DATI
Titolo: Akai Ito
Capitolo: 25 (capitoli precedenti nel
Fanfiction Masterpost)
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale
Pairing: Sakurai ShoxOC / Masaki AibaxOC / Matsumoto JunxOC
Rating: PG
Disclaimer: Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo
Trama: Un filo ci lega alla persona cui siamo destinati: non importa il tempo che dovrà passare o le distanze che ci separano. Ma se questa persona fosse proprio davanti a noi e non riuscissimo a riconoscerla? Se la considerassimo antipatica tanto da non degnarla neanche di uno sguardo? E se l'avessimo trovata e noi stessimo vacillando nei dubbi? E ancora, cosa dice che non l'abbiamo già persa?
NOTE
Ho pensato a questo capitolo durante tutte le notti di preparazione all'esame scritto di Cinese. Ci ho pensato talmente tanto che fatto l'esame avevo ormai finito il capitolo nella mia testa o.o dall'inizio alla fine, virgole comprese, più o meno. Ho solo dovuto scriverlo. L'ho fatto per metà il pomeriggio del giorno dell'esame (dopo averlo fatto intendo) e per una metà poco fa anche se domani ho l'esame di giapponese scritto e dovrei studiare. Sono una disgraziata °_°
Oh se qualcuno di voi non lo sapesse: i giapponesi sono... LENTI, non espliciti e maledettamente timidi. Quindi se pure Sho non è propriamente una polenta, ma più istintivo... non potete aspettarvi un tipo mediterraneo: aperto, esplicito e via dicendo. Senza contare che... devo ricordarvi che fine ha fatto l'ultima volta che è stato spiccio con Erina? Certi schiaffi bruciano sempre nell'orgoglio =P
Let me know what do you think *.*
25. It's so Quiet I can Hear
Le riprese di "Himitsu no Arashi chan" erano finite al solito orario, ma fortunatamente non c'era stato motivo per trattenerlo di più agli studi. Nessuno dello staff aveva avuto bisogno di lui per qualcosa e aveva salutato i ragazzi frettolosamente, senza trattenersi in chiacchiere: sarebbero usciti la sera del giorno dopo a festeggiare sia la fine dei concerti al kokuritsu, sia l'uscita del nuovo singolo, prevista proprio per quel giorno. Si era cambiato e in un batter d'occhio si era svaccato sul sedile posteriore dell'auto, concedendosi un po' di meritato relax, almeno nel tragitto dagli studi alla sede della JE.
Dal 24 agosto, giorno in cui aveva chiesto ad Erina di uscire, erano passate due settimane in cui era successo di tutto, a livello lavorativo: avevano annunciato l'uscita del singolo di "Dear Snow" per l'inizio di ottobre, avevano sgobbato e portato a termine la seconda due-giorni di concerto e quel sabato avevano anche avuto la notizia che sarebbe stato inaugurato un aereo della JAL con le loro facce sopra (ancora non ci credeva!). Fortunatamente la domenica aveva potuto riposare, mentre il giorno prima avevano fatto i servizi fotografici per "Duet" e "Potato" e quella mattina avevano registrato Music Station e la loro trasmissione. "Caspita, se non fosse che tutto questo mi diverte potrei dire di star lavorando come un pazzo, ai limiti del disumano" pensò ridacchiando tra sè. Appoggiò la testa al sedile morbido e chiuse gli occhi. "E in tutto questo non posso nemmeno lamentarmi del mio rapporto con Erina" si compiacque, sorridendo soddisfatto. Era la verità, nonostante la clamorosa buca al loro appuntamento del 31, lei non si era arrabbiata e e anche con la quantità di lavoro a cui era stato sottoposto fino a quel giorno era riuscito ad incontrarla più volte del previsto. Del resto le strutture e gli impianti del Kokuritsu erano già stati collaudati per le precedenti due date di Agosto, quindi il grosso del lavoro era già stato fatto. In quel modo avevano evitato più volte di lavorare fino a tardi e a lui era stato possibile recarsi agli uffici ogni tanto. A volte erano stati addirittura i suoi colleghi, e quindi anche lei, ad andare allo stadio. "E' sicuramente cambiato qualcosa, non possono essere solo miei