Titolo: Can I help you?
Fandom: RPF - Hey! Say! JUMP
Personaggi: Arioka Daiki, Yamada Ryosuke
Pairing: Ariyama
Rating/Genere: R/AU, romantico
Warning: slash
Wordcount 2.658
fiumidiparoleNote: la storia è scritta per la quarta edizione del
mmom indetta da
mmom_italia per il set Showtime con il prompt ‘Hai bisogno di aiuto?’ e per la
500themes_ita con il prompt ‘Tempi disperati, rimedi disperati’.
Disclaimer: I protagonisti di questa storia non mi appartengono, non li conoscono personalmente e i fatti di seguito descritti non hanno fondamento di verità. La storia non è scritta a scopo di lucro.
Il titolo è preso dall’omonima canzone di T. Ferro, ma con esso non ha nulla a che fare, semplicemente me la sono canticchiata per quasi tutto il tempo in cui scrivevo.
Tabella:
Set ShowtimeTabella:
500themes_ita “Ciao, Dai-chan!”
Yamada salutò il vicino di casa con un grande sorriso quando questi gli aprì la porta di casa, salutando alle sue spalle anche la madre dell’amico: “Arioka-san!”
“Oh, Ryo-chan, bene arrivato, accomodati!” lo accolse gentile la donna, mentre si cambiava le scarpe, pronta per uscire. “Grazie per essere passato sei molto gentile a fare questo favore a Daiki!” gli disse grata, prendendo la borsa e accarezzando la guancia del figlio con una mano con fare affettuoso. “Tesoro, io torno tra poco, non dovrei metterci tanto!” assicurò.
“Mamma, stai tranquilla, posso badare a me stesso e nel caso mi servisse qualsiasi cosa c’è Yama-chan, giusto?” le ricordò, guardando il più piccolo che annuì, tranquillizzando la donna.
“Non si preoccupi, mi occuperò io di Dai-chan! E mi assicurerò che faccia i compiti!” scherzò, mostrando i quaderni con gli appunti che aveva ricevuto dall’insegnante responsabile della classe di Arioka.
“Va bene, allora!” annuì la donna, più tranquilla, guardando i due ragazzi. “Io vado!”
“A più tardi, mamma!” la salutò Daiki, muovendo una mano in sua direzione e Yamada l’accompagnò alla porta, chiudendosela poi alle spalle.
“Scusa…” sorrise Daiki una volta rimasti soli e Yamada scosse il capo.
“Non ci sono problemi!”
“Si preoccupa sempre troppo!” spiegò il più grande scortando l’amico in salotto e spegnendo la televisione che stava guardando per intrattenersi nel mentre che aspettava l’arrivo di Ryosuke. “E da quando mi sono fatto male è diventata ancora più apprensiva!” specificò, indicando l’ingessatura al braccio destro.
“La capisco… anche se siamo grandi per loro non cresceremo mai! Anche mia madre è così” affermò il più piccolo, sedendosi a terra, poggiando le ginocchia sul cuscino, sistemandosi davanti ad Arioka. “Come va a proposito?” chiese all’amico.
“Inizio a migliorare… è passata solo una settimana, ma mi sto abituando. A volte mi prude tantissimo e devo usare questo bastoncino” gli spiegò, mostrandogli l’oggetto di cui stava parlando, posandolo poi sul tavolo. “Hanno detto che è normale, ma alle volte mi sembra di impazzire!” ridacchiò, prendendo i quaderni che Yamada gli tese già aperti alla pagine della lezione che doveva studiare quel pomeriggio.
“Grazie!” gli disse, osservandolo prendere i propri libri di testo. “Yama-chan, sei sicuro di poter stare qui con me? Se vuoi andare a casa…”
“Dai-chan!” lo interruppe il più piccolo che già sapeva cosa l’altro gli avrebbe detto, come ogni pomeriggio da una settimana a quella parte. “Non mi crea alcun fastidio farti compagnia, né rallenti il mio studio. Anzi, sono più incentivato, a casa mi distraggo molto facilmente se sono da solo.”
