Blackdrift Chronices 04: Il terzo principio della dinamica

Nov 19, 2011 14:15

Ehm...bù °° Sorpresa °°
Dunque, ciao ciao a tutti come state? Io piuttosto bene direi, mercoledi mi sono laureata :DDD Ma ho tante cose da dire sull'aggiornamento quindi per il chiacchiericcio vario e i ringraziamenti alle mie splendide Simgirls ci risentiamo.
Ora passiamo a questo capitolo. Dunque. No non state sognando e sì, questo è proprio BC, che ormai credevate defunto. Prima di tutto c'è da dire che se oggi sto postando è tutta colpa tutto merito della mia biscotta justka e della mia sposa pirate-otty quindi prendetevela con loro ringraziate loro, alle quali ovviamente dedico l'aggiornamento, specialmente perchè ognuna di loro due troverà....qualcosa :DD Vabe :DD Ne parleremo in pvt.
Ora per tutti voi: se volete tirarmi pomodori marci e ignorare il tutto non posso che stringervi la mano e complimentarmi con la scelta. Mi rendo conto che non è proprio una genialata postare due volte all'anno ma purtroppo sono lentissima e come ormai sapete i mesi di primavera-estate non sono stati proprio semplicissimi quindi..ecco, c'è voluto del tempo.
C'è stato un momento in cui ho seriamente deciso di mollare questa storia perchè stava diventando troppo complicato e troppo frustrante (5 errori irreversibili in una mattina potrebbero destabilizzare chiunque)...ma le due di cui sopra, a cui mancava solo di venirmi a prendere sotto casa, mi hanno largamente rotto i maroni gentilmente incoraggiato e convinto ad abbassare il livello delle mie pretese per poter aggiornare. Non sono proprio soddisfatta del risultato, ma poteva andare peggio. E' stato difficile (e infinito) da scrivere e ai limiti dell'insanità mentale da fotizzare per una capretta come me...cmq ora è qui e v elo pigliate così com'è.
Prima di lasciarvi al cut però devo fare alcune precisazioni e avvertimenti affinchè la storia possa essere più chiara:

-Mi rendo assolutamente conto che sia impossibile da ricordare, quindi ve lo riassumo io: il primo episodio, l'effetto farfalla, raccontava gli eventi del primo giorno, lunedì 12 Settembre. Il secondo episodio, Somebody to love quelli del giorno immediatamente successivo, martedi 13 settembre. Con il terzo capitolo si ritrovavano i personaggi tre giorni dopo, quindi venerdi 16 settembre. Anticipo che questo capitolo coprirà i giorni di sabato e domenica 17 e 18 settembre ^__^
-Il capitolo è infinitamente lungo e ho dovuto suddividerlo in due parti..non sono parti uguali, la divisione non è matematica ma logico-temporale ;)
-Compaiono tutti i personaggi e anche molti nuovi, spero davvero non vi perdiate, ma se volete potete tenervi aperta la pagina dle post dei nomi in cui sono indicati pg e famiglie: http://elisetta89.livejournal.com/33225.html#cutid1
-Il sistema scolastico che ho scelto è un barbaro adattamento di quello americano, con una sorta di primary school che dura fino agli 11 anni e un "liceo" fino ai 17-18 (non mi è ancora chiaro -_-')
-Il riferimento giudiziaro riportato è italiano, non sono andata a controllare (mea culpa) ma anche in America e nel resto dle mondo dovrebbe essere uguale
-Ultimo link, per chi fosse interessato ho aperto la fan page di bc su fb ch eho intenzione di usare bassamente per tutti i dettagli che non riesco a fornire e per altri extra: http://www.facebook.com/home.php?ref=home#!/pages/Blackdrift-Chronicles/265596313481976

Bene, confidando nella clemenza del LJ, vi lascio al capitolo, buona lettura ^__^

PS OVVIAMENTE dovevo dimenticare qualcosa...i crediti pe ril bellissimo pub The Lion&The Rose vanno a...qualcuno su Gos, mentre per quella cara brava persona di Kiernan Tricou vanno ovviamente alla mia Sposa, Pirate_otty



Domenica 18 Settembre. Ore 23.33

Secondo il terzo principio della dinamica "Le forze si presentano sempre a coppie. Se un oggetto A esercita una forza F su un oggetto B, allora l'oggetto B eserciterà sull'oggetto A una forza -F uguale e contraria"



Semplificando, si assume che "Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria"

36 ore prima, sabato.
-Passa passa, passa la palla Nathan!
-Qui, qui! Qui Nathan!



Gli stavano addosso, in tre. L’avevano individuato in quanto guardia, e come unico avversario di cui valesse la pena preoccuparsi. Due dei suoi compagni erano liberi e si sbracciavano ad ampi gesti per farsi passare la palla…ma che diamine! Erano Simon e Tyler, non avrebbero combinato nulla di buono quei cialtroni.
Non si permise il lusso di perdere altro tempo: si slanciò, schivando un avversario e urtandone violentemente un altro, facendolo cadere a terra. Uno, due, salto, canestro. Facile, veloce, vincente.
Si scostò una ciocca dalla fronte, non si soffermò nemmeno a esultare per la soddisfazione. Era tutto lì. Uno, due, salto, canestro.
Nessuno avrebbe potuto farlo meglio di lui. Nessuno sapeva farlo meglio di lui.



-Nathan porca miseria si può sapere cosa c’hai dentro quella testa di legno??
Mr Chester, l’allenatore della squadra della scuola, era furibondo.



