Titolo: Spring '68
Serie: Rise of the Guardian
Characters: E. Aster Bunnymund, Jackson Overland Frost
Pairing: pre Bunnymund/Jack {Jackrabbit - platonic}
Rating: PG
Genre: Slice of life, Fluff
Warning: Furry (platonic); Slash
Prompt: 26. Risata immortale
Words: 1.914
Note: Precisazione: il genere furry non mi è mai piaciuto, mi piace l'idea di umani con appendici animali, ma stop. Purtroppo, già da quando ho visto il primo trailer di RotG in cui Frost era passato inosservato, mi sono innamorata di Bunnymund, poi ha aperto bocca, ho scoperto che era doppiato da Hugh Jackman e, sob, ormai andrei in giro a lanciare uova di pasqua come fossero coriandoli.
Questo per dire che Bunnymund è il mio guardiano preferito (anche se Sandy è stato quasi lì lì per rubargli il posto sul podio!) e che adoro l'idea di lui e Jack insieme, ma nelle mie fic, a meno che Bunny non diventi umano (e la cosa è seriamente presa in considerazione), sarà tutto mooolto platonico.
Disclaimers: I personaggi appartengono a William Joyce e DreamWorks
pre-moovie
Fic partecipante alla
500themes_itaTabella:
Here Aveva percepito il pericolo, sentendolo fin sulla punta dei baffi che vibravano annusando l'aria frizzante, profumata di fiori di primavera.
Le orecchie si erano mosse per ascoltare il bisbigliare degli steli d'erba su cui le sue uova zampettavano, alla ricerca di un nascondiglio, strofinando contro i gambi dei fiori che macchiavano di rosa, giallo, rosso e celeste, infilandosi nei buchi degli alberi, tra i rami dei cespuglio, nei cestini da pic-nic o, perfino, tra i libri di scuola. Ma c'era stato un altro rumore che aveva attirato la sua attenzione, un rumore sottile, soffice come il passo di piedi nudi sulla neve fresca, mischiato a quello strano profumo di brina e bucaneve.
Il sole stava per nascere sulle colline della città e, presto, le porte di tutte le case si sarebbero spalancate portando in strada l'allegro vociare dei bambini, per l'inizio della Caccia alle uova.
Sorrise, per quanto fosse bizzarro vedere un coniglio sorridere, ma lo sarebbe stato di più vedere un coniglio alto oltre il metro e ottanta, armato di boomerang legati dietro la schiena che balzava da un punto all'altro con un cesto di uova colorate che penzolava dalla zampa destra e occhi di un verde brillante che, impazienti, attendevano l'arrivo dei bambini.
«Ci siamo, è tutto perfetto.» la lingua svettò a leccare le labbra, l'accento australiano rotolò in ogni parola «Vedrai North se questa non sarà la Pasqua più spettacolare di tutti i tempi. Se ne parlerà per generazioni!»
Il 68 sarebbe stato il suo numero fortunato, decise, come l'anno che correva.
Stranito, sollevò il muso, sentendo di nuovo quell'odore particolare, fresco e piacevole, che sapeva di fiori invernali, di muschio bianco, di neve appena caduta e di racconti accanto al fuoco di un camino. Ricordava vagamente di averlo percepito una volta, tanto tempo fa, almeno due secoli addietro quando l'Uomo nella Luna fece nascere un altro Spirito, in una notte invernale, tra le profondità di un lago ghiacciato.
Frost.
Di colpo le lunghe orecchie si rizzarono.
Possibile che fosse quel Jack Frost?
«Ma che diavolo ci fa qui proprio ora?»
Era una soleggiata giornata di primavera, bloody hell! Non aveva alcun motivo, Jack Frost, di presentarsi alla sua Caccia alle uova e rischiare di incasinare tutto, conosceva la sua fama, il suo Snow day e, il modo in cui i baffi continuavano a vibrargli, gli suggeriva che i guai erano in arrivo.