vaneggiamenti" si ripeteva in quei giorni "Più volte, parlando, ho avvertito un'atmosfera diversa tra noi: ridiamo, scherziamo... e ho avuto addirittura l'impressione che ogni tanto Ogura san e Kimura san ci fissassero con dei sorrisetti soddisfatti" aggrottò le sopracciglia riaprendo le palpebre quando seppe di essere arrivato. Era nel parcheggio sotterraneo della sede. Ringraziò, lasciò le sue cose in macchina e si diresse verso l'ascensore. Erano le sei e mezza di sera, avrebbero tutti finito di lavorare entro mezz'ora, ma ormai non si stranivano più se lo vedevano passare a fare un saluto all'ultimo minuto. Qualche volta erano persino andati tutti insieme a farsi un aperitivo usando come scusa il fatto che era arrivato tardi e non avrebbero avuto tempo per chiacchierare un po'. "Magari lo propongo anche oggi" riflettè oltrepassando le porte dell'ascensore e premendo il bottone del piano "Sì, e magari vedo di rimettermi d'accordo con Erina per uscire un'altra volta" annuì tra sè. La sua sicurezza ormai era dovuta al fatto che il rapporto tra loro si era sicuramente trasformato rispetto a qualche settimana prima: avevano accordato di diventare amici e stavolta ci stavano riuscendo senza intoppi, anzi, le cose andavano tanto lisce che molto rapidamente gli era sembrato che alcuni atteggiamenti da parte di entrambi avessero una sfumatura più che amichevole.
Il corso dei suoi pensieri fu interrotto dall'improvviso bloccarsi dell'ascensore. Si era fermato tanto bruscamente che Sho si era ritrovato con il sedere a terra «Miseria...» boffonchiò mentre si accendeva la debolissima luce di emergenza. Non si vedeva quasi niente, quindi tastò per sentire dove fosse la parete e si rialzò in piedi. "Ci sarà un guasto?" sbuffò massaggiandosi il fondoschiena. Si tenne al corrimano lungo le pareti e si mise in paziente attesa del ritorno di corrente. "Allora ci sbrighiamo?" sbuffò dal naso "Già potrò vederla poco oggi, se poi un calo di elettricità mi fa perdere momenti preziosi...". Se possibile, in quei giorni provava ancora più voglia di incontrarla rispetto al periodo precedente, anche perchè ormai aveva pochi dubbi sul fatto che lui ad Erina lui non fosse indifferente e gli piaceva stare in sua compagnia attendendo la prossima parola o gesto particolare. "Dopo la storia dei limoni ne sono certo: non le dispiaccio!" si disse umettandosi le labbra mente osservava la luce che avrebbe dovuto illuminare il numero del piano a cui erano ed invece era spenta. Il giovedì delle prove generali Erina e Ogura san si erano presentati al kokuritsu per sistemare alcuni accordi per le tempistiche di smantellamento delle strutture. Durante una pausa delle prove si erano messi a parlare. Il discorso era stato dei più tranquilli, avevano parlato un po' di lavoro, le aveva raccontato di qualche incidente di percorso. Tutto si era svolto nel loro nuovo modo: sciolto, amichevole. Poi, quando Ogura san l'aveva chiamata per tornare agli uffici, l'aveva vista tirare fuori una sacca dalla borsa e consegnargliela. Era arrossita -la sua pelle era tanto chiara che quando arrossiva era impossibile non notarlo- e gli aveva detto che era un bento* in cui aveva messo miele e fettine di limone: solitamente le mangiavano gli sportivi, lui non lo era, ma dato che doveva muoversi molto e le prove erano anche sotto il sole, doveva faticare parecchio e aveva bisogno di energia. L'aveva fatto per lui, insomma. Era rimasto basito, ma aveva accettato il pensiero riuscendo a dirle solo poche parole prima che lei se la svignasse imbarazzata, incalzata dai richiami del collega. "Dai... è come quando le ragazze al liceo preparando il bento per quello che gli piace. Anche per lei dev'essere così, per quello che l'ha fatto". Continuava a ripercorrere mentalmente quella scena, sempre più esaltato, perchè era la prova più schiacciante che Erina provava qualcosa per lui.
