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"Buongiorno!"
Hanamichi entrò nella sala da pranzo, sbadigliando sonoramente: la voce ancora impastata dal sonno, con la mano stretta a pugno si sfregava l'occhio destro, tentando di sciogliere i residui di sonno che ancora non riuscivano a fargli tenere gli occhi aperti.
"Hana! Sono le undici passate, che ti succede? Stai forse male?" si preoccupò Ayako: in quel mese e mezzo che aveva cominciato ad abitare da loro non era mai capitato che facesse così tardi.
"Scusa, ieri sono tornato tardi e non ho chiuso occhio, ero troppo... sveglio..." disse vago. "Mi succede a volte, quando faccio le ore piccole, e oltrepassato il periodi critico di sonno , resto sveglio a rigirarmi nel letto" spiegò un po' imbarazzato.
Non aveva dormito niente quella notte e come avrebbe potuto? Aveva baciato Kaede, non poteva ancora crederci, se ci ripensava, il proprio cuore cominciava ad accelerare la sua corsa, pronto a uscirgli dal petto.
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Una volta uscito dalla camera del cugino si era sentito talmente scombussolato, tanto che, dopo la corsa fatta, chiusosi la porta della dependance alle spalle, si era portato una mano al petto all'altezza del cuore per evitare che potesse veramente scoppiargli.
Sentiva il viso accaldato, paonazzo, come se avesse la febbre e nelle orecchie un fischio assordante e fastidioso. Si era seduto sul letto, stendendosi immediatamente, senza neanche cambiarsi e, solo dopo una ventina di minuti, nei quali aveva fissato il vuoto, si era levato la maglia e i jeans, rimanendo in boxer.
"Cosa ho fatto?" aveva sussurrato nella semioscurità della stanza.
Quella sera c'era una luna bellissima, grande e bianca: prima di uscire aveva lasciato la finestra spalancata per fare entrare un po' d'aria fresca e trovare sollievo dalla calura estiva durante il sonno.
Alzatosi dal letto, si era affacciato all'esterno guardando in alto: la luce nella camera di Kaede era spenta, dalla sua angolazione non poteva vederla completamente, ma sapeva che quella era la sua stanza.
Posò la fronte allo stipite della finestra, sorridendo tristemente: cosa si aspettava? Che rimanesse sveglio pensando a lui? Dopo quello che gli aveva detto prima di scappare via?
'Mi dispiace...scusa, non dovevo! È stato uno sbaglio!'
Che frase idiota! Non stavano mica recitando in un film! Si aspettava forse che Rukawa gli corresse dietro, fermandolo e facendolo rinsavire con un bacio mozzafiato?
Sarebbe stato bello, sì, molto anche, pensò, ma loro non erano in un film, lui non ne era il protagonista e Rukawa non gli sarebbe mai corso dietro. Anche se, ricordando nei dettagli, invece, era quello che aveva fatto: aveva tentato di fermarlo prima che uscisse dalla sua camera, forse avrebbe voluto parlare.
Non credeva che Rukawa l'avesse baciato tanto per farlo tacere o perché ubriaco, la sbronza non c'entrava niente, se l'aveva fatto doveva esserci un motivo forte, molto forte dietro. Lo stesso che aveva spinto lui a interessarsi tanto alla sua storia passata con Sendo, lo stesso che lo spingeva a voler a tutti i costi che si accorgesse di lui e avere dal moro una sorta di riconoscimento, non solo per il basket, che in fin dei conti era solo una scusa per potersi avvicinare a lui, ma anche per le piccole cose.
Perché ci teneva tanto a vedere con lui una videocassetta? Perché voleva che fosse partecipe dei suoi successi o dell'acquisto di un paio di stupide scarpe nuove?
'Perché ne sei innamorato' questa era la risposta che aveva dato alla domanda di Rukawa.
'Perché ne sei innamorato' questa era la risposta a tutti quei suoi strani comportamenti.
Accidenti! Si era sul serio innamorato di Rukawa, di suo cugino e l'aveva baciato. Era il suo primo bacio ed era stato bellissimo! Kaede l'aveva corteggiato dolcemente, perché non avesse paura di lui ed eventualmente avesse la possibilità di rifiutarlo, se solo non avesse voluto quel contatto. Era stato gentile, gli aveva chiesto il permesso di sfiorarlo e Hanamichi stava per concedergli l'accesso alla sua bocca se solo non si fosse mosso! Se solo non gli avesse sfiorato la mano, un tocco leggero, ma simile a una scottatura.
Si allontanò dalla finestra, buttandosi a pancia sotto sul materasso, premendo il viso contro il cuscino.
"Mnghmngh!" si lamentò frustrato.
Che casino aveva combinato. Non doveva innamorarsi di lui, erano parenti e vivevano sotto lo stesso tetto. Con che coraggio avrebbe guardato in faccia la zia o sua madre? Sarebbe successo un macello se tra loro fosse nato qualcosa. Era sbagliato, totalmente sbagliato. Come era sbagliato innamorarsi di tutte quelle ragazze e dichiarare, imperterrito, il suo amore, anche se sapeva che era una causa persa. Doveva sempre fare la cosa sbagliata, anche quando si riprometteva di cambiare in meglio.
Non avrebbe avuto il coraggio di guardare Kaede negli occhi d'ora in avanti, lo sapeva. Questo perché era scappato senza affrontarlo, non avrebbe trovato la forza di parlargli, avrebbe incespicato tra le parole, chiedendo nuovamente scusa e Kaede non l'avrebbe sopportato, lui non sopportava le persone deboli e pasticcione.