Daiki rise: “Solitamente ci si distrae se si è in compagnia, non il contrario. Sei buffo, Yama-chan!”
Yamada fece una smorfia con la lingua, stringendosi poi nelle spalle: “E poi io do una mano a te e tu a me se non dovessi capire qualcosa. Mi sto preparando come si deve per il prossimo test e se lo passo con un voto decente sarà solo merito tuo!” gli diede conto.
“Ma cosa dici? Se va bene è perché tu hai studiato!”
“Ma tu mi aiuti molto, hai già fatto queste cose e quando le spiega il professore non ci capisco nulla. Tu invece sei molto bravo!”
Daiki gli sorrise, prendendo un foglio e una penna iniziando a scrivere qualcosa.
“Grazie! E tu sei un bravo allievo!” gli disse, guardandolo divertito e restando poi in silenzio, concentrandosi ognuno sulla propria materia di studio.
Non era passata che una buona mezz’ora da quando si erano concentrati sui rispettivi compiti che Yamada si stiracchiò, coprendo uno sbadiglio con una mano: nonostante studiare con Daiki gli riuscisse abbastanza semplice rispetto a quando lo faceva da solo, questo non toglieva che la cosa lo annoiasse comunque oltremodo facendogli venire sonno.
Posò la penna sul tavolo, facendo una pausa, portando indietro le mani sul pavimento, guardando Daiki lavorare, il più grande riusciva a estraniarsi completamente quando studiava, Yamada non capiva come ci riuscisse e doveva ammettere che a volte invidiava proprio molto quella sua capacità di lasciare all’esterno ogni cosa. Per lui già era difficile di base, poi quando si trovava insieme all’amico d’infanzia era anche peggio, ma questo era un altro discorso, si disse.
Sospirò piano per non deconcentrare Daiki, rimettendosi a scrivere, finendo di risolvere un esercizio, sentendo poi l’altro lamentarsi e muoversi sul tavolo; sollevò lo sguardo e lo trovò che litigava con foglio, squadretta e matita e sorrise.
“Dai-chan!” lo chiamò divertito, alzandosi e aggirando il tavolo, inginocchiandosi al suo fianco “Hai bisogno di aiuto?” gli chiese, tenendogli gli angoli alti del foglio, sentendo l’altro ringraziarlo e sollevare il braccio ingessato, puntando il gomito sulla squadretta cercando di tenerla ferma per tracciarne una riga dritta, ma senza successo.
“Oh, accidenti!” imprecò a bassa voce il più grande, prendendo la gomma per cancellare e Yamada sorrise.
“Aspetta!” gli disse, prendendogli di mano la gomma e terminando lui di ripulire il foglio, scuotendo via le briciole bianche, spostandosi ancora, posizionandosi dietro le spalle di Arioka; allungò le mani in avanti sul tavolo, sistemandogli la squadra in linea con il foglio, tenendoli fermi entrambi: “Prova adesso?” suggerì a voce bassa parlando contro il suo orecchio e Daiki tracciò una perfetta linea retta.
“Hai visto?” Yamada parlò di nuovo, lasciando penzolare un braccio sulla spalla del più grande, battendogli la mano sul petto, poggiando l’altra sul braccio ingessato, guardandolo in viso e spostando poi lo sguardo, incurvando leggermente le labbra.
“Hai bisogno di una mano?” domandò di nuovo e Daiki solo in quel momento parve riscuotersi, riuscendo finalmente a guardarlo.
“No, grazie, ho fatto era solo…”
“Non mi riferivo allo schema…” precisò Ryosuke, sollevandosi meglio dritto sulle ginocchia, adagiandosi con il petto alla schiena di Arioka, indicando verso il basso, precisamente tra le sue gambe, alludendo alla sua erezione.
