Titolo: L'amante
Fandom: Originale
Rating: PG
Conteggio parole: 1227 (W)
Scritta per: Scrittura Creativa, lezione VIII. Indicazione: partire dal finale dato. E noi nell’ultima guerra abbiamo perso un amante. Avevamo un amante, e da quando è cominciata la guerra non lo si trova più. È sparito. Lui e la vecchia “Morris” di sua nonna. Da allora sono passati più di sei mesi e di lui non abbiamo saputo più nulla. Se fossi sicuro che è rimasto ucciso, rinuncerei. (Yehoshua, L'amante)
Non ricordo di chi fu l’idea, se di Rachel o mia, o forse di qualcun altro nel condominio. Ripensando a quei giorni confusi prima che l’amante entrasse nelle nostre vite, sospetto che l’abbia proposto la signora Arrington. Tra tutti noi era quella più bisognosa di un amante; tanto per dirne una, viveva da sola con una corte di gatti, e non si vedeva uomo mettere piede in casa sua dal ’78, quando il signor Arrington se n’era andato sbattendo la porta. Rachel crede invece che sia stato il generale in pensione Hartcourt, l’insospettabile. Nessuno di noi vide mai l’amante varcare la soglia dell’interno 5B, e un amante di quartiere non rivela mai informazioni riservate sui suoi clienti, quindi non abbiamo modo di saperlo. Ma ogni volta che ne parliamo (non che ne parliamo tanto spesso, anzi, lo facciamo raramente e con un certo riserbo) Rachel tira fuori il nome del generale, e poi dice qualcosa su come gli brillava lo sguardo a quella riunione condominiale, quando decidemmo di prendere in affitto un amante.
Generale o non generale, la cosa sicura è che l’iniziativa partì dal nostro palazzo, e il resto del quartiere si aggregò solo poi. Anche dopo, quando l’agenda dell’amante era diventata fitta fitta d’impegni e non lo si vedeva nel nostro cortile più di quattro o cinque volte al mese, anche allora lui ci diceva che noi eravamo, e restavamo, i suoi preferiti. Lo disse separatamente a ognuno di noi, quindi credo che lo pensasse davvero.
La decisione fu brusca, ma non inaspettata. Altri quartieri della città potevano permettersi un amante da anni; ma parlo dei quartieri alti. Nella nostra cerchia di medio-borghesi gli amanti erano ancora abbastanza rari da costituire un elemento di distinzione, e come suonava bene la parola “distinzione” alle nostre orecchie! Ne fummo rapidamente conquistati. Alla fine non sapevamo più di chi fosse stata l’idea, perché ci ritrovammo tutti concordi che un amante era proprio quello che ci mancava, e crepasse l’avarizia l’avremmo avuto.
Al tempo lo Stato forniva delle sovvenzioni per l’affitto degli amanti - adesso, specialmente dopo la guerra, sono così diffusi che i prezzi sono calati a picco, per cui lo Stato ha ben pensato che la solitudine dei cittadini è diventata affar loro. Adesso abbiamo altri problemi rispetto a quegli anni: gli amanti sono a buon mercato perché sono troppi, e spesso di scarsa qualità. Molte agenzie ormai li mettono a disposizione per due settimane di prova prima della stipula del contratto, per evitare sgradevoli sorprese.
Ma per tornare al nostro amante, avevamo fatto una votazione segreta per decidere il sesso, e le donne (tra cui anche Rachel, mia moglie) avevano vinto facilmente. Mi sembra di ricordare che i bigliettini con la M fossero almeno due o tre in più del numero delle donne presenti alla riunione. Non c’era da stupirsi. Anch’io avevo votato ‘M’, perché una moglie già ce l’avevo.
Gabriel arrivò al termine delle procedure burocratiche, al volante di una Morris decrepita nella quale, alto com’era, stava curvo e rattrappito in una posizione che ci sembrò molto scomoda. Lo guardavamo tutti dalle finestre cercando di dare l’impressione di non farlo. La signora Arrington, dalla palazzina B, strofinò per quindici minuti buoni lo stesso vetro mentre se lo studiava in lungo e in largo.
