*part02* “Sei nervoso?” domandò Yamada a Kei, chiudendo la porta di casa.
“Un po’… lo so che non devo, ma sono emozionato. Anche se non devo dare tutta questa importanza all’uscita” si rese conto da solo.
“Secondo me dovresti provarci!” gli disse Yamada mentre scendevano le scale. “Hai sentito ha detto che non è impegnato e con te si è trovato bene, no?” lo fece ragionare.
“Lo so, ma abbiamo passato insieme solo una sera e non è detto che io gli interessi come qualcosa più di un amico. Non posso neanche definirlo amico. È a mala pena un conoscente. Anzi, a dirla tutta è solo il fratello del ragazzo del mio coinquilino. Guarda che giro!” gli rispose, sorridendo, stringendosi nelle spalle.
Ryosuke lo guardò e non aggiunse altro, non voleva forzare Kei, da una parte voleva spronare l’amico a provarci e buttarsi, dall’altra capiva le sue titubanze, Hikaru abitava in un’altra città e avevano davvero pochi elementi su cui fondare un rapporto che andasse al di là dell’amicizia così presto.
Suonarono al campanello del terzo piano e subito Daiki andò loro ad aprire.
“Ciao!” salutò il fidanzato, dandogli un bacio sulle labbra, allontanandosi subito, richiamando il fratello. “Hikka, sono qui, muoviti!”
“Eccomi!” rispose l’altro, comparendo dal fondo della stanza, finendo di abbottonarsi la camicia, prendendo poi una felpa a righe.
Kei lo guardò e restò incantato a osservarlo; era davvero bello e quando gli sorrise, salutandoli, non riuscì a dire nulla: si sentiva strano, in quel momento non gli sembrava più un’idea tanto buona aver accettato di uscire, sarebbe dovuto restare a casa, forse era ancora in tempo per tornare indietro, in fondo, doveva solo salire le scale.
Yamada si accorse del suo momentaneo smarrimento e gli colpì distrattamente il fianco con un gomito, sussurrando il suo nome, facendo in modo che si riprendesse.
“Andiamo?” domandò Daiki, per sbloccare la situazione, chiudendo la porta e prendendo per mano Yamada, precedendo gli altri due.
“Tutto apposto, Kei-chan?” domandò Hikaru al più piccolo, mentre scendevano le scale, guardandolo con un sorriso e l’altro si riscosse.
“Sì, sì, tutto bene. Stavo solo…” ridacchiò. “Ecco, stavo ripensando che qui ci siamo incontrati e ho fatto una figuraccia. Grazie per avermi evitato di cadere!” gli disse.
Hikaru annuì.
“Mi sono spaventato, ti ho visto salire con quelle buste pesanti, stavi borbottando qualcosa e non sei stato attento. Fortuna che mi ero spostato per farti passare e ti ho preso al volo!” ricordò a sua volta.
“Sì, davvero una fortuna, è tutta colpa di Ryo-chan, anzi, a dire il vero è colpa di tuo fratello!” gli disse, puntandogli contro un dito. “Se non avesse distratto Yamada, non sarebbe successo!” scherzò, vedendo Daiki voltarsi nel sentirsi chiamato in causa e facendogli cenno che non fosse importante.
“Beh, allora forse io lo devo ringraziare…” mormorò Hikaru, sorridendo e Kei chinò il capo.
“Cosa?”
“Nulla, nulla, lascia stare. Ah, Daiki, dove stiamo andando?” chiese al fratello il quale si voltò verso di lui.
“Pensavo di farti fare un giro del centro…”
“Io voglio andare in quella gelateria buonissima, hanno il gusto fragola più buono del mondo e se vuoi, con un piccolo sovrapprezzo, ti mettono anche i pezzi!” si intromise Yamada. “Dai-chan, me lo compri?” chiese al fidanzato, il quale annuì.
“Sì, andiamo lì a fare merenda!” concesse.
