{Daemon x Giotto Fanfic} 21 grammi - Il peso dell'anima + OST

Dec 15, 2010 21:28

Titolo: 21 grammi - Il peso dell’anima.
Rating: PG 
Pairing: Daemon Spade x Giotto
Beta-reader: funghettonero 
Note&Avvertenze: Pre-tradimento di Spade, Angst, Malinconico, Shounen-ai.




«Quante vite viviamo? Quante volte si muore? Si dice che nel preciso istante della morte tutti perdiamo 21 grammi di peso. Nessuno escluso. Ma quanto c'è in 21 grammi? Quanto va perduto? Quando li perdiamo quei 21 grammi? Quanto se ne va con loro? Quanto si guadagna? Quanto... sì... guadagna? 21 grammi, il peso di cinque nichelini uno sull'altro. Il peso di un colibrì, di una barretta di cioccolato. Quanto valgono 21 grammi? .»

All’incitamento di G. e di altri due suoi uomini, Giotto sollevò per l’ennesima volta il gomito, portandosi il bicchiere alle labbra e lasciando scorrere l’alcool giù per la gola per poi infine appoggiarsi con nonchalance al tavolo, senza degnare di uno sguardo i presenti - uno a parte.

Scorgere il sorriso di Daemon Spade seppur nascosto dal bicchiere che avvicinava di tanto in tanto alle labbra, fu piuttosto semplice; ringraziò quel poco di lucidità che possedeva e si limitò a lanciargli un’occhiata un po’ corrucciata giusto per fargli intuire che era ancora arrabbiato.

Per capire cos’era successo fra i due bisogna tornare indietro di parecchie ore.

Giotto era appena rincasato da una lunga missione di tre giorni con G. , piuttosto stanco e con diverse lesioni sul corpo che si era procurato durante uno scontro con il Boss della Famiglia Cavallone, con la quale non era in rapporti armoniosi in quel periodo. Non era mai stato il tipo di persona che preferiva trasformare un normalissimo evento come firmare un trattato in una rissa, ma quel Cavallone riusciva sempre a tirare fuori il peggio di lui, approfittando del fatto che Giotto era ancora un ragazzo piuttosto giovane, con degli ideali, ma pur sempre giovane.

Congedato G. si chiuse in stanza, si sfilò il cappotto invernale che con nervosismo lanciò sulla sedia più vicina seguito subito dopo dal gilet gessato. Mentre sbottonava la camicia, notando allo specchio gli evidenti segni di quanto fosse dimagrito in quel periodo, si accorse di avere uno sguardo posato addosso.

Inutile dire che non si sforzò più di tanto per immaginare di chi si trattasse, il suo sguardo era subito caduto sul viso di Daemon riflesso nello specchio che lo fissava con un sorriso soddisfatto stampato sul volto.

«Bentornato Boss.» Senza neppure un minimo di titubanza Daemon si avvicinò, portandogli le mani sulle spalle per aiutarlo a sfilarsi la camicia ridotta a brandelli in più lati delle maniche, Giotto lo lasciò fare senza distogliere nemmeno per un attimo lo sguardo dallo specchio notando l’espressione dell’altro che si trovava perfettamente a suo agio, a differenza sua.

«Poco fa ho parlato con G. … insomma parlare è come spararla grossa …» una smorfia aveva deformato il suo viso, era risaputo che lui e G. non si sopportavano, o molto più probabilmente era G. che non sopportava Daemon e quindi per il moro il sentimento era diventato reciproco «Mi ha detto che alla fine i Cavallone hanno deciso di diventare nostri alleati.»

Daemon era sempre il primo ad interessarsi delle questioni burocratiche e nonostante Giotto preferisse occuparsene di persona spesso e volentieri si faceva consigliare dal Guardiano della Nebbia che ad intuizione gli dava buoni consigli.

«Così pare, anche se devo ammettere che non mi sembrava molto convinto.» Ammise con un sospiro il ragazzo biondo, allontanandosi dall’altro alla ricerca di una camicia nuova.

