Fic: I Giorni del Ricordo

Aug 10, 2007 22:24

One Shot che posto qui in contemporanea con EFP.
L'ho scritta parecchio tempo fa, ma ha avuto bisogno di molte revisioni. Comunque non contiene spoiler del settimo libro.

Fandom: HP
Rating: Tra R e Nc-17, direi
Personaggi: Remus/Sirius
Avvisi: Slash, Lemon, Citazione non autorizzata da Dante
Disclaimer: Personaggi e situazioni sono proprietà di JKR. Solo la trama è mia.
Riassunto: Alla fine del quarto libro, Silente manda Sirius a nascondersi per qualche tempo da Remus. Ma Remus è stato consultato in merito?

Un Assaggio: "Eppure non riesco a togliermi dalla mente... Ci sono cose, nel nostro passato, che non ho mai saputo definire. Per dodici anni non mi ha sfiorato nemmeno l'idea di cercare una definizione, perché era inutile. Invece da quando Sirius è evaso, ne sono ossessionato, e ancora di più da quando ho scoperto che è innocente. E qui dovrei ringraziare Merlino che nemmeno nelle migliori condizioni Sirius sia mai stato capace di praticare la Legimanzia."

E quella a Me: "Nessun maggior dolore
Che ricordarsi del tempo felice
nella miseria; e ciò sa 'l tuo dottore."

Inferno, V, 121-123

I Giorni del Ricordo

"... Ho pensato quindi che sarebbe la soluzione migliore per tutti se tu lo ospitassi per qualche tempo. Non credo avrete problemi ad adattarvi alla reciproca compagnia, e onestamente, Remus, penso che la sua presenza metterebbe a disagio chiunque tranne che te. So che ti sto chiedendo (un'altra volta) di cambiare radicalmente le tue abitudini, ma sono anche perfettamente consapevole che lo farai volentieri per un vecchio amico.

Inviami pure una risposta tramite lo stesso gufo.

Albus Silente"

Giorno Primo

Continuo a pensare che non sia stata una buona idea. Quando mi è arrivato il gufo di Silente, la settimana scorsa, ho avuto il sospetto che sarebbe stato difficile eseguire il suo ordine, o meglio, obbedire alla sua cortese richiesta quasi casuale. Ma so perfettamente da anni esattamente quanto sia inutile rispondere a Silente con un no, e preferirei evitare di sprecare tempo a spiegarmi, in questo caso. Non può essere così terribile, in fondo. Questo è quello che mi ripeto da giorni, ma non ho ancora capito perché, non mi riesce di convincermi.

Sirius è arrivato subito dopo pranzo. Lo attendevo per la mattinata, in realtà, ma quando l'ho sentito battere alla porta, ho realizzato che avrei dovuto aspettarmelo, da lui. Mai che sia stato puntuale.

E' arrivato, comunque, è entrato in casa è si è messo subito a suo agio. Sì, certo. Seduto sulla punta della mia vecchia poltrona preferita, teso e all'erta come un cane in caccia. Mi ci è voluta quasi mezz'ora per convincerlo che nessun Dissennatore lo aveva seguito fin lì, e che nessuna squadra di Auror sarebbe improvvisamente comparsa per arrestarci.
Temeva, questa è bella, di avermi messo in pericolo.
Gli ho ricordato che se qualcuno lo avesse seguito me ne sarei senza dubbio accorto. Mancano tre giorni alla Luna Piena, e a questo punto del mese posso fiutare la presenza di uno sconosciuto a un miglio di distanza. Non è difficile, visto che abito a tre miglia almeno dal più vicino centro cittadino, e qui intorno raramente passa qualcuno.
Lui mi ha guardato come se stessi facendogli chissà quale rivelazione.

E' solo in quel momento che ho compreso davvero perché avrei dovuto rispondere "no, grazie" quando Silente mi ha chiesto di ospitarlo.

Lui non se lo ricorda.

Anche questo, ho realizzato dopo, dovevo aspettarmelo. Ci ha provato in tutti i modi, quando eravamo ancora a scuola, a cogliermi di sorpresa. Quando ha capito che non si trattava di quanto rumore faceva quando mi pedinava, ha tentato decine di altre strade. Profumi, incantesimi, pozioni, tutto quello che la sua mente malandrina è riuscita a escogitare. Si divertiva come un matto, soprattutto da quando ho cominciato a prendere gusto anch'io al gioco, e ad aspettare che mi arrivasse alle spalle, già sul punto di gridare, per salutarlo come se niente fosse.
E' un gioco che ha portato avanti per più di sette anni, e posso assicurare che Sirius è uno che si è sempre annoiato facilmente delle cose.
E' un bel ricordo. Un pensiero felice, e Azkaban lo ha rimosso dalla sua mente.

Solo quando mi sono reso conto di questo piccolo e apparentemente insignificante particolare ho realizzato davvero quanto sarà difficile abitare nella stessa casa con Sirius.

Ci giurerei, Silente lo ha fatto apposta.
Vuole che Sirius recuperi i suoi ricordi, le memorie di quello che eravamo, e ovviamente sa che l'unica persona che può aiutarlo sono io.
Peccato che la maggior parte siano cose di cui non parlo affatto volentieri. Potrei parlarne con Harry, forse, se lui me lo chiedesse. Avrei la facoltà di scegliere cosa raccontare, e potrei prendermi la licenza di dire qualche piccola bugia, o di omettere qualcosa. Ma con Sirius? Lui c'era.

