DATI
Titolo: Akai Ito
Capitolo: Capitolo 30 (
Fanfiction Masterpost)
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale
Pairing: Sakurai ShoxOC / Masaki AibaxOC / Matsumoto JunxOC
Rating: PG
Disclaimer: Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo
Trama: Un filo ci lega alla persona cui siamo destinati: non importa il tempo che dovrà passare o le distanze che ci separano. Ma se questa persona fosse proprio davanti a noi e non riuscissimo a riconoscerla? Se la considerassimo antipatica tanto da non degnarla neanche di uno sguardo? E se l'avessimo trovata e noi stessimo vacillando nei dubbi? E ancora, cosa dice che non l'abbiamo già persa?
NOTE
"A volte il mio silenzio significa solo che il mio cuore ha già la risposta, ma non so renderla a parole."
So che non dovrei dirlo, dato che l'ho scritta io, ma adoro questa frase. Non so come mi sia venuta fuori, ma è troppo bella ç_ç
Comunque. C'è poco da commentare a questo capitolo. I due chibi vanno avanti a tentoni nello spiegarsi le reciproche paure, ma ancora non hanno concluso niente. Lei è gelosa, lui è geloso. Parlando invece di Sho e della non-tanto-povera Erina...
Ma vi volete chiarire, ragazzi miei?
30. Love&Jealousy were born Together
La macchina si fermò nel primo parcheggio disponibile vicino agli studi di registrazione. La strada era poco frequentata e piuttosto silenziosa, quindi si sentì subito la differenza quando venne spento il motore e il rumore delle portiere che si aprivano e venivano richiuse era perfettamente udibile. «Perchè mi sono lasciata convincere?» sospirò la donna scesa dal lato passeggero. Indossava una gonna di stoffa bianca lunga fino al ginocchio e una camicia azzurra con decorazioni bianche e taglio alla marinara, con due fiocchetti sulle maniche. «Ho perso il conto, credo che sia la settima volta che te lo chiedi» rispose l'amica scesa dal lato del guidatore che, al contrario dell'altra, indossava una tailleur grigio perla da ufficio molto semplice. «Fortuna che questa gonna ha una cintura» borbottò la prima «Proprio non è la mia taglia». L'amica la raggiunse e la squadrò dalla testa ai piedi. «Voglio dire» tentò di correggersi «Che più che altro il problema è per la camicia ecco... la gonna mi starebbe comunque»
«Risparmiatelo Kokoro chan: sono grassa e ho troppe tette, lo so già» fece quella storcendo il naso. Non era sua intenzione offenderla, ma effettivamente non poteva dire di avere la sua stessa taglia. «Non andavano bene un paio di jeans e una maglietta? Perchè proprio questi?» domandò sistemandosi il colletto mentre si avviavano verso l'entrata degli studi
«Perchè mi sembravano più adatti a te» annuì Erina
«Gonnellina e fiocchetti? Perchè?» chiese allibita
«Perchè fai dolci!» rispose con come se avesse appena enunciato un'ovvietà. "Perchè la gente collega i dolci ai vestiti da bambolina? Certo, ne cucino tantissimi nella mia vita, ma non vado in giro vestita da sweet lolita!" rimuginò Kokoro tra sè, quello non era il suo stile e Aiba se ne sarebbe accorto. Soprattutto lui se ne sarebbe accorto, dato che erano più le volte in cui l'aveva vista vestita in modo casual che quelle in cui si era messa in tiro per uscire insieme. Jeans e maglietta sarebbero andati benissimo, ma c'era poco da fare: aveva appena imparato a sue spese che quando Erina si metteva in testa di fare una cosa non c'era modo di fermarla. Aveva deciso che quel martedì sarebbe passata a prenderla al lavoro durante la pausa pranzo e l'avrebbe trascinata in una corsa folle verso gli studi dove l'avrebbe fatta incontrare con Aiba. Sarebbero entrate grazie al pass che le era ancora rimasto da quando aveva collaborato con i ragazzi il mese precedente, ma le aveva detto che lei non poteva entrare con la divisa del lavoro. Doveva piuttosto fingersi una sua assistente. "Lei è in tailleur e io sono vestita come una bambola di porcellana: che idea ha delle assistenti?" si domandò quando arrivarono all'ingresso. Le persone al controllo dell'entrata dovevano averne viste di tutti i colori perchè non fecero minimamente caso al loro strambo accoppiamento e le fecero passare dopo una rapida occhiata al pass. «Perchè mi sono lasciata convincere?» sospirò mentre camminavano lungo i corridoi
«La pianti? Te lo dico io perchè: perchè non puoi andare avanti con il rimorso di non aver fatto nulla per chiarire il malinteso che si è creato. Devi dirglielo» pronunciò con decisione fermandosi davanti alla porta dello studio 41, probabilmente quello che interessava a loro. «E dirglielo con chiarezza, ci siamo intesi? "Me la faccio sotto dalla paura, ma ti amo tantissimo quindi non ti voglio lasciare. Guidami tu che sei più esperto"» concluse facendole il verso
«Non potrei mai dire una cosa così imbarazzante!» esclamò arricciando il naso «E non pronunciare frasi equivoche: esperto di cosa?»