“Gelato! Gelato!” cantilenò Yamada, saltellando sul posto e tirando Daiki perché si muovesse a riprendere a camminare.
“Forse è colpa mia…” mormorò Hikaru tra sé e Kei lo guardò perplesso.
“Che cosa?”
“Forse sono stato troppo accondiscendente, dovevo darmi un tono e fingere di non approvare la loro relazione!” scherzò e Kei si mise a ridere, spingendolo appena.
“Che cattivo, sai, Ryo quando è depresso non è molto simpatico!” disse. “A me piace la sua allegria, mi fa stare bene” confessò, guardando in modo affettuoso il più piccolo che, davanti a loro, parlava con Daiki e sorrideva.
Quando arrivarono a destinazione, Yamada si mise in fila davanti alla vetrina espositiva dei gelati, raggiunto dal più grande che si mise dietro di lui, sporgendosi per scegliere il proprio gusto.
“Dai-chan?” mormorò Yamada, continuando a guardare dritto davanti a sé. “Forse non dovevo intromettermi.”
“Come?” gli chiese l’altro che non capiva a cosa Yamada si stesse riferendo.
“Un cono alla fragola con i pezzi, grazie!” disse, ordinando il gelato e guardando il fidanzato. “Kei, forse non è stata una buona idea la mia. Forse ho preso troppo alla leggera questa cosa” disse, sorridendo alla commessa quando gli diede la sua ordinazione e spostandosi per far passare i clienti successivi.
“Che dici? Perché ti è venuta in mente questa cosa?” gli chiese Daiki, pagando il conto e guardando il più piccolo che si strinse nelle spalle.
“Scemo, non ci pensare, Hikka e Kei mi sembra che stiano bene e poi non puoi sapere. Ieri mio fratello è rimasto soddisfatto della serata ed era felice che oggi saremo usciti di nuovo insieme” cercò di rassicurarlo, prendendolo poi per un polso e assaggiando un po’ di gelato, guardandolo negli occhi, vedendolo schiuderli maggiormente.
“Daiki!” lo riprese, vedendolo passarsi la lingua sulle labbra e prendere con le dita un pezzo di fragola che stava per cadere.
“Questa non mi piace!” sussurrò, allungandola verso di lui e imboccandolo, leccandosi poi le dita; Yamada trattenne il fiato, masticando il suo frutto preferito e poi raggiungendo Hikaru e Kei che li aspettavano sulla porta.
“Dove andiamo adesso?” chiese Kei, voltandosi per guardare i suoi amici e stava per assaggiare il proprio gelato quando con la spalla urtò qualcuno e questi gli fece lo sgambetto facendolo sbilanciare in avanti.
“Kei!” Hikaru che camminava accanto a lui lo trattenne prontamente per un braccio, impedendogli di cadere, ma non aveva avuto i riflessi abbastanza pronti da salvare la sua merenda che si spiaccicò a terra.
“Ehi, che modi!” si lamentò Ryosuke, guardando il giovane che non si era neanche voltato a chiedere scusa a Kei.
“Scusate!” si giustificò Kei, guardando il gelato e prendendo un fazzoletto per ripulire.
“Non devi scusarti, Kei-chan non è colpa tua!” lo rassicurò Daiki.
“Peccato!” mormorò il più grande, gettando i resti nel cestino.
“Kei, vuoi fare a metà con me?” gli offrì Yamada, ma il più grande scosse il capo. “Fa nulla, ah grazie Hikka per avermi preso!” gli sorrise, notando che lo guardava un attimo stranito e poi tornare indietro nella gelateria, presentandosi con un nuovo cono.
“Tieni!”
“Eh? Perché?” si sorprese Inoo.
“Beh, era la tua merenda e mi dispiaceva che non l’avessi potuta mangiare!” gli disse, sorridendogli.
“Ma non ti dovevi disturbare. Sono io che non sono attento, lascia almeno che ti renda…”
“Non ci pensare neanche!” si affrettò a spiegare Hikaru. “Guarda, ne assaggiò giusto un po’!” gli disse, prendendone un morso e lasciando il resto del cono al più piccolo che arrossì.
