[Earth 618/Lovvo] Save and safe

Mar 18, 2011 20:46

Titolo: Save and safe
Fandom: earth_618/lovvoverse
Beta: cialy_girl
Personaggi: Allan Wilson, Eplhie Logan, Jeoshua Logan, Wendy Wilson, Lionel Luthor, nominati altri.
Rating: Pg
Parole: 1.552 (W)
Note: Ambientata, per Elphie, quando si faceva quel Bruce dell'altra dimensione e più avanti, quando ha cominciato a studiare su Terra-DC
Per il Lovvo l'ambienazione è: durante i Centri e dopo la morte di Lena.
* Non vuole essere canooooon XDDD voi dovete capirmi, Wendy e Lionel sono dei malvagi, se prendono in antipatia qualcosa diventano cattivi davvero ;__; li adoro
* XD è stranissimo scrivere Josh e riferirsi a un Logan e non ad un Mardon, btw
Disclaimer: ? ma non ci guadagno, ed è questo l'importante.


La gravità nella Terra dell’Universo 554 è identica a quella del loro, Mathias ha fatto delle ricerche accurate, eppure ad Elphie sembra che sia tutto più pesante, qui. Che sia più difficile trascinarsi le cose e i sentimenti, che sia più difficile rialzarsi.
È sempre stata attenta a non legarsi troppo e a non permettere che qualcuno si affezionasse a quel mondo; l’apertura di qualche porta per entrare in contatto con quella dimensione è sempre stata casuale, mai voluta, persino durante il periodo con gli X-Ternals.
Bene o male, Elphie lo sa che quella Terra ha poco da offrire.

Appena messo piede in quel luogo, scatta l’allarme. È stato istintivo, voleva semplicemente allontanarsi un attimo dall’uomo che ama ma che non è Bruce, voleva andare in un posto che non fosse casa sua per evitare lo sguardo della mamma e non desiderava rivedere Gotham.
«Elphaba.» La voce di Allan suona un po’ strana quando compare da una nuvola di fumo e le afferra il braccio, mentre il rumore dei passi dei soldati si avvicina sempre di più. Scompaiono entrambi, nel nero, Elphie cerca di rilassarsi e lasciarsi guidare da lui perché sa come funziona il teletrasporto, ma riporre fiducia in Allan è qualcosa che non le è mai riuscito del tutto.

Si ritrovano poco lontani da un edificio alto e bianco, probabilmente quello da dove sono fuggiti, in una città che Elphie non fatica a riconoscere come Metropolis.
«Dovresti stare molto più attenta.» La riprende immediatamente Allan. C’è qualcosa di diverso nella sua voce e nel suo aspetto che Elphie non riesce ad individuare.
«Lo so che devo stare attenta.» Replica, guardandolo male, ma l’uomo continua.
«Dico davvero. Questo non è più un posto adatto a te.» la prende sotto braccio e insieme cominciano a incamminarsi: «Se scoprissero chi sei e cosa puoi fare…»
Ha le occhiaie e una voce così diversa.
«Hanno vinto i cattivi?»
Allan, a questa domanda, si incupisce ancora di più.
«Sono in netto vantaggio.»
«Possiamo aiutarvi.»
Gli X-Ternals sono sciolti da una vita, ormai, ma sa che nessuno di loro esiterebbe a tornare insieme per una giusta causa.
Lui, però, sorride amaro: «Non saranno un gruppetto di eroi da un’altra dimensione a salvarci, Elphaba. Finireste col farvi male.»
Di solito è una ragazza piuttosto testarda, di solito non lascerebbe che qualcuno le dica cosa salvare e cosa no, ma quando Allan si volta e la guarda negli occhi aggiungendo: «Dico davvero. Non cercare di salvarci.» si limita a restare in silenzio, confusa.
Le fanno male i sentimenti che prova e pesano tanto, perché c’è qualcosa di seriamente disturbante nella gravità di questo mondo e nell’aria.
L’aria è inquinata e odora di bruciato.
«Non ho ancora capito come aprire porte su questa dimensione.»
Rallentano un po’, Allan la osserva con attenzione.
«So come tornare a casa, so aprire porte su certi mondi, ma non riesco mai a desiderarlo davvero. Tutte le volte che arrivo fin qua, ci arrivo per caso.»
Il mezzodemone annuisce: «Non c’è nessun motivo per cui dovresti farlo.»
Lei vorrebbe rispondergli che non è vero, che ce ne sono tanti di motivi per cui è attratta da questo mondo, ma la verità è che non le piace scavare in profondità sull’argomento, non vuole sapere perché, di tanto in tanto, inciampa in questa dimensione.
«Starete bene?»
«Ce la caveremo, in un modo o nell’altro.»
Elphie, di Allan, si è sempre fidata poco, ma questa volta decide di credergli.

