[Axis Powers Hetalia] In a frightful scrawl

Jun 23, 2009 20:35

Titolo: In a frightful scrawl
Fandom: Axis Powers Hetalia
Beta: alexbnr , aleenchain 
Genere: guerra, angstansiolitico^^'
Rating: PG
Challenge: Bridge Challenge
Opposizione: storico/ucronia
Personaggi: Francia (UK)
Parole: 2,645 (W) escluse le citazioni
Disclaimer: di Hidekaz Himaruya.
Avvertimenti: E' Axis Powers Hetalia. Se vi potete ritenere offesi dall'idea, non leggete, grazie^^.
Note: Per la categoria 'storico' ho deciso di scrivere a proposito della Campagna di Francia della seconda guerra mondiale. Ci sono alcune precisazioni da fare: innanzitutto, questa fic scarta il canon ufficiale del manga/anime (altrimenti Francia sarebbe amorevolmente nascosto in un boschetto o qualcosa di simile ^^'''). Inoltre, gli eventi sono traslati 'in senso hetalico' cercando di interpretare il personaggio-Nazione in quanto unione della popolazione, del governo, dell'esercito e della caratterizzazione che ne dà l'autore del manga. Inoltre, come tutti gli eventi storici, la caduta della Francia non è stata esente da multiple interpretazioni e narrazioni; quella sulla quale mi sono basata io non è che una fra tante. Mi sono principalmente basata su "Fall of France - The Nazi invasion of 1940" di Julian Jackson (lettura molto avvincente ^^) e "Prelude to Downfall: the British offer of Union to France, June 1940" di Avi Shlaim; ho anche consultato marginalmente "Winston Churchill's Offer of Anglo-French Union" di J.P. Baratta.  Ultima nota, questo è un forte POV di Francia, quindi per nulla obiettivo ^^.
Il titolo è tratto dalla descrizione che ha fatto Sir Edward Spears della maniera in cui Reynaud scrisse il testo della dichiarazione britannica, dettatogli al telefono da De Gaulle. Parte di suddetto testo si può trovare alla fine della fic (completo qui).

3 settembre 1939
Francia accarezzò la canna del fucile, quasi con deferenza. Erano anni che non ne vedeva uno, a dire la verità, e questo MAS38 aveva tutta l'aria di essere un piccolo gioiello nella sua specie. Era più corto e all'apparenza robusto di quelli con cui aveva avuto a che fare in passato e l'idea che i suoi soldati ne fossero dotati lo riempiva di soddisfazione. L'esercito francese era, del resto, il migliore del mondo, lo dicevano tutti.
Non aveva bene idea di quando sarebbe stato necessario usarlo; le tempistiche erano ancora poco chiare, ma di una cosa era certo: questa guerra non si poteva evitare, per cui tanto valeva mettersi in testa di combatterla e vincerla. In Belgio, se possibile, che a lei piacesse o meno. Si sarebbe comunque trattato di una faccenda lunga, non diversamente dalla Grande Guerra, ma con un po' di pazienza sarebbe uscito vincitore anche da questa. Inoltre, presto l'America avrebbe iniziato a fornire più aerei e anche l'inferiorità in aria si sarebbe ridimensionata - non che lui avesse particolare fretta di mettere piede su quei trabiccoli, ma un supporto del genere poteva essere utile alla fanteria almeno quanto i carri armati.
Ora, se solo fosse riuscito a capire come funzionava quel dannato fucile...

11 Maggio 1940
Come previsto, Belgio lo chiamò in suo aiuto non appena venne attaccata da Germania; non era invece affatto previsto che Lussemburgo capitolasse in giornata, né che i belgi non riuscissero a tenere la linea difensiva del Canal Albert dopo neanche due giorni di combattimenti.
In piedi, le mani puntellate ai lati della cartina con i due possibili piani di difesa in territorio belga, Francia fissò incredulo la distanza che le truppe tedesche stavano coprendo in così poco tempo. Il volto del Comandante in Capo, al suo fianco, non lasciava trasparire nulla, ma i comunicati preoccupanti si andavano accatastando al castello di Vincennes come foglie secche alla deriva dopo una tempesta autunnale.
Francia, distogliendo a forza gli occhi dalla cartina, si versò un bicchiere d'acqua, chiedendosi dove fosse Inghilterra.