Yamada ne osservò le reazioni e sorrise.
“Evviva, Kei-chan! Grazie, Hikaru!” gli disse a sua volta.
Kei fissò il proprio cono, prima di dare una leccata alla crema, sentendo il proprio cuore battere velocemente: non doveva, ne era consapevole, si stava comportando come fosse una liceale alla sua prima cotta e forse un po’ era anche vero, ma non poteva fare a meno di sentirsi felice. Ancora di più quando vide Hikaru tendergli una mano e poi, data la sua titubanza, stringergli le dita.
“Se ti tengo eviti di cadere!” gli spiegò, tirandolo per iniziare a camminare e rimettersi al passo con i due più piccoli.
Il quartetto, nonostante quel piccolo incidente iniziale, continuò il giro da guide per la città insieme a Hikaru senza ulteriori intoppi, anche Kei aveva abbandonato il leggero imbarazzo iniziale e si era sciolto e rilassato.
Senza che se ne rendessero conto si era fatta sera e Yamada aveva consigliato di fermarsi a mangiare in uno dei chioschetti di ramen presenti agli angoli della strada, prima di rientrare a casa quando, sempre il più piccolo aveva dato segni di cedimento, poggiando la testa sulla spalla di Daiki.
“Dai-chan, io devo prendere le sigarette, precedetemi pure” gli disse Hikaru, fermandosi a un incrocio e indicando il combini aperto in fondo alla via.
“Fumi ancora?”
“Di tanto in tanto…” ammise l’altro, stringendosi nelle spalle.
“Ti aspettiamo” mormorò Yamada, fermandosi e stringendo la mano di Daiki, ma il pericoloso ciondolare della testa di Yamada lo fece sorridere.
“Apprezzo lo sforzo, Ryo-chan, ma non ti preoccupare, non mi perderò. Portalo a letto, Daiki!”
“Potrei prenderti in parola, Oniichan” scherzò il più piccolo, sentendo Yamada mugolare contrariato, poggiandosi alla sua spalla.
“No, Daiki, sono stanco, oggi.”
Hikaru rise e Kei scosse il capo.
“Ci vediamo tra poco” disse loro il più grande allontanandosi, accelerando l’andatura in una piccola corsa. “Kei-chan!” la voce di Yamada e una botta al braccio fecero voltare Inoo che si era fermato a osservare Hikaru.
“Sei impazzito?” lo riprese, massaggiandosi il muscolo. “Mi hai fatto male!”
“Cosa stai facendo?” si sentì chiedere dal più piccolo, improvvisamente sveglio.
“Eh?”
“Che ci fai qui imbambolato, vai!”
“Dove?”
Kei non capiva.
“Da Hikaru, no?” gli rispose ovvio.
“Io non… ma tu non stavi dormendo in piedi?”
“Ovvio che no! L’ho fatto per te! Vai da lui!”
“Ma io…”
Yamada gli fece un gesto vago con la mano, allontanandosi con Daiki, poi si fermò e guardò verso Kei, ancora fermo dove l’avevano lasciato.
“Sei ancora lì!” la voce lamentosa di Ryosuke fece voltare Kei che gli fece la linguaccia, raggiungendo Hikaru; attese fuori dal combini che il ragazzo avesse finito e quando questi lo vide aspettarlo rimase sorpreso.
“Kei, che succede?”
“Ho pensato che volessi compagnia” disse, affiancandolo e camminando vicini verso casa.
“Vuoi?” chiese Hikaru, tendendo al più piccolo il pacchetto e Inoo scosse il capo.
Hikaru si accese la sigaretta, rilasciando una lunga boccata, sedendosi poi con lui sul marciapiede, davanti alla casa.
Rimasero in silenzio, poi Kei si portò le gambe al petto e si rivolse a Hikaru.
“A che ora hai il treno domani?”
“Dovrò uscire da qui per le sei!” lo informò.