«Sei diversa.»
Ora che sono lontani da quell’edificio bianco, Allan sembra essersi tranquillizzato.
«Sono cresciuta.» Ammette, appoggiando la schiena ad un muro. Quando Allan prende una sigaretta dal taschino le viene spontaneo allungare la mano e rubargliela, rompendola e facendola cadere a terra.
«Non dovresti fumare.»
Lui è stranito.
«Fanno venire il cancro.»
Con i cattivi in netto vantaggio, lo si capisce semplicemente guardandolo negli occhi che il cancro è l’ultimo dei suoi problemi.
«Dove sono finiti gli altri, Allan? Perché non siamo a Los Angeles?»
Lui scrolla le spalle.
«Siamo tutti lontani da casa. Anche tu, no?»
Elphie abbassa gli occhi: «Sì, ma io non mi sono persa.»
«Sicura?»
Il rancore che prova per quella domanda lascia che Allan lo assorba tutto: «Ti sei sposato.»
«Sì.» Si rigira la fede nuziale: «Abbiamo una bambina.»
«Sei felice?»
A questa domanda non risponde.
«Promettimi che non tornerai mai più qua, Elphaba.»
Elphie si morde il labbro inferiore: «No.»

**

Josh ha il viso nascosto sotto il cuscino, di tanto in tanto lancia qualche gemito di dolore mentre Elphie sta studiando.
«Ma non abbiamo da qualche parte una sorella o un fratello maggiore che possa risolvere i nostri casini?» borbotta, scoprendosi, in direzione della ragazza.
«Non lo so. I figli di Aurora?» e sorride al ricordo di Mathias, di tutte le volte che ha cercato di convincerli della maternità di Aurora nei loro confronti. Josh viene intenerito a sua volta e la voce si addolcisce mentre dice: «Guarda che sono serio. Non hai mai incontrato qualche nostro fratello o sorella saggio? Con una vita decente?»
«Questo temo lo impedisca la genetica.»
«Uff.» Josh fa ricadere il viso sul letto.
«Però c’era Allan.» replica improvvisamente, stupendosi di se stessa.
Josh si volta verso di lei, senza capire bene cosa significhino quei sentimenti confusi che gli sta trasmettendo.
Le fa l’unica domanda possibile: «Perché hai usato il passato, Elphie?»
La ragazza resta attonita per un secondo.
«Perché non sono certa che fosse lui, l’ultima volta che l’ho visto.»

**

Passano due mesi, prima che, aprendo una porta scorrevole, Elphie si ritrovi in quel mondo che odora di bruciato.
Quando suona l’allarme, il solito allarme, alza gli occhi al cielo sbuffando, ma prima che possa fare qualunque altra cosa i soldati le sono addosso.
Ha semplicemente pensato che Allan l’avrebbe protetta, anche se si fosse attardata, ma le mani di quegli uomini la catturano e la scossa elettrica del taser la lascia senza fiato.