Si voltò su un fianco e chiuse gli occhi, avrebbe cercato di riposare, doveva smettere di pensare: da solo non avrebbe ottenuto niente e si sarebbe solo fatto venire un gran mal di testa, se anche non l'avesse avuto per la sbornia, ormai totalmente dimenticata data la situazione, avrebbe avuto l'emicrania per il troppo rimuginare.
L'indomani avrebbe gestito qualsiasi situazione, in fondo, lui era un genio!
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"Davvero?" l'esclamazione sorpresa di Ayako lo distolse dai propri ricordi e Hanamichi, che non capiva il motivo di tanto stupore, la guardò confuso.
"Che strano, non siete rincasati insieme con Kaede?"
Hanamichi sussultò, sedendosi e cercando di non apparire rigido, limitandosi ad annuire.
"Solitamente ci vogliono le cannonate per svegliarlo, oggi invece si è alzato molto presto ed è da diverse ore che si allena in palestra. Mi sembra particolarmente di cattivo umore..." disse pensierosa, prima di aggiungere con un'alzata di spalle: "oh beh, ma quello lo è sempre, indipendentemente dal modo in cui lo si sveglia" commentò candidamente sorridendogli.
Hanamichi non disse niente, rispose con un piccolo mugugno, come a voler dire che non sapeva nulla di quella stranezza e si mise a far colazione.
Ayako rimase pensierosa a guardarlo: quei due non gliela contavano giusta, aveva lanciato apposta l'esca e Hanamichi, ingenuamente, e senza rendersene conto, aveva abboccato: aveva notato il cambio di espressione sul viso del rosso quando aveva nominato il fratello. E l'assenza di commenti per la particolarità di una volpe mattiniera le aveva dato da pensare: doveva indagare e sapeva anche chi le avrebbe potuto dare le prime importantissime informazioni.
La ragazza rimase a far compagnia al rosso, mentre questi mangiava, domandando che programmi avesse per la giornata, ma ancora Hanamichi non aveva deciso, forse avrebbe dovuto parlare con Kaede, ma non era sicuro al cento per cento che fosse una buona idea. Di sicuro era la cosa giusta da fare, ma non sapeva che reazione avrebbe avuto dall'altra parte: Kaede poteva benissimo ignorarlo, non rendendogli le cose affatto facili e, anzi, rendergli pan per focaccia come lui aveva fatto la notte precedente, sviando il discorso. Potevano essere delle possibilità e Hanamichi se le sarebbe meritate, di questo se ne convinse.
Aveva paura di affrontarlo, lui che era il capo di una banda e non si tirava indietro di fronte a niente, aveva paura di una semplice conversazione tra cugini. Aveva moltissimo da perdere, quel poco che entrambi avevano costruito sarebbe stato rovinato, se non lo era già, da un possibile chiarimento tra di loro e non voleva rischiare, non adesso che aveva capito cosa provava per quel bellissimo ragazzo.
Ayako lo vide pensieroso, rimuginare su qualcosa, mentre giocherellava con la tazza e guardava galleggiare una fetta di limone nel tè. Decise quindi di andarsene per lasciarlo tranquillo. Inoltre, era sempre più propensa a vederci chiaro e doveva agire alla svelta.
Si preparò velocemente, prendendo in prestito la bicicletta del fratello e, spedita, pedalò fino alla villetta di Sendo con un sorriso solare stampato in faccia.
Ci era già stata qualche volta con Kaede e l'ultima volta era stato per il compleanno di Akira, ricordava abbastanza bene la strada. Osservò la facciata e le persiane: nonostante il sole fosse già alto, erano ancora abbassate. Sorrise maliziosa, pensando che, forse, Hanamichi e Kaede non erano stati gli unici a fare le ore piccole la sera precedente.
Come fosse a casa sua, fece passare una mano al di là del piccolo cancelletto di legno e, dopo averne aperto la serratura, parcheggiò la bici all'interno del vialetto.
Arrivò sotto il portico e suonò il campanello.
Dlin-dlon! Attese...
Dlin-dlon! Tentò ancora...
Dlin-dlon! Silenzio assoluto in casa...
Dlin-dlon! Dlin-dlon! Dlin-dlon! Dlin-dlon!
"Si può sapere chi accidenti è?! Ti pare modo di... AYAKO!"
La ragazza sorrise: un incavolatissimo Mitsui, con i capelli tutti arruffati e un paio di occhiaie veramente antiestetiche, aveva aperto la porta di colpo, coperto solo da un paio di mutande scure.
"Ma allora ci siete?! Cominciavo a darmi per vinta!" disse candidamente, sorpassandolo per entrare e guardandosi intorno alla ricerca del padrone di casa.
"Oh... e non potevi farlo dopo il secondo tentativo fallito, come fanno tutti gli esseri umani? Che cosa ci fai qui, ma lo sai che ore sono?" domandò, grattandosi la testa e osservando Akira scendere dalle scale, sbadigliando con una mano davanti alla bocca.
"Io sì, siete voi quelli che, a quanto pare, hanno perso cognizione del tempo" fece furba.
"Hisa, chi è?" domandò il padrone di casa, ancora confuso, sentendo i due battibeccare.
"Nh" l'altro si limitò a indicare Ayako con il pollice, spostandosi poi in bagno per lavarsi il viso.
Non appena la vide, il giocatore del Ryonan sorrise, facendola accomodare in salotto.
"Ieri sera siamo rincasati tardi e poi... abbiamo fatto ancora più tardi" le disse senza scomporsi. Con Ayako non si faceva di certo problemi, erano buoni amici e se con Kaede aveva un'ottima intesa nel basket, con la sorella ne aveva altrettanta per quanto riguardava sfere differenti.
"A cosa devo l'onore di una tua visita, Ayachan?" le chiese curioso, accomodandosi davanti a lei su una poltrona.