“Oh, mi dispiace che ti abbiamo tenuto in giro fino a tardi, forse avresti voluto riposare” suppose Kei, guardandolo e Hikaru scosse il capo.
“Non ti preoccupare, Kei-chan” lo rassicurò, scompigliandogli i capelli. “Mi sono divertito a stare con voi. Mi spiace solo non essermi potuto trattenere di più. Avrei voluto conoscervi meglio!” disse, terminando la sigaretta.
“Sono contento che Daiki abbia trovato degli amici come voi!” gli rivelò, sorridendogli e Kei ricambiò. “Posso chiederti una cosa, Kei-chan?” domandò poi e il più grande annuì.
“Ce l’hai un ragazzo?”
“Eh?”
Hikaru rise. “Stai con qualcuno?”
“Io… io, ecco, no… nessuno.”
“Ma c’è qualcuno che ti piace, però?” chiese, ma il suo tono non era tanto interrogativo, quanto più che altro desideroso di non essere smentito.
Kei allora andò nel panico, scuotendo la testa, arrossendo.
“No, no… cosa dici? Non ho tempo per queste cose, insomma, io devo studiare… come ti è venuta in mente una cosa del genere?” rise nervosamente.
“Mh, allora è stata solo una mia impressione, lascia stare” disse, avviandosi verso l’entrata e spingendo il portone che era rimasto aperto.
“Impressione? Che impressione?” volle sapere Kei, curioso, seguendolo su per le scale.
“Beh, ieri a cena mi sembrava che Ryo-chan avesse in mente qualcosa, con tutte quelle domande… mi sarò sbagliato!” minimizzò, voltandosi verso Kei, vedendolo che era rimasto qualche gradino dietro di lui e aveva la bocca schiusa in un moto di sorpresa.
Hikaru lo trovò molto tenero e rise piano, scendendo gli scalini che li separavano e chinandosi leggermente verso di lui.
“Se mi sono sbagliato allora scusami, ma non ce la faccio più” mormorò, posandogli una mano dietro la testa e attirandolo a sé, poggiando le labbra sulle sue, suggendole lentamente, sentendo Kei assecondarlo un istante.
Quando si separarono da quel breve contatto, Kei lo guardava con occhi grandi, il fiato leggermente accelerato e anche se non era sua intenzione scacciarlo, così fece, spingendolo per le spalle e sbilanciandosi a sua volta all’indietro; mosse le braccia per aria, cercando di tenere l’equilibrio e ancora una volta fu Hikaru che lo aiutò, afferrandolo per un gomito e stringendoselo contro, poggiando le spalle al muro, per evitare di cadere a sua volta.
“Mi dispiace” disse subito il più piccolo, “credevo che anche tu-”
Si interruppe quando Kei sollevò la testa verso di lui e si sporse a baciarlo sulle labbra di sua spontanea volontà; stavolta Hikaru vide i suoi occhi chiudersi e la lingua premere per cercare l’accesso alla sua bocca. Le mani di Kei si strinsero alle sue spalle e Hikaru lo abbracciò meglio, prendendo parte a quel bacio.
Rimasero a lungo sul pianerottolo a baciarsi, inframmezzando l’aria con i loro sospiri e leggeri schiocchi di labbra, fino a che, senza quasi più fiato, Kei si allontanò da Hikaru.
“Ok, non mi ero sbagliato dopotutto” sorrise Hikaru, poggiando la fronte su quella di Kei, il quale scosse il capo piano.
“Ci siamo incontrati qui la prima volta” mormorò, abbassando lo sguardo. “E mi sono innamorato di te” confessò.
“Un colpo di fulmine, allora” rise Hikaru.
“Non prendermi in giro” lo riprese il più grande, colpendogli una spalla con il pugno chiuso e stringendolo di più a sé.
“Non ti prendo in giro, sono serio, perché è la stessa cosa che è successa a me” confidò, portando in avanti il viso e sfiorandogli le labbra.
