Fandom: Supernatural.
Pairing: Castiel/Dean.
Rating: NC17.
Genere: Erotico, Introspettivo Romantico.
Warning: Sesso descrittivo, Slash, Spoiler!.
Words: 3828 (
fiumidiparole ).
Summary: Dean racconta a Castiel di quand’era bambino e lui torna indietro nel tempo per sistemare una faccenda.
Note: Scritta sul prompt “Se ti togliessi quell'impermeabile ti si potrebbe anche prendere sul serio” per il
P0rn Fest #4 di
fanfic_italia .
La strofa che fa da introduzione alla fic è tratta e tradotta dall’
omonima canzone dei Theory of a Deadman che da il titolo alla fic.
DISCLAIMER: Non mi appartengono e non ci guadagno nulla ù_ù
Heaven (Little by Little, Day by Day)
C'è un piccolo pezzo di paradiso
Proprio lì dove sei
Ha realizzato che tu continui a provare
E' ciò che ti rende diverso
Aiutami a trovare una ragione
E ti aiuterò a trovare la via
Per liberarti di tutto il tuo dolore
Poco a poco, giorno dopo giorno.
Un jingle natalizio risuonava nell’aria, mentre le lucine intermittenti al casello del pit-stop di un McDonald s’illuminava a tempo.
Dean sporse un braccio dall’Impala, afferrando il sacchetto con la propria ordinazione e sorridendo ammiccante alla ragazza che glielo tese. Sì fermò poco più avanti per controllare che ci fosse tutto e non avesse dimenticato nulla o Sammy gliel’avrebbe fatta pagare cara, quando un noto frullio d’ali lo mise in allerta.
«Ciao, Dean» lo salutò la voce familiare di Castiel, comparso dal nulla sul sedile del passeggero.
«Perché ho l’impressione che tu non sia qui per farmi gli auguri, Cass?» domandò retoricamente e l’angelo inclinò il capo con fare perplesso.
«È il venticinque Dicembre» lo informò il ragazzo.
«La data in cui festeggiate erroneamente la nascita del Signore incarnato?» chiese conferma il suo amico alato.
«Esatto. È un giorno di festa, sai?»
«Mi dispiace, ho bisogno del tuo aiuto» replicò l’altro.
«Quale testata nucleare vi siete persi, stavolta?» domandò in un sospiro, arrendendosi al fatto che avrebbe mangiato la sua cena fredda.
«Un pugnale» ammise Castiel «Sembra che sia stato ritrovato il pugnale con cui Abramo doveva immolare suo figlio a Dio».
«Fantastico. E di quali simpatici abracadabra è dotato, questo pugnale?» domandò Dean e l’angelo fece per aprire bocca, ma lui lo interruppe: «No, aspetta, non sono sicuro di volerlo sapere. Andiamo a prendere Sam» annunciò.
Senza aggiungere altro, Cass gli mise una mano sulla spalla con l’intento di teletrasportarlo, ma il ragazzo lo fermò.
«Uoh! Fermo, Spock! È a soli quindici minuti da qui, non ho nessuna intenzione di farmi sballottare da te» lo ammonì.
L’amico corrugò la fronte a quel nome strano, ma parve rinunciare a chiedergli spiegazioni.
Dean buttò nel sedile posteriore il sacchetto di McDonald. «Addio cena della vigilia. Tanto non ne ho mai passato una decente» sbuffò, rimettendo in moto la macchina.
«Perché?» domandò Castiel. Aveva un modo bizzarro di osservarlo, come se potesse leggergli dentro con un solo sguardo di quei penetranti occhi blu.
«Ma come, tu non sai vita, morte e miracoli di me?» ironizzò guardandolo di sbieco mentre guidava
«Non hai mai compiuto miracoli» ribatté l’altro con sicurezza, nonostante l’espressione confusa.
Dean non sprecò tempo a chiarirgli che era un modo di dire, perché Cass lo stava ancora fissando in quel modo. Si sentiva sempre nudo davanti a quello sguardo, aveva l’impressione che ogni volta l’amico cercasse di guardare direttamente la sua anima, e l’istinto gli diceva di fuggire, ma c’era anche qualcos’altro - una luce più profonda, laggiù, sul fondo delle iridi dell’angelo - che gli sussurrava che era al sicuro, accettato proprio così com’era.
