TITOLO: ancora da definire
AUTRICE: Jinny
GENERE: angst (ma si, facciamo la sborona)
RATING: nc-17
WARNING: yaoi
NOTE: Storia e personaggi originali
GIA' POSTATI:
Uno Damian spalancò gli occhi nel buio, stringendo convulsamente il lenzuolo. Cercò di riprendere il controllo sul respiro e sul proprio cuore e pian piano si calmò. Si rese conto di avere anche la bocca spalancata, in un urlo silenzioso. Erano passati tre mesi, ma i sogni non se n’erano andati. Incubi. Ricordi. Non lo sapeva bene nemmeno lui. Se doveva essere sincero, non ricordava molto di quello che era successo. Guardò il calendario. Era il sette maggio. Erano tre mesi esatti quel giorno. Il sette febbraio, il giorno dopo il suo diciottesimo compleanno, i suoi genitori avevano deciso di sparire dalla sua vita. Ma lui non ricordava cosa fosse successo quel giorno. Era tornato a casa, dopo essere uscito la mattina del giorno prima (riprese, intervista, party, riprese), ma dalle tre, quand’era entrato, alle quattro, quando la polizia l’aveva scortato fuori di casa, non ricordava cos’avesse fatto, ne cos’avesse visto. Aveva un vago ricordo di aver consolato Alan, che piangeva aggrappato a lui. Ricordava di aver vomitato, nel bagno dell’aereo che stava portando lui ed Alan a Los Angeles, la sera stessa. Ricordava di essere stato muto per una settimana. Sorrideva come sempre, ma non riusciva ad articolare un suono. Da un lato gli sembrava che fosse successo tutto il giorno prima, invece che tre mesi. Dall’altro, gli sembravano passati anni. Sapeva che se avesse ricordato i sogni, avrebbe avuto una vaga idea di cosa fosse successo quel giorno, ma non era sicuro di voler ricordare… sospirò. Almeno quel pomeriggio sarebbe partito per tornare a Los Angeles… si infilò in doccia, poi si vestì. Aveva la mattinata libera. Allison, la sera prima, era andata a bere con uno degli attori, quindi prima delle due del pomeriggio, orario a cui avevano stabilito la partenza dall’hotel, non si sarebbe fatta vedere. Senza rendersene conto, salì su un taxi e si fece portare dall’altra parte della città. Dove viveva prima. La casa non era cambiata per nulla, tranne per il cartello “vendesi” attaccato alla porta. Nonostante il suo successo, ed i suoi continui viaggi avanti ed indietro da Los Angeles, aveva continuato a vivere con i suoi in quella piccola casa. Pensava di avere la situazione sotto controllo, ma evidentemente si sbagliava… tirò fuori dalla tasca la chiave. Non sapeva perché l’avesse portata con sé, e probabilmente avevano cambiato le serrature, ma provò comunque. La chiave si infilò senza nessuna difficoltà. Girò un po’ a fatica, probabilmente la serratura doveva essere da oliare. Entrò nella casa vuota e si rese conto di aver trattenuto il respiro. Buttò fuori tutta l’aria dalla bocca e ricominciò a respirare. Guardò lo stretto corridoio che portava alla scala per salire ai piani superiori. La carta da parati era stata cambiata, li. Tinta unita, invece dei fiori che fin da piccolo lo terrorizzavano. Le quattro porte che si aprivano sul corridoio, erano state ridipinte. Entrò nella prima stanza sulla sinistra. Il soggiorno. Non c’erano più i mobili, ma Damian ricordava com’era fino a tre mesi prima. Uscì, prima che la nostalgia lo raggiungesse, e salì le scale. Non sapeva perché, ma entrò nella stanza dei suoi genitori. Li era rimasto tutto esattamente uguale. Il letto, con la trapunta macchiata di sangue. La chiazza di sangue sul tappeto… scosse la testa, ma vide lo stesso le due figure a terra. Prese il telefono e compose il numero di Allison
<< Vieni a prendermi…>> fu l’unica cosa che riuscì a dire. Quando ricominciò a rendersi conto di cosa stesse succedendo, Allison, inginocchiata accanto a lui, lo teneva abbracciato. Non aveva la sua solita tenuta super professionale, ma un paio di jeans, una felpa e scarpe da ginnastica. Damian si costrinse a guardare nella stanza, sulla cui soglia era crollato a terra. La stanza era vuota, come tutto il resto della casa. Iniziò a respirare più lentamente, rendendosi conto di stare ansimando. Strinse la presa sulle braccia di Allison
<< Adesso torniamo in albergo, prendiamo la tua valigia e torniamo da Alan, ok?>> disse Allison, in tono insolitamente dolce. Damian si girò a guardarla, poi sorrise
<< Se Chris ti sente usare questo tono da mamma con me, mi ammazza nel sonno…>> disse. Allison lo guardò negli occhi
<< Non lo farebbe mai. Sa benissimo che se ti succede qualcosa, la sua paghetta mensile ne riceverebbe un colpo durissimo…>> disse. Damian rise. Si azzardò a dare un’ultima occhiata alla stanza, che era ancora vuota.