Nathan scrollò le spalle e senza neanche preoccuparsi di dare troppo ascolto a quel vecchio palloso, lo guardò giusto un attimo rispondendo con strafottenza.
-Si può sapere qual è il problema? Ho segnato 45 dei 67 punti della partita!
-Quella dannata palla la devi passare! Cos’era quella roba nell’ultima azione? Simon e Tyler erano liberi!!
Nathan chiuse rabbiosamente l’armadietto e sbottò rabbioso:
-Abbiamo vinto no? Allora qual è il problema?
-Questo tuo caratteraccio e questa stupida incapacità di giocare di squadra non ti porteranno da nessuna parte, quando lo capirai Nathan?? Considerati in panchina per le prossime due o tre partite!



Un paio di colpetti di tosse interruppero l’accesa conversazione:
-è permesso? Mr Chester?
Due uomini alti ed elegantemente vestiti erano entrati nella palestra e sorridendo si avvicinavano a loro.



-Mr Chester è un piacere rivederla! Nathan...lieti di fare la tua conoscenza!
-Mark...-borbottò l’allenatore -che ci fai qui?
-Sono venuto a fare un giro nella mia cara vecchia scuola...e a parlare con Nathan...
-Con me?
-Il ragazzo sta parlando con me ora, esci di qui
-Mr Chester! È questa la calorosa accoglienza che si riserva alla guardia migliore che si è avuto il piacere di allenare?



-...è questa che si riserva ai palloni gonfiati Mark...Nathan, andiamo -Mr Chester girò le spalle e fece cenno al ragazzo di seguirlo nel suo ufficio ma quello si mosse verso la porta di uscita:
-Son spiacente Mr Chester...ma la mia famiglia mi aspetta per pranzo...devo proprio andare ora...-e con una finta espressione dispiaciuta, il ragazzo si allontanò e uscì, seguito dai due uomini con i quali si fermò a parlare una volta più lontani dalla palestra.



Si rivelarono essere l’allenatore e il…bè non aveva ben capito cosa facesse quel Kiernan Tricou…una specie di…manager? Finanziatore? In ogni caso un qualcuno invischiato nella squadra della Le Tour, che ultimamente continuava ad accumulare vittorie a ritmi sorprendenti.-Il fatto è questo Nathan: tu hai talento. E ti vogliamo con noi.
-Cos...wow..ma io...sono ancora al penultimo anno del liceo...
-Lo sappiamo ma è ora che si comincia a prendersi un posto in squadra...sempre che tu...riesca a dimostrarci di essere veramente...bravo, bravo davvero. Potremmo assicurarti il posto e farti allenare con il resto della squadra!
-Dite davvero?? Potrei seriamente far parte della squadra della Le Tour???
-Ma certamente Nathan! Un talento come te...non possiamo certo lasciarcelo sfuggire. Tu preoccupati di diventare sempre più bravo.
-Mi alleno tutti i giorni...ma...Mr Chester...vuole lasciarmi in panchina e probabilmente sbattermi fuori dalla squadra!



-Oh non darti noie...parleremo noi con Mr Chester...è un uomo...che come ogni altro...sa essere molto comprensivo...
-Ci terremo in contatto Nathan, a presto. E ricorda: devi farci vedere che lo vuoi davvero. Niente cazzate.



Se lo voleva davvero?? Non avrebbe potuto desiderare nient’altro al mondo.
-Assolutamente.
Era tutto lì. Uno, due, salto. Canestro.

***



-Ed è così che la promettente cantante pop ha rinunciato a presenziare ai sim-music-awards per fuggire in Messico con la sua esotica compagna!!
Tutti quelli dell’ufficio scoppiarono in fragorose risate.



Tracy sorrise, fiera. Il suo articolo era stato un successo. Giocare abilmente di ironia stuzzicante senza però cadere nell’esagerazione del ridicolo...sì, era riuscita a confezionare un articolo brillante nonostante avesse dovuto abbassarsi alla cronaca rosa.



Tuttavia per ora la sua scivolata di stile non sembrava evidente ed anzi, il capo l’aveva appena mandata a chiamare e il luminoso sorriso che le sfoggiava non dava adito a preoccupazioni.
-Tracy figliola! Un grande successo, ci tenevo a complimentarmi personalmente!



-la ringrazio signor Hamilton
-Devo dire che mi ha sorpreso questa scelta di...gossip.



La signora Lockwood spostò il peso da un piede all’altro, ma non smise di fissare il capo dritto negli occhi. Mentre rispondeva, la voce era calma assoluta, controllo perfetto.
-Non è il genere che preferisco trattare, ma sono una giornalista. Per mia natura sono impossibilitata a ignorare le notizie più interessanti.
Lui ridacchiò, bonario.



-Sei una donna incredibile Tracy e piena di talento. Ancora non capisco come fai a stare con quel mollaccione privo della più piccola punta di stile di Henry!
-Ho i miei motivi -sussurrò.
Il capo intrecciò le dita, poggiandosi sui gomiti e le regalò un sorrisino beffardo.



-Portami una bomba Tracy. Qualcosa di forte. Qualcosa che faccia saltare per aria i culi grassi dei benpensanti ipocriti di questa città.
-E se ti porto questa bomba?
-La facciamo esplodere
-Ne avresti il coraggio?
-E tu?
-Io son disposta a tutto
-Allora vai bambola, fammi divertire...e quella scrivania sarà presto tua.
-E’ una promessa?
-è una semplice conseguenza...azione-reazione. Facile no?