«Sin da quando ero bambino, io e Sammy passavano il Natale da soli. Mio padre era sempre impegnato in qualche caccia ed io dovevo occuparmi di mio fratello» spiegò invece «Avrò avuto… sette, forse otto anni, quando sparai per la prima volta ad un mostro. Non ricordo nemmeno perché ero uscito, forse semplicemente per prendere una boccata d’aria - a volte dovermi occupare di Sam era opprimente - ed all’improvviso mi comparve davanti. Ero terrorizzato. Sparai e lo colpii dritto al cuore. Il suo corpo mi crollò addosso e rimasi lì, schiacciato sotto il suo peso, impregnato del suo sangue fetido. Strisciai lontano dal cadavere e tornai a casa di corsa. Avrei voluto solo… non so… che mio padre tornasse e mi abbracciasse. Ma di solito gli abbracci erano per Sammy, non per me» raccontò sommessamente, perdendosi nei ricordi, le scene che rivivevano davanti ai suoi occhi
Distolse un attimo lo sguardo dalla strada per portarlo sull’amico, ma l’angelo era sparito.
«Vai pure, eh! Tanto non mi costa niente rivelarti queste cose» borbottò incupito.
*°*°*°*°*
Dean sospirò esausto, gli ci era voluto un sacco di tempo a mettere a letto Sammy, ma finalmente dormiva. Suo padre, come sempre, era fuori per una caccia. Di solito suo fratellino era un bambino ubbidiente, ma quella era la vigilia di Natale e aveva insistito tanto perché voleva aspettare il loro genitore e vedere Babbo Natale, finché lui non ce l’aveva fatta davvero più e gli aveva urlato contro.
Sam era scoppiato a piangere e Dean era così stanco che avrebbe voluto piangere a sua volta. Ma non sarebbe servito a nulla, così lo aveva abbracciato e gli aveva chiesto scusa, e alla fine suo fratello si era addormentato con il visetto ancora bagnato di lacrime.
Avrebbe voluto potersi coricare anche lui, ma era sicuro che suo padre si sarebbe dimenticato dei regali e Sammy ci sarebbe rimasto male se non avesse trovato nulla al mattino, avrebbe pensato di essere un bambino cattivo - e non lo era, non lo era affatto, anche se a volte diventava insopportabile.
Così Dean s’infilò la giacca e nascose la pistola dietro i jeans, incastrandola nella cintura. Era un arma di piccolo calibro, di quelle che piacevano alle donne perché erano facili da nascondere in borsetta, adatta alle sue mani non ancora abbastanza grandi.
John, suo padre, l’aveva caricata con proiettili d’argento, perché in quella città stavano dando la caccia ad una creatura molto pericolosa: un lupo mannaro. Gli aveva spiegato cosa fare, quindi il ragazzino non mancò di chiudere bene la porta - dopo essersi assicurato che anche le finestre fossero ben serrate e protette con sale e talismani - e s’incamminò per le strade deserte.
Con un po’ di fortuna avrebbe trovato qualche market ancora aperto e, in caso contrario, si sarebbe arrangiato; Dean si arrangiava sempre, in un modo o nell’altro.
Stava infilando qualche spicciolo in una macchinetta, per comprare degli snack, quando all’improvviso sentì dei passi e poi un ringhiò proprio alle sue spalle. Sì voltò giusto in tempo per scorgere una donna dall’aspetto ferino - lunghi artigli, pupille oblique, occhi scintillanti, denti affilati - prima di venire sbattuto contro il distributore automatico.
No, non era possibile! Suo padre stava dando la caccia ad un maschio, ma allora quella chi era? Poi in un lampo capì ciò che a suo padre era sfuggito: i licantropi erano due. Quella era la compagna dell’altro.
John Winchester era dall’altra parte della città, non sarebbe mai arrivato in tempo.
