The Kaleidoscope Land
III Ciclo: Not a dream will fall
Capitolo I: Notizie da Nord
Dove alcuni dei più fidati sudditi dell'imperatrice fanno la bella vita, mentre altri si sobbarcano compiti gravosi, e dove scopriamo alcune novità
Prologo: All'inizio c'è sempre una canzone
Il sole m'è sempre nemico:
ignora la mia mano tesa
si fa forte d'un torto antico,
di qualche scordata contesa
e il giorno mi diventa attesa,
la luce la forza mi beve,
il caldo mi spinge alla resa
e solo la notte mi è lieve.
La luna mi guarda, silente:
non offre dolcezza e conforto,
e mai si confonde alla gente.
E io non ho casa né porto,
ho solo un sentiero contorto,
la musica, qualche parola,
il tempo che è sempre più corto,
la notte che a volte consola.
E ovunque mi porti la via
regalo canzoni insensate
a quelli che in mia compagnia
trascorrono certe serate
nel buio stellato, d'estate,
d'inverno in un luogo accogliente,
bevendo, tra sciocche risate
e qualche ricordo dolente.
La strada prosegue, ed anch'io,
a stare al suo passo costretto,
con questo destino non mio
dannato a restare un reietto,
con questa tristezza nel petto,
un tempo per me tutto nuovo
cantando e ridendo aspetto.
Intanto la notte ritrovo.
- Deprimente stasera, cantastorie, eh?
- Dici?
- Dico proprio, credimi. Una gran voglia di bere fino a cascare mezzo morto sul tavolo, ecco cosa mi ha fatto venire la tua canzone.
L'oste ride e batte la mano sulla spalla del musicista. Anche lui ride. Non è tipo da temere l'ironia. E' una creatura esile e forte, che ha attraversato tempeste e gelate, eppure non si è ancora spezzata. L'ironia burlesca di un oste non gli fa proprio niente, e lui sa benissimo che continuerà a cantare le sue canzoni deprimenti, ogni volta che la nostalgia degli amici lontani si farà troppo forte.
*
I - Notizie da Nord
Al tramonto il mondo risplendeva più che a mezzogiorno. In nessun altro posto succedeva una cosa simile, ma a Kedemna era normale. La forza del sole morente tirava fuori tutta la luce possibile dalla terra color ocra e giallo, dagli edifici bianchi con i loro tetti d'oro, dalle vesti colorate e dalle mille vetrate. E c'era, ovunque, un bagliore da far male agli occhi. Niente a che vedere con il rosa del cielo su Nel-Kenem, e neanche con il quieto dorarsi dell'aria nel Glies. Kedemna brillava come una manciata di gioielli preziosi.
Aldis non avrebbe mai immaginato che sarebbe arrivato ad amare così tanto una terra non sua.
- A cosa pensi?
- Mh?
- Buonanotte...
- Scusa. Pensavo.
- Sì, me ne ero accorta. Ti chiedevo esattamente a cosa stessi pensando.
Aldis aprì gli occhi e si sollevò dal giaciglio di cuscini. Garnet lo fissava, appollaiata sulla balaustra della terrazza. Stava giocherellando con un pugnale dalla lama ripiegabile, che si trasformava in un innocuo pettine. Sembrava molto divertita dalla cosa - così come dalla maggior parte delle curiosità e bizzarrie del Sud.
- Pensavo che vorrei tornare qui con Erianne.
- Capisco. Allora, per pietà del tuo fragile sogno, eviterò di dirti che potrebbe volerci un po', prima che tu riesca a portarcela.
- Grazie per non avermelo detto, o pietosa Garnet!
- Tra quanto abbiamo intenzione di tornare da lei, a proposito?
- Mah. Non lo so. Ti sei già stufata della quiete?