"Ho bisogno di alcune informazioni sulla serata che avete passato ieri con i miei due ragazzi e sono contenta ci sia anche tu, Mitsui" si rivolse al ragazzo che era tornato in soggiorno e prendeva posto sul bracciolo della poltrona sulla quale si era seduto Sendo. Quest'ultimo gli sorrise e posò la testa sulla sua spalla: era ancora stanco e scosso dal sonno, ma comunque, ugualmente curioso di sapere cosa la loro ospite avesse da dire.
"È successo qualcosa?" chiese la guardia.
Ayako scosse il capo: "questo dovrete dirmelo voi! Avete per caso scambiato mio fratello con un alieno?" chiese divertita e i due la osservarono confusi, in attesa che si spiegasse.
"Questa mattina, quando mi sono alzata per andare al bagno, alle sette e mezza" specificò, "l'ho incrociato già vestito e pronto per uscire di casa a fare jogging. Allora, voi conoscete Kaede, vi risulta che lui si alzi prima del necessario in periodo di vacanza?"
I due ragazzi scossero il capo.
"Ecco, ho già detto tutto. Non l'aveva mai fatto! Non si sveglia in orario neanche quando deve disputare una partita importante: voglio dire, è vero che si allena fino a notte tarda e poi per questo fa fatica a svegliarsi, ancor più del solito, ma oggi... oggi era strano, aveva una faccia..." spiegò ricordando.
"Beh, ma magari non vuol dire niente, si sarà svegliato presto e non avrà avuto più sonno" suppose Mitsui stringendosi nelle spalle.
Ayako lo guardò oltremodo sconvolta, come fosse pazzo, mentre Sendo si piegava in due e tenendolo per un fianco, scoppiava a ridere.
"Amore, non credo proprio che una cosa del genere possa avverarsi neanche se dovessimo campare mille anni, credimi" lo prese dolcemente in giro.
"Esatto e, sopratutto, non è normale se pensate a quanto sto per dirvi adesso" fece con tono da vecchia signora pettegola, chinandosi in avanti come se non volesse farsi udire da altri che non fossero i suoi due interlocutori. "Hanamichi, che di solito è sempre mattiniero, si è svegliato tardissimo e con la faccia di chi non ha chiuso occhio per tutta la notte, perché costretto a rimuginare su qualcosa che lo tormenta" disse, ma lasciando intendere di non interromperla poiché non aveva finito. "Per di più, quando ho nominato mio fratello, ha fatto una faccia teneramente adorabile, ha sobbalzato, cercando di darmi a bene che fosse tutto ok, e senza commentare come suo solito" espose. "Ed è per questo che sono subito corsa da voi!" Tornò a sedersi composta, riprendendo a parlare con un tono di voce normale: "avanti, adesso voglio tutti i dettagli della serata, deve essere per forza successo qualcosa!" disse, posandosi comodamente sul divano, accavallando le gambe e incrociando le braccia.
I due fidanzati si guardarono l'un l'altro sorridendosi, poi si rivolsero ad Ayako: "premesso che non sappiamo cosa sia successo dopo che sono tornati a casa, potremo essere indirettamente responsabili di questo loro strano comportamento, solo in parte, però" si premurarono di mettere le mani avanti.
"Ieri sera ci siamo divertiti a lanciare delle esche..." spiegò Sendo per primo.
"Esche?" domandò confusa la ragazza.
"Sì, specialmente ad Hanamichi. Ricordi alla festa di Kogure? Ecco, gli ho raccontato di come sia nata la storia tra di noi" proseguì Mitsui guardando il suo ragazzo, "ma non gli ho detto la cosa più importante e cioè..." aggiunse prima che la riccia potesse interromperlo, "… quale è stato il motivo per il quale lui e tuo fratello si siano lasciati" terminò. "Il giorno che ci siamo incontrati per caso dopo la vostra giornata di shopping, avevo notato come Sakuragi, anche senza accorgersene, cercasse Rukawa con lo sguardo e il mio radar ha captato subito che il rossino ci stava nascondendo qualcosa..."
"A noi e a se stesso!" aggiunse Akira e Ayako gli sorrise complice.
"Allora non ero l'unica a essermene accorta!" parlò poi lei. "In realtà è stata una mossa azzardata, non abbiamo mai frequentato assiduamente la famiglia di Hanamichi e potevo aver frainteso determinati sguardi e sensazioni, ma vedo che non mi sbagliavo, io non mi sbaglio mai. Fin da piccoli c'è sempre stato qualcosa tra quei due e questo mi pare che sia il corretto epilogo" disse contenta.
"Ehi, non entusiasmiamoci troppo, però, non sappiamo cosa sia successo tra quei due" cercò di contenere il suo entusiasmo Sendo.
"No, ma qualcosa deve essere successo, non è tanto facile sconvolgere le abitudini del mio fratellino, lo conosco fin troppo bene per poter affermare con sicurezza che tra quei due zucconi ieri sia successo qualcosa. Posso solo fare delle supposizioni al momento, ma quello che è successo deve essere importante e conoscendoli o, meglio, conoscendo l'Hanamichi che abbiamo avuto modo di osservare ultimamente o hanno litigato o non si sono affatto chiariti" rifletté scuotendo la testa mora.
"Posso provare a parlare con Kaede..." tentò Sendo.
"Mh no, non mi pare un'idea saggia, non deve sapere che stiamo tramando alle sue spalle, se sospetta anche solo per un secondo che lo stiamo usando per divertirci, cosa che, ovviamente, non è nelle mie intenzioni, di noi non ne resterebbe niente, sappiatelo. E poi io non lo faccio per male, un po' sono curiosa, lo ammetto, ma voglio solo che lui sia felice, Hanamichi è la persona che può renderlo felice, ne sono sicura e so che anche Kaede lo sa, solo..."