Tornò la corrente e la partenza fu altrettanto delicata, ma ormai era pronto e si reggeva saldamente alle pareti. Finalmente uscì dall'ascensore e raggiunse l'ufficio, raggiante. «Buona sera!» salutò ad alta voce aprendo la porta. «Che energia Sakurai san» fu la risposta che ricevette «Buonasera a te». In ufficio c'era solo Erina. «Gli altri?» domandò richiudendo la porta alle sue spalle
«Già andati» gli disse finendo di radunare alcuni fogli in una scatola «E sei stato fortunato ad incontrare me, io sto per andare»
«Oh.. hai già finito?» fece con una punta di delusione nella voce
«Veramente oggi non ho proprio lavorato» ridacchiò «Sono passata dal mio ufficio in mattinata e basta». Questo spiegava come mai indossasse scarpe col tacco, pinocchietti di jeans e camicia bianca un po' scollata: non era affatto una mise da ufficio. «Ho fatto un po' di shopping nel pomeriggio, era un sacco che non lo facevo» sorrise contenta
«Sei uscita con delle amiche?» domandò avvicinandosi e appoggiandosi con la gamba alla sua scrivania mentre le parlava e la lasciava finire di sistemare le sue cose. «Sono andata in giro con la mia coinquilina»
«Ah.. quella straniera che ho conosciuto anche io, vero?» fece cercando di ricordare il suo viso. Non riusciva proprio a richiamarlo alla mente, tutto quello che ricordava di quel giorno erano i malintesi chiariti e le gambe di Erina che la divisa da gioco lasciava in bella mostra. «Sì, lei. E' cinese» annuì richiudendo la scatola. I braccialetti argentati che portava ai polsi tintinnavano leggermente «Non vedo sacchetti qui in giro però. Non dirmi che hai sfruttato la tua coinquilina come portaborse!» fece spalancando gli occhi
«Eh? Ma sei impazzito? Certo che no!» esclamò
«Sei spietata... non immaginavo»
«E smettila scemo» ridacchiò colpendogli il braccio «Li ho lasciati nella macchina di Fujimiya san ch...»
«Chi?» fece immediatamente Sho
«Fu-ji-mi-ya. E' un mio collega. Lavora nel mio ufficio, quando sono passata da loro ho scoperto che anche lui veniva da queste parti e ho accettato un passaggio, dato che lui è in macchina» gli spiegò «Siccome si è offerto di riaccompagnarmi a casa, appena mi fa uno squillo chiudo tutto e scendo». Il ragazzo la osservava, contrariato. «Ma chi è questo?» fece ancora, senza poter evitare di suonare un po' duro nel fare quella domanda
«Ma mi hai ascoltato?» fece Erina incrociando le braccia «E' un mio collega di lavoro. Ti ricordi che lavoro per una società? Voi pagate loro per quello che faccio qui. Lavoro alla Johnny's solo temporaneamente, ecco perchè sto raccogliendo alcune cose»
«Perchè le raccogli?» fece lui, improvvisamente gli stava crescendo una paura nel cuore a cui ancora non aveva pensato: Erina non era un'impiegata della Johnny's Enterateiment, non era normale che lavorasse lì, che fosse in contatto con il suo mondo. Se n'era completamente scordato. «Sei più stanco del solito vero?» fece lei con un sorriso comprensivo «Entro questa settimana tornerò al mio lavoro. Il prossimo concerto è a fine Ottobre, quindi riprenderò le attività per la Johnny's solo a metà del prossimo mese. E dato che si farà ad Ōsaka e dovrò andare là, mi toccherà prima fare un bel po' di lavoro per la mia compagnia, così che possano fare a meno di me». Fu come se a Sho fosse caduto il soffitto sulla testa, e pure un pezzo bello grosso. Era il sette settembre, se Erina se ne andava significava che non l'avrebbe vista per più di un mese, e la volta successiva sarebbe stata ad Ōsaka, sempre che, una volta organizzato il tutto lei non tornasse a Tōkyō, mentre loro andavano al Kyocera Dome per fare il concerto.