Prima che se ne rendesse conto si ritrovò un braccio di Daemon attorno alla vita che lo allontanò dalla cassettiera che aveva cercato di raggiungere invano, lasciando scorrere la mano avvolta dal guanto su una ferita superficiale, che di risposta obbligò Giotto a socchiudere gli occhi reprimendo un gemito di dolore.

«Prima dovresti medicare le tue ferite.» La sua mano aveva raggiunto il viso di Giotto, sfiorandolo lentamente con il dorso ed infine lasciando che l’altro si voltasse verso di lui.

Un veloce scambio di sguardi fece intuire a Daemon che nell’altro c’era qualcosa che non andava, al di là del malessere fisico sembrava soffrire anche moralmente.

«In questo momento vorrei solo andare a letto e dormire per almeno nove ore di seguito, credo che potrebbero bastare …» Mormorò il biondo con un lieve sorriso sulle labbra, Daemon aveva scostato la mano che teneva ancora premuta sulla vita dell’altro e posando lo sguardo sul fisico più scarno di quanto Giotto non fosse mai stato.

«Sei dimagrito ancora.» Osservò, questa volta sul suo viso non c’era nessun tipo di espressione derisoria, anzi dai suoi occhi si poteva quasi veder trasparire una leggera preoccupazione.

Giotto nel frattempo aveva indossato la prima camicia nera che aveva trovato nell’armadio, rivolgendo lo sguardo altrove come a voler ignorare le parole dell’altro, il suo pensiero era rivolto altrove.

«Guardati le spalle, non tutti i tuoi uomini sono degni della tua fiducia. C’è chi ti tratterà come un fratello, chi seppur lontano ti proteggerà, chi proverà profondo rispetto e potrebbe esserci anche qualcuno disposto a tradirti. »

Mentre rientrava dalla missione un vecchio mendicante gli aveva letto le carte, Giotto non credeva in quel genere di cose, ma inaspettatamente aveva azzeccato parecchi elementi della sua vita, e quella frase in particolare l’aveva spiazzato. Sapeva bene che la via scelta non sarebbe stata semplice, ma per colpa di quella rivelazione si era chiesto com’era possibile che qualcuno dei suoi compagni avrebbe potuto tradirlo quando si erano giurati tutti eterna amicizia.

«Ti ripeto che sono solo stanco, voglio dormire e …» Il fiume di parole fu interrotto dalle labbra dell’altro che si posarono prepotentemente sulle sue, lasciandolo per alcuni secondi spiazzato.

Daemon stesso si sorprese del suo gesto, ritrovandosi a fissare il viso sconvolto del Boss senza riuscire a trovare modo per sbloccarsi.

La risposta arrivò poco dopo da Giotto stesso, un ceffone in pieno viso che riportò il moro al presente: la guancia che gli doleva e l’espressione corrucciata del biondo.

«Non provarci mai più!» Esclamò arrossendo lievemente il Boss dei Vongola, il tono di voce leggermente grave e gli occhi un po’ lucidi, una visione non da tutti i giorni insomma.

Daemon dall’alto della sua sensibilità si portò una mano sulla fronte, trattenendo a stento una risata e fissando Giotto con fare divertito. Rideva spesso dei suoi momenti di stallo o imbarazzo, era piuttosto evidente che lo facesse con gusto.

Da un punto di vista Giotto preferiva che il loro rapporto fosse così, piuttosto di quando litigavano o le loro idee - spesso diverse, nonostante Daemon avesse un certo intuito in diversi campi- si contrastavano, anche se c’era da dire che le idee di Daemon contrastavano con quelle della maggior parte del gruppo.

***
Non vide più Giotto per tutta la giornata, né tantomeno ci teneva a vederlo.

La sera però, approfittando che era la Vigilia di Natale, l’intero gruppo decise di uscire a cena fuori per poi andare a bere qualcosa in un posto caldo, una scusa come un’altra per chi doveva dimenticare di non avere una famiglia o per chi una famiglia ce l’aveva ma preferiva non passarci le feste.

