Mici si cartofi - Prologo

Mar 16, 2008 20:49


Titolo: "Mici si cartofi" - Prologo

Rating: G

Conteggio parole: 1794

Lista dei capitoli: qui

Note d'autore: il prologo alla storia vera e propria ha luogo all'inizio di luglio del 2008. Evidentemente, per chi non ha fatto bene i conti, ci troverete Scorpius a due anni. Amooooore...

Mici si cartofi

Prologo

Maledetta Diagon Alley. Draco odiava recarcisi, nonostante fosse indispensabile per i suoi affari farci un salto quasi quotidianamente. Quel giorno, poi, era ancora più indispettito: sua moglie Astoria compiva gli anni. Ed era malata.

Draco avrebbe preferito fortemente sguinzagliare sua madre in cerca del regalo più adatto, lei che conosceva così bene i gusti di Astoria, e starsene chiuso nel suo studio per i fatti propri come al solito, o meglio ancora andare a riscuotere un po’ dei soldi che gli agenti gli dovevano. Sarebbe tornato a Malfoy Manor un po’ prima di cena, come di consueto, e avrebbe giocherellato con Scorpius ascoltando distrattamente le chiacchiere di sua moglie; poi sarebbero arrivati gli amici di famiglia più stretti, la migliore amica di Astoria con il marito, e tutti insieme avrebbero cenato e brindato ai suoi venticinque anni, alla sua salute e alla sua perfetta figura di giovane donna, augurandole altri cento di quei giorni felici. Sarebbe stata una bella serata e, al momento di coricarsi, Draco avrebbe pensato che in fondo, in giorni come quello, la sua vita gli riservava un sacco di soddisfazioni.

Invece Astoria si era ammalata, e al momento versava in pessime condizioni, barricata in camera da letto, tutta sudata per la febbre alta e con una tosse da scuotere le mura del palazzo. Draco non se l’era proprio sentita di abbandonarla al suo destino in compagnia di un elfo puzzolente, per cui l’aveva affidata alle cure nevrasteniche di sua madre, offrendosi volontario di andare a recuperare qualcosa che potesse calmarle la tosse, oltre a prendersi la responsabilità di fare da balia a Scorpius per il resto della giornata. D’altronde, come aveva tuonato imperiosa sua madre, non si poteva certo permettere che il bambino contraesse il virus, rischiando chissà quale complicazione alla sua tenera età. In verità Draco non credeva che un po’ di febbre potesse causare del gran male a un bambino di due anni, ma come al solito non se l’era sentita di stare a discutere e aveva accettato i consigli di sua madre senza battere ciglio.

Ed eccolo, quindi, a vagare in cerca di un dannato farmacista per comprare una panacea medicamentosa che lo liberasse del fastidioso problema, il tutto con un bimbo a malapena in grado di camminare appresso. Le donne di casa avevano insistito perché prendesse con sé il passeggino, ma Draco aveva deciso che, se proprio si fosse dovuto trasformare in mammo per il pomeriggio, l’avrebbe fatto nel modo più mascolino possibile, e almeno su questo era stato irremovibile: Scorpius sarebbe andato con lui, ma in braccio.

All’interno del negozio l’aria era calda e leggermente afosa, carica degli effluvi delle erbe esposte in ogni dove: appese alle pareti e al soffitto, dove erano probabilmente state poste ad essiccare, in barattoli ordinatamente classificati sulle mensole retrostanti il bancone, in enormi sacchi di iuta appoggiati a gruppi di tre o quattro perché si sorreggessero a vicenda. Nelle ampolle e nei barattoli, tra l’altro, Draco riconobbe un gran numero di poderose schifezze, ma cercò di concentrarsi sul medicamento di cui necessitava e di domare la propria masochistica curiosità.

L’anziana donna che lo precedeva, finalmente, si scansò, lasciando il negozio con la preziosa mercanzia appena acquistata, certamente qualche palliativo per allungare di pochi giorni la sua patetica vita, ed il farmacista si rivolse a Draco con un sorriso lusinghiero. Scorpius, naturalmente incuriosito dagli oggetti esposti, si comportò come tutti i bambini del mondo, manifestando con qualche borbottio sconclusionato il proprio entusiasmo e allungando le manine verso un grande contenitore di caramelle schiarisci-voce posto proprio lì vicino. Draco sbuffò, celando la tenerezza che solo il figlio era in grado di tirargli fuori con tanta semplicità, e lo rimise a terra, ammonendolo con un dito. Scorpius protestò silenziosamente, aggrappandosi ai suoi pantaloni ed ergendosi in tutta la sua statura, ma Draco si era già rialzato per ordinare.

