Fandom: Supernatural.
Pairing: future!Castiel/future!Dean.
Rating: NC17.
Beta:
koorime_yu .
Genere: Angst, Erotico, Introspettivo Romantico.
Warning: Future-fic, Linguaggio, Missing Moment 5x04, Sesso descrittivo, Slash, Spoiler!.
Words: 2679 (
fiumidiparole ).
Summary: Anno 2013, Castiel ha un piede fratturato e Dean urla “sì!” al cielo.
Note: Ambientata nel futuro, ma in un periodo precedente all’arrivo del Dean del 2009 spedito nel 2014 da Zachariah. Scritta per l’
ottava - e ultima, sigh - settimana della
COW-T di
fiumidiparole e
maridichallenge , Team Maghi - Missione 1 - Fine del mondo.
DISCLAIMER: Non mi appartengono e non ci guadagno nulla ù_ù
Ritorno alle Origini
I “se” sono la patente dei falliti.
Nella vita si diventa grandi “nonostante”.¹
Il cielo gridava rabbioso, piangendo lacrime disperate. Lampi feroci cadevano a terra come pugni pestati al suolo da un bambino capriccioso, illuminando per brevi attimi i campi desolati. L’aria era elettrica e pioveva come se fosse Dio stesso a mandarla, sempre che Dio fosse ancora vivo.
«Sì!» urlò Dean per l’ennesima volta, ormai quasi senza voce. «Mi hai sentito?! Ho detto sì!» gridò con quanto fiato aveva nei polmoni, scorticandosi la gola. «Dico a te, Michael! Anzi, a voi, maledetti cazzoni piumati! Avete rotto tanto le palle, be’… sono qui ora! Voi dove cazzo siete?!» continuò ad inveire, spalancando le braccia e offrendosi alle nuvole nere.
Era andato tutto a puttane. Sam aveva un piano - uno dei suoi piani del cazzo, ma pur sempre un piano - però non aveva funzionato. Lui avrebbe dovuto provare a dissuaderlo dal dire sì, anche se le sue intenzioni erano buone e voleva dare loro una chance di rinchiudere di nuovo Lucifer nella sua gabbia, ma non si parlavano da molto tempo. E così avevano fallito e, nonostante il sacrificio di suo fratello, il Diavolo in persona vestiva il suo legittimo tramite e scorrazzava a piede libero, portando ovunque morte e desolazione.
E gli angeli erano spariti. Totale silenzio stampa; o almeno così diceva Castiel, che non riusciva più a sentirli ed aveva completamente perso i poteri.
Dean, esausto, si lasciò cadere in ginocchio nel fango. Qualcosa di bollente rotolo sul suo viso e solo allora si rese conto che quella che gli offuscava gli occhi non era pioggia - non solo almeno.
Stava piangendo; da solo, in quel campo di grano incolto, era infine crollato.
Fradicio, si rannicchiò su se stesso, pestando i pugni al suolo come il cielo con i suoi fulmini. «Sono qui, maledetti figli di puttana! Venite a prendermi!» ruggì ancora, ma la voce gli si strozzò in gola.
Rimase lì per un’altra ora intera, infine si alzò con tutte le giunture che protestavano e l’impressione di essere bagnato fin nelle ossa, e arrancò verso la jeep, tornando all’accampamento. Niente più Impala, addormentata sotto una cerata a Camp Chitaqua; la sua bambina era un totem, il simbolo di giorni migliori, di una gioventù bruciata.
Rabbrividendo, rientrò nella propria capanna e, non appena mise piede al coperto, gettò via la giacca e la maglietta fradice. Poi alzò lo sguardo sulla propria branda e lì trovò qualcuno ad attenderlo.
«Cosa fai qui?» domandò rauco, incontrando gli occhi blu di Castiel.
Questi indossava una vecchia camicia scolorita ed un paio di jeans un po’ troppo lunghi e strappati sul ginocchio destro, le sue guance erano coperte da una barba incolta - non aveva ancora imparato a radersi per bene, continuava a riempirsi di tagli - e aveva il piede sinistro ingessato.