Durante una modesta gara di bevute Lampo fu il primo a cedere, seguito poco alla volta dagli altri. Alla fine i tre a rimanere in piedi furono Giotto, G. e Daemon, anche se era piuttosto evidente la vicina resa di Giotto.

Poco prima delle mezzanotte il Boss biondo si congedò piuttosto innervosito dal comportamento di Daemon, infastidito addirittura dal suo sguardo che non aveva esitato per posarsi su di lui.

Il Guardiano della Nebbia aveva fatto lo stesso seguendo per diverso tempo da una certa distanza l’altro che ciondolava leggermente, reggendosi d’intanto in tanto vicino a un muro di un’abitazione oppure appoggiandosi al primo ostacolo che gli si presentava.

In un certo senso vederlo camminare da solo, stringendosi nelle spalle nel tentativo di riscaldarsi nel cappotto era una visione che non si sarebbe mai aspettato di vedere, soprattutto perché era abituato a vedere Giotto circondato da persone, sicuro di se stesso, quasi illuminato da una luce che lui stesso emetteva.

Invece eccolo lì: solo, ubriaco a camminare nell’oscurità.

Non era uno stile di vita che gli si addiceva pensò Daemon, aumentando il ritmo dei passi per potersi avvicinare più velocemente a Giotto, nell’esatto momento in cui l’aveva visto scivolare a terra, sbucciandosi le mani come succede ai bambini, quando ancora insicuri dei propri passi oppure disattenti … perdono l’equilibrio e cadono.

«Giotto!» Gli si avvicinò, quando Giotto riconobbe il tono di voce provò in tutti i modi a rialzarsi in piedi, ignorando la mano che Daemon gli aveva offerto.

La neve aveva iniziato a cadere soave, imbiancando il panorama tutt’attorno.

Un vecchio campanile suonava la mezzanotte, i rintocchi rimbombavano nel silenzio più assoluto …

La neve era rossa.

Sulla neve c’erano delle macchie rosse.

Quelle macchie rosse erano sangue.

Il sangue proveniva dal corpo di Giotto.

Istintivamente le mani di Daemon andarono a sbottonare il cappotto del biondo, in quel momento agì senza pensare liberandolo anche dalla camicia ed identificando con lo sguardo la ferita che aveva sfiorato la mattina stessa … solo che ora era aperta e sanguinante.

«… Tu! Sei veramente uno stupido e morirai da stupido!» Non riuscì a pensare ad altro che quello, lo urlò in faccia all’altro cercando di nascondere l’agitazione - soffocando l’agitazione - dietro le nuvolette d’aria condensata che si creavano ad ogni respiro a causa del freddo.

Non se ne intendeva assolutamente di primo soccorso, si limitò quindi ad improvvisare una fasciatura strappando un lembo della sua camicia sotto lo sguardo vacuo di un silenzioso e sofferente Giotto.

«Un ospedale …» mormorò fra sé e sé, afferrando fra le proprie braccia il corpo del più piccolo, ma Giotto strinse con prepotenza il braccio dell’altro, scuotendo la testa.

«Voglio rimanere qui. Voglio vedere la neve.» Bofonchiò respirando a stendo ma accennando ad un sorriso rilassato, come se questo bastasse per calmare Daemon.

Pensieri gli affollarono la mente e come un fiume in piena rischiavano di trasformarsi in parole pungenti; tramutare l’odio che provava per lui in qualcos’altro sembrava essere impossibile, eppure vederlo in quello stato gli faceva sentire qualcosa di molto vicino alla paura o alla preoccupazione.

Accolse la sua richiesta stringendolo maggiormente a sé, mentre la neve continuava a scendere lentamente, coprendo parzialmente le spalle di Daemon come un candido mantello bianco. Si chiese se quello era stato il piano di Giotto fin dall’inizio: un giorno come un altro morire da solo, lontano da tutti; si chiese perché proprio una persona come Giotto sicuramente non amato da tutti ma comunque una persona degna di rispetto avesse deciso di mettere così la parola fine.