Il terrore gli gocciolò sulla schiena in brividi ghiacciati. Si divincolò, ma schiacciato com’era non riusciva ad estrarre la pistola, e già sentiva gli artigli della lupa premergli sul petto, pronti a strappargli il cuore. Poi una mano comparve dal nulla, afferrando i lunghi capelli della donna e tirandoli indietro, facendola guaire.
Il mostro venne scagliato a terra e Dean vide un uomo dall’apparenza comune, avvolto in un trench beige, in piedi davanti a sé.
«Mi dispiace, ma per te non c’è cura» asserì e impose una mano sulla fronte della lupa mannara.
Gli occhi della donna si riempirono di luce, dalla sua bocca sgorgò un grido, poi più nulla. Lo sconosciuto si voltò al suo indirizzo, lasciando a terra il cadavere del mostro, lo raggiunse in poche falcate e s’inginocchiò davanti al ragazzino, mentre questi estraeva finalmente la pistola.
“Prima spara, poi fai domande” gli diceva sempre suo padre, quindi non esitò a puntarla contro quel tizio. Se non aveva ancora eseguito quell’ordine, era solo perché quello lì gli aveva appena salvato la vita.
«Stai bene, Dean?» domandò l’uomo. Aveva un volto inespressivo, che stonava con l’abbigliamento da esattore delle tasse e gli incredibili occhi blu, grandi e compassionevoli, con i quali lo osservava.
«Chi sei? Un cacciatore? Ti ha mandato mio padre?» domandò diffidente, vedendo che conosceva il suo nome.
«No. Sono un angelo del Signore» rispose l’adulto.
«Certo, e io sono Gene Simmons» replicò lui di getto, tutt’altro che convinto.
L’uomo inclinò il capo, corrucciando la fronte con espressione perplessa: «Chi?» chiese.
«Ma da dove vieni, tu?» lo sbeffeggiò il ragazzino.
«Dal Paradiso» asserì quello, calmo e serio.
«Se ti togliessi quell’impermeabile ti si potrebbe anche prendere sul serio» le labbra di Dean si arricciarono derisorie, ma il suo salvatore posò delicatamente una mano sulla sua pistola, facendogliela abbassare e solo allora il più piccolo si rese conto di quanto le proprie tremassero.
«Stai bene?» chiese di nuovo l’uomo ed il bambino deglutì a fatica, annuendo coraggiosamente, anche se sentiva gli occhi velarsi di lacrime.
L’uomo gli poggiò i palmi sulle spalle, osservandolo dritto negli occhi, come se sapesse già tutto quello che provava e non lo trovasse affatto vergognoso, ed il ragazzino lo abbracciò impetuosamente, come avrebbe voluto fare con suo padre, se solo fosse stato lì.
«Va tutto bene, è finita, Dean» lo rassicurò l’ “angelo” ed il suo tocco gentile era davvero rilassante, tanto che dopo qualche minuto il più piccolo sentì tornare la calma e si scostò.
«Be’, chiunque tu sia…» mormorò il bambino imbarazzato, frugandosi nella tasche.
«Te l’ho già detto» lo interruppe l’altro, ma lui non lo ascoltò.
«… grazie» concluse, mettendogli in mano un pacchettino incartato alla meno peggio. «L’avevo preso per mio padre, ma dato che lui non c’è nemmeno quest’anno… Buon Natale» gli augurò, passando nervosamente il peso da un piede all’altro, prima di correre via.
Castiel osservò perplesso il piccolo involto di carta di giornale e poi le impronte del giovanissimo Dean Winchester sulla neve, infine alzò lo sguardo al cielo ed un attimo dopo quella strada era deserta.
*°*°*°*°*
Dean stava ancora borbottando seccato, quando Castiel ricomparve sul sedile accanto al suo, dopo circa cinque minuti.
«Dove sei stavo?» gli domandò curioso.
«A sistemare un faccenda» rispose l’angelo, espansivo quando un vero e proprio vulcaniano, mentre parcheggiavano di fronte al motel.
«Ci hai messo una vita!» esclamò Sam, mentre Dean gli schiaffava sul petto la busta di McDonald.
«Abbiamo del lavoro da fare» gli annunciò, lasciando entrare Cass.