La suoneria del cellulare della ragazza lo fece riprendere. «Questo è Fujimiya» fece lei rispondendo «Pronto? Fujimiya san! Sì, adesso spengo tutto e scendo... ma và, cretino!» Sho la guardò ridere divertita «Sì, grazie, arrivo». Mise alcuni documenti ben ripiegati nella borsa e lasciò la scatola in un angolo della scrivania «Scendi con me?» gli chiese. Ebbe appena la forza di annuire. Spensero i computer e le luci prima di uscire.
Era semplicemente raggiante. Fare shopping le migliorava l'umore e le alleggeriva il portafoglio. Non faceva spesso compere ed era una buona cosa dato che aveva le mani bucate: era capace di spendere ventimila yen** in un paio d'ore, ma avendo anche un affitto da pagare, le bollette e la spesa evitava di darsi occasioni per sfogare quel suo vizio. Principalmente aveva deciso di approfittare di quel giorno libero, e del fatto che anche Ying lo aveva, per uscire con lei e passare un po' di tempo insieme. Ultimamente in casa non c'era un'aria distesa. Distratta com'era lei non se n'era nemmeno accorta, c'era voluta Tomomi per farle notare che la cinese era di cattivo umore: aveva un buono spirito di osservazione e le era bastato osservarle un paio di volte agli allenamenti per capire che Ying era più scostante del solito e stava molto meno appiccicata a Erina. La rossa invece non se n'era resa conto, eppure la vedeva tutti i giorni in casa. L'amica era una persona silenziosa e riservata di natura, un'osservatrice, l'esatto contrario suo, quindi il suo essere scostante le sembrava naturale. Se poi si aggiungeva che ultimamente era stata presa da altro, non le era stato possibile notare che i silenzi dell'amica si erano allungati. Le aveva proposto di fare dello shopping insieme e la giornata era andata bene, non aveva notato niente di strano: o era tornata di buon umore o la causa del suo cambiamento non era lei.
Ma non erano solo le spese a farla star bene, era anche il fatto che il suo rapporto con Sho migliorava di giorno in giorno. L'appuntamento, se così lo si poteva chiamare, era saltato, ma lei si era fatta prendere dal panico: qualche ora prima di ricevere la mail in cui il ragazzo la avvisava che il lavoro lo tratteneva, era ancora davanti all'armadio a chiedersi cosa indossare, davanti allo specchio per capire come truccarsi e davanti a se stessa a domandarsi con quale coraggio si sarebbe presentata a due degli idol più belli di tutto il Giappone (senza contare che di uno di loro era follemente innamorata). Si era quasi sentita sollevata da quella mail e invece di arrabbiarsi aveva immaginato come Sho, dopo una dura giornata, fosse sicuramente il primo a non prendere bene l'idea di dover lavorare ancora invece di potersi rilassare con gli amici. Nonostante quello si erano visti spesso in quei giorni, chiacchieravano con scioltezza, scherzavano e, entro certi imiti, si prendevano in giro senza farsi troppi problemi. Le capitava spesso di ripensare ad un giorno in cui, proprio come un coraggioso cavaliere, le aveva fatto da scudo evitando che montagne di scatoloni le cadessero addosso nei magazzini dello stadio. Quel giorno stava semplicemente curiosando in giro e e Sho l'aveva scovata a gironzolare. L'aveva richiamata e lei si era spaventata così, causa la sua solita sbadataggine, aveva colpito e fatto rovinare pile e pile di scatole. Il ragazzo l'aveva spinta via mettendosi tra lei e il pericolo. Fortunatamente erano tutte piene di semplici fili elettrici e lui non si era fatto male, ma intanto si erano ritrovata contro la parete, in un angolo della stanza, con il corpo di Sho che le faceva da scudo. Non era stata solo la vicinanza a mandarla in solluchero, ma anche il fatto che subito dopo il ragazzo si era preoccupato per lei e profuso in domande per controllare che stesse bene. "Come un principe, sì" pensava mentre entrava in ascensore con lui "Si è addirittura preso la colpa del pasticcio degli scatoloni: i fili si erano sparpagliati tutti e mischiati, mentre prima erano accuratamente divisi per tipologia, ognuno nella sua scatola. Ho combinato un vero disastro e si è voluto prendere tutta la colpa". Ogni volta che ci ripensava le veniva quasi da piangere, un po' perchè si sentiva in colpa, un po' perchè era commossa ed emozionata da quel gesto. Per ricambiare e per scusarsi aveva trovato il coraggio di preparare qualcosa per lui, ma era stata un disastro: invece di spiegargli che gli dispiaceva e che l'aveva fatto per ringraziarlo, gli aveva sbattuto in mano il bento e se l'era data a gambe prima di morire per la vergogna.