Tracy si raddrizzò, le braccia incrociate, restando in silenzio per qualche momento. Poi si voltò e si avviò verso l’uscita.
-Stai andando a caccia di qualche bella azione?
-Sto andando a provocare qualche interessante reazione.



***

Alla fine si era decisa.



Ancora non riusciva a capacitarsi lei stessa di aver preso quella scelta, ma forse si stava facendo davvero troppe pare mentali. Il posto non era imponente come il palazzo di avvocati dove lavorava prima, tuttavia Eveline si sentiva ancora più a disagio: c’erano almeno un centinaio di ragazze, alcune bellissime, altre meno, altre ancora, bassette e brufolose, che accompagnavano l’amica dal fisico perfetto ma segretamente covavano il bruciante desiderio di essere viste e scelte dal fotografo, come luci in mezzo alla folla, per sfilare presto sulle passerelle di questo o quello stilista.



Le ragazze parlavano, ridacchiavano, si lisciavano la minigonna a pieghe o si ripassavano il trucco. Tutte si scrutavano di sottecchio, si studiavano, si esaminavano e solo dopo una rigorosa e dettagliatissima analisi a raggi X, scuotevano i capelli con disinvoltura, fiere di aver rinnovato la sicurezza di essere esattamente, ancora una volta, le più belle creature che posavano piede nella stanza.



Il chiacchiericcio era notevole e la confusione si assestò solo per pochi istanti quando una donna venne da loro a dire che i colloqui sarebbero avvenuti a gruppi di 10 ragazze per volta e che sarebbero cominciati di lì a poco.



Di colpo, le chiacchiere annoiate si erano trasformate in squittii agitati, in spintonamenti e grida per farsi consegnare l’etichetta con il numero e accorrere ai camerini per mettersi il costume.
Eveline rimase un po’ indietro, goffamente cacciata via da una brunetta particolarmente esaltata e così il suo cartellino recitava "102" e il suo costume era di una misura più piccola di quello che le serviva.



L’attesa era lunga e piuttosto estenuante: le ragazze entravano nella stanza e ne uscivano con espressioni impettite o ambigue, come consapevoli di un segreto prezioso rivelato solo a loro.
Finalmente, la signorina di prima chiamò con voce annoiata il gruppo di ragazze che includeva Eveline e le fece entrare in quella misteriosa stanza che si rivelò essere un semplice stanzino con una piccola e consunta passerella abbondantemente sparafleshata dalle luci al neon.



"Oh merda" si ritrovò subito a gemere la francesina: non aveva mai sfilato prima d’ora e non era esattamente certa di esserne in grado: e se fosse inciampata? Se fosse caduta stupidamente lussandosi una spalla? Se si fosse storta una caviglia sui tacchi vertiginosi? Se le fosse esploso il costume mentre avanzava di buon passo? Se non avesse visto la fine della passerella, non fosse riuscita a sorridere, avesse qualcosa tra i denti, non si ricordasse come mettere un piede davanti all’altro, non...



-98, 99, 102 e 106 passano alla seconda selezione, le altre a casa.
Era già finita.



Era stata scelta. Così senza fare nulla. Non sapeva se sentirsi felicemente sollevata o bizzarramente in trappola.

***



-Un due tre..



-Un due tre, un due tre...più in alto quelle braccia! Un due tre, il diaframma! Devi respirare con il diaframma! Ancora! Un due tre, un due tre...cos’è questo disastro Rose?



Lucinda spense lo stereo, incrociò le braccia e fissò severamente la figlia, che ansimava per lo sforzo.
-Non...non mi sembra di aver fatto male...
-No? Hai fatto peggio, non male. Vedo che non hai svolto i tuoi esercizi questa settimana e i risultati sono ben evidenti.
-Ma è che...è ricominciata la scuola!
-Rose...quest’estate hai lavorato pochissimo perché ti lamentavi di essere in vacanza...e ora di non esserlo? La tua prestazione è scarsa. Non diventerai mai una professionista.



Il tono di Lucinda era asciutto e pacato. Non alzava quasi mai la voce...non aveva bisogno di farlo.
Per Rose era sufficiente lo sguardo penetrante di sua madre, quella sua perfezione impeccabile che la schiacciava senza via di fuga, per rimettersi in ordine e avvertire come una morsa alla base dello stomaco. Detestava i rimproveri di sua madre ma ancora di più detestava l’idea di non diventare, in tutto e per tutto, uguale a lei. E questo non poteva che comprendere anche la danza.
Rose si rimise dritta alla sbarra e riprese gli esercizi, da sola, senza musica.



Lucinda la osservava. Era fiera di sua figlia. Ancora un po’ troppo pigra e distratta, certo, ma già con la giusta dose di determinazione. Poteva arrivare lontano. Sarebbe arrivata ovunque.
Si mise dietro di lei e prese a guidarla correggendo le più piccole imperfezioni con delicati gesti della mano.



-un due tre...molto bene...

***

Ernest Scott non aveva smesso di curare i fiori né di impastare le ciambelle. Non aveva smesso nemmeno di portare un saluto alla sua defunta moglie ogni mattina.
Certo gli era stato strano, gli era ancora strano. In tutti quegli anni si era sempre limitato a un’invocazione silenziosa, una supplica appena mormorata. "Portami con te..."



