[FIC] Akai Ito: Capitolo 40

Apr 02, 2012 01:05




DATI
Titolo: Akai Ito
Capitolo: Capitolo 40 ( Fanfiction Masterpost)
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale
Pairing: Sakurai ShoxOC / Masaki AibaxOC / Matsumoto JunxOC
Rating: PG
Disclaimer: Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo
Trama: Un filo ci lega alla persona cui siamo destinati: non importa il tempo che dovrà passare o le distanze che ci separano. Ma se questa persona fosse proprio davanti a noi e non riuscissimo a riconoscerla? Se la considerassimo antipatica tanto da non degnarla neanche di uno sguardo? E se l'avessimo trovata e noi stessimo vacillando nei dubbi? E ancora, cosa dice che non l'abbiamo già persa?

NOTE
Era tantissimo che attendevo di scrivere questo capitolo. Era tantissimo che immaginavo di scrivere questa dichiarazione. E' l'unica in tutta la mia produzione in cui un personaggio usa espressamente il verbo "amare" per parlare dei suoi sentimenti per la persona in questione. Non è un caso che lo usi un personaggio che non è giapponese e la dice lunga il fatto che metta una parola simile in bocca ad una donna invece che ad un uomo. No, non sono lesbica (anche se a volte credo sarebbe un'ottima soluzione per liberarmi della deficienza e della bassezza morale del genere maschile in cui ripongo una scarsa se non inesistente fiducia)... ma vabbè, questa parentesi spiega perchè ho usato questo verbo per la prima volta e perchè ho preferito usarlo per descrivere un sentimento di una donna verso un'altra donna.
Sapevo fin dall'inizio che Ying sarebbe stato un personaggio omosessuale e che sarebbe stata innamorata di qualcuno che invece non lo è e che quindi non può ricambiarla. Come mio solito quando affronto qualcosa che non conosco, cerco di informarmi, ma non si trova scritto da nessuna parte com'è per una donna omosessuale amarne una che è invece etero. Così sono andata alla fonte, da un amica: le ho spiegato a cos ami serviva, la situazione e le ho chiesto di ipotizzare come si sarebbe potuto sentire il personaggio. A riprova che la mia pignoleria a volte è eccessiva, la sua risposta è stata abbastanza banale, niente che non potessi intuire anche io da sola. L'amore è amore, in questo caso è come se fosse un amore a senso unico in una coppia etero: non sei ricambiato, ma comunque vuoi bene a quella persona e desideri il meglio per lei. Con questa idea ho sempre calcolato ogni comportamento di Ying nei confronti degli altri personaggi fin dalla sua prima comparsa. Erano attimi brevi, ma erano importanti (cosa non è importante in sta fic? bah...).
Questo momento, in cui si rivela il suo sentimenti -anche se non lo rivela all'interessata- lo aspettavo da tanto: prima di tutto perchè spero sia un bel colpo di scena, secondo perchè mi piace questo personaggio. In realtà nella mia testa lo immaginavo più violento, più drammatico, ma dalle mie dita è venuto fuori così e per certi versi forse è meglio, un po' perchè non tutto dev'essere a mò di tragedia greca, secondo perchè forse una scenata di strilli e parolacce non sarebbe stato nello stile del personaggio (le volgarità lasciamole a quella scaricatrice di porto di Tomomi <3).
Il capitolo che seguirà sarà uno spin off e sarà proprio su Ying perchè direi che è il suo momento ^^ è un personaggio secondario rispetto ad altri, ma come mio solito l'ho ideato a tutto tondo, quindi vale la pena conoscerla.
Dovrebbe essere il punto focale del capitolo ma finisce con il passare in secondo piano, comunque... beh Sho ho capito che sta donna non sta per sposarsi XD *applausi* gli resta da capire perchè Erina invece abbia praticamente confermato quell'ipotesi quando gliel'ha sbattuta in faccia sul pianerottolo. Su gioie belle...
