A me piace Sarah.”
“Lo so, John.”
“Mi piace da morire. Sto bene con lei. La amo. Non ho mai avuto tante relazioni serie, ma lei è diversa. Riusciamo a trovarci, se litighiamo risolviamo presto, parliamo, comunichiamo. Ho sempre pensato che sarebbe stata la persona della mia vita. Sai, quella con cui vuoi passare tutta la tua vita. Ma poi, poi sei arrivato tu e hai cominciato a fare le tue… cose e- oddio, Sherlock, non so come - “
Si mette le mani in testa, ricominciando a respirare di colpo.
“Con calma.”
“Non so cosa sento. Non è quello che provo per Sarah. È diverso. È simile, ma è diverso. Non ha senso, davvero, perché non ce l’ha, non lo trovo, e ci sto pensando solo adesso ed è tremendo perché non so come mettere in ordine i pensieri e -“
Il sapore del sangue sulle sue labbra non è forte. Pizzica appena sulla punta della lingua, ma non è fastidioso. Quando era piccolo ha succhiato un sacco di sangue dalle ginocchia sbucciate di sua sorella, forse si è abituato. Si aggrappa a Sherlock per non perdere l’equilibrio, quando la bocca preme di più contro la sua, e il respiro che fa si mozza a metà, perché sente la lingua dell’altro accarezzarlo appena, ed è strano, oddio, è strano e pensa che il cuore smetterà di battere tra poco, perché non era pronto, non è pronto.
Restano immobili, mentre John stringe di più la sua camicia. Quando si separano, non riesce nemmeno a guardarlo in faccia, rosso in viso. Sherlock gli passa una mano tra i capelli, scompigliandoglieli appena.
Probabilmente nemmeno lui riesce a crederci.
“Sherlock…”
“John, io non sono una persona che dimostra i suoi sentimenti gratuitamente. Non sono nemmeno sicuro che questi siano dei sentimenti, figurati. Puoi fare quello che vuoi. Questo è quello che posso offrirti. Non pretendo qualcosa di esclusivo. Non mi interessa.”
John ascolta, registra, sbatte le palpebre una, due, tre volte. Non capisce più cosa sta succedendo, e si limita ad annuire, piano. E poco prima che riacquisti un minimo di lucidità e apra la bocca per parlare, lui gli passa una mano sulla bocca per pulire via il sangue, e la porta si apre lasciando entrare l’infermiera.
“Buongiorno, signora Mc Callaghan.”
John sente la testa pulsare.
*
Devo parlarti, verresti a casa? Ti amo. - JW
*
Sarah muove il bicchiere piano, guardando il liquido agitarsi. Le piace fissare le gocce di cola che scivolano sulla parete di vetro e scompaiono dentro loro stesse. La fa sentire tranquilla. “Te lo avevo detto.” dice, e sorride, perché non è turbata, no. Anzi. “Se mi avessi dato subito ascolto…”
“Perché a te sembra così facile?”
John è piegato sul suo stomaco, le mani affondate nei capelli. Non riesce davvero a capire perché Sarah sia così eccitata dalla cosa. Se fosse successo il contrario, a quest’ora lui probabilmente starebbe andando di matto. Ma lei si china e gli passa una mano sulla schiena, gli lascia un bacio dietro l’orecchio. “Perché a te sembra così difficile?”
John si volta. È incredibile guardarla negli occhi e leggere tutta la sua sincerità. Fa quasi male. “Perché non riesco a capire come possa succedere. Ho sempre pensato che si potesse amare solo una persona alla volta.”
“Questo perché la tua mente è piccola e il tuo cuore grande.” mormora, quasi materna. “John, non c’è niente di male. Sherlock è una persona strana, ma non credo sia cattiva. È buono, con te. A modo suo, ma lo è. E se a me va bene, e a te va bene, e a lui va bene, perché doversi limitare a una sola persona?” Gli accarezza la base dei capelli, senza perdere il suo sguardo, senza lasciare quegli occhi blu, e confusi e grandi e qualunque cosa di bello possa venirle in mente. “Io voglio che tu sia felice. Se questo ti fa felice, fa felice anche me.” Un bacio, sulla testa. “Fa felice tutti.”