«Eeeh? Io non... non volevo dire una cosa equivoca» rispose sbalordita l'altra cominciando ad arrossire vistosamente. Kokoro ancora non si era abituata al fatto che Erina fosse tanto pudica, e dire che per tutto il resto non si faceva problemi a dire qualsiasi cosa le passasse per la testa! In quel momento si aprì la porta alle spalle della rossa e ne uscirono alcuni tecnici, stiracchiandosi. «Bene, andiamo» sospirò per poi prenderla per il polso e trascinarla oltre l'ingresso del corridoio, verso il camerino. Mentre camminavano nella semioscurità sentiva il cuore cominciare a batterle in maniera furiosa e lo stomaco contorcersi per la tensione che andava crescendo. Qualsiasi pensiero le sparì dalla mente, sostituito solo dal panico, quando si fermarono davanti ad una porta e riconobbe la caratteristica risata di Aiba. «Non voglio entrare» mormorò stringendo a sua volte il polso dell'amica
«Non entrerai. Cosa credi, che ti faccia parlare con lui davanti a tutti?» chiese in risposta l'altra, a bassa voce
«Non voglio nemmeno affacciarmi, aspetto qui in corridoio. Tu fallo uscire e tieni gli altri dentro» concluse per lasciarla andare e fare qualche passo indietro. Erina annuì e si voltò verso la porta. In quel momento le si aprì in faccia. «Ahio!» strillò facendo qualche passo indietro e tenendosi la fronte con le mani
«Oh, mi scusi. Non sapevo ci fosse qualcuno» fece un ragazzo uscendo dal camerino «Ah Erina san?» sembrò riconoscerla
«Sto bene, sto bene» boffonchiò
«Che ci facevi così vicina alla porta?»
«Pensavo si spingesse verso l'interno» piagnucolò la rossa
«Ma stai bene? Spero di non averti fatto troppo male» insistè quello
«No, no, è tutto ok grazie Ohno san»
«Eri chaaaan?» si sentì la voce di Aiba da dentro il camerino, seguita da saluti più formali. Dal buio del corridoio Kokoro la vide entrare frettolosamente e richiudersi la porta alle spalle: quanto ci avrebbe messo a parlare solo con Masaki per dirgli di uscire? Mentre si chiedeva questo notò che il ragazzo che aveva colpito l'amica non era rientrato ma veniva nella sua direzione sbadigliando pigramente. «Otsukareeee...» boffonchiò verso di lei, guardandola appena
«O-otsukare sama deshita» rispose lei titubante. Lo aveva riconosciuto, era lo stesso ragazzo dai capelli a spazzola che aveva preso il suo posto al bachetto durante il rinfresco allo stadio, per lasciarle tempo di parlare con Aiba. Lui invece non doveva averla vista bene in quella penombra e poi sembrava veramente mezzo addormentato. "Ma non ha lavorato ad un programma televisivo fino a pochissimi minuti fa?" si domandò sorpresa, poi rimase sola nel corridoio con le voci nel camerino che suonavano molto lontane, tanto che non riusciva nemmeno a distinguere alcune parole. Contava però sulla discrezione di Erina quindi era certa che non si sarebbe messa a gridare "Ehi! C'è la tua fidanzata qui fuori che ti vuole parlare!". Più passavano i minuti più si sentiva male. A momenti alterni sperava di veder uscire Aiba e di chiarire tutto rapidamente così sarebbe finita quell'agonia, oppure sentiva l'irrefrenabile impulso di girarsi e tornarsene da dove era venuta. Invece non si muoveva un po' impaurita dall'eventuale reazione della rossa se avesse mandato tutto a monte, ma soprattutto perchè -mettendo da parte la crisi tra loro- il suo corpo, i suoi pensieri e i suoi occhi volevano Masaki. Averlo davanti a sè nel giro di pochi secondi le sembrava la cosa più bella che le potesse capitare.