13 Maggio
Il sibilo degli aerei era indescrivibile e li rendeva simili ad arpie urlanti: piombavano sui soldati, terrorizzandoli, fiaccandoli e distruggendoli senza nemmeno centrarli con le loro bombe.
Alla sede del Comando del Fronte nord-orientale di La Ferté, Francia era sdraiato sul letto che gli era stato assegnato; con gli occhi sbarrati rivolti al soffitto, era incapace di bloccare l'orribile fischio che lacerava le orecchie dei suoi soldati, bombardati mentre cercavano di difendere il fiume Mosa.
Ancora nessuno riusciva a capire come fosse possibile che l'esercito fosse costretto a combattere lì; le Ardenne dovevano essere invalicabili con mezzi pesanti e invece i tedeschi ne stavano fuoriuscendo come formiche.
Si girò di scatto su un lato, stringendosi istintivamente l'addome per cercare di placare il dolore.
'Sangue, sudore e lacrime', aveva detto il Primo Ministro inglese poche ore prima, ma dove era Inghilterra, in un momento così critico? A che cosa era servito tutto quello che i suoi diplomatici avevano fatto negli ultimi anni, se nemmeno il suo unico alleato - quello sul quale aveva puntato tutto - veniva in suo soccorso?
Chiuse gli occhi, rifiutandosi di guardare ulteriormente in faccia la propria miseria.

14 Maggio
Si svegliò che erano circa le tre del mattino, disturbato da qualcosa di più degli ormai usuali dolori. Si alzò a sedere sul letto, ma sentiva la testa pesante; come in trance, vestito solo dei pantaloni, si alzò e si diresse alla sala da cui si dirigevano le operazioni, col sentore di dover ricevere qualche notizia.
Il Comando era tutto riunito lì, immobile e silenzioso salvo per lo scandire delle informazioni sulla situazione. Quando aprì la porta, solo il Generale si girò verso di lui, stancamente.
“Cosa sta succedendo?” chiese Francia; la sua stessa voce gli sembrava lontana, come se provenisse da sott'acqua.
“Hanno aperto una breccia a Sedan.” disse il Generale, col tono di chi avrebbe voluto dargli qualsiasi notizia che non fosse quella, e che sapeva perfettamente che cosa stava implicando.
Germania aveva aggirato la linea Maginot e ora probabilmente puntava diretto su Parigi, alla stessa velocità con cui aveva falciato Belgio.
Frastornato dalla terribile notizia, incredulo, Francia vacillò, ma riuscì ad appoggiarsi al tavolo prima di cadere. Nessuno dei presenti fece niente per aiutarlo.

16 Maggio
Fumo nero avviluppava la sede del Ministero degli Esteri, quasi che, nello zelo di bruciare ogni documento, i dipendenti stessero cercando di dare fuoco all'edificio stesso. Quello negli occhi degli uomini che correvano da una parte all'altra, anche loro simili a formiche, non era zelo, però; Francia poteva sentire dentro di sé l'eco dello stesso terrore che era scritto sui volti di ogni abitante di Parigi e di tutta la nazione. L'esercito era stato sbaragliato, sparito davanti al nemico come se fosse caduto in un buco nero, le difese erano capitolate e non c'era più nulla da fare.
Scosse la testa in maniera quasi isterica, tentando di scacciare i ricordi delle ultime ore, che continuavano ad apparirgli davanti agli occhi, come se ancora non potesse capacitarsi che quella fosse la realtà delle cose
“Aucune.”
La risposta del Generale alla domanda che aveva posto il boss di Inghilterra gli rimbalzava ancora nelle orecchie.
“Aucune.”
Non c'era alcuna strategia di riserva. Non c'era più nulla da fare.
Era inutile che gli inglesi facessero finta che la cosa li preoccupasse: Inghilterra non aveva nemmeno accompagnato il suo capo a Parigi e nessuno avrebbe potuto negare che il suo egoismo stava toccando un minimo storico. Anni di lavoro per legarlo a sé, enormi sacrifici per stringere un rapporto di collaborazione, e ora si ritrovava comunque completamente solo ed isolato: perfida, sempre e comunque, Albione.
Francia guardò ancora la nuvola nera che si alzava dal Ministero
Presto, presto sarebbe bruciato tutto.