E invece ora.
E invece ora non poteva più permettersi di guardare senza vedere il mondo che lo circondava, la sua casa, il suo giardino.
Un paio di intensi occhi scuri si materializzavano magicamente nel suo campo visivo e non c’era, non poteva più esserci nessuna supplica silenziosa, nessun "portami con te".



Aveva aperto la porta di quella cameretta dopo più di 20 anni che non vi metteva piede. Senza una parola aveva trasportato via la vecchia culla mai usata e assemblato un lettino e una piccola camera. Kamilah l’aveva osservato tutto il tempo, muta. E muta era rimasta per tutti quei tre giorni che ormai erano trascorsi.
Ernest si comportava allo stesso modo. Le dava da mangiare, le faceva cenno di andare a coricarsi e proseguiva con le sue faccende. Nessuna domanda, nessuna insistenza.



Quel sabato mattina, era ormai il quarto giorno che teneva la bimba con sé, stava in salotto, osservando il cielo leggermente annuvolato fuori dalla finestra, quando la vocina della piccola Kamilah diede la svolta a quella bizzarra convivenza.
-Cielo nuvole oggi sole mosso mare



-Cielo nuvole oggi sole mosso mare
Sbigottito, il vecchietto di voltò a guardarla, con il dubbio di essersi solo immaginato quella voce.
-Cielo nuvole oggi sole mosso mare -ripetè la bambina.
Ernest annuì.
-Sì. C’è qualche nuvola. Ma ci sarà il sole.



Si osservarono per un po’ in silenzio, poi Kamilah prese a saltellare qua e là per la stanza, pronunciando parole apparentemente casuali e illogiche.
-Vento, coltello, nord, buonasera! -canticchiava con dei saltelli
-Rubato, neve, tasse, sole -sciorinava con una giravolta.
Ernest era stupefatto: in una manciata di giorni quell’esserino aveva imparato una quantità di parole incredibile dalle previsioni del tempo e dal telegiornale, le uniche trasmissioni che Ernest guardava, mentre lui credeva che la piccola se ne stesse semplicemente lì immobile sul divano, a turbare il mondo con i suoi occhi neri.



Scoppiò in una grassa risata, una di quelle che non faceva da tempo, e si sedette sul divano invitando la bimba accanto a lui. Quando lei si fu accoccolata vicino, le fece un gran sorriso e si portò una mano al petto.
-Ernest.
La bimba lo scrutava, con quegli occhi profondi, selvaggi.
-Kamilah -rispose indicandosi con un ditino.
-Ernest -ripetè il vecchio battendosi nuovamente il cuore -Kamilah -pronunciò meglio che potè, indicando la bambina.
Seria, lei annuì.



Allungò la manina, fino al cuore di lui.
-Dama la nopp, Ernest



Per la magia data dall’essenza più profonda che lega tutti gli esseri umani, il vecchio capì, senza bisogno di una traduzione.

***



A chiunque intenda intraprendere la tortuosa strada dell’insegnamento, dovrebbe essere impartito un corso di grafologia, pensò Margareth sconsolata mentre a fatica assottigliava lo sguardo e si avvicinava il foglio al viso. Non era neanche tanto malvagio il tema di quel ragazzo...sempre che stesse leggendo le lettere giuste. Ma come si poteva scrivere così male? E pasticciare in quel modo un compito di verifica! Possibile che gli studenti non capissero che una presentazione pulita e ordinata metteva subito nella predisposizione più favorevole gli insegnanti?



Margareth scosse la testa, scrisse un "7" chiaro e nitido con la penna rossa e passò il foglio sulla pila dei compiti corretti. Ne restavano ancora due. Li aveva già letti. Due volte. Ma non aveva ancora preso una decisione. Che razza di voto avrebbe dovuto mettere a un compito di 5 righe sulle incantevoli poesie cavalleresche di Sognidoro in cui comparivano per ben tre volte gli aggettivi "penoso" e "superato"??
L’altro tema, che arrivava a stento a coprire la facciata attraverso le sofisticatissime tecniche dello "scrivere largo" e "andare a capo ad ogni punto", fortunatamente non conteneva beffe di quel tipo ma era talmente scialbo e privo di contenuti che a fine lettura se ne poteva avere lo stesso grado di soddisfazione di aver letto l’etichetta di una bottiglia d’acqua.
Decisamente, Margareth non sapeva che pesci pigliare.



Ophelia, stanca di essere ignorata in favore di un pacco di fogli, le saltò sul grembo e prese ad autoprocurarsi delle coccole strusciando il musetto sulla pancia di lei.
Margareth ridacchiò, posò la penna e prese a farle dei grattini sulla testa, raccontandole tutti i suoi problemi.
-Cosa devo fare con questi ragazzi Ophelia? La seconda insufficienza in una settimana? E a fine anno che faremo? Istituiremo i voti sotto lo zero? Bisogna trovare una soluzione...non sono mica cattivi ragazzi...sarà meglio chiedere consiglio alla preside Keller, sono sicura ci aiuterà a trovare un modo per capire e lavorare meglio con quei due!
Ophelia, evidentemente poco turbata dalle preoccupazioni della padroncina, si accoccolò ben bene sulle gambe di Margaret e fece due fusa di risposta.



***

[Ore 13.30]
-Ancora un po’ di aragosta signorino Nathan?
-Io ne voglio ancora!
-Subito signorina Rose
-Rose...-la chiamò appena sua madre, in tono freddo.
-Scusa mamma -mormorò la piccola.
Lucinda annuì -esprimiti sempre con garbo. Milena è la nostra domestica, non la nostra schiava. Inoltre hai mangiato a sufficienza, non vanifichiamo il tuo allenamento di questa mattina.
-Si mamma
-Tu Nathan smettila di torturare il cibo e termina il tuo pranzo.