Ritornò a sprofondare nel panico quando sentì la porta del camerino aprirsi e le voci tornare perfettamente udibili. «... do me ha fatto qualcosa!»
«Se non mi trovi qui dopo ci vediamo domani mattina»
«Siiii» rispose accondiscendente Aiba mentre usciva dalla stanza
«Puntuale, mi raccomando»
«Siiii» disse ancora
«Ti prende in giro, ti sta prendendo in giro!» esclamò una vocina più stridula tra le altre
«Ehi tu!»
«A domaniiiii» fece lui con un sorrisone prima di chiudere la porta ridendo «Hanayaka san?» domandò subito dopo, scrutando lungo il corridoio
«Si» riuscì solo a rispondere
«Oh, ho indovinato!» disse sbalordito, raggiungendola
«Erina chan non ti ha detto che ti aspettavo qui?» chiese cominciando a giocherellare con le dita, nervosamente
«Ha detto che qualcuno mi cercava e quando ho chiesto "Chi?" ha solo sorriso in maniera un po' imbecille e ha ripetuto "Qualcuno"» spiegò divertito. "Alla faccia della discrezione" pensò Kokoro, delusa. «Cosa succede? Come mai se venuta fin qui? Oggi non dovevi lavorare?» chiese Aiba tutto d'un fiato, preoccupato
«Sì... sono in pausa. Un po' allungata, ma sono in pausa» rispose lei presa in contropiede da quell'improvvisa attenzione
«E in pausa vieni da Chiba fino a qui? Dimmi che sei intera e che Eri chan non ha superato i limiti di velocità» pronunciò in tono ancora leggermente allarmato
«E' tutto a posto Aiba san, volevo solo parlarti ma non sapevo quando» rispose infine abbassando lo sguardo e arrossendo. Tutta quella preoccupazione la mandava chiaramente in visibilio, ma in parte la faceva sentire anche molto in colpa: come aveva potuto aver paura di telefonare ad una persona tanto dolce e premurosa? Che mai le avrebbe potuto fare Aiba, che era buono come un pezzo di pane? «E ti sembra che...» fece per dire, semi divertito, ma lei lo bloccò alzando una mano. «Non parlare. Se parli io perdo il filo del discorso e adesso invece voglio dire delle cose chiare» gli intimò tutto d'un fiato. Si morse le labbra: doveva trovare il coraggio, ormai era lì. «Sono tutto orecchi» annuì lui mettendosi sull'attenti «Ops» e si tappò la bocca. Kokoro si trattenne dal ridere e prese fiato. Da quando avevano cominciato a parlare la tensione era passata in secondo piano: era nervosa, certo, e infatti le tremava la voce, ma il suo cervello si era dovuto focalizzare su cosa dire e la sua attenzione era concentrata su Aiba e su come esprimersi. Ora il nervosismo era più una tensione di fondo che un pensiero principale. «Non so come cominciare il discorso, non sono brava nei discorsi. Quindi... quindi penso che dirò le cose in ordine sparso» disse, passandosi una mano sugli occhi e prendendo fiato. «Allora io... non voglio lasciarti» cominciò per poi guardare nel corridoio e abbassare la voce «Non voglio lasciarti e non voglio che sia tu a lasciare me» ripeté «So cosa provo, sono felice di provarlo e non me ne sono mai pentita. Non tornerei mai indietro e se accadesse so che rifarei le stesse scelte. Poi, ho paura. Perchè tu hai tante ragazze intorno a te: modelle, attrici, presentatrici, cantanti; sono tutte bellissime, tanto belle che me