«Tu invece? Cos'hai fatto oggi?» domandò mettendosi vicina a lui nell'ascensore. Lo vide appoggiarsi alla parete di fondo e aggrapparsi al corrimano, quindi gli si mise davanti, dandogli il fianco. «Abbiamo registrato Music Station» rispose lui
«Si? Quando andrà in onda?»
«Tra cinque giorni» disse ancora. Improvvisamente gli sembrò più scostante. "Ho detto qualcosa che non va?" si domandò abbassando gli occhi. «Andiamo?» si sentì domandare
«Eh? Dove?» Erina si girò a guardarlo, spaesata
«Giù» fece Sho aggrottando le sopracciglia e accennandole alla pulsantiera dell'ascensore lì vicino che ancora non aveva schiacciato. «Ah, sì, sì!» annuì e premette per il piano terra, confusa. «Avevate anche le registrazioni di Himitsu vero? Dev'essere stata una giornata faticosa. E io che me la sono spassata...»
«Ecco perchè guadagno più di te» fece lui accennando un sorrisino
«Come sei scortese» gli disse arricciando il naso. Stava per ribattere in qualche modo, ma l'ascensore si bloccò d'improvviso e le luci si spensero. Erina fece appena in tempo a fare un'esclamazione di sorpresa e cadde a terra come un sacco di patate. Quando riaprì gli occhi per capire cos'era successo era buio. «Ah.. che male» boffonchiò sentendo dolore al ginocchio che aveva sbattuto cadendo
«Lo dici a me? E' la seconda botta che prendo» sentì Sho lamentarsi. Quando la sua voce le arrivò alle orecchie si rese conto che era molto vicina e allora cercò di capire cos'era successo. Le mani del ragazzo l'avevano afferrata per le braccia quando, perdendo l'equilibrio, gli stava per cadere addosso. In quel modo aveva lasciato la presa sul corrimano e avevano perso entrambi la stabilità. Ora erano a terra, lui con la schiena contro la parete e lei inginocchiata tra le sue gambe. Quando finalmente riuscì a fare il punto della situazione si sentì il viso in fiamme. La luce d'emergenza fortunatamente era tanto debole che lui non avrebbe mai visto il suo colorito. «E' normale che succeda una cosa simile?» chiese lui
«E' tutto il giorno che ci sono cali di corrente, per questo dopo pranzo Ogura san e Kimura san hanno deciso di fare dei lavori fuori: usare i computer e i telefoni era impossibile. A volte è mancata anche per mezz'ora» spiegò con un filo di voce «Mi spiace, ti ho fatto cadere»
«Non importa, ti sei fatta male?»