“Oh, accidenti!” imprecò di nuovo Daiki, spostando le gambe per coprirsi, nonostante ormai Ryosuke già si fosse accorto delle sue condizioni, fermato però dal più piccolo che gli posò una mano sulla coscia.
“Aspetta…” gli disse Ryosuke con voce roca e il fiato pesante, cosa di cui Daiki si accorse e spostò su di lui gli occhi, guardandolo. “Non mi dà fastidio…” continuò Yamada, parlando piano. “Sono… ecco, è colpa mia?” volle sapere il vicino di casa, allontanandosi da lui, sedendosi al suo fianco, in modo da stare però l’uno di fronte all’altro, speculari, posandogli la mano sulla gamba.
“Mi dispiace” si scusò subito Arioka. “Non voglio che questa cosa crei dei problemi tra noi. Solo non ti ho mai detto nulla perché non volevo rovinare la nostra amicizia e poi io non mi aspetto niente” assicurò. “Solo che ultimamente sei sempre stato qui e, insomma, adesso mi hai preso alla sprovvista, non ero pronto ad averti così vicino e… mi dispiace, Yama-chan!” gli disse molto velocemente, chinando il capo, sperando che l’amico non si spaventasse e capisse che più di qualsiasi altra cosa teneva alla loro amicizia e non voleva in alcun modo rovinarla.
“Dai-chan!” lo richiamò Yamada, portandogli una mano alla fronte, facendo in modo che risollevasse il viso per guardarlo. “Dai-chan, non c’è bisogno che ti scusi. Io…” rise appena, imbarazzato. “Sono io che dovrei scusarmi perché in un certo senso sono stato felice che ti fossi fatto male e ho approfittato di quello che ti era successo per poter passare maggior tempo insieme e poterti vedere di più” confessò.
“Aspetta!” Daiki scosse la testa, guardandolo sorpreso. “Vuoi dire che io ti piaccio?” precisò.
Yamada annuì.
“Sì e non poco e…” rise appena, “… e non da poco…” specificò. “Solo che ho sempre pensato che per te io non fossi così importante, a volte mi sentivo una specie di peso.”
“Un peso?”
“Sì, un ingombro… anche se abbiamo solo due anni di differenza, ho pensato che una volta che tu fossi entrato alle superiori avremo avuto due vite separate, diversi interessi e… però quando sono riuscito a entrare nella tua stessa scuola ero felice perché potevamo vederci tutti i giorni per andare a scuola, tu non avresti sospettato di niente e…”
Daiki non gli permise di continuare a parlare, allungando un braccio in avanti, attirandolo verso di sé posando le labbra sulle sue tacitandolo con un bacio, schiudendole per assaporare quelle del più piccolo, il quale sospirò, assecondando quel gesto e sorridendo quando si separarono.
“Da quanto va avanti questa storia?” gli chiese Arioka, sentendo il proprio cuore battere veloce per la felicità di scoprire che Ryosuke ricambiava i suoi sentimenti.
“Mh” Yamada si fece pensieroso un istante. “Da quando mi sono reso conto di essere innamorato di te? Forse due anni, anche se non credo di esagerare se ti dico che mi piaci da quando andavamo ancora alle elementari” ammise, guardandolo da sotto in su e Arioka sorrise, scuotendo il capo.
“Allora abbiamo davvero sprecato tantissimo tempo. Perché siamo così stupidi?” si interrogò con fare divertito, allungando la mano ad accarezzare la guancia del più piccolo, il quale però non rispose continuando a sorridere. Yamada si sollevò di nuovo sulle ginocchia, avvicinandosi all’amico, posandogli le mani sulle spalle, spingendolo indietro per poggiarsi alla poltrona e allargando le gambe per sedersi su quella di Daiki incastrandosi tra lui e il tavolo.
Arioka sollevò il volto per guardarlo, attirandolo di nuovo verso il proprio viso per baciarlo e sentendo le mani di Yamada iniziare a toccarlo: una era scivolata oltre la sua maglietta e l’altra che era andata a posarsi sulla sua erezione.