Il ragazzo la ignorò e il tintinnio delle posate tornò ad essere l’unico suono che riempiva la sala. Milena se ne stava in disparte, in attesa di ordini. Al servizio dei Mc Gregor da quasi 15 anni era ormai più che abituata ad assistere a questi pasti imbarazzanti.
-Nathan...-cominciò Lucinda
-Dov’è tuo marito? -la aggredì lui prima che potesse finire la frase
-Tuo padre -rispose lei fissandolo aspramente -sta ancora lavorando ed è in ufficio...
-Di sabato?? Dopo che è rimasto anche ieri sera fino a tardi?? Forse il suo ufficio si è trasferito nella tangenziale che va a Baia di Belladonna?
-Smettila!



Era riuscito a farle alzare la voce. Lucinda strinse i pugni e si costrinse a prendere fiato per calmare l’incrinatura della voce.
-Tuo padre ha molto da lavorare. Finisci il tuo pranzo e poi vai a studiare.
-Col cazzo -sbottò alzandosi di scatto e rovesciando il suo bicchiere
-Nathan!!
-Io esco



Velocemente prese cellulare e portafoglio all’ingresso e uscì sbattendo la porta, prendendo a camminare rapidamente e rallentando solo una volta superati tre isolati. Il cuore gli batteva forte, non solo per lo sforzo. Era la prima volta che si rivolgeva in quel modo a sua madre e la prendeva di petto. Solitamente preferiva sgattaiolare di nascosto e chiedere viscidamente scusa. Non aveva idea di cosa l’avrebbe atteso quando sarebbe rientrato a casa.



Un sms di Katrina gli proponeva di fare un po’ di sesso a una festa quella sera.
Benissimo.



Se aveva paura di tornare a casa bastava non farlo.

***

Era stata presa.
Era una situazione ridicola.
Eveline si sentiva allo zoo ma non era nella parte della visitatrice.



In tutto avevano assunto una quindicina di ragazze, sulla base perlopiù del fisico, dell’età e della disponibilità sentimentale. Certo per un lavoro tutto d’aspetto non è che ci si potesse aspettare diversamente, tuttavia non le era chiaro il motivo profondo per il quale aveva avuto la meglio su una ragazza stupenda ma già sposata.
Avevano concesso loro venti minuti per pranzare dopo di che le avevano subito messe al lavoro, dedicando una manciata scarsa di minuti alla spiegazione del contratto, dello stipendio, delle attenzioni su cibo e cura del corpo che dovevano tenere.
Del fiume di parole Eveline ne aveva registrate giusto un paio: contratto di un anno, paga sulla percentuale di foto pubblicate. Più foto uguale più soldi.
Basilare.
Avrebbero tutte cominciato con lo stesso numero di foto, poi sarebbe dipeso dal numero di rischieste: le aziende che si appoggiavano alla Simodeling indicavano quale o quali ragazze volevano per il proprio servizio e da lì sarebbe cominciato la fortuna o l’anonimato.



-Piega un po’ la testa...si bene...rilassa la bocca, rilassa...si bellissima, bellissima, ferma così.
Ok diciamolo. Si sentiva una stupida. Ferma per un’eternità con braccia e gambe in un’angolazione così assurda che la si sarebbe potuta interscambiare con una scultura futurista...e poi perché diavolo doveva stare mezza nuda per una pubblicità di fazzoletti??



Questo mondo di moda e marketing le sembrava assurdo ma il fotografo e soprattutto il direttore d’azienda, che per qualche incomprensibile motivo era rimasto a osservarla, sembravano soddisfatti.



Non la rimproverarono nemmeno quando accidentalmente, cambiando posa, rovesciò la sedia del set.



***

La verità era che suo padre se ne fregava di lui.
Se ne fregava di tutta la famiglia a dire il vero. Non ci aveva messo molto a capirlo. Tolto il fatto che lavorava davvero un sacco di ore al giorno, riduceva il dialogo con i figli a "che voto hai preso oggi?" e che il più grande contributo all’affetto familiare consistesse nel tirare fuori un centone dal portafoglio, Nathan sapeva anche per certo che andava a letto con almeno una delle sue amministratrici associate e che avesse avuto anche un’amante a Baia di Belladonna per qualche tempo.
E poi parlava a lui di responsabilità, maturità e sacrificio! Ma se ne andasse...



-Ne hai ancora per molto? Se non sei sicuro di quanto grandi ti servano forse è meglio se torni a giocare con la palla e aspetti di essere un po’ più grande...
Mc Fly.



Grandioso.



-Ci mancavi solo tu...
-Si io invece sto esultando di gioia non vedi? Ah-ha.
-In ogni modo che vuoi? Devi far scorta perché il tuo ragazzo fattone ha voglia di un paio di marmocchi con gli anfibi?
-Veramente mi stai bloccando la strada per andare alla cassa...
Di bene in meglio. Prima la scenata in casa e ora la figura da idiota mentre sembra assorto nella scelta dei preservativi proprio con quella rompipalle spocchiosa.
Scuotendo la testa, afferrò una confezione qualsiasi e si diresse verso la cassa, seguito da lei.



-Ma allora è destino che trovi sempre entrambi tra i piedi...-sbuffò.
In fila davanti a loro infatti, aveva appena visto Leonard.