Garnet scosse la testa, proprio nel momento in cui passò uno dei rari aliti di vento che accarezzavano Kedemna, la sera. La brezza le agitò i capelli chiari, che erano un po' cresciuti, e le accese sul viso un sorriso che aveva quasi l'ingenuità di quelli di Fuyumi.
- No. Al contrario. E' soltanto una cosa nuova. Mi piace questo posto. E poi ci sono libri per te ed armi strane per me. E cibo, e accoglienza. Vorrei restarci ancora. Era così tanto che non riposavo senza pensare a niente. Sai... Credo di non averlo mai fatto, in realtà.
Aldis prese qualche momento per contemplare il cielo che si faceva azzurro, e riflettere sulle parole di lei.
- Io ho evitato di pensare per tanti anni. E da quando ho cominciato a farlo, mi sono arrivati addosso così tanti pensieri che avevo davvero bisogno di un po' di pace.
- Ti manca solo l'imperatrice. Altrimenti sarebbe perfetto, eh?
- Esatto.
- Invece, Ened non ti manca?
- Un po'. Mi dispiace che non sia qui. Avrebbe gradito la serenità di questo posto.
- Secondo me, Nem avrebbe adorato Ened. Ha quella timidezza di fondo, quel qualcosa di dimesso e altero allo stesso tempo, proprio come Ened. Forse si sarebbero trovati bene, insieme.
Aldis fece un sorriso di approvazione. E si stupì di come Garnet fosse diventata acuta e osservatrice.
- Prima o poi ci verremo tutti. Prima o poi finirà quest'attesa, no?- Mormorò infine, lasciandosi sopraffare di nuovo da una malinconia angosciosa che gli si era attaccata addosso da qualche tempo. Era difficile intravedere una felicità così vicina e rendersi conto che c'era sempre qualcosa che la impediva. Il pericolo non ancora sconfitto, la minaccia che taceva da mesi, ma rimaneva di certo attiva, nel silenzio.
- Certo. Prima o poi arriveremo ad uno scontro, moriremo tutti e... Scusami. Sto scherzando. E' per non pensarci troppo.
Lui evitò di risponderle. Quel genere di scherzi non aiutava a non pensarci troppo.
- Tra poco saranno due anni che ci siamo conosciuti.- Disse ancora Garnet, qualche minuto dopo. - Tra meno di un mese.
- E sarà anche un anno circa dal torneo.
- Questo vuol dire che Erianne ed Ened saranno a scegliere quale squadra supportare e si godranno la confusione del torneo nella cittadella. O più probabilmente, saranno chiusi nelle rispettive stanze, a preoccuparsi di cose più grandi di loro.
- Erianne di sicuro. Le ultime notizie che ho ricevuto parlavano ancora di Shenwen.
- Ha ricostruito tutto il regno e ancora Rielda si rifiuta di parlarle.
- Non renderà la vita ai morti né la volontà a coloro che sono stati sfruttati. Però Rielda è ingiusta.
- Il suo animo l'abbiamo conosciuto, no? Non è un a persona crudele, è solo cresciuta con l'idea della vendetta. Forse le ci vorrà più tempo. Magari dopo aver visto i risultati delle nuove politiche imperiali a Shenwen...
- Sì, ma Erianne sta davvero dando giustizia alle sue terre. Dopo aver impedito all'Assemblea di condannarla a morte, tra l'altro.
- Certa gente preferisce morire, piuttosto che essere salvata dal nemico.
- Erianne non è un nemico.
- Ma Rielda non l'ha ancora capito.- Garnet riuscì a smontare la lama del pugnale, e dopo un paio di imprecazioni sommesse, trovò il modo di rimontarla. - Però, sai, io credo che Erianne sarà nella sua tribuna a godersi il torneo. Lei è una che non perde le occasioni, nonostante tutte le angosce.
Per un attimo i loro sguardi si incontrarono e lo guardò con dolcezza. Lui avrebbe voluto esprimere gratitudine per quelle parole su Erianne, ma si limitò a sorriderle.
- E' vero.