ne potrei innamorare anche io. Allora ho paura che una persona comune come me ti stanchi o che sia tropo diversa o troppo poco bella in confronto, e ho paura che quando te ne accorgerai mi lascerai per una di loro» spiegò parlando a ritmo serrato, le parole le uscivano dalle labbra come un fiume in piena. Le sudavano le mani e aveva il terrore di non dire tutto quello che voleva, di dirlo male o di bloccarsi. «Sapevo che non sarebbe stata una relazione normale, ma non poterti prendere nemmeno per mano, non poter fare nemmeno una cosa così semplice, mi ha reso triste una volta che l'ho provata nella realtà. Non voglio lasciarti. Non è questo. Volevo solo che tu lo sapessi, che sapessi come mi sono sentita quel giorno, perchè io non potevo fare niente, mentre quella fan è riuscita a dirti tutto e ad esprimersi tanto da farti piangere. Di quale lettera parlava? Io non ne so niente, io non so quasi niente di te. Sono... sono la tua ragazza? Eppure una sconosciuta sapeva più cose di me sul tuo conto. Ero gelosa. Se una fan ti vede può dire che ti adora, che ti ammira, se io sono con te... come ora... non posso nemmeno parlare ad un tono di voce normale» spiegò mordendosi il labbro inferiore. Man mano che andava avanti si tranquillizzava e ormai aveva preso il ritmo, le sembrava di star facendo anche più collegamenti logici tra le frasi rispetto all'inizio. «Poi io... io non ci so fare con le persone, non so parlare bene, non riesco ad esprimermi. Quindi tu non devi prendere tutto seriamente. A volte il mio silenzio significa solo che il mio cuore ha già la risposta, ma non so renderla a parole. Se sono rimasta zitta l'altra volta non era perchè non sapevo cosa dire o perchè ero indecisa o pensavo di lasciarti, ma non ne avevo il coraggio... era perchè ti voglio bene, ma avevo anche paura e non riuscivo a dirtelo. So che ho paura di qualcosa per cui non puoi farci niente, sei tu, è il tuo lavoro, è la tua vita, sono le tue colleghe... e io non ho il diritto di chiederti di cambiare nulla, nè mi sognerei di farlo perchè forse senza questa vita non saresti più tu, non saresti più la persona che mi piace». Finalmente alzò lo sguardo per guardarlo negli occhi. Era imbarazzante quello che stava dicendo, ma tutto sommato era stata lei a dichiararsi per prima a lui, mesi fa, ed era stato difficile anche allora. "Posso farcela. Devo, anzi, voglio farcela. Non voglio perderlo, non così... deve sapere almeno la verità" pensò facendogli un timido sorriso nella penombra, perchè gli occhi di entrambi ormai si erano abituati alla poca luce. «Insomma lo so che questo discorso non ha senso» trattenne a stento una risata: si sentiva stupida, come si era sempre sentita tutte le volte che aveva pensato a quei suoi sentimenti. «Ti sto dicendo che soffro per delle cose che però non puoi e non voglio che tu cambi perchè sono anch'esse parte di te. Non c'è via d'uscita vero?»
«Sì, è un discorso è un po' intricato» ammise Aiba. Lui non stava sorridendo, ma pareva concentrato o un po' confuso. «Ma credo... penso di aver capito ed effettivamente non è facile. Posso chiederti solo una cosa?»