La verità è che certe cose proprio non ho intenzione di tirarle fuori. Già mi dà fastidio parlare del passato, figurarsi poi andare a scavare nei momenti più felici della mia vita. Non è che mi secchi particolarmente ricordare, ma parlare ad alta voce rende tutto più reale, e meno vividi sono i ricordi, meno male fanno; meno mi pesa aver perso tutto.

Nonostante questo, non sono assolutamente riuscito a impedirmi di essere dispiaciuto per l'espressione triste sul viso di Sirius quando si è reso conto di non ricordarsi di quel vecchio gioco. Un conto è non voler vivere nel passato, un conto è avere davanti Sirius e negargli questo piccolo aiuto, e negarmi di vederlo sorridere.

Così gli ho raccontato del gioco. Ho tirato fuori dalla loro scatola mentale un po' di episodi particolarmente buffi o divertenti, e mentre parlavo sono successe due piccole magie: la prima è che mi è venuto da sorridere ripensando a come eravamo sciocchi, e la seconda che Sirius si è rilassato abbastanza da lasciarsi convincere a mangiare qualcosa, e Merlino sa che ne ha bisogno.

E' finita che abbiamo passato quasi tutto il giorno a chiacchierare. In realtà, è stato molto meno spiacevole di quello che pensavo. Per cominciare, mi ha spiegato Sirius, i ricordi non sono del tutto spariti dalla sua mente. E' come se fossero chiusi in vecchi bauli, e se lui non potesse aprirli da solo, senza una chiave. Ha sempre avuto orecchio per le metafore. Continuando su questa linea, è chiaro che io posso dargli parecchie chiavi con i miei racconti.
In ogni caso, man mano che raccontavo, la conversazione da un monologo mio che era ha cominciato a diventare un dialogo. Un dialogo piacevole tra due vecchi amici che non si vedono da anni. Davvero, non è stato brutto. Abbiamo riso, e ci siamo anche un po' commossi ricordando qualche bravata che aveva escogitato Prongs. Siamo arrivati a sera senza farci eccessivamente del male.

Ma sono ancora preoccupato. So che questa era la parte facile, e nella soffitta ci sono altri bauli.

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Giorno Secondo

Va bene. Non sono mai stato particolarmente bravo a mentire, soprattutto a me stesso.
Se il problema fosse rivivere vecchi ricordi piacevoli insieme a Padfoot, non avrei ragione di avercela con Silente per averlo mandato qui.
Chiaramente non è questo il problema. E' una difficoltà, forse, perché mi sono abituato a tenermi i miei ricordi per me e a tirarli fuori solo quando sono disposto a sentirne tutta la nostalgia; ma non mi secca condividerli con Sirius, davvero.
Il problema è che lui ricorda la maggior parte degli avvenimenti salienti della sua vita. Gli sfuggono i momenti di felicità, ma ha chiaro quasi sempre il contesto. E, ovviamente, visto che ieri sono stato così ben disposto a raccontare, adesso mi tempesta di domande. Cerca di riempire i buchi nella sua mente con le mie risposte. Finora, devo ammetterlo, è stato piuttosto attento a rimanere sul superficiale. A colazione abbiamo parlato dei vecchi professori di scuola, in mattinata abbiamo sofferto un po' di più, perché abbiamo discusso di Harry, di com'era nel primo anno in cui lo abbiamo conosciuto. Per l'ora di pranzo siamo ritornati agli scherzi e alle vecchie lezioni. Per ora nulla di preoccupante.

Eppure non riesco a togliermi dalla mente... Ci sono cose, nel nostro passato, che non ho mai saputo definire. Per dodici anni non mi ha sfiorato nemmeno l'idea di cercare una definizione, perché era inutile. Invece da quando Sirius è evaso, ne sono ossessionato, e ancora di più da quando ho scoperto che è innocente. E qui dovrei ringraziare Merlino che nemmeno nelle migliori condizioni Sirius sia mai stato capace di praticare la Legimanzia.

Così, è più o meno da quando ho letto la lettera di Silente che mi chiedo se sia o meno il caso di parlarne con Padfoot.
Propendo decisamente per il no.

Perché, non avendone mai parlato allora, non ho la più pallida idea se lui se ne ricordi o meno.
Se lui non ricorda, non voglio di certo essere io a tirare fuori l'argomento. Primo, perché sarebbe oltremodo imbarazzante, e secondo, perché assolutamente non saprei cosa dirgli.
Eppure, devo ammettere, sono letteralmente terrorizzato all'idea che se lo ricordi. Perché significherebbe che non era bello, o abbastanza importante da perdersi nel buio di Azkaban; perché vorrebbe dire che non avevo davvero capito nulla; e peggio ancora, perché non potrei più prendere in considerazione l'idea di riportare le cose come erano prima.

Ad ogni modo, anche volendone parlare, è ancora troppo presto.