«Yahooo!» una voce allegra e maschile cavalcò le correnti d'aria e, prima che potesse dire da dove arrivasse, una sferzata gelida spazzò su di lui, congelando tutto quello che incontrò sul suo cammino e facendo ruzzolare il Pooka tra i cespugli, insieme ad un gruppo di scoiattoli che squittiva lamentoso per il freddo improvviso.
«Sì, lo so, è Jack Frost e ha scelto un pessimo giorno per darmi fastidio!»
Riuscendo a mettersi accucciato, con le orecchie tese indietro e la zampa posteriore che grattava nervosamente il pelo, Aster puntò lo sguardo tra le foglie più basse, scorgendo la punta di un vecchio bastone nodoso e poi piedi nudi che camminavano nell'erba senza produrre il minimo rumore, scivolando sugli steli che si abbassavano subito dopo sotto al peso di cristalli di ghiaccio.
«Ma che...?»
«Chi va là!»
Occhi azzurri, come specchi d'acqua ghiacciati, si abbassarono verso il cespuglio e, ancora una volta, Aster non ebbe il tempo di fare niente, se non fissare lo sguardo che lo fissava a sua volta, tra foglie congelate in parte.
«Oh, scusa, non volevo spaventarti piccolo.»
Il Guardiano della Speranza dovette ammettere che aveva una voce calda, per essere uno spirito invernale e si stupì quando vide la sua mano tendersi verso il cespuglio, superando lentamente le foglie davanti a sé, con la punta delle dita che sfiorarono gentilmente il suo naso e risalirono il pelo, in una carezza straordinariamente delicata.
«Non voglio farti del male, piccolo, dai esci fuori.»
«Piccolo. A. Me?» sibilò, rendendosi conto soltanto ora di come -quel... quell'idiota!- l'avesse appena chiamato.
Piccolo.
Lui.
Che vantava almeno il triplo dei secoli di vita di quel moccioso! Lui che era alto, forte e fiero e che lavorava duramente affinché il giorno di Pasqua i bambini di tutto il mondo potessero gioire per le sue uova! Lui che...
«Per l'amor del cielo, vuoi smettere di solleticarmi il muso, me lo stai congelando!»
«Wow, certo che ne hai di polmoni per avere una voce così.» considerò il ragazzo, sorridendo e, per un attimo, quel sorriso sbarazzino immobilizzò sul posto Aster (Anche gli umani erano così belli quando sorridevano?); se non fosse stato per il piccolo roditore che batteva la zampina contro il suo fianco, ne sarebbe stato incantato per sempre.
«Ah giusto, adesso glielo dico.» sbottò invece e, in pochi secondi, si erse in tutta la sua altezza, tendendo le grosse orecchie verso l'alto, assottigliando gli occhi verdi e mostrando denti bianchi dai lunghi incisivi, svettando e troneggiando più alto di una buona spanna sul corpo sottile di Jack Frost «Allora, bamboccio, a chi hai dato del piccolo?»
Jack sbatté le palpebre sorpreso, aveva anche trattenuto il fiato che rilasciò mentre guardava ammirato quell'ammasso gigante di pelo, i bracciali di cuoio che ricoprivano le sue zampe fino ai gomiti e la bizzarra espressione umana del suo muso.
«Ma dove sono finiti i piccoli teneri coniglietti di una volta?»
«Sono stati congelati da te, scommetto. Che t'è saltato in mente di...» la coda dell'occhio individuò per caso un paio di uova rovesciate a guscio in su che muovicchiavano disperate le zampette, tremanti per essere finite intrappolate in una lastra di ghiaccio «Le mie uova...» mormorò, accucciandosi per aiutarle a risistemarsi, rendendosi conto solo in quel momento che, in pochissimo tempo, la più veloce bufera di neve che avesse mai visto si era abbattuta sull'intera città colorandola di bianco.