- E sono sicura che anche Ened sarà al torneo. Ci avrà portato i suoi allievi?
- Non lo so. Non è tornato al suo ruolo di prima, ha solo un piccolo corso secondario.
- Che sarà il più frequentato dell'Accademia. Andiamo, un mago della fama di Ened tiene un corso e tu, giovane studentello di magia, non cogli al volo l'opportunità di saperne di più su una celebrità?
- Garnet, sei diventata esperta della vita mondana in maniera inquietante.
- Siete voi che mi portate in giro per corti e palazzi. Io guardo e imparo.
Che era una verità di portata molto più ampia di ciò che la ragazza sospettava.
Quando il cielo si fu fatto completamente blu e argento, fu il momento della cena. La primavera di Kedemna era clemente quanto l'estate di Nevan, e Nem aveva preparato la mensa sulla più grande delle terrazze della biblioteca.
- Hai pensato anche al cibo?- Gli domandò Aldis, piazzandosi su uno dei cuscini più grandi e comodi. Si accorse di avere davvero una fame incredibile, e la distesa di piatti e bicchieri gli apparve più splendida che mai.
- Le signore mi hanno sbattuto fuori dalla cucina. Io ho soltanto apparecchiato ed eseguito alcuni ordini.
Le signore comparvero in quell'istante, comandando anche a Loril e Garnet di sedersi. Fuyumi avanzava in testa, portando un immenso vassoio coperto. Dietro veniva Inera, la sorella di Loril, con un cesto di pane e una brocca colma di liquido dorato.
- Abbiamo fatto scambio di ricette.- Spiegò Fuyumi, eccitata. - Io ho preparato i cibi di Kedemna e Inera quelli dell'Est.
- Ma non vi preoccupate, è venuto tutto benissimo.- Li rassicurò Inera, iniziando a servire le pietanze.
- Nem, non ti sembra una specie di sogno, una simile abbondanza in casa nostra?- Domandò Loril, addentando una focaccia farcita.
- Quando non c'è lei, signore, c'è cibo a sufficienza.
- Ehi!
- Mi auguro che la signora Fuyumi riuscirà a tenere a freno la sua tendenza a dimenticare il nutrimento del corpo, signore.
- Ehi, Nem, ora basta!
- Se ciò, per disgrazia, non dovesse avvenire, ho già preso accordi con Fuyumi perché si preoccupi del proprio cibo e la lasci da solo con le sue pagine e le sue filosofie. Come siamo sopravvissuti qui per anni, insomma.
E come ogni volta che il riso conquistava tutto il gruppo, i pensieri di Aldis scivolavano verso quelli che non erano con loro, quelli di cui non si potevano avere notizie, quelli che stavano in attesa di gettarsi di nuovo contro il loro mondo e la loro terra. Smise di ridere un po' prima degli altri e spostò lo sguardo verso il cielo e i tetti di Ishem. Eppure, non doveva sprecare quei secondi di sollievo che gli erano donati. Erianne avrebbe scosso la testa e l'avrebbe richiamato. Ci doveva essere un briciolo di luce a cui aggrapparsi, anche nella preoccupazione e nell'incertezza.
Quando la cena finì, Loril si alzò in piedi e sollevò un boccale riempito - per la quarta volta almeno - di un liquore tremendamente bruciante, tipico di Ishem.
- Nell'Ovest si festeggiano le grandi ricorrenze bevendo insieme. Vorrei portare avanti questa tradizione e proporre una bevuta in onore di un grande cambiamento. Da oggi, questa biblioteca non è più di proprietà del nobile Yat Hannen, ma mia e di Inera. Ma siccome siamo un po' distratti, pare che ci sia stato un errore durante la redazione del contratto, e non è nostro, il nome che vi figura sopra.