“Mia moglie ha l’influenza: mi servirebbe qualcosa per la tosse, più che altro, prima che cominci a sputare sangue.”

Il farmacista fissò Draco con aria vagamente perplessa, ma sorrise ossequioso e si voltò, iniziando a trafficare tra i suoi scaffali. Draco ne seguì le mosse con sguardo annoiato e quando decise che la preparazione sarebbe andata per le lunghe iniziò a scorrere con gli occhi le etichette sui barattoli. Lavanda, ortica, semi di passiflora, bacche di… Draco non riusciva a leggere bene. Si sporse, assottigliando gli occhi per mettere a fuoco la parola mancante, ma invano. Sbuffò, frustrato, e tornò a controllare il farmacista che, dopo aver preparato un pacchettino, stava andando a recuperare qualche altra diavoleria. Sicuramente l’avrebbe riempito di inutili schifezze che non avrebbero avuto alcun effetto sull’influenza ma avrebbero alleggerito notevolmente le sue tasche, c’era da giurarci. Si guardò intorno sopraffatto dalla noia ancora una volta, quindi abbassò lo sguardo…e si immobilizzò. Di suo figlio non c’era più alcuna traccia.

“Scorpius?” chiamò incerto, voltandosi a studiare il negozio con improvvisa apprensione. “Scorpius?” ripetè, chiamandolo un po’ più forte.

Ma niente, il bambino non si vedeva da nessuna parte. Aggirò un cumulo di sacchi, guardò dietro al mobiletto, poi nell’angolo opposto del negozio.

“Ha visto mio figlio?” domandò imperioso al farmacista, che aveva concluso il suo tramestio e lo fissava perplesso.

“No, mi spiace,” rispose l’uomo, leggermente allarmato.

“Diamine!” imprecò Draco a denti stretti. Astoria l’avrebbe ucciso. Sua madre l’avrebbe squartato e appeso in mezzo alla pubblica piazza, lasciando che il suo corpo martoriato divenisse il pasto di corvi e avvoltoi. Non era possibile che, alla bella età di ventott’anni , non sapesse tenere sott’occhio suo figlio per più di quattro minuti. Era inammissibile. “Dev’essere qui, non può essere uscito. Come avrebbe fatto ad aprire la porta?”

“Si apre automaticamente, basta spingerla,” biascicò l’uomo, stropicciandosi nervosamente le mani.

“Scorpius!” chiamò Draco, sempre più preoccupato. Suo figlio era scomparso: qualcuno poteva averlo preso, il bambino poteva essere in pericolo. Ma come poteva essere successo… “Ha visto la porta aprirsi, lei?” chiese aggressivo al farmacista, che incassò un po’ la testa nelle spalle per difendersi.

“Io…non saprei, non mi pare…” borbottò, riparando nuovamente dietro al bancone.

Draco girò ancora su se stesso, impotente, poi si portò le mani alle tempie, cercando di mantenere la calma. Al massimo poteva essere uscito dal negozio, e allora sarebbe stato lì fuori, in Diagon Alley, sperduto in mezzo alla strada piena di passanti. L’avrebbe individuato subito, non poteva essersi allontanato troppo…

La porta del negozio si aprì con uno scampanio che prima, entrando, non aveva notato, e a cui non aveva fatto caso nemmeno all’uscita della vecchia signora. Draco spalancò gli occhi, sperando che suo figlio facesse capolino da dietro alla porta, ma dove si sarebbe aspettato di veder sbucare una testolina bionda i suoi occhi misero a fuoco un paio di ginocchia. Draco seguì le gambe del nuovo venuto scivolando su una corporatura stranamente conosciuta fino ad incontrarne il viso. Rimase senza parole: di tutte le persone che avrebbero potuto varcare quella soglia doveva essere proprio Harry Potter a presentarsi con in braccio suo figlio. Gli si strinse per un secondo il cuore. La visione di Harry con in braccio il suo bambino lo destabilizzò lievemente, scatenando in lui amari ricordi, ma fu lesto a riprendersi e l’esperienza venne in suo soccorso. Si raddrizzò, fissando Harry con finto distacco, e attese.