E' bastata una giornata di convivenza per ritrovare familiarità nel passare il tempo insieme. Be', questo con Sirius è sempre stato facile. Non è esattamente una persona timida e riservata, e basti pensare che gli ci sono volute nemmeno ventiquattro ore per ricominciare a lasciare aperta la porta quando va in bagno. Mi verrebbe da dirgli che non siamo più dei ragazzini, ma onestamente mi piace questo Padfoot sporadicamente così simile a quello della scuola, a cui sembrava un delitto interrompere una bella conversazione solo perché aveva bisogno di fare pipì.
Quindi parliamo attraverso la porta del bagno. E mi viene da ridere all'idea.

A parte le preoccupazioni, sto bene, davvero. E' come avere di nuovo sedici anni, ma non è affatto una sensazione sgradevole per questo.

Oggi pomeriggio abbiamo dato tregua alle chiacchiere. Ce ne siamo stati quasi del tutto in silenzio. Un silenzio molto piacevole, in realtà, come quello di certe serate particolarmente tranquille in Sala Comune, o, più raramente, in dormitorio.
Io ho terminato le lettere per i membri del vecchio Ordine della Fenice. Avevo già avvisato tutti quando Sirius mi aveva trasmesso gli ordini di Silente, ma ho preferito mandare a ciascuno una lettera cifrata che chiarisse la situazione. Sono certo che tutti loro hanno ancora la chiave, e anche che se il Ministero non aveva decifrato il nostro codice durante la guerra, non si è certo preoccupato di farlo in questi anni di pace.
Sirius per un po' ha sbirciato da sopra la mia spalla. Ricordava vagamente il codice, e si è divertito a cercare di tradurlo man mano che scrivevo. Credo fosse sollevato del fatto che questa particolare memoria non gli fosse stata strappata da Azkaban, ma solo da anni di mancanza di esercizio.
Comunque, si è stancato abbastanza in fretta, e si è seduto scompostamente sul mio divano, prendendo in prestito un libro giallo babbano dalla mia libreria.
Si è immerso nella lettura, e io mi sono ritrovato ad osservarlo tra una lettera e l'altra.

E' cambiato tantissimo, ma mi sembra il minimo. Difficilmente adesso sedurrebbe le ragazzine della scuola solo col suo modo peculiare di stare seduto o di camminare, ma questo, vista la sua età attuale, non è necessariamente un male.
E' dimagrito. Già era magro quando eravamo ragazzi, ma adesso è proprio pelle e ossa. Be', parlo io...
E' nervoso e ha il volto segnato. Questa è la cosa che mi fa più impressione, di lui. Non è solo scavato per la malnutrizione di questi anni, è non è nemmeno invecchiato precocemente come quello strano Remus Lupin che mi guarda ogni mattina dallo specchio. Ha il viso di uno che dopo aver visto la morte in faccia, ha visto qualcosa di peggio.
Non ti aspetteresti mai di veder sorridere un viso così, ma lui lo fa. Sorride ogni volta che alza gli occhi per chiedermi il significato di un termine babbano, esattamente come faceva anni fa, e ridacchia quando non so spiegargli esattamente che significa "lidocaina" o "paramedico".
Devo ancora capire come facciano a piacergli tanto quei libri, se senza di me in versione vocabolario parlante non riesce nemmeno a leggerli.

E' bello averlo attorno, comunque. E che io possa diventare un Serpeverde se Silente non sapeva esattamente questo quando mi ha chiesto di farlo venire qui.
Che mi sarei riabituato a lui, e che questo mi avrebbe fatto abbassare la guardia tanto da ricordare.

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Giorno Terzo

Stanotte ho scoperto una cosa preoccupante.
Mi sono alzato per andare a bere. Mi capita sempre nella notte che precede la Luna piena di svegliarmi diverse volte, inquieto, nervoso, sulle spine. Un po' come se il giorno dopo dovessi andare dal dentista, solo molto più doloroso.

Sirius dorme nella sala, sul divano trasfigurato in un letto. Dovevo passargli vicino per arrivare in cucina, e ho buttato uno sguardo per vedere se riposava bene. Avrei dovuto dedurlo dal fatto che non russasse.

Se ne stava appallottolato sotto le coperte, rannicchiato su se stesso con le braccia attorno alle ginocchia, gli occhi sbarrati. Fissava le braci nel camino, immobile, tranne per il fatto che tremava dalla testa ai piedi. Non sembrava aver notato la mia presenza nella stanza.

E' terrorizzato, ho pensato, ma non avevo idea di cosa potesse fare un effetto del genere, proprio a lui che non aveva mai avuto paura di nulla.

L'ho chiamato piano, e lui ci ha messo qualche secondo prima di riuscire a guardarmi. Non ha detto una parola, ma sono convinto che il suo sguardo mi stesse chiedendo aiuto.

Mi spaventa che non riesca a dormire. Ha un enorme bisogno di riposo, sia per smaltire quello che ha passato, sia per essere pronto per quello che verrà.

Gli ho posato una mano sulla spalla, e la sua pelle era gelata, anche se la stanza era piuttosto calda, e lui comunque sudava.

Così l'ho fatto alzare da quel letto improvvisato, e l'ho portato a dormire nella mia stanza. L'ho messo a letto come si farebbe con un bambino, gli ho persino rimboccato le coperte, anche se ci ho scherzato sopra per sdrammatizzare, e mi sono seduto di fianco a lui, aspettando che si addormentasse. Ci sono volute almeno due ore perché prendesse sonno, ma alla fine mi sono messo ad accarezzargli i capelli come facevo qualche volta da ragazzo, e ha finalmente ceduto.