Alla “bella notizia”, la faccia poco entusiasta del suo fratellino emulò quella che poco prima aveva fatto lui, quando il loro amico alato gli aveva parlato del pugnale.
«Buon Natale, Dean» gi augurò ironicamente Sammy. Quella era proprio la loro vigilia-tipo.
Due ore dopo, rispediti in Paradiso un paio d’angeli di Rafael e fatta una nuova chiacchierata con Balthazar, Dean parcheggiò di nuovo l’Impala davanti al motel dove alloggiavano quella sera.
«Ehi, vado a vedere se trovo un posto aperto dove prendere qualcosa di caldo da mangiare. Tu hai fame?» domandò al fratello, mentre questi scendeva dalla macchina.
«No, sono troppo stanco per cenare, vado a dormire» replicò Sammy, prima di dargli la buonanotte e tornare alla loro camera.
«Dean» una voce accanto a lui, comparsa dal nulla, lo fece sussultare proprio quando stava per rimettere in moto.
«Cristo, Cass!» sbottò riprendendo fiato. Sembrava che l’angelo non riuscisse proprio a togliersi il vizio di apparire senza preavviso, forse ci godeva a fargli prendere un principio d’infarto a giorni alterni.
«Scusa. Cos’è questo?» domandò, senza badare troppo alle sue condizioni, mostrandogli un oggetto metallico in parte ancora avvolto in carta di giornale.
Il maggiore dei Winchester corrugò la fronte perplesso, era un accendino a zippo dall’aria famigliare. «Dove l’hai preso?» lo interrogò.
«Me lo hai dato tu» rispose l’amico e vide gli occhi di Dean sgranarsi, mentre metteva a fuoco il ricordo.
«Che diavolo… stasera ti ho raccontato di quella notte, vero? Ma… il ricordo di qualche ora fa è nebuloso, cosa ti avevo detto?» per quanto si sforzasse di ricordare, non riusciva a mettere a fuoco le sue parole, poi cominciò a fare due più due. «Eri tu! Ma come…» Perché se aveva già incontrato Castiel, non l’aveva riconosciuto, quando l’aveva tirato su dall’Inferno? E perché non ricordava un dialogo di solo poche ore prima? «Cass, sei tornato indietro nel tempo?!»
«Sì» rispose l’interpellato con semplicità.
«Perché?!»
«A Natale avete quell’usanza bizzarra di farvi i regali, giusto?» chiese conferma, ma Dean non sembrava in grado di rispondergli. «Sei sconvolto» considerò, inclinando la testa di lato.
«Sì… sì, accidenti, Cass, sì!» esclamò il ragazzo. Sembrava semplicemente troppo assurdo che l’angelo fosse tornato indietro nel tempo per cambiare una situazione da cui comunque si era salvato anche da solo.
«Vuoi un abbraccio?» chiese Castiel con un’innocenza che lo lasciò basito. Aveva sempre addosso quell’espressione perplessa, come se cercasse di capire in che modo fosse meglio comportarsi e Dean comprese che si stava davvero sforzando di apprendere i modi di fare umani.
Si prese qualche attimo per processare l’accaduto, poi gli spiegò: «No, Cass, non ho più otto anni. Ormai gli abbracci non mi bastano» quindi si sporse verso di lui e gli posò una mano sulla nuca, attirandolo a sé per un bacio. Perché lo voleva, perché Castiel accorreva da lui tutte le volte che lo chiamava, perché cercava lui quando gli serviva aiuto, perché era tornato nel passato solo per regalargli qualche minuto d’infanzia in più.
Le sue labbra erano morbide e cedevoli sotto le sue, non si mossero, ma nemmeno lo respinsero e, quando le schiuse con la propria lingua, l’angelo gli rispose in modo incerto, con i tipici modi impacciati di chi non sapeva cosa stesse facendo. Un brivido d’eccitazione scivolò lungo la schiena di Dean: la consapevolezza di essere il primo, per Castiel. Non aveva avuto nessun altro e si percepiva in ogni gesto, in ogni sospiro.
«E così che ci si consola, tra umani?» chiese Cass, quando fu di nuovo libero di respirare e il ragazzo quasi scoppiò a ridere.
