Titolo: Be mine, little puppy~
Fandom: Inazuma Eleven GO! Chrono Stone
Personaggi: fem!Garshya Wolfein (Garsha), fem!Vanfeny Vamp (Vanya)
Rating: NSFW
Wordcount: 2319
Notes:
1. LESBIANS!
2. sì, sono dei genderswap, di entrambi i personaggi. Beat me.
3. LESBIANS!!
4. scritta originariamente come fanfiction senza secondi fini, ma ho deciso di pubblicarla per il MMOM Italia perché, uhm, sì.
5. LESBIANS!!!
6. spero che Garshya, pardon Garsha [srsly Kyrie] sia abbastanza uke. Per una volta, quel(la) pover* dhampir può avere il suo momento di dominazione sul(la) licantrop*? Pixiv, ti sto guardando malissimo.
7. Did I mention LEBSIANS?
8. worst title ever.
Enjoy!
Sapeva che tutti erano al corrente della sua cotta colossale verso Vanya, capitano del Vamp Time e, stando ai vecchi film soprannaturali, di una razza che tecnicamente avrebbe dovuto odiare (ed in effetti odiava, boriosi, vanitosi e superbi, e Vanya non era da meno). Cercava in ogni modo di nascondere il suo interesse decisamente non platonico, ma ogni volta che si ritrovavano tutte insieme le ragazze dell'una e dell'altra squadra nelle docce comuni, non riusciva a non mascherare il suo sguardo che puntualmente seguiva la linea perfetta delle curve della vampiressa, fino a fissare insistentemente il tuo pube liscio, fatta eccezione per il piercing che spuntava tra le grandi labbra e un centimetro più sopra. Quando distoglieva lo sguardo imbarazzata, e nella maggioranza dei casi colta in pieno, Garsha cercava sempre di alzare la pressione dell'acqua, nascondendo alle sue stesse orecchie le risatine e le frecciatine che ogni volta seguivano le sue occhiate troppo insistenti sul corpo perfetto e innaturale della vampiressa.
Che Garsha fosse lesbica, non era una novità o un segreto. Si era ritrovata tra i Second Stage Children appena uscita da una relazione turbolenta nel suo vecchio clan: le notizie su come lei e la sua vecchia fiamma si fossero lasciate tra graffi e morsi si erano diffuse a macchia d'olio nel giro di due settimane appena, tant'è che le prime domande che gli altri le rivolsero furono tutte sullo stesso argomento, «Quelle cicatrici le avevi già o te le ha fatte lei?». Perlomeno poté dire con orgoglio che era stata soprattutto la sua ex ad uscirne sfregiata, mentre lei portava solo i segni dell'iniziazione alla sua vita di licantropa tra suoi simili. Era altrettanto noto quanto frequentemente un ragazzo seguiva Vanya fin dentro la sua stanza, con il rumore della serratura chiusa a chiave e brevi e intensi gemiti che ne seguivano. La vampiressa non aveva mai nascosto la sua intensa fame di sesso, oltre che di sangue, ma mentre dell'ultimo era riuscita a limitarsi fortemente, fino ad arrivare a nutrirsi di sangue sintetico piuttosto che umano, del primo davvero non poteva farne a meno. Alcuni avevano assicurato Garsha che in realtà per Vanya non faceva alcuna differenza se tra le gambe qualcuno avesse un pene penzolante o una vagina o entrambi; inutile dire che riteneva tutto ciò solo un malriuscito tentativo di darle un po' di speranza. Se fosse stata uomo, pensava, probabilmente sarebbe la sua prima scelta, ma quelle braccia e gambe muscolose e grosse, quasi tozze quando si sedeva, e la sua ostinazione a non depilarsi l'inguine come un uomo la rendevano molto meno appetibile ai gusti raffinati di Vanya. Se proprio doveva puntare su qualcosa di femminile, avrebbe volentieri chiesto un seno meno ingombrante e che non finisse sempre tra i piedi in qualunque cosa facesse, sballottando di qua e di là anche con il reggiseno sportivo migliore. Non credeva di avere molte possibilità di successo con lei, anche se era da quando di erano conosciute due anni prima che le andava dietro.