«Stavo facendo colazione con la mia famiglia.»
Sul tetto, davanti ad un tavolino ben imbandito, c’è una ragazza dai capelli rossi. I soldati la tengono ben stretta.
«Odio essere interrotta quando faccio colazione. Il mio cappuccino si raffredderà.»
Oltre ai due soldati, c’è un ragazzo biondo vicino al bordo del tetto e altri due dietro di lei, che ha intravisto entrando.
Il ragazzo biondo. Per mezzo secondo, Elphie l’ha scambiato per Allan, ma il modo in cui la guarda è completamente diverso. Non c’è affetto in quegli occhi.
«Chi sei, demone?» Domanda la ragazza.
«Chi sei tu, piuttosto.» risponde Elphie, con una rabbia che non le appartiene. È furiosa, e qualcosa di caldo le invade il petto.
L’altra si accomoda meglio sulla sedia: «Andate via.»
I soldati la lasciano, ma gli altri due si avvicinano.
«Elphaba Aretha Logan.» respira a fatica: «Io- conosco Allan Wilson. Sono qui per incontrarlo.»
Gli occhi della ragazza diventano di un colore un po’ più scuro: «Il mio nome, invece, è Wendy Wilson. E mio padre è morto.»
Elphie apre leggermente la bocca, guardando Wendy con gli occhi spalancati.
«Stai mentendo.» sussurra piano, ma lo sa che è vero.
Wendy fa un gesto e anche Bruce e Selina escono dal tetto, seppur riluttanti.
«Come sei arrivata fin qui, zietta?» Domanda Lionel. Elphie pensa che quella voce l’ha sentita anche l’ultima volta che ha visto Allan.
«Viaggi dimensionali.» risponde automaticamente, senza stare attenta.
Wendy sospira pesantemente, lanciando la testa all’indietro.
«Posso aiutarvi.» realizza Elphie: «Posso salvarlo.»
Non vede arrivare Lionel, sente solo la sua mano afferrarle il collo.
«Nostro padre non voleva essere salvato.» le rivela e, mentre sviene, Elphie pensa che quella è proprio la stessa voce di Allan.

C’è un simbolo strano sul braccio, quando si risveglia. Le pizzica la pelle e fa male.
Elphie apre gli occhi a fatica. Si trova in una stanza larga e lunga, c’è una gabbia con dentro una ragazza di colore, in catene, che la osserva.
«Dove ci troviamo?» Bisbiglia.
«Niente di cui tu debba preoccuparti.»
Wendy entra nella camera e le indica la porta posta alla fine delle scale: «Vattene a casa.»
«Cosa mi avete fatto?»
«Ti abbiamo impedito di ricomparire su questa dimensione. Mi dispiace, zia, ma abbiamo dei piani, e non possiamo permettere che vengano rovinati.»
Elphie guarda il sigillo.
«Io potevo salvarlo davvero tuo padre. Lui meritava di essere salvato.»
Wendy si avvicina, lentamente, e si china su di lei: «Se ti azzardi a riapparire giuro che ucciderò te e tutte le persone che ami, Elphaba.»
Lei si alza, si avvicina alla porta e quando tocca il pomello lo ripete: «Davvero, potevo aiutarvi.»
Wendy sorride: «Trovati un altro mondo da salvare. Ma non tornare qui.»
«Non ho mai voluto tornare qui.» le rivela Elphie, uscendo.

**

«Allora Elphie, qual è il migliore dei mondi possibili?»
Quando le fanno questa domanda sorride e risponde sempre il mondo fatto di caramelle e dolciumi.
«E il peggiore?»
Quando le fanno questa domanda, invece, il suo sorriso si increspa, la mano accarezza il braccio, nell’esatto punto dove quel simbolo ora scomparso le dà ancora la sensazione di pelle bruciata, certe volte.
Hanno visto mondi orrendi, davvero orrendi, hanno visto mondi dove la morte e la distruzione sembravano dominare tutto, hanno visto regnare Lex Luthor, il Joker e persino Trigon. Hanno visto tante cose brutte, ma il mondo peggiore…
«Il mondo peggiore è quello che non puoi salvare.»

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