«Non ti consiglio di farlo con gli sconosciuti… o con un qualunque altro uomo, se è per questo» rispose divertito, poi scavalcò i sedili anteriori, scivolando su quelli dietro ed afferrò l’amico per il bavero del cappotto, trascinandolo con sé. «Levati questo affare» lo incitò, passandogli le mani sulle spalle, sotto il soprabito, per farglielo scivolare lungo le braccia.
Non aveva mai visto Castiel senza, se non per il breve tempo in cui l’angelo era stato trascinato in paradiso dai suoi fratelli ed aveva restituito il corpo a Jimmy Novak, il suo legittimo proprietario. In quel momento, Dean espresse al tramite delle scuse silenziose. Era certo che Jimmy non avrebbe gradito, però non gli importava, perché non era il suo corpo che voleva, ma Castiel.
Senza quel cappotto, l’angelo aveva quasi un aspetto meno imponente, sembrava in qualche modo più piccolo - più umano - senza avere addosso quel capo austero. O forse era lo sguardo smarrito a trasfigurarlo, mentre il ragazzo gli slacciava la cravatta.
Appariva più fragile, forse addirittura più tangibile, vestito solo del completo spiegazzato. Sospirò quando Dean poggiò la bocca sul suo collo, e tremò impercettibilmente, seguendo i suoi movimenti con curiosità, mentre gli slacciava la camicia. L’osservò sfilarsi la maglietta e non si mosse, non sapendo bene cosa fare.
I suoi occhi blu erano enormi e Dean riuscì perfettamente a leggervi un miscuglio di confusione, incertezza, paura e desiderio. Sì, anche desiderio.
Era sempre stato un tipo di poche parole, ma adesso sembrava aver capito per istinto che non era il momento di parlare, o forse era semplicemente troppo incuriosito per sprecare fiato. Il ragazzo si stese sui sedili, tirandoselo addosso e, mentre lo accarezzava, Castiel replicò i suoi gesti, prendendo familiarità con il suo corpo. Lo baciò di nuovo, stavolta di sua iniziativa, poi strinse i denti sul suo collo e Dean sussultò.
«Ehi, piano… piano, campione» lo rimproverò con gentilezza, ridacchiando. Era quasi come essere a letto con un ragazzino.
Cass ci provò di nuovo e morse in modo praticamente perfetto uno dei suoi capezzoli, strappandogli un gemito.
«Be’, almeno impari in fretta» considerò il ragazzo, cercando di nuovo le sue labbra. Portò le mani a slacciare i pantaloni di entrambi e l’angelo lo aiutò a sfilare i suoi, portando via anche l’intimo. Li scalciarono via senza curarsene troppo e lo sguardo di Castiel era pieno di muta meraviglia, quando si stese di nuovo su di lui, pelle contro pelle.
«Sei… caldo» soffiò con una voce così piena di stupore che il cuore di Dean perse un battito.
Aveva sottovalutato quanto tutto quello fosse nuovo, per lui. Non solo i gesti, ma anche le sensazioni, i sentimenti… doveva essere assolutamente incredibile.
Intrecciò le dita ai suoi capelli scuri e lo baciò, sentendosi riempire di quelle stesse emozioni, quando l’angelo posò la mano sull'impronta bruciata che gli aveva lasciato sulla spalla, facendola combaciare perfettamente. Dean si aggrappò a lui, soprafatto quanto Castiel, nonostante non avessero ancora combinato nulla, di fatto.
Chi diavolo sapeva cosa fare? Voleva mostrarsi sicuro per lui, ma la verità era che non ne sapeva poi così tanto. Era abituato alle donne e lì, invece, c’erano caratteri tecnici che facevano a pugni con le sue passate esperienze. Avrebbe fatto male, diamine gli avrebbe fatto un male cane, ma gli sembrava giusto che - almeno la prima volta - Cass avesse quell’esperienza da uomo.
Afferrò una delle sue mani e si portò l’indice e il medio alla bocca, bagnandoli per bene. Quella parte non doveva poi essere tanto diversa, solo che non si era mai trovato dall’altro lato della barricata. Si augurò che l’angelo capisse istintivamente cosa fare, perché spiegarglielo sarebbe stato davvero troppo imbarazzante.
