Titolo: È un cuore duro quello che un gattino non riesce a sciogliere
Autore:
p-willFandom: Supernatural
Personaggi/pairings: kitten!Castiel/Dean, Sam
Rating: PG
Avvertimenti: crack, pre-slash
Conteggio parole: 1078 (FDP)
Disclaimer: Supernatural non è roba mia, e il titolo è preso da un vecchio libro il cui titolo non mi ricorderei nemmeno sotto tortura (ma che è quotato tutto
qui).
Note: Ciao, io sono Will e mi piace trasformare la gente in gatto. *ride* Per il prompt Supernatural, Dean/Castiel, kitten!Cas di
brilu (
Notte Bianca #3 @
maridichallenge).
Supporto visivo per kitteh!Castiel. “No, questo è… no.”
Dean guarda la Cosa tra le proprie mani e apre e chiude la bocca un paio di volte, senza emettere un suono o vomitare la cena del giorno prima o - e la considera una grande conquista - mettersi a ridere istericamente fino all’aneurisma. La Cosa freme e lui allunga le braccia per allontanarla il più possibile, come se stesse per esplodere, prendere fuoco, o scattare in avanti e strappargli via il naso a morsi. O con gli artigli.
“Dean, è un gattino.”
Artigli piccoli, sottili e affilati.
“No, ooh no. No, non è un… andiamo, come fai a dirlo? Chi ti ha fatto un’iniezione di pazzia mentre non guardavo? È un- è un fottuto scherzo e non è divertente.” Riporta l’attenzione da Sam al problema tra le sue mani e sbraita, “Capito, Cas? Non è divertente. Adesso torna normale così potrò tirarti un pugno senza trovarmi il PETA alla porta.”
Il gatto sbatte quei suoi enormi occhioni azzurri, una volta, poi piega la testolina di lato.
È solo con un estremo sforzo di bontà che Dean si trattiene dal lanciarlo dall’altra parte della stanza con un urlo di frustrazione - si limita a scrollarlo un po’ per le ascelle (o come cavolo si chiamano nei gatti, okay, la semantica non è il punto al momento) facendolo ondeggiare con la testa incassata in maniera ridicola tra le zampette tese e la coda ciondolante nel vuoto. Poi urla di frustrazione.
Se prima diceva di odiare le streghe non è nulla in confronto ad ora.
“Chi è così potente da trasformare un angelo in qualcosa? Chi è così malato da trasformare un angelo in gatto?!” Inizia a marciare avanti e indietro nella stanza del motel, dal tavolo al letto e ritorno, sempre tenendo Cas- il gatt- quellocheè dritto davanti a sé neanche fosse un neonato bisognoso di un cambio. Pensandoci bene, sarebbe stato quasi meglio. “E tu, razza di cretino, come ti viene in mente di entrare nel cerchio di una strega mentre blatera in greco? Un cerchio di fluidi corporei! Fluidi che non voglio nemmeno sapere da dove venivano!”
Il gatto, con tutta la sua dignità di gatto penzoloni, riesce a guardarlo in una maniera che, se non fosse completamente surreale, definirebbe di rimprovero. Ha persino il coraggio di agitargli la coda, quella bestiaccia.
“Credo tu gli stia facendo male,” commenta Sam dal letto, candidamente, e due secondi dopo si ritrova le braccia piene di angelico felino mentre Dean marcia verso il frigo con una determinazione che può indicare soltanto due cose: che vuole ubriacarsi a morte o sbattere la testa contro l’anta finché una delle due non si rompe.
Quando hanno eliminato la seconda opzione e Dean è seduto sul proprio letto con una birra in mano Sam si sistema il gattino in grembo e alza un sopracciglio, in attesa che una soluzione si materializzi miracolosamente nella stanza. Incredibilmente, non succede nulla.
Forse perché la loro fonte di soluzioni miracolose si sta leccando le orecchie sulle gambe di Sam.
Dean manda giù mezza birra in un colpo solo. “Okay, illuminami: cos’è che sappiamo?”
“Be’,” Sam accarezza la schiena del gattino, che sotto la sua mano enorme sembra ancora più piccolo, e quello alza la testa di scatto, guardandosi intorno sorpreso. “Ad occhio dovrebbe avere un paio di mesi, non più di tre, quindi non potrei dirlo con certezza ma credo che sia un maschio. Assomiglia ad un siamese, solo che di solito hanno tutto il muso scuro e non solo il naso. Ma magari per i cuccioli è così, non lo so.”
Dean abbassa la birra e lo guarda come se fosse pazzo. “Grazie per la diagnosi, dottor Dolittle, ma io parlavo della strega.”
“Oh.” Sam si acciglia, continuando ad accarezzare distrattamente il gatto lungo la schiena mentre quello scruta l’orizzonte con la stessa intensità di chi è ad un passo dal ricevere un’epifania mistica. “Fino a due ore fa ti avrei detto che non esiste cosa al mondo capace di trasformare un angelo in animale, quindi direi che non sappiamo praticamente nulla.”
Lo sapeva già, ma sentirselo dire gli fa tornare quel pizzicorino al petto che minaccia di trasformarsi a tradimento in risata isterica. La sensazione peggiora quando Sam si alza, gli deposita il gatto addosso e presa la giacca si avvia verso la porta. “Dove credi di andare?”
“A chiamare Bobby.”
“È una cosa che puoi fare anche qui. Aspetta, è una cosa che posso fare io, perché mi stai lasciando da solo con lui?”
C’è del panico nella sua voce, ma sono arrivati ad un livello di assurdità in cui nemmeno gli importa più che si senta. Sam lo ignora comunque.
“Sto andando a chiamare Bobby, e a prendere del cibo per gatti,” dice, lentamente, scandendo bene le parole come davanti ad un bambino tonto. “E magari anche una lettiera, prima che inizi a farla dappertutto.”
Dean improvvisamente approva il piano.
Poi una volta solo abbassa lo sguardo su due iridi azzurre impossibili tagliate da una pupilla sottile e si rende veramente conto, con un moto d’orrore, che il gattino sulle sue ginocchia, seduto tutto impettito con la coda e le orecchie scure, è Castiel. D’un tratto non sa più dove mettere le mani, non sa come prenderlo e non ha il coraggio di muoversi perché quello è Castiel, ed è così piccolo, un mucchietto spelacchiato di ossa e pelle che potrebbe rompere con una carezza appena troppo forte. Gli si gela il sangue a pensare che neanche dieci minuti prima lo stava sballottando per tutta la camera come un sacco di patate.
“Tutto, uhm, tutto bene lì dentro?” chiede, a disagio, più per rompere il silenzio che per altro. Cas era laconico in forma umana, figuriamoci ora che ha la coda. Il gattino però risponde, un miagolio flebile e musicale che, contro ogni buon senso, gli scioglie un po’ il cuore. È colpa degli occhioni, tutta colpa loro. Sono così… così umani, dannazione.
“Tieni duro, ti tireremo fuori,” gli promette, col tono più sicuro che riesce a sfoggiare. Se Castiel fosse in un corpo con dei pollici opponibili gli tirerebbe una bella pacca sulla spalla; stando così le cose, invece, alza una mano e passa due dita, cautamente, tra le sue orecchie color caffè. È incredibilmente soffice e delicato - troppo, davvero - ma Cas spinge la testolina contro la sua mano ed è semplicemente naturale prenderlo in braccio e fargli un grattino dietro le orecchie.
Quando Sam torna qualche ora dopo, carico di sacchetti colorati e libri, trova Dean sdraiato sul letto e Castiel appallottolato sul suo petto che ronfa più forte del motore dell’Impala.