-C...c...ciao io..io stavo solo comprando delle penne perché mi servivano -balbettò lui, emozionato a rivedere la donna più bella del mondo dopo secoli -24 ore- di silenzio -per...per fare i compiti -concluse con un filo di voce.



-Hai capito genio del condom? Il mondo non gira attorno a te anche se pare che questo non ti sia chia...compiti di sabato pomeriggio?? Ma sei fuori di testa pulce??
-Ma non parlare di preservativi di fronte a un bambino!! Ma te l’hanno insegnato il pudore o ti si è annacquato il cervello quando hai infilato la testa nella vernice?
-Ah ha davvero original...
-Lo so che cos’è un preservativo! -rosso in viso, le mani sudate, la vocina di Leonard si era alzata di un’ottava per la vergogna e l’imbarazzo. Stava di nuovo facendo una figuraccia di fronte a quella creatura eterea…e di nuovo, lei lo studiava con quell’espressione curiosa, sfrontata…oh non ce l’avrebbe mai fatta a reggere quell’emozione così intensa!
-Ancora una volta sottovaluti il nostro amico Occhialini, caro il mio gentleman di sto cazzo! E ora fatemi pagare il mio pranzo che muoio di fame!
Nathan fece per ribattere ma rinunciò. Insopportabile. Insostenibile. E cosa ci si poteva aspettare da una che intendeva pranzare con una bottiglia di birra e un sandwich al tonno?
Non c’era nulla di più odioso del tonno.
Pagarono i rispettivi acquisti mentre Nathan rispondeva al telefono. Erano i ragazzi della squadra, chiamavano per la festa: proponevano di trovarsi tra un paio d’ore alla casa sulla spiaggia di Tyler.
-Pulce tu ce l’hai una maglietta più decente di quella?
-P...perché??
-Perché mica puoi presentarti a una festa vestito da impiegato delle poste!
-Che cosa?? -esplosero spaesati entrambi i ragazzi.
Fauve scrollò le spalle, stappò la birra e ne bevve una gran sorsata.
-Non mi sembra difficile da capire: occhialini ci ha salvato il culo ieri quindi entrambi gli dobbiamo un favore...mettersi a studiare di sabato sera, il pimo sabato sera dall’inizio della scuola, è un’eresia che mi sento di bloccare sul nascere...Occhialini ha un serio bisogno di divertirsi.
Nathan la guardò, stralunato.
-E questo come spiega perché dovrei portare anche te alla mia festa?!
-Chi lo porterà a casa mentre tu sarai impegnato a zompettare allegramente con la tua ochetta pon-pon?



Fregato. Per l’ennesima volta. Come aveva fatto a incastrarsi in quella situazione così assurda?? E quella testona sembrava sempre sapere tutto...che conoscesse Katrina?
-Non sei nemmeno sicura che lui voglia venire!
-Ma certo che vuole! Non è vero pulce?



A Leonard girava la testa.
Era uscito solo per comprare delle penne per finir ei compiti di matematica...mamma e papà acconsentivano che uscisse per qualche spesuccia, sapevano che era un bambino responsabile...doveva subito scusarsi, ringraziare per l’invito ma spiegare che doveva davvero correre a casa a finire i compiti e uscire a cena con mamma e papà!
-Sì voglio venire...



***



-E così se riesco a scrivere un altro articolo di successo, ma stavolta roba vera non la porcheria della cronaca rosa, sicuramente Jamie mi farà co-redattrice al suo fianco!



-Ci riuscirai sicuramente Tracy, hai un talento infallibile con le parole e sei una cacciatrice di notizie nata! -Henry le sorrideva, aprendo la porta del negozio per farla passare.
Teneramente orgoglioso, era felice che finalmente la moglie avesse l’opportunità che aspettava da tanto! Lei sorrise a sua volta, entrò e cominciò a gironzolare tra gli appendiabiti, con il marito che placidamente la seguiva.
Al contrario di quello che credevano tutti, Tracy amava davvero Henry. Avrebbe potuto sposare un uomo bellissimo, un uomo più in forma, anche uno maggiormente ricco o potenzialmente tale sfruttando bene il suo fascino. Ma Henry era un uomo buono, gentile, paziente. Era tutto ciò che lei non era. Gli mancavano quella grinta, quella faccia tosta e anche quel pizzico di intraprendenza che lei invece possedeva in abbondanza. Il loro era un matrimonio felice. Non aveva mai sentito il bisogno di cercarsi avventure qua e là, preferiva concentrare le sue energie sul lavoro e sul suo bambino.



-Ieri Leonard ha preso un ammonimento a scuola per essere arrivato in ritardo...-raccontò al marito, con un po’ di preoccupazione.
-In ritardo? E cosa gli è successo povero ragazzo? Leonard detesta essere in ritardo!
-Dice che il vento gli ha fatto perdere tutti i fogli della ricerca in giro...
-Ah povero Leonard! Dev’esser stato tremendo per lui! Meno male che poi ha preso l’ennesimo A, altrimenti sai che storie si faceva!
-Oh Henry non c’è da scherzare...la prima settimana una nota?? Non gli è mai successo niente del genere!



-Oh andiamo Tracy non c’è da preoccuparsi...questo dimostra solo che fortunatamente Leonard è un bambino normale, e ha preso qualcosa anche dal suo papà e non solo da questa madre perfetta!
Tracy si lasciò baciare ma i suoi timori non si placarono del tutto.



Da ieri Leonard sembrava così distratto...