Condusse quella mano in basso, tra le proprie gambe, senza scollare gli occhi da quelli di Castiel, che invece - dopo un momento - seguirono i suoi movimenti.
«Hai paura?» gli domandò, anche se quello più terrorizzato era lui. «Pensi che sia sbagliato?» non si era nemmeno preoccupato di quell’aspetto. Forse agli angeli era proibito fare cose simile, mischiarsi agli umani, tanto più con persone dello stesso sesso.
«Non è vietato,» rispose, come se gli avesse letto nel pensiero «ma non è proprio ben visto, diciamo».
Ah. Castiel, il perfetto soldato di Dio, ligio alle regole. Si sarebbe fermato?
Ma, una volta tanto, il suo “angelo sulla spalla” non sembrava preoccupato da quella faccenda.
«Farà male» considerò, invece, accigliato.
«È probabile» convenne Dean «Ma… che diavolo, gli uomini lo fanno dalla notte dei tempi, qualcosa di piacevole dovrà pur esserci, no?» domandò retoricamente, più per dare coraggio a sé stesso che per incitare Castiel.
«Sì, se tutto va bene» asserì questi e parve quasi considerare la questione in modo clinico.
«Oh, grazie, questo è davvero rassicurante» ironizzò lui, ma si zittì quando l’altro cominciò a sfiorarlo lì in basso. Era fastidioso, ma non in modo esattamente spiacevole. Tirò di nuovo Castiel giù con sé, distraendosi sulle sue labbra, e dopo un po’ la sensazione si fece più stuzzicante e meno estranea.
La sua bocca si fece più decisa, più invadente, rubandogli il fiato e Dean ansimò quando la prima falange si fece strada in lui, ma l’angelo non gli permise di respirare. Doveva davvero averci preso gusto a baciarlo e al ragazzo quasi girava la testa per mancanza d’aria. Sembrava che Cass non avesse nemmeno bisogno di respirare e, accidenti!, forse davvero non ne aveva bisogno, chi poteva saperlo?
Quando ormai si sentiva sul punto di svenire e lucine bianche cominciavano ad esplodergli dietro le palpebre chiuse, finalmente l’angelo si scostò.
«Merda» bisbigliò - sentire imprecare Castiel era sempre strano e bizzarramente eccitante - poi una mano gentile gli scostò i capelli dalla fronte. «Mi dispiace».
Gli venne voglia di ridere. Come se potesse prendersela contro qualcuno veramente capace di stordirlo con un bacio! «Sto bene» lo rassicurò, socchiudendo gli occhi «Dammi solo un attimo».
Sentiva il tocco di Castiel premere dentro di sé, immobile, ma innegabilmente presente e percepiva addosso il suo sguardo preoccupato, tanto intenso da essere quasi tattile. Alla fine, lasciò passare appena una manciata di secondi prima di attirarlo più vicino; lo desiderava in modo completamente diverso da chiunque avesse conosciuto in precedenza.
«Sbrigati» ringhiò con urgenza, muovendo il bacino per incitarlo e l’angelo non se lo fece ripetere due volte.
«Sii paziente, Dean» lo rimproverò tuttavia, mentre lo preparava con attenzione.
Questi sibilò per il fastidio, ma la sensazione sgradevole scomparve in fretta, coperta anche dalla labbra di Cass che tornarono sul suo petto, e ad ogni attimo si sentiva sempre più impaziente. Poi l’angelo sfiorò qualcosa che causò letteralmente un’esplosione di piacere dentro di lui e Dean si ritrovò con il fiato spezzato.
«Cazzo!» sputò in un ansito secco, quando Castiel lo fece ancora, e poi ancora e ancora «Cazzo-cazzo-cazzo!» si aggrappò alla prima cosa che trovò sotto mano, sentendosi ad un passo dall’orgasmo. «Adesso, Cass, adesso!» ordinò e quella sensazione fantastica scomparve, per essere rimpiazzata da qualcosa di molto diverso.