“Ryosuke…” lo chiamò in un ansimo, impreparato a quel contatto deciso e Yamada si scostò da lui.
“Credo che sia la prima volta che mi chiami per nome…” gli fece notare il più piccolo, sfiorandogli le labbra con le proprie.
“Ho sempre desiderato provare per vedere come suonasse” ammise Daiki, guardandolo e vedendo che muoveva meglio la mano su di lui, cercando di slacciargli i pantaloni.
“Mi piace, fallo ancora…” gli chiese Yamada, posando la fronte contro la sua e sollevandosi sulle ginocchia.
“Ryo” mormorò Daiki, guardandolo, notando come anche lui fosse eccitato per quell’improvviso scambio di effusioni tra loro, sorridendo. “Ti prego, fermati, non mi sembra il caso adesso…” cercò di farlo ragionare, senza potersi però impedire di muoversi verso quella mano e stringergli la maglietta tra le dita.
“Mia madre… mia madre potrebbe tornare a momenti e…”
“Sssh…” lo zittì Ryosuke, infilandola mano oltre la biancheria, toccando il suo sesso, strappando all’altro un lamento di piacere. “Non credo di potermi fermare adesso e non penso neanche tu lo voglia. Tempi disperati, rimedi disperati, no?” gli disse, trattenendo un sorriso. “E tu con quel braccio puoi fare poco al momento, no?” lo provocò malizioso, scendendo a baciargli il collo e iniziando a muovere la mano su di lui.
“Dei!” ansimò Daiki, lasciandosi andare, reclinando indietro il capo e allargando maggiormente le gambe, sentendo le dita di Yamada avvolgere la sua erezione e spostarsi su di lui, la mano stringerlo esattamente come piaceva a lui; quello che sentiva in quel momento non era minimamente paragonabile a ciò che aveva sempre sognato, a ciò che si era sempre solo permesso di immaginare quando fantasticava di poter fare certe cose con il più piccolo.
“Sto andando bene?” volle sapere Yamada, incapace di tacere in un momento come quello, affascinato dall’espressione di completa beatitudine sul volto del più grande, sentendolo indurirsi sempre di più nel proprio palmo, cercando di dargli più piacere possibile, come se volesse che in qualche modo ne diventasse dipendente.
“Ryosuke” lo chiamò, impaziente Arioka, desiderando che quel contatto tra loro non finisse mai e rendendosi conto solo in quel momento che avrebbe dovuto fare qualcosa anche lui per il più piccolo:
lasciò scivolare la mano dal fianco in mezzo alle sue gambe, abbassandogli i pantaloni e scostando la biancheria.
Yamada si lasciò andare a un lungo lamento quando Daiki chiuse la mano attorno al suo sesso e si spinse inconsciamente verso quella stretta, mordendosi le labbra, continuando a muovere a sua volta la mano su di lui.
“Te la cavi bene nonostante il braccio buono infortunato, eh?” lo prese in giro, posandogli una mano sulla spalla per reggersi meglio a lui e Daiki gli morse appena il collo.
“Sta’ zitto…” lo riprese a voce bassa, regalandogli uno sguardo divertito e spostando le dita su di lui, circondandogli la base e risalendo verso la punta, assecondando il ritmo a quello che Yamada usava su di lui, supplicandolo poi di smettere di giocare e fare sul serio. “Dai…” gli chiese, guardandolo negli occhi, stringendo meglio la sua erezione, deciso a porre fine a quella tortura e Yamada annuì, anche lui era stanco di giocare e dovevano ricordare che non sarebbero stati soli ancora per molto.
Ryosuke infilò la mano libera tra i capelli di Daiki, tirandoglieli appena all’indietro per fargli alzare la testa chinandosi su di lui per baciarlo, inghiottendo il grido roco del più grande quando, stringendo con più decisione il suo sesso, lo sentì venire nella propria mano, seguendolo istintivamente a sua volta nel piacere.