Sono rimasto sveglio a guardarlo. Mi sono chiesto quanto sia terribile Azkaban per fare questo a uno come lui, per impedirgli dopo un anno di dormire, per lasciarlo tremare per ore al buio.
La risposta che mi sono dato non mi è piaciuta per nulla.

Per la prima volta ho pensato che forse Silente sapeva quello che faceva quando l'ha mandato qui.

Questa mattina ho avuto il privilegio di vedere Sirius imbarazzato. Mi ha chiesto scusa per il suo comportamento della notte. Gli ho detto che non è colpa sua, e che non mi è seccato. Anzi, mi ha fatto piacere in qualche modo, poter fare qualcosa per aiutarlo. Questo però non l'ho detto con lui.

Non gli ho taciuto questa parte per vigliaccheria. Speravo solo di poter smettere di parlare della notte. Onestamente, questa mattina, mi è sembrato tutto sinistramente simile ad alcune notti di tantissimi anni fa. Ad un'abitudine che avevamo preso a scuola, e che poi col tempo si è trasformata... in altro.

Non sono pronto ad affrontare con lui l'argomento del dormire insieme. Continuo a non sapere se se lo ricordi, e in quale accezione dell'espressione se lo ricordi, nel caso.

E sì, ce n'è più d'una, perché anni fa andavamo a letto insieme, io e lui. Non è esattamente qualcosa che io possa dimenticare facilmente, perché per me era estremamente importante, all'epoca. Sarebbe stupido negare che lo sia ancora. Ma è esattamente questo il problema.
Non ho mai saputo se lo era per lui.
E lui non ha idea se lo fosse per me.

Non ne abbiamo mai, mai parlato.
E' iniziata in maniera quasi giocosa, l'ultimo anno a scuola, ed è proseguita fino quasi alla morte di James e Lily. Fino ad una settimana prima. Quando ci penso la definisco una specie di storia, ma non ho la più pallida idea di come la chiamasse lui.
Non lo sapeva nessuno. Neppure James, e questo mi fa pensare che non fosse una cosa di tale importanza che lui la raccontasse al suo migliore amico.
All'inizio erano solo sporadici episodi. Erano iniziati a seguito di mesi, anni forse, di punzecchiature e atteggiamenti ambigui, da ambo le parti. C'era stato qualche bacio scherzoso, e poi qualche notte in cui eravamo andati un po' oltre.
Non era nulla di esclusivo, entrambi vedevamo altre persone, e non c'era gelosia, probabilmente perché tornavamo sempre a breve l'uno dall'altro.
Poi era diventato qualcosa di più serio, in qualche modo, più o meno nel periodo in cui avevo coniato l'espressione "una specie di storia". L'avevo usata un paio di volte per rifiutare qualcuno, ma mai davanti a Sirius.
So che lui faceva lo stesso. Lo so per certo. Sono un lupo mannaro, in fondo, e dubito fortemente che non mi sarei accorto se mi fosse passato vicino con addosso un altro odore.
Ma nemmeno allora ne abbiamo parlato.

E adesso vorrei che lo avessimo fatto, perché così non ho la più vaga idea di come comportarmi a questo riguardo.

Comunque, passato l'imbarazzo, abbiamo trascorso la giornata a parlare delle notti di Luna piena, come le vivevamo al tempo della scuola. Abbiamo parlato di Prongs, e l'ho visto incupirsi, e poi abbiamo affrontato anche Il Grande Discorso.
Abbiamo parlato della guerra, della sfiducia reciproca, della morte di James e di Lily.

E' stato un discorso difficilissimo, ma almeno ha ricordato quasi tutto senza bisogno del mio aiuto. Non vorrei per nessun motivo al mondo doverlo aiutare a ripercorrere l'ultima settimana prima della fine.

Mi ha chiesto di perdonarlo, più volte. So che gli pesa molto non essersi fidato di me. E mi sono accorto che non ha cercato minimamente di nascondersi dietro Prongs, nel parlare di come si sono convinti che io fossi la spia. Tipico di Sirius. Egocentrico anche e soprattutto nel prendersi la colpa di tutto. E io so, invece, che era James che non riusciva a fidarsi di me, come so anche che mi voleva così bene da dirmelo chiaramente, in faccia, piangendo. Col rischio che riferissi tutto, se fossi stato davvero la spia. Perché Prongs era onesto fino all'osso con quelli che amava. E anche se Peter lo aveva convinto che io fossi un Mangiamorte, rientravo comunque nella categoria.

E' stata una conversazione snervante e liberatoria. Abbiamo pianto entrambi, e ci siamo perdonati a vicenda senza riserve, perché siamo colpevoli in egual misura. Ci siamo abbracciati a lungo, perché siamo rimasti solo noi, e perché ci siamo sempre abbracciati in passato per farci sentire meglio, e anche questo è rimasto come era.

Gli ho dato un bacio sulla fronte mentre piangeva, e non sono riuscito a smettere di pensare che se le cose fossero state come un tempo, glielo avrei dato sulla bocca. Ma è ancora troppo presto per questo.