Kei lo abbracciò in collo, accoccolandosi meglio contro di lui e Hikaru lo prese in braccio, sollevandolo da terra e salendo gli ultimi gradini fino al terzo piano; gli fece poggiare le spalle al muro vicino alla porta e tornò a baciarlo.
Fu ancora una volta Kei a fermarsi, staccandosi da lui.
“Si è fatto davvero tardi adesso e tu tra qualche ora devi essere pronto…” commentò, un po’ triste se pensava all’imminente separazione; era vero che si conoscevano da poche ore, ma gli si era affezionato così tanto, sentiva di amare Hikaru così tanto che se pensava di doversi separare da lui sentiva il cuore fargli veramente male.
“Ti posso accompagnare in stazione, domani?” gli chiese, mentre indietreggiava di un passo.
Hikaru annuì, sorridendo solamente, giocherellando con le dita di Kei, restio a lasciarlo andare.
“Mh… allora, buonanotte!” mormorò il più grande, voltandosi, ma prima che potesse lasciare la mano di Hikaru, si sentì tirare nuovamente indietro, circondato dalle braccia del ragazzo.
“Vieni qui, dove credi di andare?” mormorò tra i suoi capelli, attirandolo con sé dentro l’appartamento, chiudendo la porta.
*
Yamada bussò ripetutamente con le mani alla porta di casa di Daiki, guardandolo sconvolto quando questi gli aprì.
“Dai-chan!” disse il più piccolo, prendendolo per le braccia. “Abbiamo un problema! Kei non c’è!” esclamò preoccupato.
“Ieri non l’ho sentito rientrare, devo essermi davvero addormentato. Ero in camera sua che lo aspettavo, ma lui non ha dormito a casa. Non c’è!” ripeté e il fidanzato sorrise, prendendolo per mano, facendolo entrare in casa: lo spinse contro il muro, pretendendo il suo bacio del buongiorno, venendo interrotto dall’altro.
“Ti pare il caso?” lo fermò Ryosuke, allontanandogli le mani da sé. “Ho detto che Kei è scomparso e tu…”
Daiki rise e Yamada si fermò.
“Daiki!”
“Bel pigiama!” commentò il più grande, osservandolo.
Yamada sollevò gli occhi al cielo.
“Oh, insomma, ti sembrano dettagli…”
“Vieni con me!” lo interruppe stavolta Daiki, prendendolo per mano e poggiando la spalla contro lo stipite di una porta lasciata socchiusa. “Entra!” lo invitò e Yamada lo guardò perplesso, prima di sentire un leggero vociare e, affacciandosi, vedere Hikaru che finiva di infilare alcuni panni dentro la borsa e Kei, inginocchiato sul letto che lo osservava e rideva, sporgendosi poi per baciare Hikaru sulle labbra, mettendosi dritto, per circondargli meglio il collo con le braccia.
“Kei!” urlò Yamada, entrando nella stanza e facendo sobbalzare il più grande che si staccò da Hikaru e cadde disteso sul letto.
“Ryo-chan!”
“Ryo-chan? Non sei tornato a casa! Non hai pensato che mi sarebbe venuto un infarto?”
“Io ecco… io stavo tornando a casa” cercò di dirgli, in una buffa imitazione del figlio che deve rispondere al padre per aver fatto tardi.
“È colpa mia, Ryo-chan. Kei voleva davvero tornare a casa!” si intromise Hikaru e Yamada chinò il capo, facendo ridere Daiki.
“Tu lo sapevi? Perché io ero l’unico a non saperlo?”
“Io veramente non sapevo niente, li ho sorpresi stamattina a fare colazione insieme. Erano davvero carini!” commentò Daiki, prendendolo poi per mano. “Vieni, ti presto qualcosa da metterti, accompagniamo Hikka in stazione!” lo portò via, lasciando anche agli altri due il tempo di prepararsi.