L'unico momento in cui si concedeva libertà assoluta era nella sua stanza, prima di dormire. Non era un chiodo fisso nella sua testa, nonostante si distraesse spesso durante gli allenamenti fissando i suoi glutei tondi e morbidi che facevano venir voglia di afferrarli e stringerli fino a lasciare dei segni simili a schiaffi, ma almeno prima di mettersi sotto le coperte poteva dare sfogo alla sua frustrazione sessuale. Si spogliava del tutto, per una volta orgogliosa della sua forma fisica, si sdraiava sul letto e chiudeva gli occhi. Aveva un'immagine ben chiara su come Vanya potesse essere bella una volta tolti tutti i suoi vestiti neri e barocchi, solo la sua pelle liscia e candida, i suoi occhi azzurri con una corona sul bordo dell'iride che pareva oro fuso e i suoi lunghi capelli argentei, fluenti lungo la schiena fatta eccezione per due ciocche alle tempie che s'intrecciavano dietro la sua nuca. Passava le dita lungo la pancia asciutta, fino ad affondarle nella sua vulva, sfiorando appena il clitoride, prima di toccarsi disegnando piccoli cerchi coi polpastrelli, insistendo ogni volta un po' di più. Un calore familiare la pervadeva, arrossendo il suo volto e spingendola a respirare più a fondo mentre si masturbava più forte, facendo scendere i suoi polpastrelli fino alla vagina.
Ogni volta che si penetrava con le dita le sembrava di perdere un po' di timidezza e prendeva ad ansimare, dolcemente, mentre una falange lavorava e allargava per far posto a tutto il dito fino alla nocca. Non le era mai piaciuto andare veloce, preferiva perdere il controllo poco a poco, muovendo lentamente il polso per far muovere a sua volta il dito dentro e fuori, fino a fare spazio a un altro dito che scivolava con un po' di difficoltà dentro di lei. L'altra mano continuava ad accarezzare il suo pube mentre spingeva le dita più a fondo che poteva, tastando il suo caldo e umido punto debole. Era allora che perdeva il controllo anche sulla sua voce e mugolava e chiamava in lunghi gemiti l'altra, fino ad arrivare all'orgasmo con un ultimo trattenuto richiamo.
Era sempre così, quasi ogni notte, quasi un rituale sacro a cui non poteva sottrarsi. Immaginava come sarebbe stato eccitante poter sentire le dita di Vanya invece delle sue stringersi ai suoi fianchi e poi penetrarla lascivamente, passarsi l'un l'altra la lingua tra le gambe o anche solo baciarsi nude e sfiorarsi i seni. Lo immaginò anche la notte in cui, poco prima di raggiungere lo zenit, una voce familiare la raggelò sul posto
«Pensavo ne usassi più di due, sinceramente. Sono un po' delusa, mi aspettavo almeno tre dita, vista la tua ''esperienza''».
Garsha spalancò gli occhi e guardò tra le sue gamba aperte, la mano ancora sui genitali. Vanya era appoggiata sul muro, braccia e gambe conserte, che fissava con interesse il suo intenso lavoro manuale.
«Q-quando sei entrata?!» sbottò la licantropa, togliendo subito le dita e mettendosi a sedere, tirando avanti il cuscino che fino ad allora aveva sostenuto la sua testa.
«Più o meno quando hai cominciato a strofinare il tuo inesistente imene, credo» rispose calma la vampiressa. «Devo dire però che sembri saper usare quelle dita meglio di molti ragazzi che ho frequentato... è stato un bello spettacolo» disse, sorridendo appena e mostrando le sottili zanne.
«Esci dalla mia camera, pervertita! Ora!».
«Eppure fino ad ora hai solo pregato di avermi con te».
«Chissenefrega, una persona normale non spia la gente mentre si tocca!».
