Titolo: You are like a dream that became reality (Just to be closet o you - Bsb-)
Fandom: RPF - Hey! Say! JUMP
Personaggi: Yaotome Hikaru, Inoo Kei
Pairing: Hikanoo
Rating: nc-17
Genere: AU, erotico
Wordcount: 1.465
fiumidiparoleNote: la storia è scritta per la community
diecielode per la tabella Humanity Strip con il prompt ‘giacca’ e per la
500themes_ita con il prompt ‘ogni tipo di complicazione’.
Warning: slash
Disclaimer: I personaggi non sono miei, non li conosco personalmente e quanto di seguito accaduto non vuole avere fondamento di verità. La storia è scritta senza alcuno scopo di lucro.
Tabella:
Humanity StripTabella:
500themes I corpi fremevano, le labbra si cercavano avide mentre si muoveva veloce dentro quel corpo caldo, bollente, sentendo le urla di piacere del ragazzo direttamente nel suo orecchio. Ogni centimetro di pelle che accarezzava pareva scottare, così come il tocco di quelle belle mani su di sé, delle unghie che premevano sui muscoli delle braccia e della schiena. E quella voce bassa e roca che gli chiedeva di più, di prenderlo con più forza e lui non poteva fare altro che eseguire quel comando, spingendo forte, veloce, affondando quasi con violenza dentro quel corpo di cui non sarebbe mai stato sazio, raggiungendo l’appagamento totale.
“Yaotome-san, ci sei?”
“Eh, ah, scusi… io ecco…”
“Ti ho chiesto se hai finito con questi moduli, se puoi andare ad archiviarli tu prima di andare via.”
“Ah, oh, ma certo, certo signore, mi scusi, lo faccio subito!” Hikaru si alzò di scatto dalla sedia, inchinandosi ripetute volte verso il suo capo, scusandosi per essersi fatto sorprendere distratto da lui.
Una risatina divertita poi attirò la sua attenzione e vide Inoo guardarlo, cercando di non scoppiare a ridere davanti a lui.
“Kei, andiamo a casa!” disse l’uomo, ignorando Hikaru, rivolgendosi al figlio. “Posso lasciarti da solo, Yaotome-san o hai bisogno di supervisione?”
“No, no, signore, ce la faccio, penso io a chiudere qui, non si preoccupi. Mi dispiace ancora!” si scusò, chinandosi un’altra volta.
“Bene. Speriamo bene” commentò il datore di lavoro di Hikaru, richiamando ancora una volta il ragazzo che era rimasto in disparte ancora chino sulla sua scrivania. “Andiamo!”
“Sì, papà. Arrivederci, Yaotome-kun!” lo salutò questi, lanciandogli ancora una lunga occhiata, prima di seguire il padre.
Hikaru attese che se ne fossero andati per lasciarsi andare a un sospiro e accasciarsi sulla sedia girevole con un mugolio frustrato: l’aveva fatto di nuovo, si era di nuovo perso nelle sue fantasie. Non andava bene, soprattutto perché i pensieri che si ritrovava a fare, senza avere modo di controllarli, riguardavano tutti, nessuno escluso, lui e Kei e qualche mobilio d’arredamento dell’ufficio sul quale - o contro il quale- facevano sesso.
Desiderare il figlio del capo, certo non poteva infilarsi in una situazione peggiore, anche se aveva cercato di non pensarci era inutile, ogni volta che Kei compariva nell’ufficio per parlare con suo padre Hikaru non poteva fare a meno di immaginare se stesso e il più grande in situazioni sempre diverse che facevano sesso.
Era ossessionato da Kei e non riusciva a controllarsi, neanche fosse un adolescente in piena crisi ormonale!
“Sei un’idiota, Hikaru” si disse, alzandosi dalla sedia e prendendo i documenti, portandoli in archivio. Non vedeva l’ora di essere a casa, di farsi una bella doccia e, per quanto la trovasse una cosa molto triste, soddisfare la propria frustrazione, tornando a pensare a Kei.
Non aveva idea di cosa il ragazzo pensasse di lui, di tanto in tanto lo sorprendeva a fissarlo, forse perché trovava divertente la sua inettitudine, ma non avevano mai parlato e Hikaru aveva visto bene di stargli alla larga, per evitare ogni tipo di complicazione, aveva già abbastanza pensieri così com’era, non voleva avere in alcun modo avere a che fare con lui: ne sarebbe andato della sua sanità fisica e mentale e anche del suo posto di lavoro, non poteva commettere alcun passo falso.
Ripose i documenti in archivio e tornò nell’ufficio a prendere le proprie cose; si chiuse la porta alle spalle e sobbalzò quando sentì una voce salutarlo.
“Buonasera!”
“Kei!” esclamò, correggendosi subito dopo per il tono confidenziale che aveva usato. “Cioè… Inoo-kun!” disse, spalancando gli occhi quando il ragazzo portò indietro la sedia girevole e accavallò le gambe.
“Cosa… cosa ci fai qui?” domandò, guardandosi alle spalle convinto che da un momento all’altro anche il proprio datore di lavoro sarebbe tornato indietro a cercare il figlio.
“Oh non ti preoccupare, sono solo!” lo tranquillizzò questi, muovendo una mano per aria e sollevandosi in piedi, poggiando le mani sulla scrivania, chinandosi in avanti, lasciandogli intravvedere la propria nudità attraverso lo scollo della giacca.
“Cosa… tu…” Hikaru era entrato completamente nel pallone, sentiva solo il proprio cuore battere impazzito nel petto e il sangue affluire veloce in parti che non era consono raggiungesse.