Davanti a lui, lo Spirito invernale abbracciava sorridente il suo bastone.
«Allora devi essere tu il famoso Coniglio Pasquale, eh?» prese atto, giocando a lanciare in alto un uovo colorato, riprendendolo poi al volo.
«Sì e sono anche quello che ti spaccherà la faccia! Che.. che... che ci sei venuto a fare qui? La Pasqua... la mia Caccia alle uova... t-tu hai mandato tutto all'aria!»
«Eh? Ma no, l'ho solo migliorata! Non ringraziarmi, Fluffy.»
«Il nome è Bunnymund.» sibilò, seccato, stringendo minaccioso la zampa nel pugno «E. Aster Bunnymund.» e, allungandola verso la mano dello Spirito, recuperò il proprio uovo, rimettendolo con cura nel cesto abbandonato sull'erba, scoccandogli un'occhiata torva «E tu sei in un mare di guai, pivello.»
«Non la starai prendendo un po' troppo sul personale?»
«Mi stai prendendo in giro?!»
«No, se avessi voluto farlo avrei parlato delle tue enormi zampe o delle tue orecchie o ti avrei chiesto se potevo farti un grattino o toccarti la...» con aria pensante, si sporse di lato, ghignando birbante a guardare il batuffolo di coda che il Guardiano agitava irritato, prima di accorgersi di quello che il ragazzo stava guardando e portare le zampe a coprirsi pudicamente. Se fosse stato possibile, sarebbe arrossito.
Gli era bastato mezzo minuto in compagnia di Jack Frost e già lo odiava. Avrebbe preferito farsi venire le carie ai denti dalle stucchevolezze di Cupido o sopportare le lamentele del Lepricano sull'ingiustizia della libertà d'uso del colore verde.
«Ok, te lo chiederò con le buone per questa volta, perché sei nuovo e non mi conosci:» riprese, paziente «fai sparire questa maledetta neve, Jack Frost.»
Il sorriso di Jack, se possibile, divenne più bianco, di un candore accecante e gli occhi azzurri sembrarono quasi liquidi, immensi e pieni di entusiasmo.
«Conosci il mio nome!» esclamò, genuinamente felice.
Aster boccheggiò per qualche istante.
Era chiaro che quel ragazzino stesse cercando di confonderlo.
«Tutti conoscono il tuo nome.»
«Davvero? Non pensavo di essere famoso!»
«Lo sei, sei come gli uragani a cui gli umani danno i nomi.»
«Tsk.»
Storse il naso, stringendosi nelle spalle e tirandosi indietro di un passo, il bastone sempre tra le dita sottili. Sbuffò e dalla piccola nuvoletta di fiato bianco si condensarono piccoli chicchi di neve a cui se ne aggiunsero altri dal cielo.
«Cos... no... nononono! E' primavera, Frost e a primavera non nevica!»
«Mi dispiace, Cottontail, questa primavera a quanto ci sarà una nevicata fuori stagione. Ma non te la prendere, ai bambini piace!»
Il Pooka aggrottò la fronte, non si sarebbe notata la differenza se non fosse stato per il tatuaggio blu che si deformò in parte sul pelo grigio-azzurro e, confuso, spinse lo sguardo oltre le spalle del più giovane, verso le strade innevate della città, sull'erba bianca e sui tetti delle case, prima di sentire il familiare trillare di una risata fanciullesca.
I bambini si erano svegliati e ridevano correndo nella neve vestiti come se fosse una normale giornata di dicembre -per quanto fosse Aprile-, urlacchiando felici davanti ad un oceano colorato di uova, uscite allo scoperto per il troppo freddo.
E quando si resero conto che non c'era bisogno di cercarle perché erano già tutte lì, iniziarono a giocare con la neve, tirandosela addosso, costruendo fortini e raccattando munizioni.