<< Prima… prima li ho visti li… mi sentivo soffocare…>> mormorò
<< Non ci pensare, ok? Su, un aereo ci aspetta… quando Alan saprà che sei venuto qui e hai avuto un attacco di panico, mi ammazzerà…>>
<< Abbiamo dei parenti violenti…>> disse Damian, pensieroso. Allison sbuffò, si alzò in piedi e lo aiutò ad alzarsi.
Qualche ora dopo, in aeroporto, Alan gli corse incontro, ignorando la presenza di giornalisti e fans, abbracciandolo stretto
<< Pensavo di esplodere!>> gli urlò in un orecchio. Damian rise, ricambiando l’abbraccio. Ora che Alan era di nuovo accanto a lui, sarebbe andato tutto bene. Si staccarono e Damian si specchiò perfettamente nel viso del gemello
<< Mi sei mancato.>> disse. Alan fece una smorfia
<< Anche tu.>> rispose. Damian gli sorrise, poi gli passò un braccio attorno alle spalle. Sorrise a fotografi e giornalisti, rispose velocemente a qualche domanda, tutto tenendo stretto a sè il gemello.
Quando arrivarono alla grande villa dei Sullivan, Damian fece a malapena in tempo a scendere dall’auto, prima di venire stretto in un abbraccio
<< Chris…>> riuscì a balbettare Damian, prima di finire a terra per il troppo impeto dell’amico
<< Ma come! Al lo reggi e me, che sono più piccolo e peso meno, no?>> protestò Christopher, sorridendogli, gli occhi turchese accesi, i capelli, rossi e lisci, che gli ricadevano in ciuffi disordinati sulla fronte. Damian gli fece una linguaccia
<< Che Alan mi salti in braccio me lo aspetto, ma tu mi hai preso alla sprovvista!>> disse poi, alzandosi ed aiutando l’amico a rialzarsi
<< Dovevi aspettartelo. Lo sai che ha una cotta per te…>> disse Alan, scendendo a sua volta dall’auto. Christopher arrossì violentemente
<< Al, ti picchio?>> si informò
<< Un metro e ottantacinque contro uno e settantadue, chissà chi vince…>> mormorò Alan, senza fare una piega. Damian ebbe di nuovo la strana sensazione di avere una fidanzata invece di un gemello. Ma adesso c’era pure una rivale… roteò gli occhi
<< Mentre voi lottate per la mano della principessa, cavalieri, la principessa va a farsi la doccia…>> disse, e si avviò verso l’interno della villa. Lui ed Alan vivevano da tre mesi con Christopher ed Allison. A volte la convivenza era un po’ dura, soprattutto con Christopher ed Alan che continuavano a stuzzicarsi e a litigare per avere la sua attenzione (e doveva ammettere che Alan barava spudoratamente, giocando immancabilmente la carta delle lacrime), ma normalmente era abbastanza piacevole. Almeno, avere un po’ di confusione intorno lo aiutava a non pensare a tre mesi prima… arrivato nella sua stanza posò la valigia, si spogliò velocemente ed entrò in bagno. Doveva ancora abituarsi ad avere un bagno tutto per lui. Non avere le cose di Alan intorno, a volte gli dava fastidio… si infilò sotto il getto caldo della doccia, cercando di vuotare la mente. Si lavò i capelli, tanto poi non avrebbe dovuto preoccuparsi di pettinarli da solo, mise il balsamo, per evitare l’ennesima sgridata da parte di Alan. Finito, si asciugò in fretta e si vestì. Alan era già nella camera, ad aspettarlo, armato di spazzola ed asciugacapelli. Damian rise e si sedette sul letto
<< Sei consapevole che di solito sono le ragazze che si pettinano a vicenda?>> disse Alan, iniziando a spazzolargli i capelli ancora bagnati
<< Beh, ma io sono Damian Winters. Ho diciotto anni e sono stato definito per il secondo anno di fila l’uomo più bello del mondo. Credo di avere diritto al mio hair stylist personale, no?>> disse Damian, ridacchiando.