«E una persona normale di solito chiude la porta a chiave quando vuole toccarsi» controbatté l'altra, facendo un passo avanti. «Tranquilla, ho bloccato la porta con una sedia mentre cominciavi a... come dire... arrivare al punto» aggiunse, camminando fino al bordo del letto e poggiando le mani sul lenzuolo un po' sfatto. Garsha buttò appena lo sguardo alla sua sinistra, intravedendo effettivamente la sua sedia bloccata sotto il pomello, coprendo strategicamente anche il buco della serratura. Rivolse subito lo sguardo verso Vanya, nel frattempo avvicinatasi di più sporgendo il petto: poteva vedere il solco tra le sue tette tonde ma non molto grandi, forse una terza scarsa, al di sotto del margine di pizzo della sua camicia. Non riusciva a distogliere lo sguardo e a malapena balbettò «È la prima volta che mi spii?».
«Sì, anche se preferisci non credermi» rispose la vampiressa, sporgendo un altro poco e costringendo la licantropa a piegare appena all'indietro la schiena. «Non è la prima volta che ti sento gemere, ma è la prima volta che ti sento così da vicino...» continuò, ghignando di nuovo. «Prima non capivo bene cosa sussurravi tra queste quattro mura, ma adesso so molto bene quello che vuoi».
«Pervertita».
«Suvvia, Gar, lo sai che ho un forte interesse verso queste cose...».
«Sono cose mie!».
«Non è quello che hai bisbigliato prima mentre ti strizzavi i capezzoli. E mi stai fissando le tette da due minuti, ''pervertita''».
Garsha riuscì ad abbassare di più lo sguardo, avvampando di vergogna, e finalmente notò le unghie, di solito lunghe, curate e smaltate, ora senza smalto, corte e limate. Non era mai stata un'appassionata di unghie lunghe, visto che preferiva non avere degli artigli dentro di sé, ma aveva sempre trovato le dita di Vanya ancora più affusolate e sottili di quanto non fossero grazie alle unghie smaltate di bianco perla. Vederle così corte e col il loro colore naturale era una piccola tragedia, anche se significava che poteva davvero sentirle lungo il suo canale.
Il suo sguardo seguì attentamente le mani che si alzarono e sbottonarono lentamente la camicia, mostrando il suo reggiseno di pizzo e il suo fisico sottile, poi le mani scesero alla gonna e tirarono giù la zip e l'intero indumento, mostrando le magre gambe coperte dalle calze autoreggenti e le mutandine nere di seta. Si tolse le ballerine opache, salì sul letto e s'inginocchiò tra le sue gambe ancora piegate e aperte.
«Allora, Gar, hai detto che vuoi sentire le mie dita, vero?».
La licantropa annuì e spostò il cuscino di nuovo dietro la sua schiena, scoprendo stavolta consapevolmente il suo intimo di fronte agli occhi lussuriosi dell'altra. Il tocco freddo e lento fu quasi una sorpresa per lei, ansimò e cominciò a trattenere il respiro quando le dita di Vanya passarono sul suo pube come se stesse accarezzando dei capelli. Riuscì a respirare di nuovo solo quando sentì le labbra tiepide contro le sue premere dolcemente e distendersi con un breve schiocco.
«Rilassati, Gar, non sei una verginella... e non ti succhierò il sangue, non oggi almeno».
«... non ho paura di voi succhiasangue» rispose Garsha, guardando altrove per nascondere l'evidente bugia.
«Preferisci che ti succhi e lecchi qualcos'altro, vero?». Le sue dita fredde entrarono senza difficoltà nella vagina già dilatata, un dito seguito subito da un altro, col pollice che girava attorno al clitoride duro. Vanya rise appena e disse «È un po' grosso il tuo bottoncino, vero Gar?».
«Sii seria, dannazione, e non chiamarmi Gar!».
«Perché no? Non è quello che fanno le amanti, fare sesso e darsi nomignoli?».