“Quindi è merito mio se adesso state insieme?” aveva esordito Yamada, quando Kei, dopo tanta insistenza da parte del più piccolo, aveva finito di raccontare quanto accaduto la sera prima tra lui e Hikaru, ovviamente senza scendere in dettagli particolari.
“Più o meno!” aveva concesso Inoo, giocherellando con la valigia di Hikaru, mentre attendevano il treno.
Daiki osservò il fratello e l’amico e sorrise, poggiando il mento sulla spalla del fidanzato, seduto sulle sue ginocchia, dandogli dei leggeri colpetti sulle gambe: “Ryo, mi accompagni alle macchinette?” gli chiese e Yamada si voltò verso di lui, guardandolo e comprendendo il motivo di quella richiesta.
“Se c’è il latte alla fragola me lo compri?” gli chiese alzandosi e stiracchiandosi.
Daiki annuì e chiese anche agli altri due se volessero qualcosa, ma questi declinarono gentilmente.
Hikaru attese che si fossero allontanati a poi guardò il suo ragazzo che fissava i binari e dondolava sul posto, pensieroso, gli prese una mano e lo richiamò a sé.
“Kei?”
“Mh?”
Questi si volse a guardarlo e si sentì tirare in avanti, trovandosi seduto cavalcioni sulle gambe di Hikaru che lo tenne per la vita, accostando il volto al suo.
“Non fare quella faccia triste” gli disse divertito e Inoo gli portò le mani sulle spalle, scuotendo il capo.
“Non lo sono. Cioè un po’ sì, però è normale, no?” gli chiese.
“Mi mancherai anche tu” confessò il più piccolo, precedendone i pensieri e Kei sorrise, baciandolo sulle labbra.
“Mandami qualche mail ogni tanto” gli disse Inoo.
“Certo che sì… posso anche chiamarti, sai?” lo prese giocosamente in giro.
Poi Kei si fece pensieroso.
“Potrei anche venire a trovarti.”
“Devi” affermò Hikaru, prendendogli le mani, stringendole nelle sue, intrecciandole insieme.
“E io potrei anche venire a controllare il mio fratellino un po’ più spesso…”
Kei rise, abbracciandolo e baciandogli piano il collo, godendo di quell’intimo momento, prima che la voce elettronica li avvisasse dell’arrivo del treno che avrebbe dovuto prendere Hikaru.
Si alzò da lui per permettere a Hikaru di fare altrettanto e in quel momento anche Yamada e Daiki ritornarono da loro, il più piccolo sorseggiava il suo brik di latte alla fragola.
“Tieni, Hikka, per il viaggio!” gli disse Daik, tendendogli una lattina di caffè.
“Thank you” rispose il più grande, poi vide il fratello voltarsi verso Kei e chinarsi davanti a lui.
“Kei-chan, prenditi cura di mio fratello, per favore!” gli disse, imitato da Yamada che fece lo stesso, piegandosi davanti a Hikaru.
“Hikka, per favore, prenditi cura di Kei-chan!”
“Abbiamo la vostra benedizione allora!” disse Kei, guardando Yamada, ripetendo quello che il più piccolo aveva detto a lui quando gli aveva rivelato di stare insieme a Daiki.
“State attenti a Kei-chan mentre sono via e tu non mandare in fallimento il mio fratellino!” disse Hikaru, rivolto a Yamada, scompigliandogli i capelli.
“Ehi!” si lamentò il più piccolo.
Hikaru si avvicinò alle porte, poggiando il borsone nel corridoio, fermandosi sul primo scalino.
“Scusate, eh” disse ai due più piccoli, prendendo Kei per un braccio, attirandolo con sé dentro il cubicolo, baciandolo in modo intimo.
“Ci vediamo presto, Kei-chan” mormorò.
Inoo annuì e gli sorrise.
“Sì, a presto, Hikka!” lo salutò, scendendo di nuovo dal vagone, giusto qualche secondo prima che le porte si chiudessero e insieme a Yamada e Daiki restò a osservare il treno prendere velocità, fino a che non uscì dalla stazione.