«Ti ho aspettato per fare rapporto al posto di Chuck. Lui era esausto, io invece non ho nulla da fare tutto il giorno» indicò il gesso che lo impossibilitava a rendersi utile «e tu a mezzanotte non eri ancora tornato, quindi…» lasciò la frase in sospeso, non essendoci alcun bisogno di concluderla.
«Okay» borbottò Dean, sfilandosi anche i jeans sporchi e bagnati ed abbandonandoli a terra, indifferente alla presenza dell’amico o al suo sguardo che non l’aveva lasciato per un solo attimo. «Allora?» gracchiò impaziente, incitandolo a cominciare mentre prendeva un asciugamano e cercava degli abiti puliti - o meno sporchi.
«Daniel e Mike sono caduti, i croat li hanno presi» annunciò subito Cas, e Dean strinse i denti, irrigidendo la mascella; altri due bravi ragazzi all’Inferno.
«Abbiamo dovuto fondere un po’ di roba per creare nuove munizioni» continuò l’angelo, facendo finta di non averlo notato. «Stiamo finendo la benzina e siamo a corto di medicinali» concluse, concordando segretamente con l’imprecazione che il ragazzo si lasciò sfuggire. «Dove sei stato?» gli domandò poi.
«Fuori» stringò il cacciatore, frizionandosi i capelli con l’asciugamano, dopo essersi rivestito.
«Non l’avrei mai detto» ironizzò Castiel. «Stai bene?» chiese allora e il cacciatore s’immobilizzò, alzando appena la testa china per incontrare il suo sguardo.
«Non sono stato contagiato, se è questo che temi» rispose secco, quasi senza voce.
«No, non è di quello che mi preoccupo» replicò l’amico in tono appena più gentile. Si tirò su a fatica, aiutandosi con una stampella e zoppicò fino al tavolo, dove si lasciò cadere su una sedia, prima di versargli un bicchiere di whiskey. «Bevi, ti aiuterà a scaldarti».
Dean si accasciò nel posto di fronte a lui ed accettò in silenzio l’offerta, sorbendone un lungo sorso. Il liquore gli bruciò piacevolmente la gola, lenendola. «Non ne mancava così tanto, quando sono uscito» osservò poi, indicando la bottiglia piena solo per un quarto.
«Potrei averne bevuto un po’ per ammazzare il tempo» rispose Cas, accennando un sorriso e rabboccandogli il bicchiere.
Il cacciatore si accigliò, non gli piaceva il modo in cui l’amico si stava lasciando andare, ma chi era lui per fargli la predica? Al suo posto avrebbe fatto esattamente lo stesso. Erano soldati e per loro non vi era cosa peggiore dell’immobilità; non poter fare nulla, mentre tutti gli altri continuavano a combattere, faceva sentire inutili.
Senza contare il fatto che prima Castiel era un fottuto angelo del Signore e, anche se non si lamentava mai, lui riusciva a vedere quanto gli fosse difficile abituarsi a quella nuova natura che non gli apparteneva affatto. Di buono c’era che questo Castiel così umano si stava togliendo la scopa dal culo.
Dean afferrò un altro bicchiere e gli versò - probabilmente l’ennesime - tre dita di whiskey. «Ti voglio in piedi e senza gesso entro la settimana prossima» ordinò.
Cas era fermo da quasi un mese, ormai le ossa dovevano essersi saldate. Gli sarebbe servito un bel po’ di esercizio per riprendere perfettamente la mobilità ed il tono muscolare, ma non vi era alcuna ragione che gli impedisse di tornare del tutto in forma, seppur in tempi umani.
L’angelo ridacchiò a quel tono autoritario, ma annuì obbediente. «Farò il possibile» promise. Poi si perse ad osservare quegli occhi verdi spenti ed arrossati - stanchezza o lacrime? Entrambe? - incastonati in un volto troppo pallido, e sentì il cuore serrarsi in una morsa. Dove erano finiti gli uomini - creature… persone - che erano un tempo? Non erano che l’ombra di sé stessi.