A parte lo spin off il capitolo 41 è sui chibi ♥

40. Sorry, for intruding a Silent Heart

Erina guardava il soffitto con gli occhi socchiusi. La testa continuava a farle male almeno su metà del cranio ed era difficile dire se la parte più dolorante fosse frontalmente o appena dietro l'orecchio, a scanso di equivoci spesso teneva le mani su entrambe le parti. Non che servisse a qualcosa, ma dava l'illusione di riceverne un minimo di sollievo. Da qualche ora, dopo pranzo, guardava la lampada che pendeva dal soffitto della camera e, se la fissava a lungo, aveva l'illusione che oscillasse, ma se poi sbatteva gli occhi le sembrava nuovamente immobile. Erano quasi le quattro e Ying aveva chiesto un giorno di riposo dal lavoro per poterla assistere dopo che lei la sera prima era tornata a casa con una pessima cera e aveva passato la notte in bagno a contemplare le acque dello scarico della tazza nella toilette. "A tanto arrivo a scomodarla?" pensò. In realtà era difficile riflettere, durante la notte si era resa conto che nella sua mente i pensieri si accavallano gli uni agli altri a velocità impressionante, nemmeno era certa di poter riflettere su una sola cosa con calma perchè sembrava esserci troppo disordine nella propria testa. Con un respiro profondo tentò di calmare quella confusione, probabilmente provocata dal dolore, ma senza grandi risultati. Tutto quello che aveva scoperto di poter fare per seguire un solo filo di pensieri era parlare a voce alta: se lo faceva aveva ancora un terribile traffico nella mente, ma la propria voce l'aiutava e seguire con più consapevolezza un solo discorso. «Dobbiamo parlare» mormorò tra sè a bassa voce, perchè se avesse alzato il tono avrebbe dato l'idea di una che delira per la febbre e voleva tentare di salvare quell'ultimo briciolo di dignità che le rimaneva, se non era andato anche lui nello scarico insieme a tutta la bile che aveva lasciato il suo corpo quella notte. «Anche se è una persona riservata non sarebbe giusto tenerla a casa senza che sappia cos'è successo. Sì, deve sapere» deglutì e si sentì la gola riarsa
«Sei inquietante» disse Ying comparendo sulla soglia della porta a scorrimento della stanza «So che sei ancora in questa realtà Eri, allora perchè bofonchi come una pazza? Sembra l'inizio di un film splatter»
«Perchè se non lo dico non riesco a seguirlo» rispose e anche se a quel modo non aveva spiegato nulla, l'altra annuì e andò a sedersi a gambe incrociate di fianco al futon che era stato steso il più vicino possibile alla porta che dava sul corridoio oltre il quale stava il bagno. «Ti ho fatto un earl grey, ti va?» domandò appoggiando di fianco al cuscino due tazze fumanti
«Se non esistessi ti inventerei» fu la risposta di Erina che si girò su un fianco, guardò il vapore alzarsi e nascose la faccia nel cuscino «Anzi no, ti costruirei, perchè meglio di te c'è solo 3C1P8»
«C-3PO» la corresse la cinese «E lui era stupido. Io non sono stupida»
«Hai ragione. Allora sono io quello... lui sapeva anche tante lingue. Tu sei l'altro... quello diligente»
«R2-D2» specificò ancora «Però il te lo faceva C-3PO»
«E allora deciditi insomma!» esclamò Erina con un sospiro, rimettendosi supina mentre la cinese rideva sommessamente. «Ora scotta, aspetta un po' e potrai berlo» le disse prendendo la propria tazza tra le dita e soffiandoci dentro
«Soffi anche sul mio» si lagnò la rossa arricciando il labbro
«Siii» rispose la coinquilina con pazienza. Per un po' rimasero in silenzio e l'unico rumore era quello della gente che passava nella strada sotto la finestra e il respiro di Ying nelle tazze. La vita in quell'appartamento era così, tranquilla. Conoscendo Erina non si sarebbe mai detto, ma per quanto fosse una ragazza attiva, pasticciona ed esagitata, a volte, era anche una che sapeva rispettare gli altri, e rispettare Ying significava prendere tutto con più calma. Non si poteva dire che cambiasse se stessa per adattarsi alla propria coinquilina, ma più che quest'ultima favorisse la sua parte più tranquilla e riflessiva, cosa di cui aveva bisogno di tanto in tanto. In cambio, era stata sempre Erina a spingere la cinese verso qualche scelta azzardata: un colloquio di lavoro, un progetto impegnativo, nel gioco di squadra sul campo, a dire la propria quando magari sarebbe stata semplicemente zitta e avrebbe accettato le decisioni altrui anche se non le andavano proprio a genio. Nonostante questa strana opposizione c'era anche qualcosa che le accomunava e che fin da subito le aveva legate: entrambe erano diverse. A Ying bastava parlare perchè le persone si rendessero conto che non era giapponese mentre per Erina era subito evidente, nonostante nei modi e nella parlata fosse esattamente come tutti gli abitanti di quel paese. Erano diverse e per questo c'era un senso di unità che, forse inconsciamente, le legava: senso di estraneità, esperienze spiacevoli, sostegno tra chi capiva quel tipo di dolore. Condividevano qualcosa che la rossa non avrebbe avuto mai con nessun altro, nemmeno con Tomomi che pure poteva quasi essere classificata come la sua migliore amica. Eppure, nonostante tutto questo, nonostante che Ying fosse l'amica più vecchia che avesse, la rossa non l'aveva mai trattata