Titolo: So don't forget to breathe tonight
Fandom: Il Signore degli Anelli
Personaggi: Finduilas di Dol Amroth
Parte: 1/1
Rating: VM14
Riassunto:« Figlio mio, mio amore e mia gioia, puoi sentire i gabbiani cantare? »
Note: Amore e gIUoia sulla mia beta
Jo a cui dedico questo cosetto. E spero ovviamente di concludere la mia avventura per il bridge ^^
So don't forget to breathe tonight
Tonight's the last so say good-bye
(A modern Myth - 30STM)
La sera calava lentamente su Minas Tirith e la luce ormai morente tingeva la mura della cittadella di un rosso sanguigno.
Denethor chiuse la porta della casa di cura dietro di sé. Le sue spalle, una volta larghe e forti, erano curvate da un peso che vi gravava ed il suo volto, un tempo fiero, era cupo. Un'ombra di morte riluceva nel suo sguardo privo di altre scintille. Sospirò profondamente e si incamminò dove era richiesta la figura del Sovrintendente.
Dietro la porta che si era appena chiusa, Finduilas respirava a malapena.
La vita in lei aveva cominciato già da tempo a spegnersi ed i Guaritori non avevano potuto far altro che guardare la sua bellezza appassire come un fiore nelle nere fucine di Mordor.
Era stata proprio quell'ombra ad avvelenare il cuore della donna. Lontana dal mare che tanto aveva amato, sovrastata dalle nere nubi di un potere che andava divenendo ogni giorno più forte, unita in matrimonio ad un uomo che non amava, la sua unica gioia era stato per molto tempo il fiorente giardino della casa di cura, sui bastioni della quale era solita passare giornate a fissare malinconicamente lo scorrere dell'Anduin in direzione del mare. A volte pareva un bianco gabbiano che non desideri altro che spiegare le ali e volare via.
Sdraiata sul letto e coperta da pesanti coltri nonostante la stagione fosse ormai tiepida, Finduilas piangeva silenziosamente.
La consapevolezza che mai durante quella vita avrebbe potuto vedere nuovamente il mare e respirare il vento della baia di Belfalas era ormai maturata in lei da lungo tempo. Quella stanza, quella città, quella vita la soffocavano e lei vedeva le pareti della stanza farsi sempre più vicine al suo corpo disteso, le coperte stringerla con intensità crescente fino a toglierle in respiro.
« Madre. »
Il piccolo Faramir spinse la porta, tanto imponente per la sua piccola corporatura di bambino, ed entrò timidamente nella stanza.
L'aria era densa dell'odore della malattia che consumava Finduilas e lui, avvicinandosi a quella figura distesa, temette di vederla scomparire.
La donna sorrise appena accarezzando i capelli del figlio, biondi come i suoi sparsi sul cuscino, e pianse. Ella, sentendo la morte ormai incombente, non desiderava che lui vi assistesse.
« Va' via, Faramir. » disse quieta e, tuttavia, autorevole « Devo riposare. »
Il bambino si fermò, colpito da quel pacato ordine come da uno schiaffo, ed i suoi occhi scuri si riempirono di lacrime. Poi, con un rispettoso inchino, si congedò.
Finduilas si morse le labbra ed emise un debole rantolo di dolore. Si odiava per aver ferito suo figlio, il figlio che più di ogni altro amava in quella città di pietra, ma non avrebbe potuto fare altrimenti. Sarebbe stato un torto ben peggiore costringerlo a rinunciare alla sua innocenza assistendo alla morte della donna che l'aveva messo al mondo.
Per tutta la notte, Finduilas urlò al buio il suo dolore e coloro che passarono sotto le finestre della casa di cura poterono udirla maledire il fato e quella città di pietra in cui era stata costretta a vivere. Poi, poco prima che il sole sorgesse, quelle urla cessarono.
I guaritori svegliarono Denethor addormentato assieme al figlio primogenito e gli comunicarono la terribile novella: Dama Finduilas era deceduta prima che spuntasse il giorno.
Tacquero tuttavia le sue ultime parole, che una guaritrice ricamò all'interno del suo candido feretro e che vennero sepolte assieme a lei perché ne rimanesse memoria nelle Ere.
« Figlio mio, mio amore e mia gioia, puoi sentire i gabbiani cantare? »