Inera estrasse un foglio dalle sue tasche e lo porse a Nem, che per tutto il discorso di Loril era rimasto pietrificato e incredulo. L'uomo tese la mano e il foglio scivolò a terra, prontamente raccolto da Fuyumi, che glielo rese con un sorriso. Appurato che Nem non era in grado di tenerlo, la ragazza lo resse per lui, mentre leggeva il contratto.
- ... perché?- Mormorò soltanto, quando ebbe letto.
- Perché l'ipotesi che un nobile qualunque potesse decidere di cambiare la gestione di questo posto, o vendere tutti i libri e trasformare il palazzo in una villa per le sue amanti mi disgustava.- Rispose Inera.
- Perché non credo potrò essere qui, quando festeggerai il tuo onomastico, e volevo farti un regalo in anticipo.- Disse Loril.
- Sì, ma...- Nem finalmente riuscì ad afferrare il contratto tra le mani. - Perdonate la domanda brusca, ma con quali soldi l'avete acquistata?
- Ehi, guarda che io lavoro.- Rispose Loril. - Una traduzione particolarmente buona mi ha reso ricco. Abbastanza.
- Io ho usato il soldi della mia dote.- Disse Inera. Nem parve scandalizzato.
- Ma...
- Tanto non credo che sposerò un nobile.- Tagliò corto lei, evitando di guardare in faccia il bibliotecario, mentre diceva quelle parole.
- E per questo dovrai ringraziare me. Ho dato inizio alla ribellione in famiglia, scappando di casa per fare il bibliotecario.
- In effetti sì. Devo ringraziare te e Yill, se nostro padre non mi ucciderà per questa decisione.
- Yill?- Domandò timidamente Fuyumi. - E' un altro vostro fratello?
- Sì. Aveva preso il posto di Loril come capo delle guardie, ma poi ha mollato tutto ed è entrato in una congrega di monaci. E' buffo: nostro padre ha tentato con tutte le sue forze di educarci al rispetto ferreo delle scelte familiari, e tutta la sua progenie ha preso una strada completamente diversa.
- Per fortuna.- Disse Fuyumi, ridendo. - Per fortuna avete fatto così. In parte, anch'io sono andata contro i costumi di una parte del mio clan. E dire che all'inizio ero convinta di quelle stesse idee che poi ho negato lasciando la mia casa.
- C'è una strada per ognuno.- Rispose Inera. - E se ti rifiuti di seguirla, il suo richiamo ti perseguiterà per sempre, insieme alla felicità che hai lasciato indietro, su quella strada.
- Beh, si può dire che anch'io ho rotto la tradizione.- Garnet li stupì tutti, iniziando a parlare di sé, e con una tranquillità invidiabile. - Mia madre era legata ad un'etnia molto chiusa, con delle regole rigidissime riguardo i matrimoni. Non le perdonarono di aver sposato un Nevan e la cacciarono dalla città. Mio padre poi la abbandonò e lei scaricò me a una congrega di sapienti che ogni tanto tiravano su qualche trovatello. Le figlie dei diseredati, come me, di solito finiscono a fare le prostitute. Non saprei dire se la mia strada era quella di finire a fare la traduttrice o la spia della corte imperiale, ma non posso lamentarmi del posto dove sono ora.
Ci furono pochi secondi di silenzio - fin troppo pieni di parole e sentimenti sospesi e intensi. Il genere di cose che non puoi dire, perché hanno una tale forza da fare male, per quanto pure e sincere possano essere. Garnet ne fu consapevole, e a giudicare dal tenue sorriso che le raggiunse gli occhi, ne fu anche felice.
E poi, inevitabilmente, gli sguardi finirono addosso a lui.
- E tu, Aldis, che cos'hai rotto, a parte le palle un po' a tutti?- Domandò Garnet, rientrando nel proprio personaggio.
- Mah... In realtà niente. Nella mia famiglia tutti hanno sempre fatto quel che hanno voluto. Non sono molto originale.