«Un po' al ginocchio, ma sto bene. Mi hai trattenuto» e lo stava ancora facendo, infatti non accennava a lasciarla andare anche se la presa delle mani non era certo così forte. «Spero non sia niente di grave, forse dovresti farti fare un controllo più tardi» le propose. La sua voce era incredibilmente vicina ed Erina si sentiva infinitamente piccola contro quel petto ampio. «N-no, figurati. Non è niente» balbettò «Tu? Stai bene?»
«Mi ero già fatto male quando si è bloccato mentre salivo, stavolta ho sbattuto la schiena quando ti ho afferrato» spiegò muovendo il collo, come a sentire se la spina dorsale fosse ancora intera
«Accidenti, scusa!» esclamò alzando lo sguardo, sentendosi terribilmente in colpa. Quel gesto fu tanto rapido da non dare il tempo a Sho di spostarsi e, dato che era molto vicino, sentì il suo mento sbatte contro la testa della ragazza. Esclamarono entrambi di dolore. "Aaah... che figura da imbecille!" piagnucolò tra sè Erina "Perchè non ho un minimo di grazia? Cado come una fessa e gli spacco la faccia con una testata... non ne faccio una giusta". «Caspita... sei veramente un pericolo pubblico» si mise a ridere Sho dopo i primi secondi di dolore «Nemmeno i congegni di Doraemon facevano tanti pasticci»
«Eh?» domandò con le lacrime agli occhi «Sei cattivo, Sakurai san! Non lo faccio apposta!»
«Ci mancherebbe!» lo sentì ridere di gusto. Le risate gli arrivavano dal cuore, divertite, e suonavano vicinissime alle sue orecchie. «E poi i suoi macchinari erano perfetti. Era Nobita che li usava nel modo sbagliato! Ne abusava***»
«Allora sei Nobita» le propose
«Assolutamente no, non ho bisogno di congegni io: faccio disastri senza!» esclamò arricciando il labbro
«Sembra che tu ti stia vantando, sai? Non c'è niente di cui vantarsi» le fece notare sempre più divertito «Insomma, sei solo un congegno difettoso»
«Funziono benissimo io! Nobita sarai tu» sbuffò
«Stai insinuando che è colpa mia? Seriamente? Non mi sembra di star abusando di te» fece notare e il secondo dopo smise di ridere, accorgendosi troppo tardi di ciò che aveva detto. Anche Erina si irrigidì e tornò ad arrossire "E questa come gli è venuta?". Per qualche secondo si era dimenticata della situazione imbarazzante in cui erano. «Scusa... ora mi alzo» mormorò decidendo di rimettersi in piedi. Era già un minuto che erano così, seduti a terra quasi abbracciati, e non era normale rimanere in quel modo senza un motivo. Si mosse, raddrizzandosi sulle ginocchia di modo da rimettersi poi in piedi. «No» sentì sussurrare e Sho la spinse nuovamente a terra, la strinse a sè mettendole le mani sulla schiena per non lasciarle modo di muoversi. La ragazza rimase senza parole. Nella semioscurità non vedeva quasi niente, ma erano così appiccicati l'uno all'altra che non c'era bisogno di vedere, capiva semplicemente ascoltando il suo corpo: la stava abbracciando, facendole tenere la testa appoggiata alla sua spalla, non aveva avuto nemmeno tempo di appoggiare le mani contro il suo petto per mettere un po' di spazio tra di loro. «Rimani qui» lo sentì sussurrare. La sua voce era profonda, così vicina sembrava ancora più calda, seducente, e le sue labbra probabilmente le avrebbero potuto sfiorare il lobo dell'orecchio. «Sa-sakurai san?» farfugliò deglutendo a fatica. Il suo abbraccio era forte, percepiva addirittura la tensione dei muscoli sulle braccia e sul petto, sentiva il calore del suo corpo sotto i vestiti. Dalla sua posizione poteva anche cogliere l'odore dell'ammorbidente della polo che indossava e un ultimo residuo del profumo che probabilmente si era messo ore prima, all'inizio della giornata. Sho non accennava a lasciarla andare e lei non sapeva cosa fare. Una parte di sè sarebbe rimasta in quella posizione per