***

Era arrivato il momento.
Fino ad allora il ragazzo era stato abbastanza gestibile: qualche sbronza, una serie di ragazze, voti mediocri ma nulla che lei e il loro cognome non potessero liquidare con appena un cenno.
Per 15 anni suo figlio Nathan era rimasto tranquillamente sotto il suo controllo, ma ora...certo, la scenata di qualche ora fa poteva anche non significare nulla e concludersi con un niente di fatto. Ma Lucinda sentiva che non era così. Nathan andava ripreso subito, in modo fermo e David avrebbe dovuto fare la sua parte. Per una serata o due poteva anche rimandare i suoi clienti e le sue segretarie!



-Lucinda che ne dici? Tovagliolini avorio o rosa antico?



Si riprese dai suoi pensieri: era al caffè del centro dove si riuniva con il comitato di beneficienza di cui era la presidentessa come sua madre prima di lei, la madre di sua madre prima di lei e la madre de...
-Useremo quelli bianco perla con gli ornamenti dorati. Richiamano il colore della scritta dei manifesti, Mary-Ann.



Ci fu un prodigarsi di squittii e approvazioni per l’impeccabile e immancabile gusto estetico della loro presidentessa.
Lucinda le lasciò spettegolare e ridacchiare. Fissando duramente fuori dalla finestra decise come comportarsi con Nathan.



E ringraziò il cielo che Rose avesse ancora dieci anni.

***

[Ore 19.45]



Incredibile come vola il tempo divertendosi! Guidando, Margareth canticchiava una vecchia canzoncina e ogni tanto dava un’occhiata amorevole ai libri che il suo vecchio professore le aveva prestato.
Era tornata alla Le Tour per del materiale per le prossime lezioni e una rimpatriata con i suoi più cari amici di corso. Davvero un bel pomeriggio di chiacchiere e calore!



Le dispiaceva così tanto che fosse già ora di tornarsene a casa che aveva accettato subito con entusiasmo la proposta di darsi appuntamento al "solito" pub dove andavano ai tempi dell’università.



Era un bel posticino e nonostante fosse pieno per almeno la metà di ragazzi e ragazze più giovani di lei e stesse entrando da sola, Maggie si sentì come a casa e prese ordine al bancone con un gran sorriso. Dovette sembrare un po’ stupida al tipo che le stava accanto perché la fissava incuriosito.
-Ehm...per caso era occupato? -chiese arrossendo, improvvisamente imbarazzata di aver preso il posto di qualche fidanzata.
-Se anche lo fosse stato non lo direi così da poter fare la sua conoscenza signorina...
-M...Margareth -rispose lei, arrossendo ancora di più e indecisa se scappare subito a gambe levate.
-Ciao Margareth io sono Larry e ti giuro che non sono qui per circuire giovani e affascinanti universitarie, ma solo perché ero sulla strada...



Sì, doveva assolutamente andarsene: lei non era, non era affatto il tipo di donna che si faceva abbordare al bancone di un bar. Non era proprio il tipo di donna che si faceva abbordare, che diamine!
Larry...aveva un sorriso che...Dio ma cosa stava facendo?? Ridacchiava divertita alle parole di un belloccio qualsiasi! Aveva bevuto davvero troppo prosecco prima con gli altri dell’università!
-Anche io ero sulla strada...e comunque non funzionerebbe perché non sono affatto una giovane universitaria...
Ma cosa stava dicendo??? Flirtava come una gatta morta????
-Resta però il fatto che sei affascinante...



***

-Leonard tesoro sei pronto? Dai che faremo tardi al ristorante...



-Mamma io..non mi sento molto bene...
-Cosa? Che succede Leo?
-M...mi sento de...debole e mi..mi gira la testa...
Tracy raggiunse il figlio nella sua cameretta e notò subito che non stava affatto bene: visibilmente accaldato, gli occhi gonfi e lo sguardo stralunato, il bimbo doveva aver preso l’influenza.
-Devi avere un po’ di febbre piccino...è meglio che tu ti stenda e ti metta subito a letto...staremo a casa questa sera.
-M...ma voi non p..preoccupatevi...a...andate p..pure
-Ma..



-Dai Tracy, se la caverà per un paio d’ore...si mette subito a dormire così domani sarà di nuovo in forma!
-S...sì.
-Mmmh...va bene ,a chiamami se ti senti tanto male mi raccomando.
-S...si mamma.



Leonard si infilò sotto le coperte, ascoltò i tacchi di sua madre scendere le scale e suo padre che avviava la macchina.
Nel silenzio della casa si alzò e uscì sul retro, dove Nathan e Fauve l’aspettavano.



***
Era un ristorantino senza troppe pretese: tranquillo, classico, buon cibo. Aveva frequentato posti ben più eleganti a Parigi e tuttavia, prendendo posto al tavolo, Eveline si sentì sopraffare dal disagio.



Quando il signor Finn l’aveva invitata a cena, aveva accettato con entusiasmo e non aveva minimamente colto che si trattasse di un invito singolo, una sorta di...appuntamento?
Le sembrò che tutti i presenti la fissassero e certo, non doveva aver fatto una gran bella figura: una giovane donna in compagnia di un uomo con il doppio della sua età che evidentemente non era suo padre...ma perché ogni volta si cacciava in queste situazioni??



-Non ti piacciono gli spaghetti Eveline?
-Co..oh si si certo sono deliziosi...io..io mi chiedevo come mai mi avesse invitata a cena signor Finn...