"Solo che è troppo orgoglioso..." disse Sendo
"… e addormentato..." rincarò simpaticamente Hisashi.
"… che potrebbe precludersi un'adolescenza felice e serena... non voglio che soffrano, né lui né Hana, per quanto lo possiamo trovare divertente, dobbiamo tenere conto dei loro sentimenti. Non devono prendere il nostro interessamento come qualcosa di sbagliato, devono capire che si possono fidare di noi, per cui, chiedo il vostro aiuto ragazzi..." disse guardandoli seriamente, per far capire loro che adesso il tempo degli scherzi era davvero finito, "… aiutatemi ad aiutarli a essere felici" concluse sorridendo.
I due giocatori si guardarono l'un l'altro e sorrisero a loro volta alla ragazza.
***
Hanamichi stava fuori dalla porta della palestra, indeciso se entrare o meno. Avrebbe dovuto bussare o spalancarla con poca grazia e salutare con il solito 'baka kitsune'? Non lo sapeva, non sapeva come comportarsi.
Sapeva che Rukawa si stava allenando, gli arrivavano distintamente alle orecchie i suoni familiari dello stridere delle scarpe da ginnastica sul parquet e del pallone che, ritmico, rimbalza. Si accostò maggiormente alle porte di legno, aprendo appena uno spiraglio e sbirciando cauto: Rukawa si trovava esattamente a centro campo e provava finte e tiri da fuori area, gli stessi sui quali anche lui avrebbe dovuto esercitarsi e che a Kaede riuscivano benissimo.
Eppure nel suo gioco c'era qualcosa di stonato, gli sembrava molto affaticato, forse per le lunghe ed estenuanti ore che aveva passato là dentro senza sosta, cominciava a mancare qualche canestro, ma non pareva avere intenzione di fermarsi. Il suo gioco era particolarmente aggressivo: ogni slam dunk aveva una potenza che mai gli aveva visto, sembrava arrabbiato con il mondo intero, ma Sakuragi sapeva che la colpa era solo sua.
Si allontanò dall'uscio, accostando la porta, e andandosene: non era il caso di renderlo ancora più nervoso con una sua visita, forse avrebbero anche finito per litigare e non era quello che voleva. Stava scappando ancora, ma non era pronto, voleva avere ancora tempo per pensare, a che cosa non lo sapeva, ma gli sembrava l'unica cosa da fare. Non poteva cambiare quello che era stato, per cui a che pro tergiversare ancora? Con un sospiro, si allontanò dal cortile uscendo in strada e cominciando a correre, in spalla la borsa da basket e tanta voglia di giocare: aveva promesso che si sarebbe impegnato nel basket e aveva tutta l'intenzione di non saltare un giorno, forse anche a lui avrebbe fatto bene allenarsi per scaricare un po' di tensione.
Dopo una serie di palleggi sul posto, pronto per un tiro libero, Kaede fermò la palla tra le mani stringendola: irrigidì i muscoli delle braccia e poi con forza la scagliò alta contro il tabellone. Con la fascetta nera che portava al braccio si deterse il sudore e respirò affannosamente, ringhiando tra i denti un'imprecazione.
"Doaho!" sbottò alla fine.
Non gli era mai successo prima: quando giocava a basket tutto il resto del mondo veniva chiuso fuori dalla porta, ma pochi istanti prima, non sapeva come, quello sguardo insistente su di sé l'aveva avvertito chiaramente. Era stato solo un attimo e con la coda dell'occhio l'aveva scorto che lo spiava attraverso le porte socchiuse: perché non era entrato? Cosa voleva ancora da lui ?
La sera precedente era stato chiaro: era stato un errore! E allora perché si comportava come se avesse fatto qualcosa di irreparabile? Aveva sbagliato, benissimo, l'avrebbe accettato: fai un errore, chiedi scusa e poi tutto come prima. Era così che doveva andare! Lui sarebbe riuscito a passarci sopra e dimenticare, se l'era ripromesso quella mattina, mentre correva per schiarirsi le idee, aveva raggiunto un equilibrio e in un momento, Hanamichi, con un solo sguardo, era riuscito a rovinare tutto.
Odiava sentirsi così vulnerabile e colpevole.
'Maledizione!'
Abbandonò il pallone al centro del campo e salì in casa a farsi una doccia, ormai non aveva neanche più voglia di allenarsi.
***
"Mmmmm"
"..........."
"Mmmmm"
"..........."
"Mmmmm"
"..........."
"Ah, basta, mi arrendo! Ci rinuncio!" sbottò Sakuragi, soppesando la palla e sedendosi per terra al centro del campo e la leggera ghiaia del campetto che si appiccicava alle sue gambe scoperte. "Tanto è tutto inutile!" decretò, osservando di sbieco il canestro. Erano ore che si allenava e non era riuscito a fare un centro che fosse degno di questo nome.
"Dov'è che sbaglio?" chiese alla palla, mentre la teneva ferma sull'asfalto con un dito e con l'altra mano la faceva roteare su se stessa.
"Sono i gomiti, vanno messi a un'angolazione precisa, devi fare tua questa tecnica e poi ti verrà naturale, senza aver bisogno di pensarci" una voce a lui nota lo fece sobbalzare. Si voltò di scatto e vide Mitsui avanzare nella sua direzione.
"Ah, sei tu, mi hai spaventato?" rispose, tornando a guardare sconsolato per terra. La faceva facile lui: era il migliore in quel tipo di tiri.
"Ahahah e chi credevi che ti avesse risposto, la palla?" rise, rimanendo in piedi accanto a lui e tendendogli una mano per aiutarlo ad alzarsi.