come la sua confidente e la stessa cosa aveva fatto l'altra. C'erano altre esperienze non raccontate, altri problemi non confessati, ma vivendo sotto lo stesso tetto era giusto così -si era detta Erina- perchè ognuna aveva diritto al suo spazio personale, ad un po' di privacy, al diritto di non dire qualcosa. Qualcosa che poi sarebbe trasparito dagli atteggiamenti e dall'umore una volta in casa, ma su cui si aveva la libertà di non dire nulla. Giusto o no che fosse quell'equilibrio tra loro era sempre andato bene. Quella in cui si trovava era però una situazione in cui Erina aveva sì la libertà di rimanere in silenzio, ma non sarebbe stato giusto: un conto era avere il broncio qualche giorno e non dire perchè, un altro era vomitare tutta la notte ed aver perso l'autosufficienza al punto da costringere l'altra a non andare avanti con la propria vita. Quella volta Ying meritava una spiegazione. «Sei riuscita a dormire stanotte?» domandò spostando gli occhi dal soffitto al viso della cinese
«Tu che ne dici?» chiese in risposta lei, sollevando entrambe le sopracciglia da sopra la tazza fumante
«Scusa»
«Dubito sia tu a doverti scusare con me» fece scuotendo il capo
«E chi?» domandò aggrottando le sopracciglia
«Credo che tu lo sappia meglio di me» rispose, ed Erina chiuse le palpebre. Ying era peggio di Tomomi: in confronto parlava meno e il novantanove per cento delle volte era una frase che non diceva niente, ma allo stesso tempo era qualcosa che diceva tutto ed era anche giusta. «Allora sono due le persone da incolpare» borbottò tirandosi la coperta fino al mento
«Addirittura? Chi? Sakurai Sho e...» fece alzando gli occhi per guardare un poster appeso al muro «Mmmh... Ninomiya Waye*»
«Kazunari» la corresse, ridacchiando a fatica per poi mettersi a tossire «Non farmi ridere!» sbottò
«Ma non l'ho fatto apposta» si difese la cinese
«No comunque, non lui. Nessuno di loro. E' già una miracolo divino conoscerne un paio, figurati quanto sarebbe utopico piacere a due di loro!» le spiegò cercando di mettersi seduta. Ying mise la propria tazza a terra e si affrettò ad aiutarla tenendole una mano sulla schiena e una sul braccio per aiutarla ad alzarsi. «Ti ricordi Fujimiya Koji?»
«Oh sì, Fujisan**» annuì con una smorfia «Quell'orribile cornice che ti ha regalato è rimasta vuota sulla mia scrivania. Credo abbia già un bello strato di polvere: fammi un favore, quando stai meglio prendila e buttala. Non ha altra utilità oltre all'urtarmi»
«Ok, ha un pessimo gusto estetico, ma...»
«E le spalle piatte» aggiunse la cinese «E' il Monte Fuji con uno sbuffo di fumo a forma di testa»
«Grazie Ying, l'ho sempre saputo che non ti piaceva» borbottò offesa Erina, incrociando le braccia e ondeggiando leggermente «Preferiresti Sho?»
«Eh?» a quel punto la cinese la guardò sorpresa «Che scelta è? Fujisan è un tuo collega, una persona normale che vedi sempre. "Faccia da poster" è... un poster» rispose infine scrollando le spalle. La rossa girò la testa a guardare la fotografia dei cinque Arashi appesa al muro della camera. Ce n'era una più piccola di Aiba chan, da solo, e negli ultimi mesi ne aveva aggiunta una di Sho: sciocco, ma vero. «E se non lo fosse?» chiese piano, appoggiando le mani al materasso, per avere un po' di equilibrio «Se avessi voluto qualcosa di più da lui?» farfugliò con le lacrime che tornavano ad inumidirle gli occhi. La testa riprese a pulsare e il naso a tapparsi per il pianto. «Cosa?» fece la coinquilina, che non aveva sentito
«Gli piaccio, Ying. Ha detto così. "Da sempre" ha detto» balbettò passandosi il dorso delle mani sulle guance «Io penso... penso che stessimo insieme»
«Te l'ha chiesto?» domandò la cinese piegandosi verso di lei
«No, ma... ho sempre odiato questi atteggiamenti giapponesi... cose che non dici, ma che sono così anche senza che si debba dichiarare ad alta voce... però credo che questa fosse la mia "cosa non detta". Stavamo insieme, anche se non ci siamo accordati a parole»
«Tu non credi a queste cose così vaghe e sai anche perchè: perchè quando la situazione precipita vuoi delle certezze» scosse il capo «Se fossi convinta della tua posizione diresti "ma non mi ha ancora lasciato". Invece non sai nemmeno se siete mai stati insieme. Tu vuoi essere sicura Eri»
«E sta volta invece no!» esclamò alzando la voce «Mi andava bene così, capito!?» sbottò rimettendosi stesa e dandole le spalle. Rimasero ancora in silenzio, finchè non fu Ying a parlare. «Gli piacevi sul serio?» domandò con incertezza nella voce
«Sì. Questo l'ha detto» spiegò rimanendo ferma nella sua posizione, offesa «Ma ha scoperto che Fujimiya san mi ha fatto la corte e che io l'accettavo, sa che mi ha anche fatto una proposta di matrimonio e che non l'ho respinto dopo ciò che è successo tra me e lui. Si è arrabbiato»
«Avevi due uomini, insieme?» chiese ancora, con un filo di voce
«No, non era insieme!» si affrettò a spiegare rigirandosi ancora verso di lei «Io accettavo le gentilezze di Koji, ma questo prima di incontrare Sho. Dopo non c'è stato più nulla e poi Koji non mi ha mai parlato apertamente quindi dopo più di un mese che non lo vedevo in realtà per me era tutto finito, tutto... anche se non c'era niente di iniziato, ma anche un'eventuale "cosa non detta" doveva essere considerata conclusa» spiegò allungando le dita verso la propria tazza, ancora intatta sul tatami del pavimento, e sentendone il calore con i polpastrelli «Per correttezza avrei dovuto... non so, ridargli i regali»