29 Maggio
La buona notizia era che Germania aveva puntato prima alla Manica, invece di marciare direttamente su Parigi. La cattiva notizia era che Belgio li aveva traditi, arrendendosi senza cercare nemmeno di aiutarli. L'altra cattiva notizia era che Inghilterra, dopo mesi di discussione su come affrontare il problema Norvegia, stava completamente fallendo sul lato pratico e ora le truppe erano impantanate lì, senza che si vedesse un'unica luce in fondo al tunnel.
Ma la notizia peggiore di tutte era che Inghilterra stava lasciando il continente, evacuando le sue truppe da Dunkirk invece di cercare di sfondare l'accerchiamento tedesco.
Inghilterra stava scappando. Le belle parole di marzo dimenticate, le belle parole di pochi giorni prima cancellate, gli inglesi cercavano solo di salvare la pelle, lasciando Francia e i suoi uomini da soli a fronteggiare i tedeschi. Perfida, perfida Albione, perdeva forse il pelo ma mai il vizio, si nascondeva dietro bei propositi ma cercava sempre il proprio tornaconto.
Francia sospirò, tremando.
Era palese ormai, come alcuni dicevano, che Inghilterra aveva intenzione di combattere fino all'ultimo francese. E non un passo di più.

9 giugno
Norvegia cadde, come ormai era ovvio. Inghilterra stava ospitando anche lui, ora; pareva che quel dannato bastardo fosse disponibile con chiunque tranne Francia. Dal suo alleato, ancora solo parole, parole, parole, e non un unico aereo.
Truppe tedesche avanzavano rapide su tutto il suo territorio e lui poteva sentirle, come piccoli vermi infetti, che strisciavano sul suo corpo, distruggendo ciò che trovavano, cercando aperture e debolezze, nutrendosi di tutto quello che c'era di buono.
La sola idea gli dava i brividi; la sensazione gli procurava una nausea continua.
Ciliegina sulla sua torta di guai, persino gli italiani gli avevano dichiarato guerra. Italia era diventato un moccioso impertinente, che si credeva il suo venerabile nonno, in un'epoca in cui si sarebbe dovuto guardare al futuro, ed era chiaro che ormai aveva occhi solo per Germania, e si era dimenticato i profondi legami che lo univano alle altre Nazioni.
Sotto tutti questi orribili pensieri, realizzazioni e sensazioni, Francia poteva percepire un curioso slittamento dentro di sé, come se l'acqua si fosse infiltrata tra le rocce e la spaccatura stesse per far franare un lato della montagna. Quest'impressione riportava alla sua mente fantasmi lontani... Fantasmi orribili, provenienti da cadaveri che dovevano essere stati seppelliti da tempo, che non potevano ripresentarsi così come se nulla fosse, come se lui non contasse nulla, come se ancora una volta volessero travolgerlo, senza rispetto né timore.
Paradossalmente, questa sensazione dentro di sé lo terrorizzava più di quelle sulla propria superficie.

12 giugno
Parigi venne dichiarata, ancora una volta, una città aperta.
Il pensiero spezzava il cuore di Francia e il sapere che ben presto la città sarebbe stata spezzata nella stessa maniera lo devastava. “Aucune, aucune” risuonava nelle sue orecchie come una condanna senza possibilità di appello, per la città che amava di più, per il diamante principale e più splendente della sua corona.
Su questi pensieri si disperava, mentre il gabinetto era riunito al castello di Cangé, a cercare di decidere che cosa fare, se qualcosa era ancora fattibile. La parola 'armistizio' circolava ormai libera tra i riuniti, ma quale destino sarebbe toccato ad Inghilterra, se Francia capitolava? Non sarebbe sicuramente riuscito a sostenere l'attacco tedesco da solo. Forse però era meglio raggiungere un armistizio ora, prima che la perfida cercasse da sola una pace con Germania, barattando la libertà delle Francia per la propria. Eppure il boss di Inghilterra aveva affermato di non preoccuparsi per loro, perché avrebbero continuato a combattere all'infinito, anche senza Francia; e allora perché non lasciare che Inghilterra uscisse da solo da questo pasticcio? Non aveva nessuna speranza, isolato com'era, non lo si poteva abbandonare, si sarebbe potuto combattere dalle colonie, si sarebbe potuto raggiungere un armistizio, si sarebbe potuto...
Il suo capo si rifiutava di arrendersi e attendeva ancora con nervosa fiducia un aiuto da Inghilterra, un aiuto da America, un aiuto da Canada; i capi dell'esercito premevano per l'armistizio.
Francia piangeva l'imminente caduta di Parigi dal firmamento.
Dov'era Inghilterra?