«Sì, sì certo» esclamò annuendo con vigore, la reazione di Masaki era migliore di tutte le sue più nere previsioni
«Perchè non ti sei resa conto che non sei l'unica a preoccuparsi tra noi?» domandò facendosi serio
«Come?» fece lei confusa
«La mia vita è come dici tu: circondato da belle donne, sempre sotto i riflettori e sempre indaffarato; ma hai mai pensato che a volte sono io quello che ha paura? Paura che qualcuno scopra di noi, che i mas media distruggano quello che c'è tra noi allontanandomi da te. Però è anche vero che se nessuno deve sapere di noi tu per gli altri uomini risulterai sempre una donna libera, allora ho paura che un giorno arrivi qualcun altro, qualcuno che sarà più presente di me, che ti conquisterà e ti porterà via» spiegò con serietà «Però, non so spiegarmi come, credo di avere meno paura rispetto a te, di essere più sicuro. Solo che.. quando vedo Makoto kun» ammise abbassando lo sguardo «So che è un ragazzino, so che non ha senso... sei una donna, lui è un bambino per te, ma mi agito lo stesso»
«Lo sai che mi fa la corte. Lo hai conosciuto poco dopo che ci siamo conosciuti noi due, ma non mi hai mai fatto storie. Perchè adesso?» domandò piano Kokoro. Quando si toccava quell'argomento si metteva sempre sulla difensiva: era come diceva Aiba, non c'era modo per cui Makoto avesse chance con lei, ma non voleva affrontarlo lo stesso. «Non lo so» ammise il ragazzo
«Forse perchè lui ha il coraggio che non hai tu?» domandò con una punta di acidità. Se ne pentì il secondo dopo, ma era sempre così con quell'argomento. «Cosa vorresti dire?» fece guardandola e aggrottando le sopracciglia, si stava irritando. In quel momento però si aprì la porta del camerino e seguì un urlo incomprensibile.
Erina si rialzò in piedi a fatica, dato che aveva le gambe fasciate nel tailleur. Ohno non aveva accennato a darle una mano, sembrava troppo intontito. «Eri chaaaaaan?» sentì strillare da dentro il camerino. Era proprio Aiba. «Scusate disturbo? Posso entrare?» domandò, entrando lo stesso e chiudendosi la porta alle spalle
«No ma prego eh» boffonchiò Nino. Fortunatamente (o sfortunatamente?) erano tutti vestiti, quindi non stava facendo una figuraccia presentandosi all'improvviso lì dentro, ma quando si ritrovò sulla soglia Erina si rese conto di ciò che aveva appena fatto e se ne vergognò: stava piombando in una stanza in cui erano raccolti i suoi idoli preferiti, proprio quelli che seguiva da anni, tutti lì (mancava giusto il loro leader che si era avviato da qualche parte sbadigliando assonnato) e senza una vera e propria scusa. «Erina san, che bello vederti» sorrise Jun alzando lo sguardo dal proprio copione e chinando il capo verso di lei «Come mai da queste parti?»
«C'è un motivo per cui debba presentarsi?» domandò Masaki raggiungendola sulla porta «Sono felice che tu sia passata, stavamo per andare a pranzo, ti va di venire con me e Nino? Matsujun ha da fare» propose. La rossa fece per replicare qualcosa, ma le morirono le parole sulla labbra quando comparve Sho sulla soglia della porta della stanza attigua. Stava indossando una camicia, sotto aveva una canottiera bianca semplice e portava ancora le collanine usate per le registrazioni. Entrambi si guardarono per qualche secondo, lui paralizzato dalla sorpresa, lei paralizzata dalla sua bellezza: le erano stati concessi pochi nano secondi per intravedere le braccia muscolose e il busto ben modellato sotto la canottiera aderente, quando ancora non era stato nascosto dalle pieghe della camicia, prima che la indossasse. Lo guardò negli occhi scuri e si accorse che stava ricambiando quell'occhiata. Lei gli sorrise e lui si mise ad allacciare i bottoni «Buongiorno Erina san» la salutò probabilmente senza nessun tono particolare, ma a lei suonava come una voce meravigliosa: calda