Hanamichi l'afferrò, poi disse con un mezzo sorriso: "magari, sarebbe di grande aiuto se anche lei collaborasse."
Hisashi lo osservò serio esprimere quel desiderio e si mise a ridere, andando a sedersi sulla panca.
"Di nuovo da queste parti, ci incontriamo sempre qui! Che fai mi pedini?" chiese Hanamichi dubbioso, inarcando un sopracciglio.
"No, che dici! Stavo tornando a casa, per quanto, ogni volta, non veda l'ora di uscirne, ogni tanto penso che i miei gradirebbero sapere che sono ancora vivo" rispose ironicamente il moro.
Hanamichi lo scrutò, poi chiese: "scusa, ma non sarai stato da Sendo tutto il giorno?" strabuzzò gli occhi quando si rese conto che la sua sembrava proprio una domanda retorica.
"Ahn ahn!" sorrise semplicemente l'ex teppista.
Sakuragi neanche commentò, intristendosi un poco e sospirando: li invidiava, erano così tranquilli e si erano trovati, come accade veramente in rare eccezioni e poi stavano così bene insieme.
"Ehi, Hana tutto bene?" chiese Mitsui, vedendolo così abbattuto. "Vedrai che riusciranno anche a te quei tiri, devi solo capire il meccanismo e lasciare che il tuo corpo impari quei gesti, facendoli propri" lo incoraggiò. Hanamichi lo guardò di sottecchi: "che fai, ti preoccupi per me?" lo sfotté un poco, era a dir poco strano il modo in cui gli si rivolgeva.
"Mi sembra il minimo, anche se magari per te non sarà così, io ti considero mio amico, sebbene ci conosciamo da poco tempo" gli disse sincero.
"No, che dici, anche io ti considero mio amico..."
"Bene allora... e sono certo che se chiedi a Rukawa di seguirti per i primi tempi non ti..."
"Oooh lascia perdere, non è per i tiri che sono depresso e non è neanche il caso che parli con la volpe... abbiamo litigato..." si morse un labbro, rendendosi conto solo dopo di aver detto una parola di troppo.
Guardò Hisashi indeciso e il ragazzo lo osservava senza capire. Cosa doveva fare? Aveva bisogno di parlare con qualcuno, aveva bisogno di un consiglio da chi conosceva un poco Rukawa e che avesse più esperienza di lui in quel campo, per quanto non l'avrebbe mai ammesso gli serviva anche quello. Non voleva però fare la figura dello scemo inesperto. Avrebbe tanto voluto Yohei al suo fianco in quel momento. Lui sarebbe riuscito a tirargli su il morale, ma per quanto, durante tutto il giorno, avesse avuto la tentazione di chiamarlo, per telefono sapeva che non sarebbe stata la stessa cosa: Yohei riusciva sempre a capirlo guardandolo negli occhi e questo non era possibile al momento.
"Cosa è successo? Ieri mi sembrava che, nonostante tutto, sia tu che lui vi siate divertiti" provò.
"Già... questo prima..." si strinse nelle spalle.
"Prima...?"
Hanamichi lo guardò, ancora indeciso e Hisashi, rendendosi conto del suo nervosismo, prima che potesse fraintendere quel suo comportamento, lo precedette: "ok scusa, non volevo essere indiscreto, se non ti va di parlarne... è che ti vedo giù e non lo eri mai stato. Beh, se ti aiuta, sappi che sono sicuro che qualunque incomprensione ci sia stata..."
"Ci siamo baciati" disse, interrompendolo.
"… si aggiuster... CHE COSA?" urlò.
"Ehi, che ti gridi, teppista, vuoi che ti dia una testata?!" disse il rosso, allontanandosi da lui: gli aveva urlato nelle orecchie.
Mitsui si ricompose, poi si fermò a osservarlo palesemente sorpreso: quello era stato l'esito della loro serata? Non l'avrebbe creduto, sperato sì, ma che succedesse così presto...
"Scusa, ma..."
"Eravamo ubriachi e una chiacchiera tira l'altra e non so come sia successo, lui si è avvicinato e io anche e pchu... è successo!" riassunse.
"Eh?!" fu l'unica cosa che riuscì a dire il senpai.
"Oh, ma sei sordo?" Hanamichi stava cominciando a spazientirsi: per lui era già difficile confidargli una cosa del genere, non voleva affatto ripeterglielo.
"No scusa, è che io..."
"Non dire che non lo sapevi o non l'immaginavi! È anche colpa tua, teppista da quattro soldi!" si offese, fulminandolo con lo sguardo.
L'espressione confusa della guardia la diceva lunga sui propri pensieri.
"Sì, certo! Non sono così doaho da non essermene accorto. Hai fatto di tutto per mettermi nel dubbio, tu e quel tuo puntaspilli di ragazzo. Mi avete parlato della passata relazione di Kaede solo perché approfondissi l'argomento. Questo non doveva accadere... io non dovevo..."
'Innamorarmi di lui...' concluse tra sé, interrompendosi, però, prima di pronunciarlo.
No, non l'avrebbe ripetuto ancora una volta: non doveva né pensarlo, né tanto meno esprimerlo a voce alta, o sarebbe stata la fine. Sapeva che, se anche l'avesse fatto solo con se stesso, ammettere di essersi innamorato di Kaede, se avesse continuato a pensarla come una cosa plausibile, avrebbe finito per accettarlo e considerarla una cosa giusta. E questo non poteva permetterselo!
"Tu...?"