Mi chiedo se Silente sapesse anche della nostra "specie di storia" quando l'ha mandato da me.

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Giorno Quarto

Non so descrivere come sia stata la Luna piena, questa volta. Non mi ricordavo davvero che potesse essere così bella. Con Padfoot.

Ho pochi ricordi vaghi di come vivevo la trasformazione da bambino, prima della scuola. I primi anni ad Hogwarts era dura, e so che la affrontavo pensando a come era bello poi la mattina, quando i miei amici mi venivano a trovare in infermeria e mi viziavano con dolci e risate.

In questi anni, da solo, so che non avevo modo di condividere i momenti della notte con il lupo. Da trasformato, eravamo due entità completamente separate.
Con Padfoot, ho riscoperto la sensazione inebriante di essere tutt'uno con Moony, e mi sono sentito completo. Oh, ragiono come un lupo, sotto la Luna, comunque, ma sono sempre Remus. Mi è mancato il mio branco, ma c'era Padfoot ed era quasi abbastanza. Non mi ricordavo che fosse così liberatorio ululare alla Luna.

Mi gioco la bacchetta che questo Silente lo sapeva.

Oggi pomeriggio, quando mi sono svegliato, ho scoperto che Sirius ha dormito nel mio letto. Il che mi va benissimo, ad essere sincero. Non solo perché quando ci siamo alzati, oltre le tre, era riposato come se avesse preso sonno senza problemi, ma anche perché mi piace ancora svegliarmi con il suo odore sul cuscino.
Immagino che prima o poi il discorso che temo lo dovremo affrontare.

-Remus?- l'ho sentito chiamare, più tardi, dal bagno.

Mi ha fatto paura il tono implorante, e così sono entrato, temendo che stesse affogando nella vasca o qualcosa di simile.
Invece era in piedi davanti allo specchio, con addosso il mio accappatoio, e aveva le mani appoggiate al lavello per sostenersi. Tremava. Per terra c'era, abbandonata, una lametta da barba.

-Non riesco a radermi.- mi ha detto senza guardarmi, e mi sono chiesto se si vergognava. Probabilmente sì.

Mi ha chiesto di aiutarlo, e sono sicuro che intendesse chiedermi di fare un semplice incantesimo, come quello che gli avevo fatto il giorno in cui era arrivato. Ma a Sirius non è mai piaciuto usare quel genere di magia, lo so dai tempi della scuola. Preferisce la maniera babbana.

Ammetto di aver abilmente travisato le sue parole. Ho recuperato il rasoio e l'ho fatto sedere sull'angolo della vasca da bagno. Poi gli ho preso il viso tra le mani e l'ho guardato, in silenzio, finché ha smesso di tremare.

-E' un condizionamento di Azkaban.- mi ha spiegato, quando ha ripreso a respirare regolarmente. -Impedisce ai prigionieri di usare qualsiasi tipo di lama. Molti si sarebbero uccisi alla prima occasione, altrimenti.-

Me lo ha detto come se fosse una cosa da nulla, ma mi ha fatto orrore sentirlo.
Gli ho chiesto se sia una cosa permanente. Mi ha risposto con un ghigno storto.

-Non credo. Per quanto sia raro, ogni tanto viene rinchiuso un innocente. Dubito che il Ministero abbia voglia di spiegare all'eventuale famiglia perché il poveretto sia costretto a mangiare la carne con le mani o ad andare in giro come un barbone per tutta la vita.-

Ma non mi è sembrato molto convinto.

Gli ho insaponato il viso, e ho cominciato a passare la lama sulle sue guance, con cautela. Nonostante gli spigoli, il suo volto è morbido al tatto.
Ho continuato in silenzio per un po' la mia opera, con lui che mi guardava a metà stupito, a metà curioso. Non ha una spiegazione semplice il perché io fossi impegnato a giocare al barbiere con lui, in quel momento. Ha troppo a che fare con la sensazione di tenere il suo viso tra le mani.

Temevo una domanda, lo ammetto. Quando ho visto che stava per parlare, mentre sciacquavo il rasoio, l'ho interrotto con la prima cosa che mi è venuta in mente.

-Lo farò io per te, finché non riuscirai a farlo da solo.-

Ho sperato che non suonasse minimamente come mi era sembrato. Non avevo intenzione di fargli una dichiarazione d'amore.

Lui se ne è stato zitto, ed ha aspettato che finissi di raderlo prima di parlare. Non mi ha tolto gli occhi di dosso per tutto il tempo.
Poi ha aggrottato le sopracciglia, in un'espressione di concentrazione.

-Non è la prima volta che mi fai la barba.- ha detto, ma sembrava una domanda.

-No.- ho ammesso. Mi ha guardato speranzoso, e mi sono messo a raccontare.