-Puoi chiamarmi Tom tesoro...ti ho invitata perché oggi hai fatto un lavoro eccellente e volevo parlare con te di opportunità...
-Ec...eccellente? -Eveline sentì un tuffo al cuore: aveva lavorato bene! Forse non l’avrebbero licenziata questa volta!
-Assolutamente. È da molto tempo che fai la modella?
-Veramente era la prima volta...
-La prima volta?? Stai scherzando?? Straordinario, straordinario...



Il signor Finn sembrava visibilmente colpito. Eveline era al settimo cielo.
-Lei...lei pensa che...riuscirò bene nel lavoro?
-Dolcezza non solo lo penso: sarà proprio così. vuoi avere successo Eveline? Diventare famosa? Vuoi che tutti in questa città conoscano te, il tuo nome e il tuo viso?
-Ecco io...- famosa...insomma le bastava giusto un lavoretto per mantenersi ecco...però...davvero il signor Finn riteneva che lei ne avesse le capacità?? -bè...si mi piacerebbe...-rispose un po’ timidamente.
-Io posso aiutarti...basterà che tu segua i miei consigli e sarà una passeggiata...



-Oh io...grazie...
-Non ringraziarmi tesoro...non ce n’è bisogno...



[...]

Ridevano a crepapelle.
Dio quanto avevano bevuto?? Margareth aveva perso il conto e un po’ si vergognava. Quel Larry però sembrava gentile: aveva fatto per prendere un’altra birra ma lui l’aveva fermata.
-No dai Maggie, proviamo a fermarci ora...altrimenti torneremo a casa rotolando!



Non ricordava quando lui avesse cominciato a chiamarla Maggie ma...si era sentita rassicurata da questo suo gesto responsabile.
Avevano ripreso a parlare e ridere come cretini. Larry non era solo belloccio: aveva spirito e un grande senso dell’umorismo. E aveva un sorriso così luminoso che era impossibile non farsene affascinare.
-Te lo giuro Maggie facciamo un lavoro molto simile tu ed io!
-Ma se tu sei un chitarrista e io un’insegnante di lettere??
-E non è forse la muscia la forma più diretta ed emozionante della poesia?? Se i miei ricordi scolastici non sono del tutto arrugginiti, un tempo tutta la poesia era accompagnata da melodie e cantata!
-È...è vero...-Ragionare sull’onda dell’alcool non era semplice ma...Larry le aveva appena dato un’idea grandiosa!
-Pensi che si potrebbe ancora usare la musica come mezzo per far capire meglio la poesia? Ho una studentessa che sembra non volerne sapere nulla di letteratura...



-Penso proprio di sì...non ho la più pallida idea di come ma sono sicuro che tu, molto più intelligente e studiosa di me, avrai una bella idea!
Margareth sorrise. Davvero ora doveva trovare la forza di tornare a casa.



Un po’ le dispiaceva che non avrebbe più rivisto quell’uomo così intrigante...



***



Se aveva timore di ciò che avrebbero detto tutti quando avessero visto lui, Leonard, undici anni, in mezzo a una festa del liceo...bè tutto scomparve nel momento in cui si rese conto che i "tutti" erano così tanti, così ubriachi e così in altre faccende affaccendati che non si sarebbero accorti di lui neanche se si fosse messo a ballare l’hula in gonnellino di paglia sopra un tavolo.



In meno di un minuto si era ritrovato da solo in mezzo a gente sconosciuta che non si curava di lui se non per imprecargli di spostarsi o di passare un punch: la musica martellante lo strodiva e il fumo che impregnava la stanza gli faceva continuamente strizzare gli occhi.



Facendosi largo a fatica in mezzo alla calca, fu solo dopo quella che gli parve un’eternità che ritrovò la chioma conosciuta e paradossalmente rassicurante di Fauve.
-Ehi pulce eccoti qui! Allora ti stai divertendo?
-Ehm...
-Lo so, lo so questa roba che sparano in cassa è inaccettabile, mi si stanno scuoiando le orecchie...ma la birra è buona!
Leonard sorrise timidamente. Quella ragazza era così...diversa. Tutte le altre, tutta la stanza, tutto il mondo non esisteva più.
-G..grazie p...per avermi in...invitato...
-Te lo sei meritato Occhialini! A proposito, hai anche un nome?
-L...Leonard, mi chiamo Leonard...



-Bene Leonard -disse lei scendendo dal tavolo e avvicinandosi a lui in un modo che al bimbo parve di morire -Questa festa è una palla, come tutte le feste di questi ricconi frustrati come Nathan…ma non è detto che io e te non possiamo divertirci!
-S...sì -balbettò lui
-Benissimo! Allora dobbiamo brindare insieme e dare inizio alla nostra festa!
Leonard si sentiva quasi schiacciato, soggiogato da quella forza impetuosa, l’entusiasmo e il magnetico fascino che esercitava su di lui.
-I..io..non..non..



-Cosa? Non hai un bicchiere? E che problema c’è?ecco la mia bottiglia, un bel sorso a testa, faremo velocissimi e così sarà come un vero brindisi!!
Avrebbe voluto obiettare che per quanto i loro gesti fossero stati rapidi ci sarebbe sempre stato un gap temporale incolmabile e che...
Leonard bevve un sorso dalla bottiglia che Fauve gli offriva. Lei rise, genuinamente, serenamente. Ancora come musica, quella risata, gli torna alla mente ogni giorno.



-A proposito pulce...io sono Fauve.



***
(Continua nella seconda parte)
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