«Ventun grammi. Lo sai cos'è Giotto? Il peso corporeo che perde una persona alla morte ... la vita umana, l'anima ha davvero così poco valore? Dai davvero così poco valore alla tua vita?» Domandò il moro dopo alcuni minuti in completo silenzio, obbligando l’altro ad incontrare il suo sguardo.

«Non sono forte come te.» La sua voce suonò fievole, la sua mano stringeva con più forza il braccio dell’altro come se gli stesse cercando di dire “Non lasciarmi.”

«La storia dei ventun grammi … ci credi veramente?» Domandò dopo un po’, rivolgendo lo sguardo un po’ vacuo verso Daemon che di risposta lo osservò; il viso pallido, le occhiaie che lo sottolineavano, gli occhi leggermente socchiusi.

«Diciamo che scientificamente è provato … ma alla fine siamo noi a dare un valore alla nostra vita … credo.» Pareva incerto, effettivamente lo era davvero.

Quanto vale la vita di un bugiardo allora?

Ormai avevano perso entrambi la cognizione del tempo. Giotto se ne stava in silenzio, con lo sguardo rivolto verso l’altro, verso la neve che continuava a scendere.

«Giotto ritirati finché sei in tempo.» Mormorò Daemon. Non guardava Giotto, semplicemente aveva pronunciato quella frase senza nemmeno pensarci. Lui aveva puntato lo sguardo sul suo viso, sorridendo lievemente.

«Se lo farò … ti porterai via la mia anima?» Quella domanda l’aveva sorpreso, scuotendolo dall’interno.

Perché riusciva sempre a prenderlo in contropiede?

Perché gli faceva avere dei continui ripensamenti?

Il corpo di Giotto era così freddo, il suo viso così pallido e scarno, le sue mani così piccole stringevano ancora il suo braccio. L’unica difesa che conosceva era la sua maschera migliore, il sorriso di scherno.

Voleva tenerlo per mano, voleva vederlo cadere.

Voleva stare al suo fianco ma voleva anche tradirlo.

Voleva odiarlo ma non poteva far altro che nascondere i suoi sentimenti, poiché l’amore era molto più forte dell’odio.

«Tu … sei davvero più stupido di quanto pensassi.» Al limite dell’esasperazione Daemon si era alzato in piedi, portando con sé anche Giotto, sempre stretto fra le sue braccia.

Il suo sguardo ostentava perseveranza, nonostante Giotto continuasse a guardarlo con un sorriso stampato sulle labbra, dio quanto lo odiava!

Lui aveva sempre pensato che Giotto fosse un debole, mentre ora dimostrava proprio lui di esserlo. Non sarebbe dovuto uscire per seguirlo, non avrebbe dovuto curargli quella ferita … così facendo non faceva altro che aumentare i suoi problemi.

«Già. Me lo dici spesso. Anche se sono stupido, posso avere un bacio?»

Una richiesta a dir poco singolare.

Daemon sbatté un paio di volte le palpebre, portando lo sguardo interrogativo verso Giotto, lui lo guardò con un’espressione pacata senza pronunciare una parola di più.

«Cosa c’è? Oggi non ti andava bene e ora me lo chiedi tu?» Nelle sue parole aveva marcato piuttosto bene l’ironia che non si riservava mai di nascondere, ma allo stesso tempo i suoi occhi erano puntati sulle labbra dell’altro, incurvate in un sorriso.

«Sono ubriaco, Daemon.»

Il moro rimase per alcuni secondi spiazzato da quell’affermazione, normalmente una persona davvero ubriaca non ammetterebbe mai di esserlo … o forse non era sempre così?