«Sì, ti prego. La cornice...» borbottò Ying che si era fatta improvvisamente pensierosa
«Va bene, gliela ridarò» rispose con un lieve sorriso «Ma... il punto è che Sho kun mi ha detto di sparire dalla sua vita: non vuole vedermi, parlarmi o sentirmi...» spiegò riprendendo a piangere. Lei stessa si sentiva patetica: erano giorni che stava tranquilla a fare qualcosa o a parlare e l'attimo dopo scoppiava in lacrime. Sembrava una liceale alla sua prima storia finita. «"Finito il tour sparisci dalla mia vita"» ripetè singhiozzando «Ha detto "sparisci dalla mia vita". Cosa devo fare? Bastava che avessi più coraggio!» si mise quasi ad urlare, isterica «Che dicessi qualcosa a Koji kun. Era nel corridoio con noi, potevo dire una cosa qualsiasi perchè lui capisse che era finita, perchè lui sapesse. Potevo parlare con lui sinceramente dirgli "guarda questo ci provava, ma ora non mi interessa: chiuderò la faccenda"» continuava a parlare a macchinetta. La cinese la fissava senza alcuna espressione, forse cominciando a non capire più quale fosse il soggetto delle frasi che si susseguivano. «Avrei dovuto... dovevo...» singhiozzò «Non posso più... Sho kun...». Quando sentì una lieve pressione sulla guancia Erina aprì gli occhi e si accorse che la coinquilina si era piegata su di lei per baciarla sulla guancia, nonostante le lacrime. Per una persona riservata come Ying era un grande gesto ed il suo significato la colpì tanto che le venne da piangere ancora di più. In quel momento le sembrava che l'unico punto fermo della sua vita, l'unica persona che non l'avrebbe mai tradita, che non le avrebbe mai tirato brutti scherzi sarebbe stata proprio lei: la sua dolce coinquilina. «Non piangere Eri» le sussurrò nell'orecchio accarezzandole il capo «Nessuno merita le tue lacrime sai?». La rossa si tirò fuori dalle coperte e le abbracciò le spalle sollevandosi per nascondere il viso nell'incavo del suo collo. Con uno sforzo la cinese la abbracciò a sua volta e la tirò su di peso, mettendola a sedere e facendola appoggiare a sè, trovando nel muro alle proprie spalle un appoggio sicuro per non cadere entrambe all'indietro, a peso morto. Priva di forze e con la testa che le girava Erina non si oppose, ma nemmeno l'aiutò: si abbandonò totalmente ai suoi gesti continuando a piangere. «Non fare così... non piangere» continuava a sussurrarle. «Grazie per quello che mi hai detto Eri. Grazie» disse ad un certo punto passandole le dita sulle guance, per asciugargliele «Sono contenta che tu mi abbia raccontato quello che è successo. Sai quanto mi hai fatto preoccupare? Peste...» e percepì il suo sorriso nel tono della voce. Tutta quella dolcezza la faceva sentire in colpa per non averle confessato prima quale fosse la situazione, per averla fatta assistere ad una settimana di malori e una notte infernale senza sapere quale fosse la causa di tutto. Continuò a singhiozzare e, se una parte continuava a disperarsi indisturbata, una seconda assisteva attonita a quel suo stesso scoppio d'isteria, rendendosi conto di non riuscire a fermarlo. «Le tue lacrime sono troppo belle e preziose perchè uno uomo schifoso se le meriti... figurati due. Eri... non piangere» continua a ripeterle.
Erina riuscì ad abbassare il volume dei suoi singhiozzi solo dopo qualche minuto, l'aiutò anche che Ying, con uno sforzo, allungò il braccio per recuperare un angolo della coperta e metterglielo sulle spalle. Il tepore dei loro corpi sotto di esso la tranquillizzò, come se nella malattia fosse ritornata bambina quando un abbraccio sembrava cancellare la metà dei problemi che si avevano. Tornando silenziosa, i pensieri tornarono ad affollarsi prepotentemente, ma quel pianto liberatorio l'aveva sfiancata: non aveva voglia di provare a seguire un solo ragionamento, non voleva bere il te -anche se era felice che le fosse stato preparato: adorava l'earl grey-, voleva solo riposarsi. Infatti cadde addormentata tra le braccia della coinquilina e l'ultima cosa a cui penso coscientemente fu il bellissimo viso di Sho, reso freddo dalla rabbia, che spariva dietro le porte dell'ascensore.

La mail che gli era arrivata appena dopo pranzo diceva⎨Non so in che rapporti tu sia con Erina san ora, ma volevo farti comunque sapere che ho appena saputo che da ieri sera è costretta a letto per via di una grave influenza. Ah, domani alle 8.00 agli studi. Ciaooo(^o^)⎬. La prima cosa che l'aveva colpito era l'emoticon: Jun le usava, al contrario di lui, ma era dall'estate che non le metteva più nelle sue mail. Stava cambiando qualcosa probabilmente e Sho non potè fare a meno di sorridere. Avrebbe abbracciato il cellulare come fosse stato Jun tanto era contento di sapere che si stava riprendendo, ma sarebbe sembrato un perfetto cretino a tutti i tecnici intorno a lui. In un secondo momento realizzò il resto del messaggio. Quando lo fece chiuse di scatto il cellulare e lo ributtò nello zaino, girandosi verso il set per vedere se potevano ricominciare a girare.
