Titolo: Burn It Down
Fandom: Supernatural
Personaggio: Castiel, (?)
Rating: Rosso
Avvertimenti: Oneshot
Set/Prompt: Armi - Fuoco
Disclaimer: I personaggi descritti non mi appartengono e la storia non è scritta a fini di lucro.
Note: Il titolo è preso dalla canzone "Burn it Down" dei Linkin Park. In realtà questa storia non ha né capo né coda, ma avevo tanta voglia di scrivere qualcosa su questi due ** Dovrebbe essere ambientata nella 5x18, o meglio, dopo la 5x18, dopo che Castiel usa il sigillo su se stesso e prima che appaia sul peschereccio. Non è uno dei miei lavori migliori, ma spero vi piaccia anche con il poco senso che ha XD Buona lettura! =)
Tabella:
QuiRiassunto: "L’intera situazione lo avrebbe messo in allerta e gli avrebbe fatto dispiegare le ali e sguainare la spada, ma niente di tutto ciò avvenne, come il calore familiare continuava a pervadergli l’essenza stessa, fluendo costantemente dal tocco di quelle dita. Solo il respiro e il battito del suo cuore iniziarono pian piano a mutare, un po’ più veloci, un po’ più pesanti, ma non per questo spiacevoli."
Burn It Down
La prima cosa che percepì fu il dolce crepitio del fuoco trainarlo pian piano alla coscienza. Con gli occhi ancora chiusi, Castiel voltò appena la testa verso il punto più caldo, crogiolandosi nel dolce intorpidimento delle sue membra. Mille pensieri confusi gli vorticavano in testa, senza che lui riuscisse a distinguerne uno soltanto. C’era qualcosa di importante che continuava a sfuggirgli in quel groviglio di ricordi e pensieri, ma il focolare continuava a crepitare con voce ipnotica e le sue dita giacevano su qualcosa di morbido e delicato. Era difficile concentrarsi, quando il calore lambiva la pelle come il tenero abbraccio di un padre e una mano scorreva delicata tra i fili d’ebano dei suoi capelli. Castiel soffocò l’urgenza di mille domande e si lasciò cullare da quelle carezze, fino a quando il suo corpo, così stanco, accolse l’invito del sonno. L’angelo cadde di nuovo nelle tenebre.
Quando rinvenne per la seconda volta, il primo istinto fu di aprire gli occhi. Ad accoglierlo vi era ancora il buio, ma il nero delle tenebre si tingeva di rosso e arancio, mentre i colori penetravano in esso da sottili fessure. Castiel inspirò a fondo l’odore della cenere, misto a quello un po’ meno familiare della pelle umana. Gli ci volle quasi un minuto per capitolare e assimilare l’idea che una mano lo stava separando dal resto del mondo. Istantaneo, invece, fu il panico che lo assalì all’improvviso. Dentro di sé, il cuore umano che indossava batteva forte e forse un po’ troppo veloce, il respiro pesante e difficile, ma all’esterno, il suo corpo giaceva immobile, troppo pesante per muoversi, troppo stanco anche per tremare.
“Shh… va tutto bene, sei al sicuro, ora.”
A Castiel parve di conoscere quella voce, ma l’interesse scemò presto, quando avvertì un calore tiepido pervadergli lentamente le membra. Come un dolce veleno, si propagò piano nel suo corpo, fino a calmare i battiti e il respiro fuori controllo.
Alla fine, tutto il calore si concentrò in un unico punto, lì al centro del petto, a soffocare un dolore sordo che Castiel non ricordava. Era ancora così stanco.
Cullato dal crepitare del fuoco, Castiel tornò a dormire.
A svegliarlo, questa volta, fu una carezza gentile, poco sotto l’ombelico.
Quando aprì gli occhi, sbattendo le palpebre una o due volte per stemperare la foschia del sonno, tutto ciò che riuscì a scorgere fu il soffitto in ombra di una stanza.
Castiel cercò di mettersi a sedere, ma il suo corpo era ancora troppo pesante, cosicché riuscì solo a piegare la testa di lato per scorgere un focolare scoppiettante, unica fonte di luce. L’intera situazione lo avrebbe messo in allerta e gli avrebbe fatto dispiegare le ali e sguainare la spada, ma niente di tutto ciò avvenne, come il calore familiare continuava a pervadergli l’essenza stessa, fluendo costantemente dal tocco di quelle dita. Solo il respiro e il battito del suo cuore iniziarono pian piano a mutare, un po’ più veloci, un po’ più pesanti, ma non per questo spiacevoli.
Le dita continuarono curiose ad esplorare la pelle del suo stomaco, insinuandosi con malizia sotto il lembo della camicia e premendo un po’ con i pollici, mentre questi disegnavano piccoli cerchi invisibili. Poi, il tintinnio di una cintura, la sua cintura, si frappose prepotente tra il silenzio e il suo respiro e il crepitare del fuoco. Un timido gemito scivolò tra le sue labbra, quando alle dita si aggiunsero un paio di labbra screpolate. Castiel le sentì premere delicate sul suo ombelico, prima di scendere verso il basso in un’umida scia di baci, mentre le dita continuavano ad accarezzargli con cura le curve del bacino. Quando, senza alcun preavviso, le labbra si serrarono sulla punta del suo membro, un calore forte e improvviso, eppure così familiare, gli esplose nel petto.
Non riusciva più a respirare.
Ed era tutto così sbagliato e allo stesso tempo altrettanto sconosciuto e meraviglioso.
Ansimò forte, in cerca di un respiro di cui non aveva bisogno, con quelle labbra che continuavano a muoversi su e giù, mentre la lingua maliziosa lambiva la pelle del suo membro e un calore intenso iniziava a diffondersi nel basso ventre.
Sempre più veloce, sempre più vorace, sempre più sbagliato.
“Lucifer…!”
Quando venne, Castiel si sentì privato di ogni cosa, anche di se stesso.
Le palpebre divennero un po’ più pesanti.
“E’ tutto finito, ora.”
Le labbra screpolate si posarono dolci sulle sue. Sapevano di sale.
“Lasciala andare, Castiel”
Quando si lasciò cadere, Castiel notò distrattamente che non riusciva più ad ascoltare il crepitio del fuoco.
“Signore! Signore, mi sente?!”
“E’ morto?!”
“Oddio, è morto, è morto!”
“No! No! Respira! Chiamate un’ambulanza, presto!”
Quando rinvenne, questa volta, tutto quello che poteva sentire era il gelo dell’assenza.
Del fuoco che alimentava la sua grazia, ormai, non era rimasto altro che cenere.