Completamente appagato, Yamada ricadde seduto accanto ad Arioka, spalla a spalla con l’amico d’infanzia, appoggiando la testa al bracciolo della poltrona, lasciandosi andare a un sorriso.
Daiki si spostò appena in modo da riuscire a poggiare la testa sulla spalla del più piccolo il quale si chinò a baciargli una tempia, sentendo Daiki prendergli una mano nella sua.
“Ryo…” lo chiamò poco dopo, mettendosi nuovamente dritto per riuscire a guardarlo.
“Mh?” restò in attesa il più piccolo, sistemandosi di nuovo i pantaloni e aggiustando Daiki che con un braccio fuori uso stava avendo difficoltà.
“Ti andrebbe di restare a cena?” propose, prendendogli poi di nuovo la mano nella propria, tirandolo in avanti, di modo che capisse che voleva che si sedesse di nuovo su di lui.
Yamada lo accontentò e annuì.
“Speravo tanto me lo chiedessi.”
“Quindi anche le volte che sei rimasto a cena lo facevi per stare di più con me?”
“No, in quel caso lo facevo davvero perché mi piace mangiare! Adoro la cucina di tua madre!” lo contraddisse, mettendosi a ridere della buffa espressione che fece il più grande. “Poi lo facevo anche per te, ovvio!” precisò.
Daiki scosse il capo, lamentandosi poi al braccio.
“Ti fa male?” gli chiese Yamada apprensivo, sistemandogli la fascia che aveva al collo, massaggiandogli la nuca.
“Lo odio, non vedo l’ora di levarmi questo affare!” confessò Daiki.
“Ci vorrà ancora parecchio e lo sai!” rise Yamada, passando le dita sull’ingessatura.
“Quindi vorrà dire che dovrò aspettare ancora venti giorni prima che ti possa abbracciare come si deve?”
“Puoi abbracciarmi anche così se vuoi!” replicò divertito Ryosuke, poggiandosi contro di lui, facendo in modo che lo stringesse con il braccio libero.
“Ma non è la stessa cosa…” Daiki mise un piccolo broncio e Yamada ridacchiò, baciandogli le labbra.
“Eddai, abbi pazienza! Senti!” cambiò poi argomento. “Posso scriverti qualcosa?” domandò, indicando il gesso bianco, prendendo la matita, sperando di ricevere una risposta positiva.
Daiki gli accarezzò i capelli e annuì, avvicinandogli la fasciatura e ridendo quando vide il più piccolo disegnare l’ombrello dell’amore e scriverci sotto i loro nomi.
“Ohi!” lo riprese Arioka e Yamada sorrise, facendo una smorfia, muovendo le gambe per sistemarsi meglio su di lui.
“Daiki?” fu stavolta Yamada a richiamarlo, tirando indietro la testa per guardarlo. “Non mi puoi abbracciare, ma nulla ti vieta di baciarmi, giusto?” gli chiese furbo.
Daiki lo guardò fintamente sconvolto scostandosi da lui: “Yama-chan! Mia mamma sarà qui a momenti e non abbiamo ancora finito di studiare, vuoi per caso approfittarti di me?” gli chiese, lasciando scivolare un braccio dietro la sua schiena, per stringerlo come meglio poteva.
“Mh, i compiti li possiamo finire anche dopo cena e tua mamma ancora non è qui, giusto?” gli fece presente. “E poi… le ho promesso che mi sarei preso cura di te” mormorò, dando al proprio tono di voce una sfumatura maliziosa.
“Ah, giusto, hai ragione!” gli diede atto Arioka, annuendo. “E poi abbiamo già appurato che abbiamo perso fin troppo tempo, no? Dobbiamo recuperare!” affermò, sollevandogli il mento sentendo Ryosuke circondargli il collo con le braccia.
“Sì, dobbiamo recuperare, per cui basta chiacchiere e baciami, Daiki!” ordinò, attirandolo all’improvviso contro di sé.