Conficcò le unghie nell’imbottitura dei sedili, spalancando gli occhi per il dolore, mentre istintivamente cercava di ritrarsi. Le mani forti dell’angelo, però, lo tennero fermo e Dean riuscì a vedere ad un soffio dal proprio viso qualcosa che, per un attimo, gli fece dimenticare il dolore.
L’ espressione di Castiel era indescrivibile, così sorpresa ed in estasi, doveva senz’altro essere quella di un uomo che aveva trovato il Paradiso, perché non c’era altra spiegazione. Ogni suo muscolo s’irrigidì nello sforzo di stare fermo e non causargli altro dolore, e malgrado avesse un autocontrollo di sé eccellente, doveva davvero essere un arduo compito. I suoi occhi blu sembravano ancora più profondi e scuri del solito, quando lì puntò sul ragazzo: «Respira piano, Dean. Rilassati, non mi muovo finché non stai meglio» gli assicurò e lui gliene fu immensamente grato, perché la sola idea che si spostasse di un centimetro lo mandava nel panico.
Cercò di seguire il consiglio e concentrarsi sulle sensazioni positive. Che diamine, era stato all’Inferno, aveva sopportato dolori peggiori! Poco a poco, cominciò a registrare il respiro affannato del corpo sopra il suo, gli spifferi d’aria che filtravano dalla macchina causandogli la pelle d’oca, il modo in cui il ventre di Castiel premeva contro il suo membro e il calore bollente del suo uccello dentro di sé.
Apparentemente funzionò, perché l’angelo riprese a spingere e l’attrito non era più doloroso come prima, anche se ben lontano dall’essere piacevole. Dean si concentrò su di lui, osservare il modo in cui Cass scopriva tutte quelle sensazioni era di gran lunga più interessante.
Dalle sue labbra sgorgò qualcosa d’incomprensibile - forse in enochiano, la sua vera lingua - ma il ragazzo avrebbe potuto scommettere sul fatto che fosse qualcosa di analogo a “Oh, Signore!” e sorrise tra sé, perché far nominare il nome di Dio invano ad un angelo era un piccola conquista personale.
«Sei così stretto,» ansimò Castiel, chinandosi su di lui per baciarlo «bollente». E Dean si aggrappò a lui con tutte le sue forze, quando strinse il suo uccello in mano e cominciò a masturbarlo mentre lo scopava.
Era fottutamente stupendo. Sentirsi così aperto - scoperto, violato, conquistato - mentre Castiel stimolava tutti i suoi punti più sensibile era… diamine, una parte di lui pensò che valesse tutta la pena di subire la dannazione eterna al girone sodomia, per tutto quello! E il fatto che a donarglielo fosse proprio l’angelo che l’aveva tirato fuori dall’Inferno, sembrava semplicemente giusto e perfetto. Poi Cass trovò di nuovo quel punto dentro di lui, spingendosi su di esso sempre più forte e più veloce, e tutto divenne semplicemente troppo da sopportare.
La luce esplose dietro le sue palpebre chiuse e Dean avrebbe creduto che fosse causata unicamente dall’orgasmo, se solo i lampioni del parcheggio non fossero scoppiati all’improvviso, illuminando a giorno lo spiazzo, e tutti gli antifurti delle auto presenti non avessero cominciato a suonare nello stesso momento.
Si guardò attorno confuso, i vetri della sua Impala vibravano ancora, mentre l’angelo gli si accasciava addosso, tremante per il piacere. «Sei stato tu?» domandò, con il respiro spezzato.
«Ho perso il controllo» ammise Cass, poggiando la testa sulla sua spalla.
«Se mi hai rotto l’impianto elettrico della macchina, te lo faccio pagare» asserì minacciosamente.
«Mandami il conto» replicò l’altro atono.
«Wow! Questa era battuta?» esclamò Dean, quasi incredulo.
«Spiegami solo una cosa» replicò Castiel perplesso «chi sono Spock e Gene Simmons?» facendo scoppiare a ridere il ragazzo, mentre gli imbestialiti clienti del motel uscivano dalle proprie stanze per spegnere le auto.
FINE.
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