"No, lascia stare, quello che abbiamo fatto è stato un errore, perché eravamo ubriachi. Io poi sono andato via scusandomi e la mia parte l'ho fatta. Basta chiuso, fine della questione!" decise, alzandosi e rimettendo asciugamano e pallone nella sacca in modo irruento e meccanico dato l'imbarazzo e il nervosismo.
"No, aspetta, cosa hai fatto? Cioè, l'hai baciato e poi te ne sei andato chiedendo scusa?" ripeté.
"Già..." rispose a mezza bocca Sakuragi, continuando a trafficare con la zip della sacca.
"HANA!"
"Che c'è?" si esasperò il rosso. "Lo sapevo che non dovevo dirti niente, adesso smettila per favore!" si gettò la sacca sulle spalle e cominciò a incamminarsi.
"Sei scappato così anche da Rukawa?" chiese la guardia, alzandosi a sua volta dalla panca e obbligandolo in quel modo a fermarsi.
Hanamichi si immobilizzò, ma non si volse di nuovo verso l'amico. Hisashi si avvicinò a lui piano: "Hana, non ti sto giudicando, io voglio solo capire... e voglio aiutarti."
"Puoi cancellare quello che è stato?" chiese retorico Hanamichi, arrabbiato adesso anche con il giocatore che sembrava non voler capire come lui si sentisse. Ma non gli diede il tempo di rispondere che aggiunse: "no, non si può cancellare, allora non puoi fare niente" si impuntò in modo anche piuttosto infantile, riprendendo a camminare.
"Fermati!" gli ordinò Mitsui, frapponendosi tra lui e la recinzione, impedendogli l'uscita dal campetto. "Mi spiace che te la sia presa, non volevo costringerti a confidarti con me, ma sappi che ti puoi fidare, non andrò di certo a parlare con Rukawa se questo ti spaventa e non ci vedo nulla di male in quello che hai fatto, anzi sono contento..."
"Non esserlo, quello tra me e Kaede è stato un errore, non doveva succedere!" ringhiò ancora, stringendo gli occhi, come se potesse far tornare indietro il tempo.
Mitsui gli sorrise, anche se Hanamichi non poté vederlo e, calmo, disse: "non doveva succedere o non volevi che accadesse?"
Hanamichi non colse subito e si strinse nelle spalle mesto: "che differenza fa?"
"Se ci pensi bene, c'è differenza, Hana e tanta..." gli disse con un tono di voce che ad Hanamichi non piacque e gli fece capire l'importanza che poteva avere usare un verbo al posto di un altro.
Mitsui aveva ragione: non doveva accadere e di questo ne era sicuro, ma ciò non cancellava il fatto che lui quel bacio l'avesse voluto e molto e che, probabilmente, lo volesse davvero anche Rukawa.
Sakuragi si stizzì nuovamente alla luce di quel nuovo ragionamento e tornò alla carica, snocciolando le sue motivazioni: "tu la fai facile, non capisci, in questo modo ho rovinato quello che potevamo essere e cioè una famiglia" precisò perché il ragazzo non fraintendesse, "e ho distrutto quel poco che avevo costruito con lui, sai che non ci siamo mai sopportati? Poi arrivo io, con questi sentimenti idioti e dico delle cose e ne faccio altrettante che... che... che casino!" lasciò andare le spalle, rilassando i muscoli, stanco.
Mitsui gli mise una mano sul braccio, cercando di incoraggiarlo: "secondo me l'unico errore che hai fatto è stato non parlargliene, non quello che provi o stai cominciando a comprendere di provare per lui, Hana" gli disse saggio. Hanamichi non rispose, limitandosi a guardarlo.
"Andiamo!" gli disse il ragazzo più grande, uscendo con lui dal campetto e facendosi compagnia, in silenzio, per un tratto di strada.
"Hana, se non ti muovi, io me ne vado!" la voce di Ayako, affacciata alla finestra, urlava con poca grazia in modo che il ragazzo, nella dependance, la sentisse forte e chiara, mettendolo in allerta.
"Arrivoo!" Hanamichi, saltellando su un piede, tentando di allacciarsi una scarpa e strette tra i denti le chiavi del portone, cercava di guadagnare tempo facendo più cose contemporaneamente: sapeva che Ayako avrebbe mantenuto la parola e l'avrebbe lasciato da solo. Quella sera la cugina l'aveva invitato a fare una passeggiata dopo cena con lei e le sue amiche, in quei giorni l'aveva visto piuttosto giù e voleva che si svagasse.
"Sono solo dieci minuti, che sarà mai!" borbottò tra sé il ragazzo: non aveva neanche avuto il tempo di asciugarsi i capelli. Era rientrato tardi dal suo allenamento al campetto e si era dovuto fermare a cenare, ancora prima di riuscire a farsi una doccia rigenerante. Poi Ayako, che aveva deciso l'orario di incontro con le ragazze, senza consultarlo, l'aveva spedito a cambiarsi e rendersi presentabile, ma il tempo a disposizione per farlo era veramente contato.
Hanamichi risalì correndo le scale interne che del cortile portavano alla villa, entrando di corsa in soggiorno e fermandosi confuso: la tv era accesa e, a volume bassissimo, trasmetteva un vecchio film in bianco e nero, di quelli romantici e che piacevano molto a sua zia. Nessuno, però, era seduto a guardarla: Miyako doveva averla dimenticata accesa e magari si era anche appisolata.
Il rosso si avvicinò per salutarla e raccomandarle di non dormire sul divano, ma, non appena si sporse oltre la spalliera, le parole gli morirono in gola quando, al posto della donna, trovò invece Rukawa.