*
John bacia Sherlock una seconda volta, qualche giorno dopo avergli parlato. Era partito con l’idea di voler fare una verifica, un bacio in cambio di un po’ di chiarezza mentale, ma si è poi reso conto, premendo le labbra contro quelle dell’altro, che l’unica cosa che voleva davvero era provare di nuovo quella sensazione di brividi nello stomaco che pensava fosse unicamente effetto dell’amore che prova per Sarah.
Abbassa lo sguardo assieme ai suoi talloni, le mani ancora strette attorno alle spalle di Sherlock. Sente il suo sguardo sulla fronte, pizzica e fa il solletico come se ci fosse qualcosa a camminare sulla sua pelle.
Vorrebbe chiederglielo.
“John.” lo chiama Sherlock, e lui alza la testa e trova i suoi occhi chiari così vicini che quasi si spaventa. Annuisce, piano, bloccando l’aria nei polmoni. “Io non sono una persona normale.”
“Lo so.” risponde, a secco. Non c’è nessuna nota di derisione, nella sua voce - ha sempre saputo dell’anormalità di quel ragazzo, ed è una cosa che non riesce a non apprezzare. Sherlock lo sa, perché annuisce con le labbra piegate in un sorriso sghembo.
“Voglio darti qualcosa di diverso. Non il mio corpo, non sono interessato. Ma posso darti il resto.” Prende John per il viso per sollevarlo quel tanto che basta per riuscire a guardarlo negli occhi. “Hai la mia mente. Il mio cervello.”
John stringe le labbra tra i denti, prima di avvolgergli il collo con le braccia.
È felice.
“Hai tutto.”
*
È strano, sentire il letto stretto perché in tre non ci si sta. È strano perché c’è il doppio del calore, adesso, e non importa se è scomodo, perché John prova a scavare nei suoi ricordi e non riesce a trovare davvero niente di meglio di questo.
Sarah sotto di lui ha le guance rosa, sorride dolce mentre gli avvolge la vita con le gambe. Sente le sue mani scorrere lungo la schiena, e lui sospira, mentre poggia le labbra sul suo collo bianco. Sorride, poi, voltandosi. Sherlock gli accarezza un braccio, mentre lo guarda. Lascia scorrere la bocca sulla sua pelle, lasciando piccole tracce umide.
Ha un nodo nello stomaco che si stringe ogni volta che uno dei due lo tocca. Li bacia entrambi con la stessa dedizione, li tocca e li ama con la stessa intensità.
È troppo.
Il cuore comincia a battergli forte nel momento in cui realizza dove si trova, cosa sta facendo. Gli sembra di non aver più spazio nel petto, come se fosse un hard drive troppo pieno. Sospira, tirando la testa all’indietro, e lascia che le bocche di entrambi si poggino sul suo corpo - collo, guance, petto, che cosa importa poi?
Sta bene.
Sta schifosamente bene, ed è incredibile.
Si lascia sprofondare tra Sherlock e Sarah con un mugolio sommesso, lei che gli permette di affondare nel suo corpo, Sherlock che gli stringe la vita e lo riempie di baci sulla spalla - sente il suo naso sfiorargli il collo, il suo respiro bollente e lento, come se lo stesse studiando.
È probabile che lo stia facendo.
Li ama.
Sorride e bacia entrambi, ancora, un braccio sotto la vita di Sarah, l’altro che si piega all’indietro, la mano che affonda nei riccioli di Sherlock.
“Vi amo. È incredibile.” sussurra piano, socchiudendo gli occhi. “Vi amo.”
Sta dannatamente bene. E spera davvero che duri per sempre.

!sherlockbang, !fanfiction, personaggio: sherlock holmes, fandom: sherlock bbc, 2012, personaggio: sarah sawyer, personaggio: john watson, nc17

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