sempre, chiaramente, ma un'altra era troppo confusa per sapere cosa volesse. Certo, negli ultimi tempi il rapporto tra di loro sembrava aver preso finalmente la strada giusta, tanto che a volte aveva l'impressione che certi atteggiamenti non fossero affatto da semplici amici. Ogura san, che aveva capito settimane prima i suoi sentimenti, non le domandava mai niente, ma aveva l'impressione che ogni tanto lanciasse occhiate circospette ed eloquenti verso di loro quando parlavano e scherzavano spensierati. Forse persino Kimura san aveva intuito la situazione. Insomma tutti sospettavano che potesse esserci un risvolto tenero, ma lei detestava quel tipo di situazioni in cui tutti danno per scontato che tutto sia chiaro quando invece lei, diretta interessata, non era sicura per niente. Si conosceva bene, era talmente sbadata e poco attenta che tante cose non dette nemmeno le arrivavano, quindi sapeva che, a meno che non le si parlasse in maniera chiara e diretta, lei non avrebbe capito, non avuto il quadro completo e quindi non sarebbe mai stata sicura come invece gli altri pretendevano di essere. Il problema era che i giapponesi non erano propensi a quel tipo di schiettezza, men che meno in campo amoroso.
«Scusa» fece Sho dopo qualche secondo, allentando la presa «Però ecco... è meglio se stai seduta o quando ripartirà rischierai di cadere di nuovo, fidati: l'ho già provata» spiegò. "Sì, ma così muoio di tachicardia!" piagnucolò tra sè, staccandosi piano da lui. Mentre si allontanava lo guardò "Le sue labbra sono talmente vicine... non ci vorrebbe niente a baciarlo. Basterebbe appena muovere la testa" pensò fermandosi, lasciando quella irrisoria distanza tra loro. L'aveva fatto senza rifletterci troppo, forse dando per scontato che il buio non avrebbe mai svelato dove guardava, e invece si rese conto troppo tardi che ormai si erano abituati al buio: se lei vedeva i connotati del suo viso anche lui doveva poter fare altrettanto. Infatti Sho colse immediatamente l'occhiata diretta alle sue labbra e ai suoi occhi subito dopo. A quel punto si rese conto di essere stata colta in fallo mentre lo osservava languidamente.
Sho le stropicciò la camicia sulla schiena serrando le dita sul tessuto, come se volesse farle capire che, anche se non la stava più stringendo, non l'avrebbe comunque fatta indietreggiare più di quanto aveva già fatto. Sospirò provando un leggero capogiro e un brivido. Era una scossa di adrenalina, era come se con quel gesto avesse detto "sei mia!" e questa cosa la eccitava. Non si dissero niente, continuavano a guardarsi negli occhi e poi a guardare le labbra dell'altro, a controllare quanta distanza ancora ci fosse a dividerli. Erina fece per chiudere gli occhi poi nell'ascensore tornò la luce e ripartì bruscamente. Seduti a terra non sentirono molto il movimento che avrebbe invece fatto fare loro un salto se fossero stati ancora in piedi, quindi rimasero pressoché immobili a fissarsi negli occhi. La rossa sbattè le palpebre un paio di volte, totalmente nel panico. «Accidenti se era buio!» esclamò Sho improvvisamente girando il viso di lato «Non mi accorgevo nemmeno delle distanze» ridacchiò
«Eh.. già» farfugliò lei sgranando gli occhi e abbassando lo sguardo. "Significa che non si rendeva conto di come eravamo messi?" doveva avere il viso in fiamme, sentiva particolarmente caldo e sicuramente non era causa di soli cinque minuti chiusa in un ascensore "Come fai a non accorgerti che stai abbracciando qualcuno? Non hai bisogno della luce per saperlo... non può non averlo fatto apposta!". «Possiamo alzarci, se si aprono le porte e ci trovano così cosa gli diciamo?» propose il ragazzo lasciandole andare le braccia. Lei annuì e prima di alzarsi sbirciò il suo viso, era imbarazzato anche lui.