«Se questa fosse la mia ultima notte,» asserì, inseguendo un pensiero improvviso «sarei felice di averla passata con te».
«Se fossi certo che questa è la mia ultima notte,» ribatte il ragazzo, facendo roteare il liquore ambrato sul fondo di vetro «la passerei a scopare» concluse, buttando giù il resto del contenuto e riacquistando una parvenza del vecchio se stesso.
Castiel gettò indietro il capo e rise, contagiando anche l’amico, che gli concesse un sogghigno; da troppo, troppo tempo non sorrideva più davvero.
«Una cosa non esclude necessariamente l’altra» gli fece notare lui, con un luccichio malizioso negli occhi blu totalmente estraneo all’angelo di un tempo.
«Sei ubriaco, verginello» ribatté il cacciatore.
«Oh, sai, ad essere costretto all’immobilità s’imparano molte cose» insinuò, lasciando che intuisse da solo il messaggio implicito.
«Sei finalmente diventato un uomo!» gracchiò Dean, tossendo una risata. «Be’… questo è qualcosa di buono a cui brindare» considerò poi, riempiendo di nuovo i bicchieri di entrambi.
«Già, proprio un uomo» convenne Cas, sorridendo mesto. «Ma sai una cosa? Avevi ragione: mi sono ribellato, sono caduto, tanto vale godersi la dannazione!» esclamò. «Voglio sperimentare tutto» dichiarò convinto, facendo tintinnare i loro bicchieri.
Dean lo osservò in silenzio da sopra il proprio, con sguardo speculativo. «Allora dicevi sul serio, prima?» domandò scettico.
«Perché no?» confermò l’interpellato. «Con chi altro dovrei passare la mia ultima notte? Se anche significasse lasciare che tu mi apra le gambe, non avrei più nulla da perdere».
«Questo è vero» considerò il ragazzo. «Allora… considerati prenotato per la fine del mondo» ironizzò.
Castiel rise ancora, ma stavolta senza calore. «È la maledetta Apocalisse, Dean» gli ricordò. «Ogni notte è la fine del mondo».
«Già» assentì in uno sbuffo, poi lasciò scivolare gli occhi su quel corpo per studiarlo. Provò ad immaginare mani estranee - sottili e delicate, da donna. O forse era stato un uomo? - toccare quel fisico magro e pallido, e lo stomaco gli si chiuse in un nodo fastidioso; non gli piaceva affatto l’idea. «Con chi sei stato?» lo interrogò all’improvviso, la voce così bassa da sembrare un ringhio, o forse lo era davvero.
«Si dice il peccato, non il peccatore» replicò l’angelo elusivo.
«D’accordo» assentì alzandosi e facendo il giro del tavolo. Lo afferrò per il collo della camicia e lo tirò in piedi. «Vuol dire che dovrò semplicemente fare di meglio» concluse Dean, prima di schiacciare le labbra sulle sue.
Cas sgranò gli occhi per la sorpresa ed emise un piccolo gemito impotente, aggrappandosi a lui per non cadere, ed il ragazzo gli passò un braccio attorno alla vita per sostenerlo, mentre intrufolava la lingua nella sua bocca. Un sentore di whiskey sul fondo del palato si mischiò al bacio, offuscando lievemente il sapore di entrambi, ma a nessuno dei due parve importare. Il cacciatore gli mordicchiò le labbra pallide e secche, succhiandole come fossero frutti maturi e gli graffiò il mento con i denti, leccando la traccia di barba sfatta.
«Pungi» mormorò, intrecciando le dita ai suoi capelli; anche quelli erano cresciuti da quando aveva perso i poteri.
«Scarseggiano anche le lamette» gli ricordò Castiel in un ansito, abbandonando indietro il capo quando Dean scese ad esplorare il suo collo.