Credo che sul momento ne fummo tutti un po’ delusi. So per certo che io lo fui, e neanche Rachel mi parve entusiasta. Quando Gabriel uscì dalla macchina, ergendosi in tutta la sua considerevole altezza, pensai che sembrava una grossa cavalletta in equilibrio precario sui piedi troppo piccoli. Aveva la faccia scavata e lunga e l’aria di uno che inciampa a ogni passo, sebbene non l’abbia mai visto inciampare da nessuna parte. In quel momento, chi avrebbe pensato che saremmo finiti con l’innamorarcene tutti?
Fino a quel momento ci eravamo domandati chi avesse avuto il coraggio di prenotare il primo appuntamento, e indignati perché dopotutto erano solo le dieci del mattino, e di certo dovevano esserci orari più consoni per incontrarsi con l’amante. Ma Gabriel mise a riposo le nostre coscienze: era venuto solo per conoscerci. Era inusuale, lo sapeva, ma non era in grado di lavorare bene senza prima stabilire un rapporto con gli abitanti del quartiere. Così nel corso della giornata passò da un interno all’altro, trattenendosi in ognuno non più di venti minuti.
A sera avevamo già cambiato idea. Il suo volto cavallino non ci sembrava più tanto brutto, i movimenti avevano assunto una certa grazia dinoccolata, l’altezza eccessiva adesso sembrava un pregio. Gabriel era cortese, garbato, aveva senso dell’umorismo e ottime maniere. Rachel era stata più restia di me, perché non amava sentirsi corteggiata, neanche con garbo, ma quando se n’era andato l’avevo sentita sospirare. Tra noi condomini non ne parlammo mai apertamente, ma quando ci incontrammo per le scale il giorno dopo, tutti avevamo un brillio di contentezza e aspettativa negli occhi. Qualcuno di noi aveva già fissato il suo primo appuntamento.
Oggigiorno gli amanti non sono molto diversi dalle prostitute, ma in quegli anni facevano un po’ di tutto. Gabriel sapeva fare massaggi orientali, cucinava meglio di Rachel e dopo cena leggeva le storie a nostra figlia. Miriam lo adorava, come del resto tutti noi. A letto era gentile e professionale come un bravo medico. All’inizio Rachel ed io prenotammo i nostri appuntamenti separatamente, ma dopo un po’ ci rendemmo conto che prenotando insieme risparmiavamo e ci divertivamo di più. Entrambi avemmo sempre l’impressione che Gabriel amasse noi più dell’altro, e non litigammo mai per questa ragione.
Per i cinque anni in cui rimase con noi, l’amante ci diede tutto l’amore di cui avevamo bisogno. Eravamo improvvisamente tutti più felici, più soddisfatti delle nostre vite. Se qualcosa non andava come speravamo e avevamo bisogno di raccontarlo a qualcuno, se ci sentivamo soli o semplicemente avevamo voglia di farlo, l’amante era lì per noi. Era il nostro amante.
Poi è arrivata la guerra, e di Gabriel non abbiamo più avuto notizie. L’abbiamo cercato. L’abbiamo cercato ovunque. Lavorava in proprio, per cui non avevamo alcuna agenzia a cui rivolgerci. Abbiamo chiesto al Comune e provato tutti i numeri possibili. Ci siamo rivolti ai vicini nel quartiere, ma nessuno sapeva niente. (Per un momento tutti dobbiamo aver pensato che qualcuno l’avesse rapito per tenerselo tutto per sé, il nostro amante. Ma non si è mai scoperto nulla, e alla fine abbiamo accantonato l’idea. Dopotutto non viviamo in un thriller.)
L’idea che se ne sia andato così, senza dir nulla, è inconcepibile. Ma col passar del tempo ci siamo rassegnati, incalzati da altre urgenze, altre priorità. La guerra s’è portata via tante altre cose, per esempio metà della palazzina A. S’è portata via anche il generale Hartcourt e uno dei figli della signora Arrington. Uno dei libri di storie preferiti di Miriam è andato distrutto in un bombardamento. Gente che conosciamo ha perso tutto quello che aveva.
E noi nell’ultima guerra abbiamo perso un amante. Ma perché non riesco a smettere di cercarlo? Se fossi sicuro che è rimasto ucciso, rinuncerei. Ma non lo so. Una parte di me è ancora convinta che un giorno di questi la Morris sgangherata imboccherà un’altra volta il nostro vialetto, e si parcheggerà nello spazio in cui non si può parcheggiare, e lui, l’amante, ne uscirà ancora una volta col suo improbabile corpo filiforme, incedendo trionfale col suo strano passo da capitombolo.
Continuo a cercarlo.