Suo malgrado, quel pomeriggio tardo, aveva preso un taxi e aveva dato l'indirizzo di una via principale di Shimokitazawa, la città dove abitava Erina. "Non è per un qualcosa di romantico che vado lì" si diceva con le braccia incrociate, mentre guardava la strada dritto davanti a sè "Continuavo a dirmi che avrei dovuto chiedere dei dettagli in più, ma che non li avrei mai saputi dato che non avevo scuse plausibili per rivederla: grazie destino, ottimo tempismo". Infatti non si era pentito della sua decisione, semplicemente dopo aver realizzato per bene di essere stato preso in giro e raggirato per tanto tempo si era resoconto che avrebbe voluto sapere perché: non le aveva mai fatto niente di così grave da meritarsi un simile gesto, allora perché giocargli quel bruttissimo scherzo? Chiaramente però nel momento in cui l'aveva scoperto ci era rimasto talmente male che non aveva voluto sapere altri dettagli -stava già sufficientemente da schifo- e solo quando la sua mente aveva analizzato la situazione, la sua razionalità aveva preteso una spiegazione. Ammetteva di non essere una persona perfetta, ma non era nemmeno così terribile da meritarsi un simile trattamento. Il dubbio sui motivi che avevano spinto Erina ad ingannarlo lo perseguitavano da una settimana: insomma anche quando avrebbe preferito dimenticarsi di quella donna, non gli riusciva di farlo. "Vado, chiedo e torno indietro. Chiudiamo questa storia una volta per tutte. A partire da domani non devo più pensarci" annuì con vigore, convinto. E lo era seriamente, perchè sapeva di essere fatto così: amava il suo lavoro, dava tutto se stesso per la sua carriera e non avrebbe permesso a niente e nessuno di intralciarla, quindi era sicuro che una volta avute le spiegazioni di cui sentiva il bisogno avrebbe realmente accantonato quella storia. Poi essa sarebbe tornata, dolorosa, nel silenzio della notte, prima di prendere sonno, ma almeno lui avrebbe sorriso, lavorato e vissuto come sempre: al suo massimo. Il che non significava che non aveva provato sentimenti sinceri e profonda passione per Erina, ma solo che era maledettamente abile a separare vita e lavoro se la prima rischiava di intralciare il secondo, cosa che invece Jun non era stato bravissimo a fare anche se aveva fatto del suo meglio.
Pagò il tassista e ringraziò prima di scendere. Aveva passato tutto il giorno sul set, quindi non si era vestito bene non dovendo andare da nessuna parte. Indossava un paio di pantaloni di una tuta grigia, una maglietta larga a maniche corte rosso scura, con inserti e scritte bianche per farla sembrare quella di un qualche college americano, e un berretto con visiera. A completare quel look anonimo e quasi sciatto, una mascherina usa e getta, di quelle che si usano quando si ha il raffreddore, e il solito zaino in spalla. Come calcolato nessuno faceva caso a lui, sembrava solo un giovane di ritorno da un qualche lavoro faticoso o uno studente vagabondo senza voglia di tornare a casa dai genitori. Sbagliò la strada un paio di volte cercando di ricordare dove fosse la casa, poi finalmente trovò un punto di riferimento che ricordava e camminò a passo più sicuro.
Quando arrivò davanti all'edificio era quasi ora di cena. Attraversò lo spiazzo e salì le scale. Lì inevitabilmente gli tornò in mente il giorno in cui le si era dichiarato: era stato tanto nervoso, ma alla fine si era quasi addormentato su quei gradini. Quel giorno le aveva detto che lei a lui piaceva da sempre. "Era una bugia" si disse cominciando a salire l'ultima rampa "Se il suo tradimento mi ha colpito tanto probabilmente il verbo piacere non è appropriato per descrivere cosa provassi" chiedendosi ancora perché fosse successo tutto quello, arrivò al ballatoio. E lì rimase, sorpreso, trovando Fujimiya Koji davanti alla porta dell'appartamento di Erina. Anche l'altro lo vide «Ah» farfugliò. Si staccò dalla balaustra a cui era appoggiato a braccia incrociate, raddrizzò la schiena e fece un profondo inchino verso di lui per salutarlo. «Buonasera Sakurai san» salutò con cortesia. Sho lo squadrò confuso, quindi si inchinò a sua volta, anche se meno profondamente. «Buonasera...»