Improvvisamente chiuse velocemente la bocca per evitare anche il più piccolo sospiro e si allontanò di colpo: era troppo vicino a lui e non si aspettava assolutamente di trovarlo lì. Doveva andarsene in silenzio per non svegliarlo, ma le sue gambe non ne volevano sapere di muoversi, anzi, invece di dirigersi verso l'ingresso, si mossero circumnavigando il divano e ponendosi di fronte al ragazzo. Hanamichi, come spinto da una forza magnetica, si sedette sul tavolino basso fermandosi a osservar e il cugino: era steso pancia sotto, un braccio piegato sotto la testa, la mano che a malapena riusciva a reggere il telecomando e l'altro mollemente abbandonato verso il basso con le dita che sfioravano le trame del tappeto morbido. Dormiva serenamente, il fiato usciva caldo e lento dalle sue labbra socchiuse e, quando si chinò per prendere il telecomando e spegnere il televisore, avvertì chiaramente il suono del suo respiro.
Si tese verso il ragazzo disteso, poggiando i gomiti sulle proprie gambe, rimanendo in quella posa osservandolo più da vicino: il cuore gli batteva furioso nel petto, per l'effetto che il solo vederlo gli provocava e per il timore che, da un momento all'altro, potesse svegliarsi e sorprenderlo a contemplarlo. Eppure non riusciva a staccare gli occhi dal suo viso.
Era la prima volta, dopo molti giorni, che riusciva a stare nuovamente solo con lui e a una distanza così ravvicinata, ma d'altronde, cosa poteva pretendere? A chi dare la colpa se non a se stesso: era solo merito suo se la distanza tra loro era nuovamente aumentata. Hanamichi sembrava essersi impegnato con tutto se stesso per evitarlo e per non doverlo affrontare. Anche quando, per cause di forza maggiore, dovevano stare nella stessa stanza, per esempio nelle ore dei pasti, Sakuragi non lo degnava di uno sguardo, per lo meno non in maniera diretta: si era sorpreso, a volte, a gettargli qualche veloce occhiata per assicurarsi che andasse tutto bene. E, per non destare sospetti nei parenti, si comportava come al solito: rideva e faceva baccano, ma non gli si rivolgeva mai direttamente. Non che Rukawa lo coinvolgesse in chissà quali discorsi: al contrario si era chiuso ancor di più in se stesso e partecipava a stralci di conversazione, ma giusto per non sentirsi protagonista di una paternale che, in quel momento, era l'ultima cosa che gli serviva. Come per un tacito accordo, i due ragazzi avevano cominciato a ignorarsi, ma cercando di non far intendere a terzi il tipo di situazione nella quale erano coinvolti: ci mancava soltanto che i suoi genitori si mettessero in mezzo e cominciassero a fare domande, la situazione era già abbastanza critica di suo.
Hanamichi sospirò, era stanco di tutta quella situazione: fingere che andasse tutto bene non era mai stato il suo forte e, meno male, che in casa ancora non erano riusciti a capire i suoi sguardi e le sue espressioni. Se fosse stato a Kanagawa e sua madre l'avesse guardato in faccia, avrebbe capito immediatamente che aveva messo su una maschera di facciata e si stava sforzando come non mai per apparire il solito.
Forse anche Kaede doveva essere esausto: essere sempre arrabbiati e con il broncio non era di certo facile, specie se si dovevano sopprimere dei forti sentimenti e non ci si poteva sfogare.
Sakuragi non era certo così sciocco da pensare che a Kaede tutto quello andasse bene, era convinto che, al contrario di lui, non fosse riuscito a parlare con nessuno di quanto accaduto tra loro. Lui, anche se poi non aveva trovato soluzione alcuna, aveva parlato con Mitsui che, contro ogni aspettativa, si era dimostrato disposto ad ascoltarlo e aveva avuto una buona dose di saggezza per la sua situazione: Hanamichi sapeva che aveva parlato bene e che quelle considerazioni venivano dal cuore.
Un sospiro più forte degli altri fece temere al rosso che sarebbe stato presto scoperto, ma Rukawa si limitò a nascondere un poco di più il viso contro il braccio, cercando, molto probabilmente, una posizione più comoda, ma senza svegliarsi.
Sakuragi si ritrovò a sorridere: lo trovava molto tenero così addormentato sul divano, esausto come un bambino e la propria mano si mosse da sola, correndo verso quel viso candido e perfetto per scostare una ciocca scura e portargliela dietro l'orecchio. Questo era quello che avrebbe voluto fare, ma riuscì a fermarsi giusto in tempo, prima che potesse sfiorarlo: il suo buon odore gli dava alla testa, facendogli perdere il controllo, doveva andarsene subito. Si alzò di colpo dal tavolino, muovendo un passo per andarsene, ma poi si voltò di nuovo a osservarlo. Si spostò dietro il divano, aprì un armadio e ne estrasse una coperta leggera: era vero che fuori c'era caldo, ma Rukawa aveva avuto la brillante idea di addormentarsi esattamente di fronte alla pompa dell'aria condizionata e questo non era salutare. Il rosso spiegò la coperta e gliela adagiò sulle spalle, non riuscendo a impedirsi di sfiorare velocemente i suoi capelli, come se fosse un soffio di vento improvviso e fugace. Sentendo poi il cancello automatico aprirsi, si decise a muoversi per raggiungere Ayako: adesso aveva veramente bisogno d'aria.
***
"Ragazzi! Come mai ci avete messo tanto?" Haruko corse incontro ai due non appena li vide arrivare. Ayako diede una gomitata sul fianco del cugino, rimproverandolo con lo sguardo.
"E dai, ti ho chiesto scusa... la prossima volta sarò puntuale, ma poi, per così poco, uff!" si scusò ancora.
"Umpf, sempre se ci sarà una prossima volta!" disse lei: odiava arrivare in ritardo, possibilmente era sempre qualche minuto in anticipo, era fatta così.