- Non avrai trasgredito i confini familiari, ma sei un bell'audace anche tu.- Lo contraddisse Fuyumi. - Quale altro mago comune ha mai avuto l'ardire di ambire alla mano dell'imperatrice?
- Quale altro mago di quattordici anni è stato ammesso all'Accademia?- Disse Loril.
- Quale altro mago di qualsiasi età a quindici anni studiava arti magiche sconosciute invece che correre dietro alle allieve dell'Accademia?- Garnet era decisamente tornata sé stessa.
- Quale mago di molta fama e poca umiltà è diventato il miglior amico del suo rivale?
- Quale mago incapace di tenere una spada in mano è arrivato terzo al Torneo di Primavera?
- Quale mago che potrebbe fare un sacco di soldi con i suoi poteri ha deciso di campare facendo traduzioni e consulenze linguistiche?
- Ehi!- Aldis alzò le mani e bloccò l'alluvione di parole. Gli altri commensali risero, e risero abbastanza da dargli il tempo di analizzare quel che gli era stato detto e anche commuoversi un po' per l'ammirazione sincera che aveva avvertito in loro. E fu una di quelle rare volte in cui non si sentì contento di essere ammirato, ma quasi indegno.
- Allora, beviamo anche in onore della libertà di scegliere.- Disse Inera, prendendo in mano il suo boccale. Poi si voltò verso Nem. - E ad una promessa che Nem ha fatto a me, e che inizierà ad onorare da questo momento. Non è vero?
L'uomo, che per tutto quel tempo aveva continuato a stringere tra le mani il contratto su cui figurava il suo nome, fece cenno di sì con la testa e prese la brocca che conteneva il liquore.
- Scommetto che ne vuoi ancora, Loril.
Loril stava bevendo, e il liquido gli andò di traverso quando sentì il suo nome pronunciato da Nem. Dopo innumerevoli colpi di tosse, riuscì a mugolare una richiesta di spiegazioni.
- Sono stato in una famiglia di servi per così tanto tempo che non riuscivo davvero a considerarmi tuo pari.- Spiegò Nem, con gli occhi bassi. - Ci ho provato tante volte, ma era più forte di me. Però tu ed Inera mi avete fatto cambiare.
- E ora che non sei più alle dipendenze di un nobile, ma sei il proprietario di una biblioteca, vuoi sentirti da meno di quell'idiota di Loril?- Disse Inera.
- Se bastava comprarti una biblioteca per far sì che ci chiamassi per nome, l'avremmo fatto prima!
- No.- Rispose Nem. - Non sarebbe bastato. Ci volevano questi anni insieme.
- E comunque, ha cominciato a chiamare me Inera già da tempo.
- Perché lei sì e me no?
- Ha a che fare con la decisione di non sposare nobili.
Loril rimase inebetito, a quelle parole, e prese a fissare Inera e Nem con aria piuttosto idiota. Nem si tuffò nel boccale, con l'atteggiamento di chi, evidentemente, preferirebbe sparire dal mondo. Inera si scambiò uno sguardo d'intesa con Fuyumi e Garnet. E Aldis, passato qualche momento di vuoto totale, comprese la soluzione dell'enigma e si sentì incredibilmente felice.
Il giorno seguente andarono al mercato. Il mercato di Ishem, piccolo e modesto, rispetto ai comuni mercati di Kedemna, ma pieno di sogni proibiti - raccontava Nem, come pane, carne e latte. Li divertì con i racconti dell'epoca in cui lui e Loril sopravvivevano con qualche verdura sull'orlo della morte condita con un po' di polvere. Inera li portò per strade così strette e vicoli così tortuosi da credere impossibile che potessero ospitare i banchi del mercato. Invece vi trovarono merci di ogni tipo, mercanti di ogni tipo, variopinti e singolari quanto i diversi generi da loro venduti, e lo scorrere costante della folla. Gli stranieri, a Kedemna, attiravano abbastanza attenzioni, ma erano attenzioni tutto sommato amichevoli. Quando gli occhi scuri e lucenti di qualche abitante di Ishem incontravano quelli di Aldis, Garnet e Fuyumi, passato un primo istante di curiosità o diffidenza, alla fine spuntava sempre un sorriso. Più o meno convinto, ma pur sempre un sorriso. Di nuovo Aldis ebbe l'impressione di amare Kedemna più di ogni altra terra dell'impero, a parte forse casa sua.