Kei rise e aggirò la scrivania, poggiandosi contro la stessa, portando indietro le braccia.
“Tu… tu sei…” Hikaru sentì la bocca improvvisamente asciutta e l’aria mancargli.
“Nudo?” andò in suo aiuto Kei, ridendo. “Sì!” affermò.
“E… e quella è…”
“La tua giacca? Sì anche questo!” si divertì Kei a vederlo annaspare in quel modo, sorridendo maliziosamente. “Oh, ma se ti serve posso…” esordì, portando due dita al bottone centrale per slacciarla, fermato da Hikaru.
“No!” parlò con un tono di un certo numero di ottave più alto del normale. “No, tu… puoi tenerla, credo” assicurò con fare decisamente confuso, vedendo Kei avanzare verso di lui, sempre con quel sorriso provocatore in viso.
Hikaru avrebbe voluto tanto indietreggiare, ma non riusciva a muoversi, gli veniva difficile anche solo pensare, incantato a guardare Kei avanzare sempre di più verso di lui, a cercare di scrutare oltre la stoffa quanta più pelle possibile; lo confondeva, era pericoloso e Hikaru doveva fare qualcosa prima che fosse troppo tardi, prima che Kei allungasse le braccia per posarle sue spalle e si poggiasse contro di lui.
“Ti da fastidio che io sia qui?” si sentì chiedere dal più grande che si tese per parlare volutamente piano, lasciando che il respiro gli sfiorasse le labbra.
“Io… io… ti prego, fermati!” gli chiese Hikaru, posandogli le mani sui fianchi, cercando con tutto se stesso la forza per allontanarlo.
“Non lo vuoi davvero” lo contraddisse Kei, lasciando scivolare le mani sulle sue braccia, tornando a poggiare le dita sui bottoni e slacciandoli, uno dopo l’altro, rivelando il proprio corpo nudo. “E non lo voglio neppure io” affermò, prendendogli le mani e facendo in modo che le posasse sulla sua vita, a contatto con la sua pelle, mentre tornava a poggiarsi contro il suo petto e posava le labbra sulle sue.
E Hikaru mandò al diavolo qualsiasi buonsenso, respirò a fondo il suo odore, baciandolo, rubandogli il fiato, assaporandolo in modo profondo, lasciando scivolare le mani sulla sua schiena, graffiando quella pelle chiara, spingendolo a indietreggiare fino alla scrivania, dove lo fece stendere facendogli piegare le gambe sul piano, mentre con mani frettolose si slacciava la cinta dei pantaloni e li sbottonava, liberando la propria erezione, portando di nuovo le mani su quel corpo che a lungo aveva desiderato, iniziando a prepararlo velocemente, per evitare che sentisse dolore, ma senza attardarsi più di tanto, tanta era la voglia che aveva di lui, il desiderio a lungo trattenuto di sentirsi risucchiare in quel calore e quando lo penetrò, facendo gridare forte Kei, nulla era paragonabile a ciò che aveva immaginato che fosse.
Mugolò, spingendosi dentro di lui, inarcando la schiena e sentendo le unghie di Kei premere sulla stoffa leggera della camicia, prima di tirargli i capelli, esigendo un bacio e un contatto più profondo con lui, inarcando la schiena a sua volta, spingendosi incontro al bacino di Hikaru per sentirlo maggiormente contro di sé, raggiungendo presto l’orgasmo e gemendo con un lungo lamento di piacere, quando sentì Hikaru venire dentro di lui e il suo sperma caldo scivolargli tra le natiche.
Hikaru si riprese per primo, uscendo piano dal corpo di Kei, sentendolo mugolare e stringergli inconsciamente i capelli come se non volesse che lo facesse, osservandolo poi mentre riprendeva fiato e schiudeva gli occhi.
Quando lo fece, Kei sorrise, allungando una mano verso di lui chiedendogli di aiutarlo a risollevarsi e Hikaru lo prese tra le proprie braccia, facendosi spazio tra le gambe di Kei che continuava a guardarlo curioso e divertito.
“Mi dispiace” parlò Hikaru e l’altro lo osservò confuso.
“Perché?”
“Io non dovevo, tu… tu sei il figlio del mio capo e…”
“Non ti piaccio per caso?” domandò incalzante Kei, senza dargli tempo di argomentare discorsi che sapeva sarebbero risultati comunque campati per aria.
“No, non è questo, ma non va bene…”
“Mi hai usato per assicurarti dei favoritismi da mio padre?”
“No!” Hikaru negò con convinzione guardandolo negli occhi. “Io non farei mai…”
“Ti piaccio?” gli domandò di nuovo Kei e Hikaru non riuscì ancora a tergiversare, per cui sospirò e rispose.
“Mi piaci da morire in realtà” ammise vedendo il sorriso di Kei allargarli e sollevare di nuovo le braccia per avvicinarlo a sé.
“Anche tu a me. Tantissimo, Hikaru” specificò, chiamandolo per nome e Hikaru non poté fare a meno di sorridere e trovare che il proprio nome usato da Kei avesse un suono bellissimo.
“Vuoi uscire con me?” domandò ancora Kei, guardandolo da sotto in su e Hikaru attese un istante prima di rispondergli; gli prese il volto tra le mani e si chinò a baciarlo dolcemente.
“Sì, mi piacerebbe molto, Kei” gli rispose, sorridendo e stringendolo, soddisfatto del sorriso bellissimo che comparve sul volto del ragazzo.