Si rimisero in piedi ripulendosi i vestiti e il cellulare di Erina squillò di nuovo «Scusami» disse verso Sho prima di rispondere «Pronto? Fujimiya san...»
⎨Dove sei finita? Ho parcheggiato qui davanti⎬
«Adesso arrivo. Sono rimasta bloccata in ascensore»
⎨Bloccata?? Devo chiamare i soccorsi? Stai bene?⎬
«Eh?» aggrottò le sopracciglia «No, no.. è ripartito. non c'è bisogno di preoccuparsi così. Arrivo» concluse chiudendo la conversazione «Mi ero totalmente dimenticata che mi stava aspettando» sorrise imbarazzata
«Era arrabbiato?» domandò Sho
«No, era solo un po' troppo preoccupato. Ogni tanto esagera con le reazioni» scosse il capo e finalmente arrivarono a piano terra. Fece per uscire, quando le porte si aprirono, ma vide che il ragazzo non si muoveva. «Non vieni?» domandò stranita
«Ho la macchina che mi aspetta nel sotterraneo oggi» spiegò «Ci vediamo... ci vediamo domani» la salutò chinando un poco il capo. "Ma che fa?" si domandò trattenendo una risata al vedere quel movimento, era quasi goffo tanto era rigido "Non dirmi che... si sente ancora imbarazzato?". «Ci vediamo?» domandò spalancando gli occhi
«Sì, ho le riprese la mattina, ma il pomeriggio sono libero» spiegò annuendo «Sempre che... sempre che tu lo voglia»
«Oh, si!» rispose di getto «Voglio dire, farebbe piacere a tutti» si corresse con un sorrisino
«E a te?» lo sentì insistere. Lo guardò colpita "Questa è diretta". «Mi farebbe piacere» rispose «A domani allora» salutò girandosi. Le porte dell'ascensore si erano richiuse e prima che potesse fare un passo vide la mano di Sho passarle di fianco al viso e posarsi sull'uscita. «Un attimo» la richiamò mettendosi al suo fianco «Venerdì... sei libera?»
«Uh, venerdì?» domandò deglutendo a fatica, si era spaventata al vedersi sbarrare la strada a quel modo. Sinceramente si era immaginata un bacio appassionato strappatole prima dell'uscita di scena, ma ormai lo sapeva che la realtà non andava mai di pari passo con i suoi viaggi mentali. «Che numero è? Credo di sì»
«Il dieci. Devo ancora sentire Jun, ma credo verrà» spiegò «Puoi sentire la tua amica e farmi sapere?»
«Sì, d'accordo» gli rispose «Ora, Nobita, puoi lasciarmi andare prima che multino il mio collega per parcheggio in zona di carico e scarico?» domandò divertita. Si sorrisero a vicenda e lui la lasciò passare. Ridacchiando uscì e fece qualche passo nell'atrio prima di voltarsi a guardarlo di nuovo. Le porte si stavano richiudendo, ma Sho la stava ancora guardando e stava sorridendo. La salutò con un gesto della mano prima di scomparire.
Improvvisamente era certa che quello che era successo era stata la realtà e che Sho aveva voluto fare ciò che aveva fatto. Se non fosse stata nell'atrio della sede di una grossa azienda di talenti si sarebbe messa ad urlare.
*Il bento è il "cestino per il pranzo" giapponese. E' possibile acquistarne di preconfezionati ai conbini o ai supermercati (con confezioni di plastica e condimenti in bustina), così come esistono miriadi di tipologie di bento personali: da uomo, da donna, per bambini, da ragazze, per famiglie; da riempire con il cibo preparato a casa accessoriato con posate/bacchette, sacchettini, elastici, bottigliette per salse, il tutto coordinato!
**poco meno di 200 euro
***Doraemon, protagonista di un manga/anime molto famoso, era un gatto spaziale venuto dal futuro che ad ogni puntata tirava fuori strani congegni di cui puntualmente Nobita, il bimbo terrestre che lo ospitava, abusava creando un pasticcio.