Al settimo anno, gli era venuta questa assurda mania di scendere le scale lasciandosi scivolare sul corrimano. Aveva visto un'illustrazione di un ragazzo che faceva qualcosa del genere in un libro di Babbanologia, e si era assurdamente convinto, per quanto tutti gli dicessimo che non era così, che i babbani scendessero le scale in quel modo.
E dire babbani davanti a Sirius era come dire miele davanti ad un orso affamato.
Persino Silente lo aveva bonariamente ripreso, una volta che lo aveva colto in flagrante. E lui gli aveva risposto semplicemente che se i ragazzi babbani facevano le scale in quel modo, anche lui lo avrebbe fatto.
Così, quando si era rotto un polso facendo quel gioco stupido, Silente aveva detto sorridente a Madama Chips che se i ragazzi babbani portavano il gesso per tre settimane quando si rompevano i polsi scendendo le scale come dei matti, poteva tranquillamente farlo anche Sirius.
In quel periodo, James usciva con Lily da due settimane. Quindi era toccato a me assisterlo in tutte le piccole cose quotidiane, per la maggior parte. Incluso fargli la barba. Si era rifiutato di farsi fare un incantesimo per quello, all'epoca.
Era molto fiero del suo gesso.

Ha ridacchiato quando gli ho raccontato questa storia.

O parte della storia. La parte sicura.

Se Silente mi manderà un gufo per chiedermi come vadano le cose, penso che gli dirò che va tutto bene.

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Giorno Quinto

Già da ieri sera sospettavo che sarebbe successo qualcosa del genere. Man mano che in questi giorni abbiamo parlato, gli ci è voluto sempre di meno per collegare i ricordi tra loro. Adesso gli basta una piccola spinta per riprendere il filo di moltissime memorie, se riesce a legarle e ad associarle le une alle altre.
Ho realizzato quasi subito che mi sarei fregato da solo raccontandogli del periodo in cui aveva il polso ingessato.
Da un altro punto di vista, è stata un'imbeccata bella e buona.

Questa notte mi ha svegliato.
Credevo di aver aspettato che si addormentasse, prima di chiudere gli occhi, ma probabilmente sono crollato prima io.

Mi ha svegliato chiamandomi piano per nome, e quando ho aperto gli occhi, era steso di lato, appoggiato su di un gomito, e mi guardava. Mi stava persino scuotendo, appena, con la mano sulla mia spalla. Mi sono girato verso di lui, chiedendogli cosa c'era, e la sua mano dalla spalla si è spostata, posandosi sul collo, e lui ha preso a giocherellare con i miei capelli. Era una vita che nessuno lo faceva.

Era nervoso e forse anche imbarazzato. Sapevo benissimo cosa stava per chiedermi. Potevo direttamente dirglielo, ma anche se non mi stavo mordendo il labbro e non stavo arrotolando attorno al dito i capelli di nessuno, non ero certo meno teso di lui, al riguardo.
A giudicare dalla faccia con cui mi guardava, comunque, sperava che lo togliessi dall'imbarazzo. Illuso.

-Remus, tu...- ha cominciato, poi, insicuro. -...Io... Non so se mi ricordo bene, ma...-

Ha tolto la mano dalla mia nuca, ma prima che potesse ritrarsi e lasciar cadere l'argomento, l'ho intercettata. L'ho stretta, ho allacciato le dita alle sue e non gli ho permesso di girarsi e far finta di nulla. Non potevo evitare di parlarne. Si è rilassato e siamo rimasti così, per mano, due adulti stesi vicini e un gesto che facevamo spesso quando avevamo diciassette anni. E' quasi buffo.

-Non mi facevi solo la barba, quando avevo il polso rotto.- ha detto. Cercava una conferma, l'ho capito dal tono della sua voce.

Avrei potuto dirgli tante cose. Che gli lavavo i capelli, ad esempio, o che cercava tutte le mattine di vestirsi da solo e regolarmente mi si presentava davanti con i pantaloni slacciati e la camicia aperta, e dovevo finire di vestirlo cercando di non ridere. Si offendeva se lo prendevo in giro.

Ma non era questo che mi stava chiedendo. La sua domanda riguardava qualcosa di decisamente più intimo e personale.

Ho avuto bisogno di un minuto per raccogliere le idee.

-No.- gli ho risposto, alla fine. -Non solo.-

Ho spalancato la porta alle sue domande. Che sono arrivate puntualmente, come è tipico di Sirius.

-Dormivamo insieme?- mi ha chiesto, ed ho annuito.

-Nel senso più letterale del termine, sì, dormivamo insieme da anni. Se intendi se eravamo amanti... No. Non ancora.-

Mi ha guardato un po' spaesato.

-Mi ricordo...- ha detto, mordendosi il labbro -Mi sono tornate in mente prima. Le tue mani.-

Ho ridacchiato. Lo fa suonare molto più romantico di quello che era. In realtà, eravamo poco più di due ragazzini su di giri. Ma dalla sua faccia, ho intuito che i suoi ricordi in proposito sono vaghi. Ho smesso di prenderlo in giro, e mi sono messo a raccontare invece. E' stato molto meno imbarazzante del previsto.

-All'inizio non era un problema. Ci preoccupavamo di altre cose, come prendere appunti, lavarti i denti e sciocchezze simili. Ma poi... accumulavi tensione, eri diventato nervoso. Non ti si poteva dire nulla, e io dormivo con te. Anche volendo, non potevi riuscire a tenermi nascosto il problema.-

Abbiamo ridacchiato entrambi. A pensarci adesso, è una cosa abbastanza buffa. A diciassette anni era un problema enorme.