Questi grugnì infastidito, intenzionato a scacciare fuori ogni pensiero sull’Apocalisse, e lo afferrò sotto il sedere, sollevandolo e caricandolo di peso sul tavolo, prima di riprendere a baciarlo. L’angelo lo attirò più vicino a sé, strattonandolo per la maglia ed avvolgendogli la gamba sana attorno ai fianchi, mentre lui cominciava a sbottonargli febbrilmente la camicia.
Si spogliarono con qualche difficoltà, ostacolandosi a vicenda, ma infine Cas riuscì a sfilargli la maglietta e Dean gli tolse i jeans, abbandonandoli incastrati sulla caviglia ingessata e lasciandogli i lembi della camicia a pendere dalle spalle sottili. Osservò quel corpo un po’ troppo magro, ma con tutti i muscoli ben definiti, e dovette ammettere che era… bello.
«Non sei affatto male» mormorò accarezzandogli il torace e attardandosi a pizzicargli un capezzolo.
L’angelo sussultò e gli fece un mezzo sorriso, prima di portare le mani alla cintura dei suoi pantaloni. «Sì, è un contenitore grazioso» convenne abbastanza indifferente, anche se ormai stava cominciando a considerare quello come il suo corpo, dovendosene prendere cura ogni giorno.
«Ho conosciuto Jimmy» gli ricordò il cacciatore «E sospetto che a fare la vera differenza sia quello che ora c’è dentro il suo corpo» considerò subito dopo, tirandogli piano i capelli sopra la nuca per fargli alzare lo sguardo.
Gli occhi di Castiel si allargarono per la sorpresa e cercò di nuovo le sue labbra, coinvolgendolo in un bacio un po’ amaro, perché rimaneva ben poco dell’angelo che era stato. Dean non gli permise di pensarci e approfondì il contatto, strappandogli il respiro; poteva farcela, gli avrebbe impedito di arrendersi, poteva fare anche quello, lo avrebbe costretto a lottare. Spinse i fianchi contro i suoi, facendo sfregare il cavallo dei suoi jeans contro la sua erezione a malapena coperta dal cotone dei boxer, conquistando un gemito disperato.
Le mani di Cas tornarono frenetiche sulla cintura dei suoi pantaloni e la slacciarono il più in fretta possibile, infilandosi poi all’interno per afferrargli le natiche e strattonarlo contro di sé. Stavolta fu il turno del cacciatore di lasciarsi sfuggire un verso inconsulto, specie quando una di quelle mani scivolò sul davanti a stringere il suo sesso. Poi l’angelo attaccò il suo collo e lui si chiese perché cazzo avessero aspettato fino a quel momento per fare qualcosa del genere. Fanculo alle sue seghe mentali, nella parte più profondo di sé sapeva che Castiel avrebbe potuto essere suo da sempre, se solo lui l’avesse voluto.
Si spinse di nuovo contro di lui, poi lottò per riuscire ad infilare le dita tra i loro corpi pressati e tirare giù l’elastico dei boxer, impugnando il suo membro. Cas ansimò al suo orecchio, perdendo per un attimo la presa su di lui e Dean ne approfittò per scacciare del tutto la sua mano e stringere insieme i loro uccelli. La sensazione fu incredibile ed inaspettata per entrambi. L’angelo arcuò la schiena, preferendo posare i palmi sul tavolo, dietro di sé, in modo da riuscire a fare leva ed affondare più veloce nel suo palmo, e Dean lo rincorse, circondandogli di nuovo la vita con il braccio libero per tenerlo appiccicato a sé, e posando la fronte sul suo petto glabro.
Castiel era silenzioso perfino durante il sesso, ma la sua espressione e gli ansiti che si lasciava scappare quando non riusciva più a contenersi… Oh, lui non riusciva a staccargli gli occhi di dosso!
