titolo: Frammenti di vita
Fandom: JE
pairings: Tomapi
note: storia scritta per la piramidi challenge della
cream_challenge Quando lo vide aveva sedici anni. Stava scappando dall'ennesimo furto nella panetteria dietro l'angolo del parco dove quel ragazzo, forse della sua stessa età, era intento a leggere un libro.
Rimase a fissarlo per ore, senza disturbarlo, infatti, l'altro sembrava non essersi accorto della sua presenza.
"Cosa vuoi?" Chiese ad un certo punto il lettore, a quanto pare si sbagliava.
"Mi dispiace, non volevo disturbare..." Disse, abbassando la testa pronto ad allontanarsi.
"Toma, aspetta!" Lo fermò l'altro.
"Come...come sai il mio nome?" Chiese il ragazzo, sorpreso.
L'altro chiuse il libro, alzandosi poi dalla panchina per dirigersi verso il giovane che lo guardava perplesso.
"Chi sei tu?" Continuò, sperando di ottenere una risposta almeno a questa domanda.
"Lo scoprirai molto presto..." Disse, posando poi delicatamente le sue labbra su quelle dell'altro.
Il suono della sveglia lo riportò alla realtà. "Un sogno?" Si chiese, portando una mano sulle labbra.
Si alzò dal letto, pronto per dirigersi a lavoro, l'ennesima stancante giornata lavorativa.
Uscì dall'appartamento, per andare alla stazione dove avrebbe preso il treno, sarebbe sceso cinque fermate più tardi e avrebbe preso un bus che si sarebbe fermato proprio davanti il suo ufficio, come sempre, o almeno ne era convinto.
Quel giorno, infatti, l'inquietante melodia delle campane che annunciavano la morte di qualcuno attirò la sua attenzione, per poi ritrovarsi davanti quella chiesa, senza un motivo.
"Che ci faccio qui?" Si chiese, osservando i parenti di quella persona, che lui non conosceva, piangere. Lo attirò in particolare un bambino, no, un ragazzo, forse di sedici anni, che stava seduto su una panchina a leggere, piangendo.
"Cosa vuoi?" Gli chiese il giovane, senza alzare gli occhi dalla lettura.
"Ci conosciamo?" Chiese indietro Ikuta, avvicinandosi a quella figura che per sei anni era apparsa nei suoi sogni.
Il ragazzo alzò gli occhi dal libro, piantandoli in quelli di Toma.
"Non ancora" Disse, sparendo poi dopo un battito di ciglia del più grande.
Ancora sconvolto dal ragazzo e dal motivo per cui si trovava in quella chiesa, si addentrò nell'edificio, cercando fra la folla almeno un volto conosciuto, ma ogni persona, ai suoi occhi, non aveva volto, o meglio, lo avevano tutti coperto o sfocato, si portò una mano agli occhi, strofinandoli, sperando di vedere meglio, ma quando li riaprì si trovò davanti il volto di un ragazzo della sua età, vestito formalmente.
"Non dovresti essere qui" Gli disse, guardandolo tristemente.
"Andiamo via" Continuò, afferrandogli un polso, portandolo fuori dalla chiesa.
"Chi sei?" Chiese Ikuta, ma perse l'interesse alla sua domanda quando osservò un libro nelle mani dell'altro...quel libro.
"Chi sei?" Ripeté, questa volta con decisione, affrontando lo sguardo profondo della persona che gli stava davanti.
"Non sono una cattiva persona" Gli disse, tranquillizzandolo appena.
"Comunque sia, devo tornare a lavoro!" Annunciò Toma, pronto ad avviarsi alla stazione.
"Non è necessario che tu vada" Lo fermò l'altro, porgendogli un foglio.
"Chiuso per lutto?" Chiese dopo aver letto "Chi è morto?"
"Non lo sai?" Replicò l'altro, sedendosi su una panchina, aprendo il libro.
Ikuta rimase immobile, ripensando a tutti gli avvenimenti dei giorni passati. Il giorno prima aveva affrontato l'ennesima giornata lavorativa, ma nessuno gli aveva detto di un funerale o cose simili; neanche la sera, quando era andato a bere con i suoi colleghi, si era ubriacato, ma non ricordava nulla su morti di conoscenti, dopo la festa era andato alla stazione per prendere il treno...e poi si era risvegliato a casa?
Un dolore al petto lo colpì improvvisamente.
"Non dovresti essere qui" gli aveva detto nella chiesa il ragazzo che aveva di fronte
"Un tuo collega è stato investito una settimana fa da un-"
"-Treno" Concluse la frase Ikuta, guardando l'altro sorpreso.
"Come faccio a saperlo?" Chiese preoccupato, cominciando a piangere senza un motivo.
L'altro gli si avvicinò, stringendolo dolcemente fra le sue braccia.
"E' arrivato il momento..." Gli sussurrò.
Toma guardò la chiesa alle loro spalle, le campane continuavano a suonare quella melodia che non aveva mai smesso.
"Perché non smette?" Chiese, portandosi le mani alle orecchie, coprendosele per cercare di evitare il suono fastidioso che gli entrava in testa, causandogli un senso di nausea.
"Cosa?" Chiese l'altro sorpreso dalla reazione.
"Il suono delle campane!" Urlò inginocchiandosi a terra, chiudendo gli occhi, piangendo disperato.
"Non c'è suono qui..." Disse l'altro, facendo aprire gli occhi a Toma.
Lo scenario intorno a loro era cambiato ed il suono delle campane non c'era più, o meglio, non c'era più niente. Tutto era buio, a malapena riusciva a vedere il suo corpo e quello del ragazzo davanti.
"Ti ricordi?" Gli chiese, inginocchiandosi accanto a lui, prendendogli le mani per accarezzargliele dolcemente.
"Io sono...morto..." Disse in un sussurro, come se volesse convincere se stesso.
"Sono stato investito da un treno la sera della festa con i miei colleghi, ero ubriaco e sono caduto sui binari..." Continuò, mentre le lacrime gli scendevano dagli occhi ricordando le vicende di quella sera.
"Ma tu hai detto che è successo una settimana fa, mentre io sono ci sono stato ieri sera..."
"Sei sicuro...che fosse ieri?" Chiese l'altro ragazzo, mentre gli occhi di Toma si riempivano sempre più di lacrime alla realizzazione dell'accaduto.
"Oggi ti ho sognato!" Disse, cercando di ancorarsi ad ogni piccola sfumatura dei suoi ricordi di quella giornata.
"Mi hai sognato durante l'impatto, dovevo mettere fine alla tua storia" Rispose l'altro, indicando il libro.
"E per mettere fine alla storia, dovevo darti il bacio della morte. Il motivo per cui mi sognavi da così tanto era perché cercavo di avvertirti..." Concluse, alzandosi.
"Quindi tu sei..."
"Un dio della morte" Continuò la frase l'altro
"E quella è" Disse indicando il libro
"La tua vita" Continuò il dio "e questo è il tuo funerale" A quelle parole, il buio diventò la chiesa in cui era entrato quella stessa mattina.
"Posso sapere il tuo nome?" Gli chiese, ricevendo un sorriso.
"Tomohisa" Rispose l'altro.
"Grazie..." Concluse, posando poi gli occhi su quella gente che adesso riconosceva, ascoltando poi quella melodia che non era più fastidiosa come prima, anzi, al contrario, risultava orecchiabile, come una ninna nanna che lo cullava in un sonno senza fine.
"Grazie per essere stato con me nei miei ultimi secondi di vita"