[A due calci dal Paradiso] È una notte a Milano che vedi (Sandro, Francesco)

Aug 09, 2010 17:53

Titolo: È una notte a Milano che vedi
Fandom: A due calci dal Paradiso
Personaggi: Sandro, Francesco
Rating: PG14
Conteggio Parole: 884 (W)
Prompt: Cielo stellato @ bingo_italia  [ cartellina]
Note: Li amo. Li aaaaaamo. *piange tantissimo*
Disclaimer: Non mi appartiene nulla; è tutta fantasia; nessuno mi paga un centesimo.
~ I commenti sono l'amore. I lurker sono il male.

~ È una notte a Milano che vedi.

Francesco arriva al parco con la solita puntualità da schiaffi: mezz'ora di ritardo, minuto più o minuto meno, ed esattamente quando Sandro cominciava a domandarsi quale santo del Paradiso, alla fin fine, lo costringesse a restarsene lì ad aspettare quel deficiente cosmico.
"Allora, uomo, com'era?" lo accoglie, gettando via il rametto con cui stava cincischiando nell'attesa per salutarlo con la solita stretta di mano.
"Com'era che cosa?" s'acciglia Francesco, appena appena perplesso perché già s'aspettava una strigliata per la sua mancata puntualità, e, anzi, stava già cominciando a cercarsi qualcosa su cui fantasticare durante il comizio di Sandro.
"L'America, no?" replica l'altro, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. "Visto quanto c'hai messo ad arrivare, è da là che vieni, no?"
"Ma vaffanculo" rimbecca Francesco, tirandogli una sberla che diventa una mezza carezza non appena tocca la guancia di Sandro, e con un sorriso che non è per niente offeso.
"Oh uomo, vaffanculo tu!" ridacchia Sandro, sistemandosi più comodamente sulla panchina e guardandosi attorno con una smorfia identica a quella di Francesco. "Non so se ti sei accorto, però è quasi buio. Che minchia facciamo?"
"Eh, bella domanda," è lo sbuffo che riceve in risposta. "Che ne so, facciamoci un giro, vediamo chi c'è."
Sandro sembra contento del sommario piano per la serata e, con un verso dei suoi, salta in piedi, e poi prende a sgambettare per il viale in una direzione un po' a caso, tanto, riflette, se non devi andare da nessuna parte precisa, allora una strada vale l'altra.

Sebbene il vivaio dell'Interello abbia spalancato le sue porte ad entrambi, e sebbene il mister non faccia altro che ripetere, come se recitasse il rosario, che devono tenersi fuori dai guai e mangiar sano e riposare il giusto e tutto il resto, Sandro e Francesco non hanno mai smesso di essere due enormi teste di cazzo - un po' perché ce l'hanno nel sangue e un po' perché la reciproca compagnia non è che li aiuti a sopire gli istinti di idiozia. Se neppure un pestaggio in piena regola - con tanto di ossa incrinate e sopracciglia spaccate per Sandro, e una fifa blu non indifferente per Francesco - è riuscito a redimerli, figurarsi che cosa può ottenere il mister, che blatera, blatera, blatera, ma, alla fin fine, è interessato solo a quello che riescono a combinargli sul campo.
Perciò, i due colossali imbecilli passano quel che resta del pomeriggio a vagare come due scioperati per il parco e nelle immediate vicinanze: prendono un caffè al chiosco vicino alla fontana e rubano tre pacchetti di caramelle e un accendino; infastidiscono i piccioni e i vecchietti che danno loro da mangiare; si tuffano a turno nella vasca delle tartarughe, inzaccherandosi fino alle ginocchia e ridendo come matti finché il cielo non si fa talmente buio che persino la luce dei lampioncini sparsi qua e là lungo i prati e i viali rischiara ben poco.
A quel punto, impossibilitati a far altri danni perché anche il chiosco ha chiuso i battenti, Sandro e Francesco decidono di far quello che una qualsiasi persona sana di mente farebbe, nello stesso contesto: inciampati in un prato a casaccio, ci si lanciano in mezzo, sdraiati a pancia all'aria, a fissare la volta celeste e la luna e niente in particolare.
È una scena familiare ad entrambi, perché sono tre mesi che le loro serate si concludono così - gettati come lenzuoli ad asciugare sull'erba, come se il mondo non esistesse e l'unica cosa sensata da fare fosse starsene a grattarsi la pancia ed il culo, nel silenzio totale del parco a mezzanotte passata.
"Uagliò che cielo paura," soffia Sandro, incantato dalla secchiata di puntolini bianchi che trapuntano il cielo, e Francesco, accanto a lui, ridacchia sommessamente. "Che c'è, uomo?"
"Lo dici ogni volta," gli fa notare, stiracchiandosi con un mugolio soddisfatto. "Ogni cazzo di volta che siamo qua, tu apri quella fogna che ti ritrovi in mezzo alla faccia e dici 'uagliò, che cielo paura'."
"Beh?" s'immusonisce Sandro, sollevandosi sui gomiti per guardare bene in faccia lo stronzo che si ritrova per migliore amico, sebbene, c'è da dire, nel buio generale non riesca a vedere praticamente un cazzo. "Hai qualche problema?"
Francesco non risponde e sorride, le braccia incrociate dietro la testa e gli occhi persi nel cielo. Sandro non si rimette giù, ma continua a fissarlo, confidando che ben presto i suoi occhi si abitueranno alla mancanza di luce, ma i gomiti su cui è appoggiato cominciano a fargli male molto prima, irritati dall'erba secca e dal terreno duro perché sono settimane che non piove. Si ributta sdraiato, allora, sbuffando, e per buona misura assesta a Francesco un calcio in uno stinco - lo sente soffiare una bestemmia strozzata e un secondo dopo rotolano insieme sul prato, ricoprendosi allegramente di manate e insulti e morsi finché, ops, rotolano un po' troppo in là, e precipitano giù per le sponde ripide del laghetto del parco.
Sandro si aggrappa ai fianchi di Francesco, e per un attimo ha l'impressione di vedere la sua faccia terrorizzata, bianca come quella di un fantasma sotto la luce lontana delle stelle, poi l'unica coa che gli riesca di capire è l'acqua calda, immobile e dolce del lago che se li beve entrambi con un risucchio glorioso che fa fremere i rami di tutti gli alberi attorno.

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