-Così ci ho pensato io per te.- ho continuato. -Comunque era qualcosa che era nell'aria già da un po'.-

-Vorrei ricordarmi meglio, Remus.- mi ha detto. Questo mi ha fatto un gran piacere, ad essere sincero. -Sono in debito con te?- ha chiesto poi, sorridendo. Penso che volesse farmi credere che stesse scherzando, ma non ci sono cascato. Voleva sapere dell'altro.

-Tranquillo,- gli ho risposto, -mi hai ampiamente ripagato, dopo.- Tanto vale scherzarci in due.

Si è addormentato poco dopo. Credo che crollasse dal sonno già mentre parlavamo. Ha cercato di farmi dire di più, ma abbiamo tempo per parlare di questo più in dettaglio.
Si è appoggiato a me per dormire, con la testa sulla mia spalla. Non mi ero accorto quanto mi fosse mancato in questi anni dormire così con lui.
L'ho abbracciato, gli ho accarezzato i capelli per un po' e ho cercato di capire da dove possiamo ricominciare.

Una cosa è certa, sono grato a Silente per averlo mandato qui.

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Giorno Sesto

E' successo stasera, poco dopo che abbiamo finito di cenare. Sono due giorni che non parliamo di altro che della nostra passata relazione, era impossibile che non venisse fuori qualcosa.

Quando mi ha chiesto cosa eravamo l'uno per l'altro, non ho saputo cosa rispondergli. Amici? Amanti? Entrambe le cose? Mi è costato ammettere che ero così ingenuo che non mi interessava discuterne, allora. Abbiamo parlato a lungo di questo, e poi lui si è steso sul divano e ha appoggiato la testa sulle mie ginocchia, e io gli ho raccontato moltissime cose. Ho ripercorso gli avvenimenti un po' a caso, perché io per primo avevo bisogno di riordinarli coerentemente nella mia mente. Alcune cose sono rimaste nebulose anche per me.

Gli ho raccontato di come fosse per me andare a letto con lui. Eccitante e trasgressivo, all'inizio soprattutto, e poi, con l'andar del tempo, sempre più facile e naturale, come tornare a casa. Gli ho raccontato di quel periodo in cui non ci riusciva proprio di toglierci il pensiero dalla testa, anche a lezione, durante le partite di Quidditch o nel salone a pranzo. Si è ricordato da solo delle fughe improvvise attraverso il parco fino al limitare della Foresta Proibita, e di quell'angolo riparato dove ci andavamo a nascondere quando sarebbe stato troppo sospetto rintanarci in dormitorio.

Più io racconto, più lui si ricorda. Eppure, e questo è fondamentale, devo ancora imbeccarlo per fargli venire in mente le cose più belle. E se non le ricorda, posso cominciare a pensare davvero che davamo entrambi la stessa importanza a quello che eravamo l'uno per l'altro.

Poi improvvisamente si è messo a sedere, mi ha guardato in maniera strana, e mi ha passato una mano sulla guancia. E si è fermato, incerto su cosa fare.

Così l'ho baciato io. Gli ho preso il mento tra le dita per fargli alzare il volto, e mi sono avvicinato piano, per dargli il tempo di ritrarsi, anche se sospettavo che non lo avrebbe fatto. Ma poi l'ho baciato e basta, come tredici anni fa facevo spesso, appena eravamo da soli.
Mi è tornato in mente che allora, dal momento che parlavamo molto poco di noi, usavamo il modo di darci un bacio per comunicare.
C'era il bacio che significava che avevamo voglia di rintanarci sotto le coperte, e quello che usavamo per esprimere l'affetto che tacevamo a parole.
Il bacio di oggi voleva dire semplicemente "bentornato a casa".

Siamo rimasti così quasi tutto il pomeriggio. Avevo voglia di fare altro, ad essere sincero, perché che lo ammettessi o no, mi è mancato in questi anni. Ma ho preferito lasciargli il tempo di assimilare e riscoprire quello che provava per me. Mi spaventa, ma ancora non so esattamente cosa sia.
Lui ha parlato poco, ha contribuito al discorso con qualche ricordo che man mano gli tornava in mente, però ha continuato a toccarmi, il viso, le spalle, la schiena, il torace, come se dovesse imparare di nuovo la sensazione. L'ho lasciato fare come voleva. Ha sempre avuto il bisogno di contatto fisico, Sirius, fin da ragazzino. E se adesso deve imparare di nuovo cosa significa, va bene. Forse per riportare a galla i suoi ricordi non possono comunque bastare le parole.

Mi si è addormentato addosso sul divano. Mentre dormiva l'ho baciato moltissime volte, sugli occhi chiusi, sulle labbra, sulle guance. Forse ne avevo bisogno anch'io. Non mi ero accorto che non mi bastavano i ricordi di lui, non mi ero accorto di avere bisogno di toccarlo in maniera quasi dolorosa.

Mi sembra di aver vissuto un lunghissimo intervallo di freddezza mentre lui non c'era. Di aver pensato a lui e di averlo ricordato solo col cervello, dimenticandomi tutto il resto, il bisogno, la tenerezza, l'affetto. Cose che mi appartenevano.

Non so, adesso, quanto senso avrebbe avuto continuare così. Forse Silente non l'ha mandato qui per guarire lui, ma per guarire me.