La sera, poi, l'intera giornata crollò addosso ad Aldis sotto forma di una stanchezza insostenibile. Si ritirò stranamente presto e si addormentò subito, come raramente gli succedeva.
Il sogno fu piuttosto comune e confuso, almeno fino ad un certo punto. Poi la sua coscienza si fece più forte, pur senza svegliarsi, e lui intuì immediatamente dove si trovava e perché.
Il paesaggio intorno a lui si dissolse in una tempesta di colori e si ricompose subito. Un mosaico di frammenti colorati, con un suo ordine, ricoprì le pareti del sogno, e sotto i suoi piedi si aprì una strada. Aldis la seguì per qualche tempo, finché non si rese conto di essere nella condizione giusta per rispondere a quella chiamata.
Ened?
Non parlavano veramente, nel sogno. Non avrebbe saputo dire come comunicavano. Non era telepatia, non era nessuna forma di magia. Era qualcosa di unico, una peculiarità del sogno. Non si vedevano neanche, il più delle volte, ma erano molto più vicini che da svegli. Le loro coscienze si inviavano messaggi sottili e fortissimi. A volte bastava semplicemente mettersi in contatto, per capire cosa pensava l'altro.
Aldis.
E' successo qualcosa, vero, Ened? Dove sei?
Al confine con il Niwyn.
Che ci fai, lì?
Non avete saputo niente, laggiù?
No. Di cosa stai parlando?
Probabilmente la notizia non è ancora arrivata. C'è stato un cataclisma misterioso nel Niwyn. Un'intera città è stata spazzata via. Non si sa cosa sia stato, di preciso, né le sue cause.
Sei partito su ordine di Erianne? Pensate che possa trattarsi di loro?
Sì. Pensiamo si tratti di loro, ed Erianne mi ha chiesto se potevo partire.
Ma non è solo questo, vero?
Era la città dove sono vissuto prima di lasciare il Niwyn per sempre.
Dove sei, adesso?
Te l'ho detto, sul confine. In una locanda. Vedo la zona delle pianure, dalla finestra.
Come stai?
E' stato un viaggio tranquillo. Credo che da domani inizierò a trovare i segni dell'agitazione e dell'angoscia, nella gente.
Non intendevo quello.
Non ero legato alla città.
Non sei sereno, comunque.
Tu lo saresti?
Vuoi che veniamo anche noi?
Non ce n'è bisogno, almeno per ora. Mi limiterò ad analizzare la situazione. Se ci sarà bisogno di voi, ti chiamerò.
C'è qualcos'altro. Lo avverto.
Ti giuro che non c'è niente. Sono stanco e sono scosso dalla novità, penso sia comprensibile. Ma non ci sono stati problemi. A corte è tutto tranquillo.
Ma c'è qualcosa che non va.
Forse... Forse sono solo le mie ipotesi su quello che può essere successo. Mi sono stati descritti gli effetti del cataclisma. Una tempesta che sembrava fatta di sabbia e di luce. Mi sono venute delle idee al riguardo. E mi preoccupano. E' quello che senti?
Forse sì. Davvero non vuoi che veniamo da te?
Non fareste in tempo ad arrivare che io sarei già tornato. Ci incontreremo a corte se scoprirò qualcosa di inquietante. Altrimenti, io tornerò all'Accademia e voi potrete continuare a godervi Kedemna ancora per un po'. Si sente che sei felice e disteso.
Dovresti esserci anche tu. Prima o poi devi venire.
Lo farò. Voi avete qualche novità interessante?