«No, le uova no!» Aster si coprì gli occhi con le zampe quando vide un bambino prendere in mano una delle uova per tirarla, confondendola con una palla di neve. Fu un sollievo scoprire che il piccolo aveva la peggior mira tra i bambini del vicinato e l'ovetto atterrò in un mucchio di foglie cadute per il vento, salvandosi.
«Jack!» berciò il Guardiano.
Ma Jack era già in mezzo ai bambini, a svolazzare sulle loro teste, più infantile di loro, congelando il berretto di uno, soffiando nell'orecchio di un altro, tirando palle di neve contro le loro schiene o bucando i volti dei pupazzi appena creati per aggiungerne gli occhi.
Rideva, come lo spirito libero che era, cullato dalle braccia del vento che aveva imparato a cavalcare.
Aster serrò i denti, accanto a lui lo scoiattolo e la sua famiglia starnutirono.
La sua caccia era stata un disastro, rovinata per colpa di quel piccolo imbecille.
E lui rideva, rideva come se fosse nato soltanto per far sentire la sua risata al mondo, bellissima, formata dallo stesso suono di campanelle di ghiaccio e del canto del vento e delle cascate di montagna.
Da allora Aster non aveva più avuto occasione di rivedere Jack Frost, aveva passato gli anni seguenti nella propria tana, ad organizzare piani serrati anti-frostbite, era stato costretto a rispondere al terzo grado di Toothiana sulla bellezza dei denti dello Spirito, per poi prendere la saggia decisione di ignorarla, e gli anni trascorsi erano diventati quasi cinquanta.
Alle volte, seduto in mezzo alla sua radura, circondato da centinaia di migliaia di uova bianche e colorate che sbocciavano dai fiori magici, gli capitava di sentire l'eco lontano di una risata fanciullesca e allora spalancava gli occhi, si guardava intorno spaesato e si riscopriva a muovere il proprio pennello nel disegno di un sorriso canagliesco o seguendo le linee di un fiocco di neve o di un lungo bastone nodoso. Ma subito dopo intingeva l'uovo in un bagno di vernice verde o lilla e ricominciava da capo, borbottando qualcosa su una "bloody egg hunt del sessantotto rovinata da un frigorifero ambulante".
Credeva non l'avrebbe più rivisto.
Una parte di sé, forse, ne era dispiaciuto.
Finché...
«L'uomo nella Luna ha scelto nuovo guardiano.»
La voce di North scivolò solenne sulle pareti del Palazzo di Santa Claus ed i Guardiani al completo guardarono il cristallo che rifletteva la luce argentata della luna e che, secoli addietro, aveva annunciato anche il loro arrivo, uno ad uno.
Aster si strinse nelle spalle unendo le zampe in una preghiera, nella speranza che non venisse scelta la Marmotta. Tutto ma non lei. Era già abbastanza difficile essere l'unico Pooka del gruppo e ritrovarsi a scontrarsi tutti gli anni con North e il suo "Oh-oh-oh, il Natale è meglio della Pasqua, Merry Christmas!".
Ma quando il riverbero dei raggi diede vita all'immagine di un ragazzo dal volto nascosto dal cappuccio di una vecchia felpa da cui si vedeva soltanto un malizioso sorriso divertito, il verdetto fu perfino peggiore del previsto.
«Jack Frost.» commentò il Guardiano Natalizio.
Toothiana sospirò estasiata insieme alle sue fatine dei denti, Sandy si mostrò più interessato a ricreare con la sabbia l'immagine di Jack e lui, Aster, sentì il suono di una risata immortale che trillava splendida e ancora viva nelle sue orecchie, ricordandola come se ne fosse stato investito solo pochi minuti prima, ritrovandola impressa così a fondo nella propria memoria che sarebbe stato capace di riconoscerla ovunque nel mondo.
«Come non detto, scegliamo la Marmotta.» borbottò, con finta convinzione.
Jack Frost.
Dannazione.
Avrebbe incontrato di nuovo Jack Frost...