e profonda, la stessa che aveva parlato a pochi centimetri dal suo viso qualche sera prima. Sentì un brivido di eccitazione percorrerle il corpo. «Sakurai san» rispose inchinandosi. Quando tornò a prestare attenzione ad Aiba vide che stava alternando lo sguardo tra lei e Sho, allibito. «Aiba chan, ti sta fumando il cervello, lascia stare» ridacchiò Jun sbirciando verso di lui dal riflesso nello specchio. "Ora che ci penso... se Tomotan si è accorta del nostro quasi-bacio, forse ci ha visto anche Matsujun" riflettè la rossa prima di cominciare a cambiare colore, arrossendo "E se adesso lo sapessero tutti?". «Volevi qualcosa in particolare?» domandò Sho
«Oh, sì... volevo parlare con te Sakurai san» disse senza pensarci troppo su «Oh e... Aiba chan, ho incrociato qualcuno in corridoio che ha detto di starti cercando, sarà il caso che vai» aggiunse subito dopo, per poi avviarsi verso l'altro ragazzo
«E chi?» domandò Masaki stranito, mettendo una mano sulla maniglia. Erina si voltò verso di lui e gli sorrise furbescamente, non riuscendo a trattenersi nel pensare a cosa lo aspettava lì fuori. "Sarai felice di avere la tua fidanzatina pronta a chiederti perdono qui fuori. Solitamente, dopo un litigio, c'è un modo molto piacevole per passare un po' tempo con il proprio compagno dopo averlo perdonato" ridacchiò piano, guardandolo "Ma immagino che cose simili agli studi non si possano fare: no no" e finchè certi pensieri rimanevano nella sua testa andava bene, quindi non arrossì. «Qualcuno» rispose infine per poi ignorare lo sguardo interrogativo dell'amico. Si concentrò piuttosto sul ragazzo al quale si stava avvicinando. «Cercavi me?» domandò lui mentre si spostava verso la finestra
«Sì... sì e no, sssst» farfugliò mettendosi un dito davanti alle labbra e tirandolo dalla sua parte
«Cosa? Che c'è?» chiese allarmato, sentendosi strattonato per il braccio
«E' per Aiba chan» rispose Erina ridacchiando «Ho portato Kokoro e devono parlare»
«Chi?» sgranò gli occhi per poi abbassare lo sguardo sulla mano della ragazza, che ancora lo teneva per la manica della camicia
«Dai, ce l'ha detto tempo fa, no? Stanno insieme» spiegò per poi rendersi conto anche lei di star ancora trattenendo il suo braccio. Lo lasciò andare «Oh, ehm... si è stropicciata, scusa» e fece un sorrisino tirato
«Niente. Quindi l'hai fatto per loro? Allora noi di cosa dovremmo parlare?» scosse il capo e finì di sistemarsi la camicia dentro i pantaloni
«Non ne ho idea. Ah piuttosto! Grazie per l'altra sera, mi sono divertita molto» e sorrise. Aveva passato qualche giorno a chiedersi cosa fare: era chiaro che i suoi sentimenti erano ricambiati, non sapeva come fosse possibile ma era così, solo che non sapeva quale fosse il passo successivo da fare, nè se toccasse a lei farlo. «Ah si» annuì distrattamente Sho «Siete tornate a casa sane e salve?»
«Nessun problema. Fujimiya san è un buon guidatore» annuì aggrottando le sopracciglia "Ok, qualcosa non quadra. Mi ha sorriso quando mi ha visto, ma non ha fatto nient'altro di particolare e ora sembra addirittura infastidito, possibile?". «E' andato tutto bene no? Avevi ragione tu, Tomomi e Matsumoto san si sono trovati bene insieme. Lui... non ti ha detto niente?» indagò. Non c'era mai niente di chiaro in quello che la riguardava, eppure quando aiutava gli altri sembrava molto più semplice districarsi nelle varie situazioni sentimentali, così decise di indagare per Tomomi. «Io sono stata felice di vederlo allegro»
«Una bella serata» rispose Sho facendo spallucce «Anche lui è rimasto colpito dall'arrivo del tuo collega»
«Ha sentito che uscivo quella sera e dato che era nei paraggi si era offerto di riaccompagnarci. Conosce anche Tomomi e sa dove abita» spiegò tranquillamente Erina: era la verità, tutto sommato. «Voi come siete tornati?»