<< Si, può essere…>> disse Alan. Damian chiuse gli occhi, godendosi il momento di assoluto relax. Fece una smorfia quando Alan gli tirò leggermente i capelli
<< Scusami…>> disse Alan
<< Tranquillo.>> sorrise Damian. Alan riprese a spazzolarlo, asciugandogli nel frattempo i capelli
<< Damy, senti… prima Allison ha accennato a qualcosa che riguardava casa nostra…>> disse, in tono casuale. Damian guardò il gemello attraverso lo specchio che avevano di fronte.
<< Ha detto che sei andato la… e che hai visto qualcosa… che… oh, al diavolo, mi ha detto tutto. Che sei andato a casa nostra, che sei entrato in camera di mamma e papà e che li hai rivisti li, anche se la camera era vuota… ha detto che l’hai chiamata dicendola di venire a prenderti e che hai avuto una mezza crisi di panico…>>
Damian abbassò lo sguardo, in silenzio.
<< Dam, sto parlando con te…>> disse Alan. Damian si morse le labbra. Alan gli tirò i capelli e spense l’asciugacapelli
<< Ahi!>> protestò Damian
<< Rispondimi! Sei andato la? Li hai visti davvero? Hai ricordato? Perché non me l’hai detto tu, eh, Damy?>>
<< Mi sembra che tu sia già abbastanza preoccupato di tuo, senza che mi metta a raccontarti delle mie mezze crisi di panico… ho solo avuto un attimo di respiro accelerato, tutto li…>>
<< Dam! Devi dirmele certe cose, accidenti a te!>>
<< Perché scusa? Non è successo niente di grave, non…>>
<< Perché siamo fratelli! Ci siamo dentro tutti due! Non hai parlato per una settimana, nemmeno un suono, hai ancora gli incubi… pensi che non me ne sia accorto? Continui a non mangiare… queste sono le cose che mi preoccupano! Se poi non me ne parli, sto peggio ancora…>> Alan smise di parlare, inspirando profondamente. Aveva gli occhi pieni di lacrime. Damian si morse le labbra, poi sbuffò
<< Forse per ora è più facile se non ne parlo…>> mormorò.
<< Ma…>> iniziò a protestare Alan
<< Non me la sento, ok?>> urlò Damian. Si portò immediatamente una mano alla bocca. Non aveva mai alzato la voce con Alan. Non fino a quel giorno, almeno. Non aveva mai alzato la voce con nessuno… si passò le mani sul viso
<< Scusami… sono molto stanco, e confuso… quello che è successo questa mattina è stato… strano… e ho avuto paura… avrei voluto che fossi stato li con me, perchè quando sei con me, allora ho tutto sotto controllo… sto diventando morboso, scusami…>>
Alan lo abbracciò, singhiozzando sommessamente
<< Scusami, Al, non volevo alzare la voce.. scusami, ti prego…>>
<< Puoi alzare la voce, Damy. Davvero. E’ già più umano del sorriso perenne… è da quando abbiamo quattro anni che non ti vedo fare qualcosa di tanto umano… sono quasi commosso! Mio fratello non si è trasformato completamente in Barbie Serata Degli Oscar!>>
Damian rise e scompigliò i capelli al gemello. Poi realizzò
<< Hey! Barbie?!>> disse, fingendosi offeso. Gli angoli della bocca di Alan tremarono e per un istante, un brevissimo istante, si alzarono. Damian rimase bloccato
<< Hai.. hai sorriso…>> riuscì a bisbigliare. Alan lo fece girare di nuovo verso lo specchio e riprese ad asciugargli i capelli, chiudendo così l’angolo delle confidenze. Damian sbuffò
<< Che c’è?>> chiese Alan, in tono infastidito
<< Hai sorriso e non vuoi ammetterlo!>> disse Damian. Alan non disse niente. Finì di asciugargli i capelli ed uscì dalla stanza. Damian lo seguì nel corridoio
<< Dam, piantala. Non riesco a sorridere. E a dirla tutta non mi va nemmeno molto. Non sono te. Abbiamo solo la stessa faccia.>>
Damian rimase a guardarlo, sentendosi improvvisamente solo. Si dovette appoggiare alla parete con una mano. Poi annuì e sorrise
<< Scusami.>> disse, e tornò nella propria stanza. Improvvisamente venne attaccato dalla nausea. Gli succedeva sempre, quand’era nervoso… la porta si aprì
<< Oh, Chris… l’uomo -radar… non so come faccia, ma sai sempre esattamente quando sto male…>> mormorò, sdraiandosi di fianco sul letto. Christopher si sedette sul letto e gli posò una mano sulla spalla
<< Nausea?>> gli chiese. Damian non rispose. Chiuse gli occhi, cercando di non pensarci. Christopher iniziò ad accarezzargli la schiena, in silenzio. Dopo poco, la porta si aprì di nuovo
<< Sta bene?>> chiese Alan, a mezza voce
<< Nausea.>> sentenziò Christopher. Anche Alan si sedette sul letto, e prese la mano al fratello.