Nem e Inera sono una coppia.
Dì loro che mi fa piacere. E' bello sentire queste cose. Sentire che stai così bene.
Sei sicuro che...
Sono sicuro. Torna a dormire. Non preoccuparti per me.
Dammi tue notizie presto.
Stai tranquillo. Buonanotte.
Ened...
Ma la coscienza gli sfuggiva di mano, il mondo di Ened svaniva e il sogno confuso dell'inizio riprendeva il dominio della mente...
Lasciarono Kedemna due giorni dopo. Concordarono di tornare a corte ed aspettare lì notizie di Ened e del Niwyn. Partirono con la consapevolezza non espressa, ma forte, che forse qualcosa si era definitivamente spezzato e ciò che attendevano era finalmente arrivato.
Lungo la strada si fermarono a una locanda - una scelta non certo casuale. Era il posto in cui una nota compagnia girovaga avrebbe cantato suonato, quella sera. E nessuno di loro per nessun motivo avrebbe voluto mancare l'occasione di rivedere Eldien, che sotto un altro nome si nascondeva in quella compagnia del Sud.
Alla fine, quando la notte era ormai un po' troppo notte per rimanere ancora svegli, quando lo spettacolo era concluso, ci fu il tempo per un'ultima canzone. Eldien la cantò senza strumenti e senza nessun altro intorno. La cantò fissando un punto lontano oltre le possibilità dello sguardo, un orizzonte al di là di tutti i sogni.
Se il tempo finisse
- del mondo, o soltanto
il tempo che spinge il mio cuore
Se solo stringessi
qui tra le mie mani
un nome, un sorriso, una storia,
un pezzo di un mondo perduto,
la piccola chiave di ferro,
che apre non so quale porta,
un canto dei giorni felici,
un inno per l'anima triste,
riflessi di un tocco leggero
e l'eco della tua risata
Se il tempo finisse
e questo soltanto
tenessi qui tra le mie mani
andrei, dissolvendo nel tempo,
ridendo nell'ultimo istante,
in volo, fino a farmi stelle
All'alba la luce era strana, confondeva i contorni di tutto, perfino le linee dei volti. Fuyumi si stringeva a Loril, che la abbracciava coprendola col mantello. Aldis era in prima posizione e Garnet gli camminava rapidamente accanto, a testa bassa.
- Hai qualcosa da dirmi?- Le chiese lui.
- Sì. Volevo assicurarti la mia fedeltà.
- Cosa?
- Niente più di quel che ti ho detto.
- Garnet, perché pensi che io abbia bisogno di una simile rassicurazione? Siamo... Compagni di viaggio. L'hai sempre detto, proprio tu. Siamo qui, ci siamo ritrovati insieme senza un motivo preciso e siamo finiti a fare le spie dell'imperatrice. Sembriamo tutti convinti di questo, e...
- Però ora posso dirlo senza nemmeno l'ombra di un dubbio. Hai la mia fedeltà. Sono un sicario e la prostituta di chi mi paga meglio, ma in quello che abbiamo intrapreso, io non servo altri che l'imperatrice e non ho altri compagni che voi.
Aldis le sorrise e allungò la mano per sfiorarle il viso.
- Per quanto sia bello sentirtelo dire, non capisco ancora come mai senti il bisogno di dirmelo adesso.
- Perché comincia una guerra, e tu lo sai.
Lo sguardo di Aldis si incupì.
- Sì. Comincia una guerra, probabilmente. Ma...
Si interruppe, sconfitto dalle parole che erano troppo piccole per contenere ciò che avrebbe voluto esprimere.
- Non credere di sembrarmi serio, anche se fai quella faccia.- Disse lei, ritornando quella di sempre.
- Grazie, Garnet. La tua stima è sempre così apprezzabile.
E la risata derisoria di lei fu più rassicurante di tutte le strane parole di fedeltà che aveva detto poco prima.