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Giorno Settimo

E finalmente, questa notte abbiamo fatto l'amore.
Buffo, non avevo mai usato prima questa espressione, riferita a noi due. E in effetti, non l'ho usata io per primo, ma Sirius. Probabilmente non sa di non averlo mai detto, con me.
Ma va bene. A vent'anni ne avrei riso, di sicuro, perché mi sentivo piuttosto allergico al romanticismo e a simili fesserie. In fondo mi portavo a letto il mio migliore amico, non era come se avessi una ragazza o cose simili.
Ero un ragazzino sciocco con una gran paura delle parole. Mi consola pensare che lui non era certo da meno. Più espansivo, forse, ma altrettanto imbranato per questo genere di cose.

Comunque ci eravamo addormentati sul divano, ieri sera, dopo un'indigestione di baci e ricordi. Mi sono svegliato nel cuore della notte, e faceva piuttosto freddo nella stanza. Ho svegliato Sirius e me lo sono trascinato dietro, ancora imbambolato dal sonno, fino alla camera.

L'ho praticamente buttato sul letto, e mi sono messo a svestirlo mentre lui protestava. Non avevo strane idee in testa, ma solo un discreto sonno, tuttavia non lo avrei lasciato entrare sotto le coperte con i jeans sporchi di cenere del camino e la sua unica camicia decente. Probabilmente avrebbe potuto benissimo farlo da solo, ma ho fatto finta che non fosse così, perché erano mesi che volevo spogliarlo con le mie mani. Anche se mi ero appisolato, prima, ripromettendomi che avrei fatto le cose con calma.

Non avevo intenzione di andare oltre, davvero.

Finché lui non mi ha guardato negli occhi.

-Voglio fare l'amore con te.- mi ha detto.

Che dovevo fare? Mi sono appoggiato su di lui, l'ho baciato e l'ho definitivamente spogliato. Mi imbarazza alquanto, ma solo quella frase mi ha messo in una condizione d'animo tale che difficilmente sarei riuscito a fermarmi.
Lui era fiducioso e rilassato, come è sempre stato a letto.
Ho cercato di fare le cose con calma. L'ho accarezzato e preparato a lungo, più di quanto fossimo abituati. In parte perché non sapevo quanto si ricordasse di com'era il sesso, e non volevo fargli male, in parte perché pensavo fosse giusto dargli tutto il tempo per tornare indietro se si fosse sentito a disagio. E in parte perché sono ancora un sentimentale, e volevo che fosse speciale.

Non mi ricordavo quanto fosse calda la sua pelle. E nemmeno come fosse sempre stato facile entrare dentro di lui e lasciarmi accogliere. Sirius non ha mai paura e non si irrigidisce. Si è lasciato andare completamente, e gli leggevo in viso tutte le sensazioni che provava, mentre ero dentro di lui, e lui si teneva aggrappato alle mie spalle come se temesse una mia fuga improvvisa.

E onestamente pensavo che i miei ricordi fossero alterati dalla nostalgia, ma il suo volto abbandonato mentre veniva era ancora più dolce e eccitante di come l'ho ricordato in tutti questi anni. Me lo sono impresso nella mente, per non dimenticarlo mai più, per non dimenticarlo di nuovo, e poi basta, non ho più pensato, perché non ne ero capace, e perché mentre venivo tutto quello volevo era percepire solo lui, con ogni senso. Non ho più pensato, e mi sono sentito bene come non mai.

So che ci siamo addormentati ancora nudi e abbracciati. Mi sono chiesto, subito prima di chiudere gli occhi, se potevo decidermi finalmente a dirgli che lo amo.

Riderei volentieri, adesso, ma farei troppa confusione e lui dorme ancora. Mi ha battuto sul tempo, questa mattina.
Si è svegliato mentre tornavo dal bagno, e ha aspettato che mi fossi messo a letto, abbracciandolo di nuovo, per dirmi "Ti amo".

Che faccia tosta. Come se non avesse fatto altro che dirmelo da sempre. Come se ci fossimo mai posti il problema, prima.

-Anch'io ti amo, Sirius.- gli ho risposto prima di potermelo impedire.

Non che non glielo avrei detto, prima o poi. Ma potevo cercare di essere un po' meno prevedibile.

Va bene, ci posso fare ben poco. Non ho intenzione di mettermi a speculare su quanto tempo sia che senza saperlo sono innamorato di lui. Sarebbe sciocco da parte mia spiegargli che sto parlando non solo a lui com'è questa mattina, ma al Sirius quindicenne che mi stampò un bacio sulla bocca per farmi star zitto la sera prima dei G.U.F.O., a quello sedicenne che si infilava nel mio letto, al ragazzo sciocco col gesso al polso che accarezzavo di notte e a Sirius preoccupato e teso durante la guerra, quando gli impedivo di stare sveglio tutta la notte a rimuginare, baciandolo finché entrambi perdevamo la testa.

Penso che adesso aspetterò solo che si svegli di nuovo, lo bacerò e gli ripeterò che lo amo, giusto per recuperare un po' del tempo perduto.

E poi credo che mi alzerò e manderò a Silente un gufo, per ringraziarlo di aver avuto quell'idea di mandarlo a stare da me.

remus/sirius, rating: nc-17, my fic, my otp

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