"Hanamichi, da quanto tempo! Sono contenta che tu sia venuto, ma Rukawa?" mormorò la ragazza, guardandosi attorno un po' delusa per l'evidente assenza del moro.
"Oh, Kaede si è allenato molto oggi ed era stanco: è un po' nervoso ultimamente, Haruko, quindi è bene che sbolla per conto proprio" rispose la riccia, guardando di sbieco Hanamichi. La Akagi colse il gesto e si rivolse al rosso, posandogli una mano sul braccio, di modo che le desse attenzione: "oh, Sakuragi, non avrete nuovamente litigato?" chiese. Miki, accanto a lei, la guardò scuotendo la testa: quando si parlava del moretto non c'era verso di riuscire a distrarre Haruko, faceva sempre così.
"Ehm... no, noi... niente di preoccupante Harukina, solo qualche rivalità in campo, ma il Tensai è superiore alla stupida volpe, vedrai che lo ammansirò eh eh" rise, senza troppo entusiasmo, però: si odiava moltissimo per quella bugia, ma che altro poteva fare?
"Speriamo..." sospirò solo la ragazza, prima di proporre loro una passeggiata fino al negozio di gelati in fondo alla strada: per tirarsi su non vi era niente di meglio di qualcosa di dolce.
Arrivarono alla gelateria e Hanamichi prese le ordinazioni di tutte le ragazze, chiedendo loro di prenotare un tavolino. Le raggiunse pochi minuti dopo con quanto desiderato dalle amiche sfoggiando il suo sorriso migliore.
"Oh grazie, Hanamichi!" disse Haruko tutta contenta, gustando la sua prima cucchiaiata di gelato al cocco. Il rosso sorrise e tutti insieme cominciarono a chiacchierare. Hanamichi in realtà, per quanto le ragazze gli stessero simpatiche, non si sentiva propriamente a suo agio, in fondo non poteva partecipare attivamente ai loro discorsi, erano pur sempre argomenti di tipo femminile e si nominava un po' troppo spesso la volpe per i suoi gusti. Aveva accettato di uscire per non pensare a lui e puntualmente c'era qualcuno che glielo ricordava, inoltre cominciava a essere geloso di tutto quell'interesse nei suoi riguardi e la cosa non andava affatto bene.
"Eh, tu sì che sei un uomo fortunato Hanachan, beato tra le donne!" il simpatico commento, fatto da un sorridente Sendo, servì ad Hanamichi per distrarsi dai propri pensieri.
"Eh?!" disse il rosso, non aspettandosi di vederlo quella sera.
"Salve, ragazzi!" salutò Ayako, guardando complice Akira, in compagnia di Maki e Nobunaga. Hanamichi non vedeva i due da un sacco di tempo.
"Che ci fai con loro?" domandò stupito il rosso, guardando oltre le sue spalle alla ricerca della sua dolce quanto inseparabile metà.
"Oh, è inutile che lo cerchi" disse con tono di voce affranto. "Hisakun, non c'è..."
"Nh?!" e adesso perché faceva così? Hanamichi non capiva.
"È stato punito!" spiegò. "Ultimamente non è stato molto presente in casa e i suoi l'hanno costretto a una settimana di astinenza dal sottoscritto, in più dovrà seguire dei corsi di recupero privati a causa dei suoi scarsi risultati. La famiglia è molto severa a riguardo e, avendo già perso un anno, non vogliono che questo accada più" spiegò. "Per cui devo ripiegare su loro!" terminò con un sorriso.
"Oh, scusaci se non siamo all'altezza, tra l'altro ti sei anche autoinvitato!" lo riprese Nobunaga un po' piccato: se fosse stato per lui avrebbe di gran lunga preferito stare da solo con il suo capitano, ma Sendo si era aggregato senza staccarsi.
"Non offenderti, ma questo nostro incontro è stato fortunatissimo, stavo andando da voi, Ayako, per far uscire tuo fratello. Sai che mi ha sbattuto il telefono in faccia, ordinandomi di non farmi vedere e che lui non sarebbe uscito?" le disse con tono palesemente sconvolto, poi sorrise birbante. "Io, però, non volevo arrendermi e sono uscito per andare personalmente a farlo uscire dalla tana, quando ho avuto questo simpatico imprevisto" sorrise. "Però..." continuò senza riprendere fiato tra una considerazione e l'altra, "adesso che ci penso, Hana, potevamo uscire io e te! La prossima volta faremo così!" gli sorrise e Hanamichi poté solo annuire. Sendo aveva la straordinaria capacità di trovare il buono in ogni situazione, aveva sempre il sorriso pronto e non si scoraggiava di fronte a niente. In quel momento particolare, gli sarebbe piaciuto avere un po' della sua forza di spirito.
Quella sera, allora, il gruppetto si allargò ulteriormente: i nuovi arrivati si unirono al tavolo di Hanamichi e passarono una piacevole serata tutti insieme. Spesso Sendo e Ayako si scambiavano qualche occhiata d'intesa e Akira non perdeva occasione, quando Hanamichi si estraniava momentaneamente, di riportarlo al presente, evitando in questo modo che pensasse troppo ai fatti suoi.
Quando rientrarono a casa era mezzanotte passata e Hanamichi, passando per il salotto, vide che il divano era vuoto e la coperta ripiegata sullo schienale: Rukawa doveva essere andato a dormire e chissà se, una volta svegliatosi, si era interrogato sul perché fosse coperto e chi avesse potuto avere una simile premura per lui.
Per quanto volesse evitare di farlo, pensava continuamente a lui, consapevole del fatto che, fino a che non avessero chiarito, non sarebbe riuscito a toglierselo dalla testa.