«Sono Fujimiya Koji» si ripresentò, forse pensando che non si ricordasse di lui dato che erano stati presentati solo una decina di giorni prima e si erano visti per pochi secondi. A quel punto a Sho venne in mente che quell'uomo forse non sapeva niente della "scappatella" di Erina. Per un attimo sentì che spiattellare tutto sul suo comportamento per rovinare il loro matrimonio sarebbe stato un atto sufficientemente vendicativo per sentire di essere pari, ma quello successivo si rese conto di quanto cattivo fosse quel pensiero: per quanto ferito, non avrebbe mai potuto fare una cosa crudele come rovinare un matrimonio. «E' amico di Eri oppure è un cliente eccessivamente zelante?» domandò questi con un sorriso appena accennato sul viso, cordiale
«Oh no, non è così» scosse il capo Sho "E com'è?" domandò a se stesso, rimanendo però in silenzio
«Beh, io le consiglio di provare ad entrare come cliente, perchè come amico ci ho già provato io e non funziona» spiegò accennando alla porta dell'appartamento
«Erina san non l'ha voluta vedere?» domandò stranito, aggrottando le sopracciglia
«No, non credo. Temo che Eri sia preda della febbre e incapace di intendere e di volere in questo momento. E' la sua coinquilina»
«Ah, la cinese» ricordò improvvisamente
«Sì, Hang san» annuì l'uomo «Non le ho mai fatto niente, ma temo di non esserle mai stato granchè simpatico e ora mi impedisce di entrare per vedere come sta Eri»
«Farete meglio a vivere insieme dopo la cerimonia» gli disse stringendosi nelle spalle. Voleva essere una frecciatina, ma dato che Fujimiya difficilmente immaginava ciò che c'era stato tra lui e la sua futura sposa non avrebbe mai colto e infatti la sua faccia confusa smorzò tutta la cattiveria che invece avrebbe voluto esprimere Sho. «Come?» domandò questi
«Niente, lasciamo perdere» scosse il capo lui «Se non hanno fatto entrare lei, dubito farebbero entrare me». "Quante possibilità ci sono che la coinquilina non sappia di quel che è successo con Erina?" si domandò osservando la porta "Beh, dato come si è comportata una volta, sono quasi sicuro di essere nella stessa posizione di Takomiyai: quella cinese non sembra avere simpatia per nessuno. E comunque che senso ha tentare di entrare? Non posso mica chiedere spiegazioni ad Erina davanti a lui" guardò il cielo che scuriva e storse il naso "Odio fare i viaggi a vuoto". «Ero intenzionato a stare qui finchè non si fosse convinta a farmi entrare, ma dubito serva a qualcosa» sospirò Fujimiya «Tornerò a casa e ritenterò domani. Sono in macchina, posso darle un passaggio da qualche parte?» domandò. Sho lo squadrò da capo a piedi, sbalordito. Si sentì un verme per aver odiato un uomo tanto educato e gentile quando la vera colpevole era la donna che lui invece aveva inseguito per tutti quei mesi. «Non rinunci tanto facilmente» cercò di incoraggiarlo nonostante in quel momento si sentì investito da un'ondata di gelosia: quell'uomo avrebbe tenuto tra le braccia, baciato e posseduto la donna che sognava da anni. Sì, lei era stata una stronza e l'aveva ingannato, ma questo non riusciva a sminuire quel sentimento dentro di lui: era troppo radicato per sbarazzarsene tanto facilmente nel giro di pochi giorni. «Se comincia a rinunciare da queste cose semplici, con quale coraggio affronterà le sfide di una vita insieme?» disse invece, cercando di tenere solo per sè quel sentimento divorante
«Sì è vero, certo» rise quello divertito «Ma mica devo sposarmi con Eri, quindi direi che posso tornare a casa a cenare. Ho fame»
«Scusi?» fece subito Sho sgranando gli occhi
«Le dò un passaggio allora? O è qui con la sua macchina?» chiese questi facendo per superarlo. Sho invece lo bloccò prendendolo per il braccio, artigliando il suo costoso completo da salaryman «Cosa significa che non deve sposarsi con Erina?» domandò con voce chiara
«Niente, solo quello che ho detto. Non devo sposarmi con nessuno» rispose questi spaventato. La terrà sembrò tremare sotto i suoi piedi, ma non era sicuro se fosse stata una piccola scossa o lui stesso che aveva vacillato. Non riusciva a pensare a niente di preciso, gli stava solo salendo l'agitazione e la smania di capire cosa stesse succedendo: perchè lui sapeva una cosa che il diretto interessato negava? Doveva capire, altrimenti avrebbe cominciato ad illudersi. «Mi... mi perdoni. Sono solo stupito» cercò di darsi un contegno, ma non ricordò di lasciar andare il braccio dell'altro «E' che quando abbiamo parlato con il suo capo ci aveva detto che lei ed Erina san stavate per sposarvi quando si era messa a cercare qualcuno da mandare a lavorare per noi»
«Beh, non è proprio corretto» ammise questi alzando gli occhi al cielo per qualche secondo, pensieroso «Immagino si sia basata su ciò che ha sentito dire. Le donne parlano troppo secondo me. Comunque, questo ha provocato dei problemi alla sua agenzia?» domandò preoccupato, guardando la mano che lo tratteneva. Sho lo lasciò andare immediatamente: perchè modulare il tono della voce per non sembrare ansioso, se poi lo stritolava con disperazione? «No, no, si figuri» rispose allora l'idol ricomponendosi «E' che questa cosa ci ha lasciato tutto stupiti dato che Erina san non ce ne aveva mai parlato. Soprattutto i miei colleghi, con loro ha lavorato molto e aveva instaurato un bel rapporto, sono rimasti proprio spiazzati dalla notizia»