<< Poverino, è tutto sudato…>> disse Christopher, e Damian si rese conto di essere sudato sul serio… per fortuna stava già passando. A volte erano momenti talmente veloci, che le persone attorno a lui non se ne accorgevano. Solo Alan e Christopher l’avevano visto in quello stato. Ed Allison quella mattina. Tre persone, su tutte quelle che incontrava ogni giorno, erano nulla… chiuse di nuovo gli occhi. Stava tornando il panico… si aggrappò forte alla mano di Alan, cercando di rimanere lucido, di non pensare a quello che aveva visto… pian piano, riaprendo gli occhi, rimise a fuoco la stanza. La sua camera, a casa, a Los Angeles. La mano di Christopher che gli accarezzava la schiena, calmandolo. La mano di Alan stretta nella sua. Sorrise, sentendosi al sicuro, e si mise seduto
<< Scusate. Adesso è passata…>> disse.
<< Non farmi il sorriso da intervista, Winters! Non sono un dannato giornalista!>> gli intimò Christopher. Damian lo guardò negli occhi.
<< Damy, anche se non ti senti bene, va bene lo stesso. Hai avuto un periodo pesante… molto pesante…>>
Damian abbassò lo sguardo, a disagio. Alan gli strinse ancora la mano
<< Mi fai sempre preoccupare, impiastro di un fratello.>> gli disse, in tono sommesso. Damian rise ed alzò il viso
<< Al, dai, non piangere…>>
<< Io che non piango? E poi cosa vuoi, la luna?!>> chiese Alan, asciugandosi gli occhi. Poi sbuffò
<< Se almeno fossi una ragazzina, avrei una scusa per tutte queste lacrime, invece sono un uomo, sono alto, sono anche muscoloso… che fatica far sempre finta di essere forte… mi tocca giocare a football, quando vorrei fare la cheerleader…>> borbottò
<< Beh, potresti entrare comunque nella squadra delle cheerleader, Winters due.>> disse Christopher
<< Ai ragazzi non danno i pon-pon. >> disse Alan.
<< Triste la vita dei maschi…>> sospirò Christopher
<< Inizio ad avere le idee un po’ confuse, ragazzi…>> si intromise Damian. Alan gli passò un braccio attorno alle spalle e Christopher scoppiò a ridere. Poi si fece serio
<< Ho pettegolezzi che arrivano da scuola… pare che da quest’anno avremo una squadra di basket… per ovvi motivi io sono fuori, ma voi due…>>
<< Basket? Posso mollare protezioni varie ed usare una palla con la forma di una palla?!>> disse Alan, illuminandosi
<< Non guardare me Chris… è già tanto se mi ricordo com’è fatta una scuola, figuriamoci una palestra o un canestro…>>
<< Io so chi sarà il capitano, Dam, e sono sicuro che anche tu vorrai entrare in squadra…>> disse Christopher. Poi chiuse l’argomento e si allontanò, uscendo dalla stanza, inseguito dai due gemelli, che continuavano a fargli domande
<< Non vi dirò nient’altro.>> disse, arrivato alla porta della propria stanza << Quindi, se non vi dispiace… buonanotte.>> detto questo, entrò nella camera e si chiuse la porta alle spalle. I due lo ascoltarono ridere per un po’, poi si ritirarono nelle rispettive stanze, rassegnati.