Titolo: 24 novembre 1991
Fandom: RPS KISS
Beta:
ellepi Personaggi: Gene Simmons, Paul Stanley
Avvertimenti: slash, se volete leggercelo. Io voglio ù_u
Genere: angst-commemorativo
Rating: verde
Wordcount: 566 (
fiumidiparole )
Disclaimer: macché, nessuno mi appartiene o a quest’ora sarei con loro a cantare in giro per il mondo la gioia del glam e dell’hard rock.
Note: scritta per il week#3 del
F3.U.CK.S. Fest di
fanfic_italia , con la collaborazione di
unknown_fandom (spero vada bene, visto che, che io sappia, NON esiste un fandom su questi spuccini. In caso contrario avvisatemi che ne ho sempre una di scorta u_u). Un po’ di informazioni di servizio per dare una collocazione cronologica alla storia.
Tratto da Santa Wiki: Dopo il tour di Hot in the Shade (la sua ultima performance dal vivo avvenne il 9 novembre, 1990 al "Madison Square Garden" di New York City), Eric Carr accusa problemi di salute ed è costretto ad abbandonare il gruppo. I medici diagnosticarono una forma di cancro al cuore che si formò nell'atrio destro dell'organo. Sfortunatamente, la malattia si estese fino ai polmoni ed Eric fu costretto ad una lunga degenza in ospedale a New York. Dopo aver effettuato la chemioterapia, Carr mostrava lenti miglioramenti di salute.
Simmons e Stanley desideravano, ardentemente, il suo ritorno nel gruppo, ma le sue pessime condizioni fisiche gli impedirono di proseguire. L'ultima performance di Carr con i KISS fu l'incisione del brano
God Gave Rock N' Roll to You II, partecipando solamente ai cori dato che non era in grado di suonare la batteria (anche se il video lo ritrae dietro i tamburi). Il pezzo fu inserito nel successivo disco, Revenge (dove suona il suo sostituto, Eric Singer), oltre a Carr Jam 1981, che raccoglie una performance strumentale dei KISS risalente al 1981 dove Eric esegue anche un assolo di batteria (questa performance è la base del brano Breakout dei Frehley's Comet, band di Ace Frehley).
Eric sembrava riprendersi e i medici dichiararono che era completamente guarito. Fu una parentesi di gaudio di breve durata e, a due mesi dalla guarigione, nel mese di settembre, Carr venne ricoverato di nuovo per due inaspettate emorragie cerebrali. Questa volta non ci fu nulla da fare ed Eric si spense il 24 novembre del 1991. La sua morte fu un profondo dolore per i KISS (con cui il batterista aveva instaurato un grande rapporto di amicizia) e fu un evento di lutto per il mondo del rock. Eric se ne andò lasciando la sua compagna, la playmate Carrie Stevens, che gli fu sempre vicino nel suo ultimo travagliato periodo di vita.
I fans, che all'inizio non sembravano accoglierlo caldamente, ricordano positivamente la sua personalità e la sua morte lasciò un vuoto dentro di loro. Per uno scherzo del destino, la morte di Eric avvenne nella medesima data di quella di Freddie Mercury, celeberrimo cantante dei Queen. Anni dopo la sua morte, venne dato alle stampe un album a suo nome, Rockology (1999), pubblicato dall'amico e collega nei Kiss Bruce Kulick.
Quando Gene comparve sulla porta, Paul gli fece un sorriso per accoglierlo e canticchiò -Gave rock’n roll to you, put it in the soul of everyone!- stringendosi le cuffie alle orecchie.
-Sai che sono venuti benissimo i cori?- disse abbassando il volume. Gene però non parve sentirlo e continuò a fissare il mixer.
-Gene?- provò a richiamarlo Paul e ancora senza ottenere risposta. A quel punto allungò una mano e gli toccò appena il polso, vedendolo sbattere le palpebre e mettere a fuoco il suo viso.
-Gene...- Si preoccupò, sfilandosi del tutto le cuffie e alzandosi dalla postazione -Che c’è?-
Gene gli sorrise appena, prendendolo per mano e rispingendolo a sedere; si accovacciò di fronte a lui, sempre tenendolo, e respirò profondamente, chiedendosi come fare a dirlo.
-Ha...- Si schiarì la voce, deglutì per riuscire a mandar giù il magone e poter continuare -Ha chiamato Carrie. Hanno ricoverato Eric e... non ce l’ha fatta. È morto.-
Paul lo ascoltò in silenzio, appoggiandosi allo schienale della sedia e assimilando la notizia mentre i suoi occhi diventavano grandi e lucidi.
-Ma... era guarito. I medici avevano detto che...-
-Non se lo aspettavano neanche loro. Non se l’aspettava nessuno.-
-Oddio... cosa... dobbiamo andare da lui, Gene! Dobbiamo...-
-Sì, tranquillo, adesso. -
-Bruce! Dio, dobbiamo chiamarlo, deve sapere! Lui...-
-Paul... Paul, calmati, faremo tutto.-
Le mani di Paul erano gelide e tremavano tra le sue. Gene gliele strinse dolcemente, ma quello ne sfilò una dalla presa e se la passò tra i capelli prima di premersela sulle labbra serrate in una smorfia di dolore. Gene gli accarezzò il dorso di quella ancora tra le sue e un attimo dopo si sentì tirare e stringere in un abbraccio bisognoso. Gene gli accarezzò la testa, sussurrandogli nell’orecchio parole gentili per farlo calmare, mentre lo sentiva respirare pesantemente contro la sua spalla e il suo collo. Le braccia di Paul si serrarono ancora di più attorno a lui e Gene rafforzò la sua presa di rimando, fregandosene della posizione scomoda o di qualunque cosa non fosse Paul e il dolore che sentivano entrambi all’altezza del cuore.
Quando sembrò che l’altro si fosse calmato abbastanza, lo lasciò andare almeno un po’, risalendo ad accarezzargli il viso. Gli scostò i capelli dagli occhi e glieli asciugò dolcemente con i pollici, vedendosi ringraziare da un sorrisino così mesto che gli fece stringere il cuore in un cartoccio di tristezza.
Paul era sempre stato la sua forza con l’entusiasmo e la solarità che lo avevano contraddistinto e l’avevano reso la guida e l’elemento trainante del loro gruppo in quegli anni senza maschera, e vederlo in quelle condizioni, svuotato, privo della scintilla di vitalità che lo faceva brillare tra tutti, gli face risalire le lacrime agli occhi con facilità.
Gli sorrise tristemente, poggiandogli la fronte contro la sua e tenendoselo stretto ancora un po’, prima di allontanarsi nuovamente e chiedere con la voce roca -Tutto okay?-
Paul prese un respiro profondo a occhi chiusi, mentre l’ultima lacrima si districava dalle ciglia e scivolava sulla guancia, e annuì una sola volta. Gene fece altrettanto e si alzarono, sempre tenendosi per mano, consapevoli che quel contatto era necessario ad entrambi per non crollare e lasciarsi prendere dallo sconforto.
C’era Bruce da chiamare, e poi Carrie per sapere in quale ospedale fosse.
Dovevano andare da Eric, non c’era da perdere altro tempo.