«Sia sincero, ci è rimasto male anche lei, vero?» domandò quello con un sorriso divertito. Qualsiasi faccia Sho avesse fatto doveva essere stata molto eloquente perchè Fujimiya trattenne a stento una risatina divertita «Ci avrei scommesso. E' difficile che Eri passi inosservata e non parlo solo del suo aspetto, è diversa: è molto più estroversa e spigliata di tante altre donne. Poi è anche una pasticciona e una sbadata, ma.. come dire, è una ragazza radiosa. Sospetto conquisti almeno un uomo in tutti i posti in cui va» spiegò con orgoglio «Comunque, per essere sincero, no, non stiamo per sposarci» spiegò scuotendo il capo «Da quando è entrata nella nostra azienda le ho fatto la corte, è vero, e lei ha accettato i miei regali e il mio interessamento, ma non è mai successo nulla. Eri è giapponese, ma per certe cose è decisamente una straniera» spiegò con una punta di dolore nella voce, come gli dispiacesse di quel fatto «Credo che una qualsiasi donna giapponese avrebbe capito cosa volevo dal mio solo atteggiamento, lei invece vuole le parole: avrei dovuto chiederle chiaramente di uscire con me, non bastavano gesti carini e complimenti particolari» scosse il capo «Però a tutti in azienda era chiaro cosa stava succedendo. Prima che venisse a lavorare per la vostra agenzia ho tentato di usare le parole, ma sono uno timido così credo di non aver usato delle espressioni propriamente decise. Lei ha certo intuito che le stessi facendo una proposta, ma non ho usato le parole "vuoi sposarmi?" così anche lei non ha mai dato una risposta chiara» scosse il capo con sospiro
«Significa che non eravate fidanzati e lei le ha fatto una proposta senza che Erina rispondesse... e poi si è trasferita da noi?» domandò Sho. Dato che dentro di lui c'era un tale rimestìo di sentimenti da dagli la nausea, aveva optato per la totale impassibilità esterna: lo guardava come se gli stesse leggendo la sua agenda d'impegni per la settimana. «Sì, e quando è tornata non c'è più stato nulla di quello che c'era prima. Per quello dico che in ufficio hanno esagerato: le colleghe di Eri avranno intuito la mia proposta e al posto suo avrebbero risposto, mentre lei non mi ha detto niente, ma saprà come sono le donne: chiacchierano, fantasticano... esagerano» storse il naso
«Non le piace più?» chiese Sho
«Certo che sì, altrimenti non sarei qui. Ma a ben pensarci... che posso dirle se è preda della febbre?» scosse il capo «Lei invece perchè è qui?». Era chiaro come il sole che Fujimiya doveva aver intuito tutto, nonostante l'impassibilità mostrata per nascondere la verità, ma finchè Sho non avesse dichiarato i suoi sentimenti quell'uomo non avrebbe mai avuto niente di concreto contro di lui. Era triste pensarla a quel modo, ma per quanto riguardava le faccende personali lui e gli altri erano costretti a comportarsi con prudenza: certi colleghi del mondo dello spettacolo erano arrivati persino a negare davanti all'evidenza. In quel caso però non c'era alcuna evidenza, Fujimiya non sapeva che Erina ricambiava i suoi sentimenti, nè che si erano baciati, quindi se anche Sho avesse ammesso di essere lì perché innamorato di certo non gli avrebbe detto niente di pericoloso, ma a scanso di equivoci era meglio tacere. «Come le ho già detto, il rapporto instauratosi tra Erina san e i nostri colleghi è molto buono. Quando hanno saputo che stava molto male hanno voluto mandare qualcuno a controllare»
«E mandano un personaggio come lei?» insistè quello, scettico. "Mica scemo questo" si disse Sho, respirando profondamente prima di rispondere prontamente. «Lavoravo in zona» mentì «Mentre la nostra sede è ad Akasaka, ossia da tutt'altra parte di Tokyo. Inoltre io ed Erina san abbiamo frequentato lo stesso corso universitario, a quei tempi eravamo conoscenti» e quello era vero
«Capisco. Beh, se vuole provare ad entrare... io non ho avuto grande fortuna» concluse Fujimiya. In quel momento la porta dell'appartamento si aprì facendo sobbalzare entrambi. «Piantatela di parlare qui davanti, continuo a sentire il vostro borbottio oltre la porta» minacciò la cinese in piedi sulla soglia
«Hang san» sospirò l'uomo «Ce ne stavamo andando, vero Sakurai san?» lo incitò
«No, io non me ne vado» disse Sho di getto. "Erina non sta per sposarsi con un altro, allora perchè quando l'ho accusata non ha negato? Perchè ha confermato quella storia?" qualcosa non gli quadrava in quella faccenda e non era disposto a tornare a casa senza un minimo chiarimento. «Oh, è arrivato Faccia-da-poster» sbuffò con cattiveria la cinese, squadrando Sho da capo a piedi
«Per favore, come sta Erina san? Posso chiederle una cosa? E' molto... molto importante» fece con cortesia
«Sta male, è colpa tua, quindi sparisci» rispose lapidaria. Il ragazzo si irrigidì subito, quella ragazza rischiava di mandare a monte tutti i suoi sforzi per non rivelare nulla ad uno sconosciuto, inoltre era più scortese di quanto convenisse ad un'amica che ne stesse proteggendo una ferita. «Per favore, ho detto che è importante» ribattè, ma con voce più dura
«Cosa non capisci della parola "no"?»