Harry gli sorrise e Draco vi lesse l’imbarazzo della situazione, ora che Scorpius l’aveva riconosciuto e si tendeva verso di lui, cercandolo con le braccia morbide e rotonde, chiudendo i pugni nell’aria.

“Questo…credo sia tuo,” ruppe il silenzio Harry, facendo saltellare il bambino tra le sue braccia una volta, prima di avvicinarsi e porgerglielo con mano esperta.

Draco si riappropriò di suo figlio come un rapace avrebbe fatto con la propria preda, o la propria nidiata, come in questo caso.

“Grazie,” mormorò, schiarendosi poi la voce, nel desiderio di suonare un tantino più sicuro e apatico nell’incontrarlo.

Rimasero fermi uno di fronte all’altro, gli occhi convenientemente abbassati sul bambino per non doversi guardare negli occhi, Harry con le mani troppo libere ora che aveva restituito Scorpius al legittimo padre. Le affondò dunque in tasca e si strinse nelle spalle.

“Allora… Ti trovo bene,” disse per rompere il ghiaccio, sfoderando una banalità qualsiasi.

“Già…” gli fece eco Draco, dimostrando più o meno lo stesso imbarazzo. “Anche tu.” Deglutì, mentre Harry annuiva stupidamente alle sue parole, quasi si trovasse davvero in forma anche lui. “Ho sentito che ti è nata una bambina,” buttò lì allora, la prima cosa che gli era passata per la testa. Avrebbe voluto rimangiarsi tutto poco meno di un secondo dopo.

Harry arrossì lievemente, ma i suoi occhi luccicarono di pura felicità.

“Sì. Lily. Ha…quasi tre mesi ormai.”

Draco sorrise suo malgrado. La voce orgogliosa di un padre, la conosceva bene quell’intonazione, perché gli apparteneva. Tutti quegli anni e alla fine erano diventati così…simili.

“È la terza, no?” commentò Draco, per una volta senza amarezza. Sapeva perfettamente che Harry aveva avuto tre figli e conosceva anche i loro nomi.

“Sì,” confermò Harry. “Ora Ginny sarà contenta. Ci teneva ad avere una femmina…”

La menzione della signora Potter fece calare nuovamente il velo di disagio che erano riusciti a sollevare con difficoltà di un paio di centimetri. Harry si schiarì di nuovo la voce e Draco incollò gli occhi su suo figlio, sui suoi capelli quasi bianchi, proprio come i suoi.

Un movimento dietro al bancone ricordò a Draco dove si trovava. Lesto, colse l’occasione di trarsi d’impaccio accostandosi al farmacista, che attendeva le sue monete un po’ scocciato dal trambusto creatogli. Draco pagò, avendo questa volta l’accortezza di mettere Scorpius seduto sul bancone per un attimo, quindi lo prese di nuovo in braccio e si diresse fuori dal negozio, preceduto da Harry. Quando si ritrovarono in strada tra loro calò l’ennesimo momento di tensione, ma questa volta nessuno dei due abbassò gli occhi. Si studiarono attentamente e fu Harry a cedere per primo, sbattendo le palpebre e accennando un sorriso.

“Allora ci si vede, Draco,” lo salutò impacciato.

Draco annuì, senza crederci.

Harry lo imitò ancora una volta, poi sospirò.

“Ciao,” si congedò, voltandogli finalmente le spalle.

Draco riuscì a trattenersi per quattro secondi circa, il tempo di lasciargli fare tre passi, poi parlò.

“Sei felice?”

Harry si bloccò.

“Sei felice?” ripetè Draco, abbassando la voce al sussurro di una confessione.

Harry si voltò lentamente e sospirò, poi lo fissò dritto negli occhi ed il suo sguardo era sicuro, ma molto meno dolce di prima.

“Sono…sereno. Ginny mi dà stabilità e la mia famiglia… Sì, credo di essere felice.”

Draco sorrise appena, incapace di processare appieno i propri sentimenti.

“Bene,” disse infine. “Mi fa piacere sentirlo.”

Quindi si strinse al petto il figlioletto, salutò Harry con un cenno e gli diede le spalle, incamminandosi. La sua famiglia lo stava aspettando.

2008, scorpius, draco, harry, mici si cartofi

Previous post Next post
Up