13 giugno
Spinto dalla tipica perfidia britannica, il boss di Inghilterra si era rifiutato di parlare al governo, dopo essere arrivato fino a Cangé per discutere col boss di Francia.
Mentre tutti i presenti urlavano, giustamente oltraggiati, e il capo non sapeva da che parte girarsi, e quel vecchio soldato che tanto ricordava una sardina in scatola dichiarava che non sarebbe andato da nessuna parte fuori dal territorio francese, Francia sedeva in disparte, in preda allo sconforto. La sua gente era sull'orlo della paranoia e sciamava in fuga davanti alle truppe tedesche. America non avrebbe mai risposto alle sue richieste di aiuto, Francia se lo sentiva, e Inghilterra si ostinava a rimanere al sicuro nella sua isola dannata, potesse affondare nell'oceano.
Perché lo stava ignorando a quella maniera?
Perché si ostinava a non contattarlo?
Dov'era Inghilterra, perfido Inghilterra?

16 giugno
Parigi, magnifica Parigi, ormai depredata delle proprie luci, allo sbando completo, era in mano tedesca. La linea Maginot aveva ceduto. Il governo si era spostato a Bordeaux, come se facesse qualche differenza ormai, come se Parigi non fosse caduta. America non aveva dato alcun tipo di garanzia, la Francia era sola e Parigi era stata spenta. Il vecchio soldato e suoi si opponevano al trasferimento in Africa e volevano l'armistizio. Tutto, ora, era nero.
Francia era seduto al lato di quello che doveva essere il posto del suo boss, che ora era assente; mentre guardava la sedia vuota, incapace di trovare alcuna speranza, domande su domande si rincorrevano lentamente nella sua testa. Cosa si sarebbe fatto, ora? Che ne sarebbe stato della sua gente? Aveva ancora senso chiedersi dove fosse Inghilterra? E il suo capo, cosa stava facendo, come mai non era lì con tutti gli altri?
Francia si alzò, confuso, e si avviò lungo i corridoi dell'edificio, alla ricerca del suo boss. Non fu difficile trovarlo; era al telefono, nella stanza che era stata adibita a suo ufficio. Sembrava estremamente eccitato e scriveva qualcosa su dettatura, con l'aria di un bambino davanti ai regali di Natale; possibile che Inghilterra e il suo Primo Ministro avessero trovato una maniera per salvare la situazione? Francia si avvicinò alla scrivania e vi appoggiò le mani sopra, mentre il suo boss finiva di scrivere e chiedeva insistentemente al proprio interlocutore se quelle fossero proprio parole del capo di Inghilterra in persona. Francia prese lentamente il memo in mano e lo girò nella propria direzione.
Le mani puntellate ai lati del foglio, lesse incredulo la proposta inglese di unione indissolubile tra Francia e il Regno Unito. Rimase immobile per lunghi minuti, incapace di processare cosa stesse effettivamente guardando. Si sentiva come se, durante una battaglia di fanteria ormai quasi persa, cavalli volanti da guerra fossero scesi a dargli manforte dal cielo.
Sbatté varie volte le palpebre, rilesse la proposta ('di matrimonio', aggiunse automaticamente la sua mente confusa) ed ebbe un tuffo al cuore.
Possibile? Possibile che Inghilterra fosse pronto a tanto? Si girò verso il suo capo, ancora intento a parlare al telefono, e cercò di attirare la sua attenzione; aveva bisogno di assicurarsene, doveva essere certo che Inghilterra volesse una cosa del genere, doveva sentirlo dalla voce di quello stupido, nobile e perfido Inghilterra. Si allungò verso il telefono cercando di strapparlo dalle mani del suo boss, ma l'uomo si alzò in piedi di scatto e, ignorandolo nella sua euforia, chiuse la comunicazione con l'altro capo della Manica, per poi correre fuori dalla stanza senza badargli per nulla. Francia rimase a fissare il telefono, disorientato, quindi seguì rapidamente il proprio boss, per chiedergli se, magari, lui aveva parlato con Inghilterra? Lo aveva sentito veramente? Come si spiegava una proposta così assurda?