«Cosa c’è che ti tormenta tanto, Giotto?» Domandò chinandosi sul viso dell’altro, sforzandosi di mantenere l’equilibrio per non farlo cadere; Giotto ricambiò lo sguardo ponendo le labbra su quelle dell’altro ragazzo, in una muta richiesta d’abbandono.

Il Boss dei Vongola in sua presenza tirava fuori il peggio di sé, diventando improvvisamente capriccioso e forse anche troppo volubile, proprio com’era accaduto in quel momento. Quando avvertì la lingua del biondo chiedere l’accesso alla sua bocca, scostò il viso - doveva ammetterlo, lo fece un po’ a malincuore - e lanciò un’occhiata fredda al Boss.

«Non voglio che la tua anima si sporchi.» Mormorò, la voce gli tremava leggermente, le palpebre socchiuse. Giotto allungò una mano, lasciando dopo tanto tempo il braccio dell’altro e provocandogli una sensazione di fastidio mentre le mano sfiorava la sua guancia.

«Daemon ho già ucciso delle persone, non importa che sia stato per sbaglio o volontariamente … la mia anima è già sporca.»

Quanto può valere l’anima di un assassino?

Nell’ovvietà della sua risposta, quasi fredda, Daemon rimase un po’ spiazzato riprendendo a camminare.

Trovare la risposta giusta da dare a quella frase in fondo vera non fu semplice, scoprire che Giotto sapeva barare meglio di lui lo intimidiva un po’ ad essere sincero: era sempre stato lui la personalità fredda e calcolatrice del gruppo - certo lo nascondeva bene dietro ai sorrisi di circostanza, ma lo era.

«Non affezionarti troppo a chi non ti merita veramente, quindi non attaccarti troppo a me.» Suonava come un modo per dirgli che da un giorno all’altro, magari quella sera stessa, avrebbe potuto tradirlo? Sinceramente non gli importava molto, Daemon non era il tipo di persona che si legava a cosa gli accadeva attorno provando rimorso o rimpianto … lui pensava sempre e costantemente al futuro, così avrebbe continuato a fare, fino alla fine.

«Ora sono io a chiedertelo .. cos’è che ti tormenta tanto, Daemon?»

Rispondere a quella domanda non avrebbe portato nulla di buono, così come fingere che nulla fosse avrebbe potuto portare a qualcosa; il gioco andava portato avanti e non poteva cedere ora a causa delle proprie debolezze.

«Niente.» Mentì sorridendogli «Vorrei solo portarti al caldo, medicarti quelle ferite per bene e far si che ti riprendi in fretta.» Aggiunse aumentando il passo all’improvviso e rivolgendo lo sguardo verso il panorama come a voler nascondere la sua espressione di pieno disgusto verso l’altro - o meglio, disgusto verso se stesso.

La speranza che la neve potesse cancellare tutte le bugie dette quella notte erano vane, ma desiderava avere almeno l’attaccamento verso qualcosa … ancora una volta.

“Givro Eterna Amicizia” Chissà perché ogni volta che leggeva quelle parole incise all’interno dell’orologio a taschino simbolo della sua fedeltà e amicizia a Giotto, avvertiva il peso della proprio anima aumentare di un grammo in più … chissà perché?

L’anima di un traditore pesava molto più di ventun grammi, ne era certo.

A seguire, le OST della fanfic, la musica che mi ha ispirato parecchio D:

01 - "I Can't Decide" There For Tomorrow
02 - "If It Means A lot To You" Homesick
03 - "Alone in this bed" Framing Hanley
04 - "Reclusion" Anberlin
05 - "I Hate You" Sick Puppies
06 - "Promise Me" Dead by April
07 - "History" Funeral for a Friend
08 - "Locking up to the sun" Poets of the Fall
09 - "Evil Angel" Breaking Benjamin
10 - "Darkness Eyes" DBSK
11 - "Kimi wa Boku ni Niteiru" See Saw
12 - "Snowfield" CLANNAD OST

Infine, la citazione iniziale e il titolo è tratto dal bellissimo film "21 grammi"

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