Con le labbra toccò tutto ciò a cui riusciva ad arrivare, mentre i movimenti si facevano sempre più insistenti ed i flebili gemiti dell’angelo più frequenti, fino a che quest’ultimo non cercò la sua bocca, artigliando i suoi capelli e portandola contro la propria, per soffocare un grido che sembrava risalire dalle radici del petto su cui Dean era ancora poggiato. E lui lo seguì pochi secondi dopo, stringendogli un fianco ossuto così forte che probabilmente vi sarebbe rimasto un livido impresso sopra, gemello dell’ustioni di cui ancora portava traccia sulla spalla.
Posò la testa sulla sua spalla, cercando di regolarizzare il respiro, e Cas gli abbracciò le spalle, ansimando tra i suoi capelli chiari. Parve un po’ deluso quando, dopo qualche minuto, lui si scostò, e al cacciatore venne quasi da sorridere - quasi.
«Il resto lo lasciamo alla prossima ultima notte, una volta che ti sarai liberato di questo» sogghignò, dando un colpetto al gesso ed arraffando l’asciugamano dimenticato sul tavolo per pulirsi la mano appiccicaticcia.
«Mi dispiace essere così inutile» sospirò l’angelo, rimettendosi a posto i boxer ed iniziando a chiudersi la camicia, come se all’improvviso si vergognasse.
Dean lasciò quello che stava facendo - chiudersi i jeans, perché tutta quella roba incasinata non era affatto comoda - per osservarlo accigliato. Gli afferrò i capelli sulla fronte, facendogli alzare il volto chinato per incontrare i suoi occhi e poi, con voce ancora roca, ringhiò: «Stammi bene a sentire, perché non ho nessuna voglia di ripeterlo e non ho alcuna intenzione di commiserarti - non ne ho proprio il tempo, chiaro? Non me ne frega un cazzo se hai perso i superpoteri» si accostò ancora di più e continuò ad un soffio dal suo viso: «Per me resti sempre lo sfigato che mi ha tirato fuori dall’Inferno. Non hai più le tue belle ali? Condoglianze. Ma non venirmi a dire che sei inutile, perché io non sono mai stato nulla più che umano. Sei caduto, d’accordo, ma è stata una tua scelta e non voglio credere che se potessi tornare indietro cambieresti le cose, o non saresti più la persona che rispetto. Perciò alzati in piedi ed imbraccia un fucile, perché io non mi volterò a guardarti marcire in un angolo!»
«Belle parole da chi si è quasi arreso» replicò l’angelo, dopo qualche secondo di shock. «Non fare quella faccia, Dean. Credevi che non avessi capito che sei andato a cercare Michael? So come funziona la tua testa, anche se non posso più leggerci dentro».
«Vedi un’altra soluzione?!» ribatté questi, serrando i denti.
«Vaffanculo, Dean!» Castiel reagì spintonandolo sulle spalle. «Mi sono ribellato perché credo in te, non in Michael!»
«E allora continua a farlo!» inveì il ragazzo, barcollando indietro di un solo passo «Non parlare come se dovessi lasciarmi!» sbottò, per poi portarsi una mano alla bocca, sfregandola, confuso lui stesso da quello che aveva detto.
Fu una doccia gelata rendersi conto che lo pensava davvero; non gli era rimasto nessun altro e Cas sarebbe morto se si fosse arreso, e non poteva sopportare di perdere anche lui. Proprio quando credeva di non aver più bisogno di nessuno, si ricordava che qualcuno era ancora lì.
La stanza scivolò nel silenzio e, quando alzò lo sguardo, si specchiò in una sguardo smarrito identico al proprio. Poi il suo angelo gli sfiorò un polso e lo strinse piano, attirandolo gentilmente di nuovo a sé e nascondendosi contro il suo collo, mentre infilava le dita tra i suoi capelli per spingerlo a posare la testa sulla sua spalla.
La fine del mondo. Be’, se dovevano andare all’Inferno, tanto valeva farlo insieme. Sarebbe stato un piacevole ritorno alle origini.
FINE.
¹. “L’ultima riga delle favole” di Massimo Gramellini.
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