Francia entrò nella stanza dove il gabinetto di governo era riunito giusto in tempo per sentire il suo boss dichiarare che l'Inghilterra rifiutava di liberare la Francia dall'accordo di non cercare la pace separatamente; nessuno sembrò prendere bene questa notizia, ma il suo boss passò immediatamente a leggere il testo della dichiarazione e a proclamarsi entusiasta dell'idea e pronto ad iniziare a lavorarci sopra dall'indomani.
Nella sala scoppiò il pandemonio. Alcuni si alzarono in piedi urlando che non sarebbero mai diventati subordinati inglesi; altri che era tutta una manovra per usurpare le colonie francesi. Il Generale disse che Inghilterra avrebbe avuto il collo tirato come quello di una gallina in appena tre settimane; il vecchio soldato dichiarò che accettare sarebbe stato come fondersi con un cadavere.
Nella confusione, quest'ultima affermazione colpì la Nazione come uno schiaffo; Francia stava per rimbeccarlo dicendogli che no, Inghilterra era vivo e vegeto, grazie per l'interessamento, quando si rese conto che non ne poteva poi essere così sicuro. Qual era lo stato dell'altra Nazione, esattamente? Quando era stata l'ultima volta che l'aveva visto? Forse era veramente messo così male da non riuscire a resistere contro Germania? Forse era messo così male da cercare di usare Francia come uno scudo, o peggio, lanciarlo all'attacco mentre segretamente cercava una pace con Germania?
Francia si appoggiò al muro, sempre più confuso, mentre nella sala regnava il caos più totale; la nazione si lasciò strisciare fino a terra, dove rimase seduto, la testa tra le mani, incapace di capire quale fosse la verità dietro quel pezzo di carta dettato al telefono e ormai accartocciato sul tavolo del Primo Ministro. Quando riuscì a prestare attenzione nuovamente alla seduta, la discussione era stata trascinata altrove e tutti sembravano già essersi dimenticati della proposta inglese.
Schiacciato, Francia guardò il suo boss, cercando di trovare un sostegno o almeno un indizio su cosa fare; l'uomo, pallido, invece di prendere una posizione o chiedere una votazione sulla questione, aggiornò la seduta, dicendo che necessitava di parlare con il presidente della Repubblica.
La Nazione rimase immobile dov'era, disorientata, e poi appoggiò la testa al muro, chiudendo gli occhi. Non si spostò quando si seppe che il suo boss si era dimesso, né quando lo informarono che il vecchio soldato aveva preso il suo posto.

Francia non si mosse nemmeno quando, dieci minuti dopo, Pétain dichiarò che avrebbe chiesto i termini dell'armistizio.
Inghilterra non c'era e tutto, tutto, era nero.

At this most fateful moment in the history of the modern world the Governments of the United Kingdom and the French Republic make this declaration of indissoluble union and unyielding resolution in their common defence of justice and freedom, against subjection to a system which reduces mankind to a life of robots and slaves.
The two Governments declare that France and Great Britain shall no longer be two nations but one Franco-British Union. The constitution of the Union will provide for joint organs of defence, foreign, financial, and economic policies. Every citizen of France will enjoy immediately citizenship of Great Britain, every British subject will become a citizen of France. [...]
The Union will concentrate its whole energy against the power of the enemy no matter where the battle may be. And thus we shall conquer.

autore: kimbnr, axis powers hetalia, fanfiction, !challenge: bridge challenge

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