«E' passata a prenderci una modella bellissima che ho chiamato io, sai, lavoriamo spesso insieme» rispose acidamente il ragazzo, facendo spallucce. Lei lo guardò sorpresa e confusa «Oh... capisco» disse lì per lì, ma era quasi certa che quella non fosse la verità, ma solo una scusa detta per farle il verso. «Capisci? Buon per te» concluse lui
«A-ascolta» lo placcò vedendo che stava per allontanarsi da lei. Non voleva lasciarlo andare, i due fuori dal camerino avevano bisogno di qualche minuto in più, ma al tempo stesso il suo istinto le diceva che doveva evitare il discorso di Fujimiya quando parlava con Sho. «Matsumoto san non ti ha detto proprio niente della serata? Si è divertito come pensavi?» domandò per continuare a parlare, ma cambiando discorso
«Sì, si è divertito» rispose ermetico il ragazzo
«Gli è piaciuta Tomomi tan? Inizialmente non pensavo di invitarla, ma la prima persona a cui avevo pensato mi ha dato buca. Tra quelle che conosco lei mi è sembrata la più indicata: non ha fatto scenate strane no?» spiegò cercando di sorridere nella speranza di vederlo rasserenarsi, la piega di quel discorso non le piaceva affatto. «Se ti interessa tanto Matsujun perchè non lo chiedi direttamente lui?» sospirò spazientito
«Perchè sto parlando con te» rispose arricciando il naso, cominciava ad essere ferita da quelle risposte acide «Perchè è con te che voglio parlare» aggiunse in tono più lamentoso e abbassò gli occhi. "Ma è così che fa? Prima mi fa toccare il cielo con un dito, mi dà tutte le certezze che cercavo da mesi, e poi cancella tutto con cattiveria?" rimuginò trattenendo delle improvvise lacrime che minacciavano di affacciarsi oltre le palpebre. «Cosa sei venuta a fare qui?» domandò ancora Sho, scocciato
«Non lo capisci?» fu la sola risposta di Erina, mentre deglutiva a fatica
«Sei venuta solo per Aiba chan e la sua fidanzata? Non pensi che dovrebbero sapersela cavare da soli alla soglia dei trent'anni?»
«No, io...» fece per ribattere "Io sono venuta anche per vederti"
«Lascia stare. Questo atteggiamento sconsiderato non è da te. Noi stiamo lavorando, sai? Non siamo ad una scampagnata, non possiamo prenderci qualche ora per parlare con tizio e caio: abbiamo da fare. E anche tu» la accusò «Tu hai un lavoro, il tuo lavoro di sempre: perchè non te ne sei stata nel tuo ufficio e con i tuoi colleghi?» si passò una mano tra i capelli e girò sui tacchi pronto ad andarsene «Con Fujimiya san» non riuscì a trattenersi dall'aggiungere. La ragazza lo guardò con gli occhi sgranati e gli girò intorno per piantarsi davanti a lui. Fortunatamente il camerino era grande e Nino e Jun stavano facendo gli stupidi mentre il primo aiutava il secondo a ripassare le battute fingendosi il personaggio femminile della scena e atteggiandosi in maniera esagerata. «Aspetta, aspetta. E' questo il problema? Fujimiya san?» chiese sbalordita
«Mi lasci passare? Tu potrai buttar via il tuo tempo, io no» sbuffò spazientito
«Non è vero, conosco la tua agenda: adesso non hai impegni» ribattè lei impuntandosi
«Guarda che il nostro lavoro non è fatto solo di appuntamenti fissi, ci sono anche un miliardo di altre cose su cui lavoriamo occasionalmente e che si devono incastrare nel resto della nostra agenda. Dato che non devi sapere i nostri lavori in questo periodo non puoi avere idea di cosa dobbiamo fare». Sembravano fare a gare su chi avrebbe avuto l'ultima parola. «Ehi, stammi a sentire» sbottò infine «Non ho fatto niente per cui meritarmi un trattamento così scortese da parte tua, questa maleducazione non è giustificabile in alcun modo» spiegò incrociando le braccia, arrabbiata. Lo scrutò in viso, ma lui guardava altrove, mordicchiandosi il labbro inferiore, nervosamente. «Sei... geloso?» osò domandare. In realtà non avrebbe voluto farlo, le sembrava improbabile e persino troppo bello per poter essere vero. «Ma che vai dicendo?» sbottò Sho «Geloso di chi? Te? Puoi fare quello che vuoi con i tuoi colleghi» scrollò le spalle e riprese a camminare per passare oltre
«Co... "puoi fare quello che vuoi"? Che stai dicendo?» farfugliò sbalordita e ferita, guardandolo mentre le passava al fianco