«Hang san, non mi pare il caso» si intromise Fujimiya san, prendendo addirittura le sue difese: la situazione cominciava ad essere quasi comica. «A me invece non pare il caso che voi due siate qui, insieme per giunta» sbottò quella «Tu sei un omuncolo privo di qualsiasi spessore: timido, impacciato e insignificante; troppo per meritarsi una come Erina» spiegò guardando con odio l'uomo in giacca e cravatta «E tu... come dovrei classificarti? Sei perfido, ecco cosa sei. La illudi e poi con cattiveria la sbatti fuori dalla tua vita come se fosse uno straccio usato, senza il minimo riguardo. E adesso ti presenti qui? Gran bella faccia di bronzo»
«Hang san, è da maleducati offendere persone che nemmeno conosci» ribattè Fujimiya che ancora una volta difendeva Sho, che invece lo aveva sempre visto come il nemico numero uno. «Che diritto hai di parlare così alle persone? Comportandoti in questo modo non sei certo migliore di noi» le rispose freddamente l'idol
«Ne ho tutto il diritto e, sì, penso di essere migliore di voi. Non penso abbiate la benchè minima idea di cosa significhi "amare"» gli rispose lei guardandolo dritto negli occhi. Aveva uno sguardo arrabbiato, i suoi occhi erano ridotti a due fessure e le mani le tremavano di rabbia mentre tenevano una la porta e l'altra lo stipite dell'ingresso. Tutta quell'aggressività era eccessiva e talmente forte da lasciarlo spiazzato, era tanto confuso da non essere sicuro di volersi arrabbiare veramente per quelle offese: come risposta sembrava che quella donna fosse pronta a staccargli la testa a morsi. «"Amare" significa "rispettare": rispettare le scelte, rispettare gli spazi e i bisogni dell'altro. Significa "ascoltare"» gli disse con rabbia per poi spostare lo sguardo su Fujimiya «E significa anche "parlare", soprattutto quando è il momento»
«Bene, allora lascia che parliamo con lei» fece l'uomo che conosceva di più la cinese e sembrava avere più dimestichezza con il suo disprezzo. Forse l'aveva insultato altre volte, magari anche quella sera stessa, prima che arrivasse lui? «Tu non puoi farlo al posto suo»
«Non parlo al posto suo» rispose la donna, era alta quando Sho e più dell'altro uomo che era invece basso rispetto a loro «Parlo per me stessa e io ho deciso che sono stufa: non ho più intenzione di lasciare Erina a gente infima come voi. Non la meritate. Forse nemmeno io la merito, ma quanto meno faccio tutto quello che posso per amarla nel modo più corretto possibile»
«Nel modo corretto?» domandò Sho, incredulo
«Lei non ha mai pianto a causa mia» gli rispose lapidaria «Se non ve ne andate subito da casa nostra chiamo la polizia. Sparite per sempre dalla sua vita» sibilò rabbiosa e chiuse la porta con uno schianto.
La sera era piena dei rumori tipici delle famiglie a tavola o degli ultimi impiegati che si affrettavano verso casa in bici o in macchina, eppure rispetto alla tempesta verbale che aveva appena investito i due uomini sul ballatoio, tutto sembrava essere diventato improvvisamente calmo e silenzioso. Sho sbattè le palpebre, osservando la porta chiusa quindi volse lo sguardo sbalordito verso l'uomo al suo fianco. «Ti serve questo passaggio o no?» gli domandò questi familiarmente, passandosi una mano tra i capelli, imbarazzato
«No, mi arrangio non ti preoccupare» rispose. La scoperta appena fatta sembra averli accomunati. «Allora ciao» salutò alzando una mano, lentamente, e facendo un lieve cenno del capo
«Ciao» rispose perplesso l'idol. Lo osservò mentre scendeva le scale fiaccamente e quando girò l'angolo per fare la seconda rampa, scomparendo alla sua vista, spostò lo sguardo ad osservare il pavimento. Aveva sempre pensato che Fujimiya Koji fosse il suo rivale numero uno. Si era sbagliato, e succedeva a tutti di sbagliare, ma certo non gli sarebbe mai passato per la mente che la prima persona con cui avrebbe dovuto contendersi il cuore di Erina sarebbe stata una donna.

*Ying fa confusione, mescola un altra lettura giapponese del kanji 和 con quella cinese del carattere 也
**E' il nome del monte Fuji, in giapponese. San in questo caso non è il solito onorifico "san" ma una diversa lettura del kanji di "montagna"

main:sho, main:aiba, artist: arashi, main:jun, ff:[language]italiano, ff:[type]long fic

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