Garsha si morse un labbro: voleva sprofondare sotto dieci centimetri di humus perché non poteva negare ancora per molto quanto le piacesse come pronunciava il suo nome con quella r lievemente moscia, anche se si trattava solo di un diminutivo. Vanya la baciò di nuovo sulle labbra, facendola smettere di mordersele, introducendo lentamente un terzo dito. «Distenditi, su» le disse con tono affabile, spingendole le spalle con la mano libera, mentre anulare, medio e indice si facevano strada dentro il corpo di Garsha e il pollice palpava ostinato la piccola protuberanza appena sopra. Si sentì il peso del suo stesso corpo sprofondare nel materasso assieme al lieve ma pur da considerare peso di Vanya, la quale le stava anche accarezzando il grosso seno, baciandolo e leccandolo attorno ai capezzoli e nello stretto incavo tra le due coppe, a volte salendo fino al collo, a volte scendendo con la lingua fino all'ombelico, senza un vero schema, finché non uscì le dita umide e se le leccò in modo lascivo prima di scendeve col capo e leccare anche i suoi genitali.
Dovette chiudere gli occhi e mettersi una mano sulla bocca per trattenere i suoi gemiti. Le sembrava assurdo come fosse riuscita a spegnere buona parte della sua eccitazione e ora facesse del suo meglio per risvegliare i suoi sensi - riuscendoci in pieno. Non sapeva da quanto Vanya avesse pianificato tutto quello, quando l'avesse sentita gemere il suo nome per la prima volta, se l'avesse mai spiata dal buco della serratura. Pensò all'improvviso che forse, solo forse, lei si fosse masturbata pensando a lei che si masturbava, e l'idea la eccitava tanto quanto la disturbava. Senza contare che tutti quei deficienti avevano avuto ragione nel rassicurarla che a Vanya importasse poco del suo genere e si era fatta una marea di seghe mentali per niente. Sentire la sua testa tra le gambe era quasi rassicurante.
L'orgasmo di Garsha fu lungo, intenso e copioso. Vanya alzò il capo solo quando l'altra smise di venire e poté leccare via tutto, ostentando l'ennesimo sorrisetto coi lunghi canini in mostra. Si adagiò su di lei, usando il suo grosso seno come piano d'appoggio per le sue braccia.
«Allora, era come te lo immaginavi?» le chiese. Garsha riprese fiato, sebbene facesse fatica a non pensare al tocco della seta sulle sue cosce.
«Onestamente... me l'aspettavo un po' diverso» ammise.
«Come, esattamente?».
«Non con tu che mi spiavi, innanzitutto». Vanya rise appena e appoggiò il mento sulle braccia. Garsha continuò «E poi speravo di vederti nuda. Insomma, già ti vedo nuda alle docce, ma essere nudi a letto è diverso». Le cinse la vita e non riuscì a trattenersi dal toccare il suo sedere tondo, provocando un'altra breve risata dell'altra prima che si sporgesse e la baciasse sulle labbra appena dischiuse. L'altra mugolò appena, aprendo le labbra e uscendo la punta della lingua, baciandola più spavaldamente.
Sentì il fruscio delle mutande che si abbassavo fino alle caviglie e del reggiseno slacciato. «Hai detto di volermi nuda, giusto?» chiese Vanya, sebbene la risposta fosse nota ad entrambe le ragazze, e la abbracciò stringendo il suo seno contro il suo. «Magari anche con le tue mani nella mia fica... hai detto così prima, giusto?».
«... hai sentito tutto, vero?».
«Ogni cosa, Gar. Ogni singola fantasia che ti è passata in testa» rispose, alzando il suo petto e distendendosi al suo fianco. «Ho fatto cose decisamente più spinte di un ditalino, ma da qualche parte dobbiamo pur cominciare...» concluse, e aprì le gambe, sorridendo ancora ma una parte della malizia parve sparire dal suo volto, ora solo pieno di anticipazione.
I versi scabrosi che emise la vampiressa ogni volta che inarcava la schiena e accoglieva sempre di più le dita della licantropa o strofinava più decisa il suo inguine contro il suo, strisciando le piccole sfere del piercing tra le sua grandi labbra, riempirono le rinnovate fantasie di Garsha nelle notti in cui continuò a soddisfarsi. Le notti in cui Vanya non tornava sul suo letto a soddisfarla personalmente, almeno. Con la porta chiusa a chiave, però, non voleva ripetere l'imbarazzo della prima volta.