«Ma che stai dicendo tu!» esclamò il ragazzo «Insomma cosa vuoi?» storse le labbra e si allontanò raggiungendo i due colleghi. L'ultima parola era stata sua? Erina lo guardò camminare, senza parole. "Cosa hai bevuto stamattina, razza di imbecille?" pensò in un misto di rabbia e sconcerto "Con cosa ti hanno corretto il caffè? O non c'era nemmeno caffè ed era direttamente vodka? Pezzo d'idiota". «Nino, la smetti? Fallo ripassare seriamente» rise il ragazzo parlando con i due membri ancora nel camerino. "Mi hai quasi baciato, mi hai sorriso tutta la sera, mi hai persino abbracciato, ora arrivo qui e mi tratti peggio dello zerbino di casa tua? Tu... tu..." strinse le mani a pugno mentre guardava i tre Arashi presenti ridere tra loro. «Sono serio! Sono serissimo, guarda» rispose Nino, poi rimase in silenzio con lo sguardo basso. «Sho kun» sospirò stringendosi nelle spalle e parlò con un filo di voce, lo guardò sbattendo le palpebre ripetutamente «Tu... mi piaci!» e tutti e tre scoppiarono a ridere. La rossa strinse le labbra tra loro trattenendosi dal gridare e dallo scoppiare a piangere, non gli avrebbe dato quella soddisfazione. Si girò e si avviò alla porta senza riuscire a pensare a nulla. «Vai via Erina san?» domandò Jun riprendendosi dalle risate. La sua voce gentile richiamò nuovamente l'attenzione della ragazza che si voltò e riuscì solo ad annuire vigorosamente, una sola volta, guardando anche Nino. Sperava lo interpretassero anche come un inchino perchè era troppo arrabbiata per fare altro e non voleva essere scortese con loro che non se lo meritavano. Sho invece... lo guardò aprendo la porta e sentì la rabbia squassarle i pensieri, infiammarle il cuore. Prima che le lacrime le appannassero la vista socchiuse gli occhi «Asshole!» sbraitò contro di lui prima di uscire in corridoio.
Non fece caso a niente e nessuno. Probabilmente era passata di fianco ai due piccioncini in corridoio, forse aveva incrociato Ohno, magari aveva travolto un procione. Non le interessava. "Andate tutti al diavolo! Tu per primo, incredibile pezzo d'idiota!" pensava furibonda. Uscì dall'edificio senza far caso a niente e nessuno ed inciampando di conseguenza in tutto quello che incontrava, ma senza mai cadere grazie a chissà quale miracolo. Tentò di aprire la portiera delal macchina ma questa rimase chiusa. Sfogò la sua rabbia sulla maniglia tentando più volte di tirarla. «Eri chan! Eri chan!» urlò Kokoro che la stava raggiungendo di corsa «Devi aprirla prima» le ricordò. La rossa pigiò il bottone del portachiavi e l'auto fece un semplice bip, ma a quel punto aveva perso la voglia di entrare. Appoggiò un braccio al tetto della macchina e ci nascose il viso mettendosi a piangere. «Stronzo... sei uno stronzo» boffonchiò finchè non sentì qualcuno avvicinarsi e abbracciarla. Per una volta aveva con sè un'amica alta praticamente quanto lei, le risultò più comodo piangere sulla sua spalla senza doversi mettere in punta di piedi o senza sentirsi una bambina tra le braccia di un adulto. Sembrava proprio che una persona alla pari la stesse consolando. «Perchè piangi?» le domandò Kokoro
«E perchè piangi anche tu?»le rigirò la domanda sentendo che anche all'altra tremava la voce
«E' che... ero un po' tesa e adesso che ti vedo piangere mi viene da scaricarmi così» rispose tirando su con il naso
«Ma è andata male?» chiese ancora. Suonava stupida persino a se stessa la sua voce, stava cercando di fare un discorso normale quando il realtà la sua voce era completamente piegata dai singhiozzi e dalla rabbia. «No, non credo. Non lo so» scosse il capo Kokoro «Però ti ho visto andar via così. Hai urlato... Aiba san mi ha detto di correrti dietro prima che ti facessi del male» spiegò cercando di calmarsi almeno lei
«E il vostro discorso?»
«Gli ho detto tutto... anche lui, ma... mi ha promesso che ci vedremo il prima possibile per finire di parlare»
«Mi dispiace, mi dispiace tanto» frignò aggrappandosi alla camicetta che aveva prestato all'amica «E' stato un completo flop, ho sempre delle pessime idee. Pessime... pessime idee». L'unica risposta dell'altra ragazza fu una carezza sul capo e il suo silenzio per lasciarla sfogare fin quando non si sarebbe calmata.