[Heroes] You promise me that I'll get through this ~ Adam/Peter

Apr 06, 2009 21:06

Titolo: You promise me that I'll get through this (and do something right for once)
Fandom: Heroes
Beta: iosonosara
Postata il: 12/06/2008
Personaggi: Peter Petrelli, Adam Monroe
Pairing: Adam/Peter {ed eventuali riferimenti ad altri pairing, che potete vedere o non vedere xD}
Rating: Pg13
Conteggio Parole: 843 (W)
Avvertimenti: Slash
Disclaimer: I personaggi della storia appartengono ai rispettivi proprietari e creatori, che ne detengono i diritti. Nulla di ciò è scritto a scopo di lucro.
Note:
#1: Scritta per il compleanno di chibi_saru11 *_*. Spero ti piaccia, cara. ♥ E perdona il ritardo ç_ç.
#2: Ambientata durante la puntata 2x08 e i Quattro mesi prima.
#3: Titolo da More than useless dei Relient K (e grazie ad iosonosara).


You promise me that I'll get through this (and do something right)

Uno.

Appena il flusso di immagini termina, lasciandolo spossato come dopo una corsa sulle montagne russe, Peter solleva lo sguardo su Adam quasi con titubanza.
«Ricordo tutto,» sussurra, così a bassa voce che l’altro lo sente appena.

Ma il sorriso che compare sul suo viso dice tutto ciò che c’è bisogno di dire e, per la prima volta da settimane, Peter non si ritrova completamente disorientato. Forse è per la memoria appena riacquistata, eppure, appena Adam gli appoggia una mano sulla spalla, avverte una stabilità che non credeva possibile ritrovare.

«Bentornato, Peter,» mormora l’uomo, fissandolo negli occhi.
E lui, ora, ricambia il sorriso con sicurezza, perché, finalmente, sa di nuovo chi è, qual è il suo scopo, cosa vuole.

Così annulla definitivamente la distanza tra loro e lo bacia con foga, per poi staccarsi nuovamente e ripetergli all’orecchio, «Ricordo tutto.»

E, prima di essere spenta da un altro bacio, la risata che sente risuonare sulla propria pelle gli appare come tutto ciò che ha cercato affannosamente fino ad ora.

Due.

Peter è perfettamente cosciente che quello che stanno facendo è pericoloso. Ha visto con i propri occhi dove la Compagnia è in grado di arrivare per raggiungere i suoi scopi e, certamente, questa loro fuga non condurrà a nulla di buono. Si saranno già mossi per scovarli e riportarli in cella, e, ne è sicuro, non si fermeranno finché non ci saranno riusciti.

Eppure, l’idea di tirarsi indietro non lo accarezza nemmeno per un istante. Adam lo ha salvato da qualsiasi trattamento avessero in mente di riservargli, gli ha ridato la libertà e, soprattutto, ha la capacità di curare Nathan.

E Peter non può evitare di fidarsi di lui, a questo punto, ricacciando il timore in fondo allo stomaco e procedendo spedito verso la propria meta. Nathan lo sta aspettando e nulla impedirà loro di raggiungere quel dannato ospedale.

«Non so come avrei fatto senza di te,» sussurra ad Adam, un attimo prima di varcare la soglia della camera in cui è ricoverato suo fratello.
E il semplice «Sono qui, Peter,» che gli arriva in risposta è, ancora una volta, la rassicurazione di cui ha bisogno.

Tre.

Man mano che i giorni di prigionia trascorrono, la cella si fa sempre più asfissiante. Ci sono volte in cui sembra che le pareti gli si chiudano addosso e, quando Elle arriva a portargli le sue pillole, fatica a mantenere un contegno apparentemente calmo.

Unicamente il fatto di buttarle via, quelle pillole, appena la ragazza si è chiusa la porta alle spalle, gli dà qualche sollievo: finalmente, comincia a sentire di nuovo la mente lucida e le proprie forze al loro posto.

Ma l’impazienza lo sta lentamente disintegrando - il pensiero che Nathan sia là fuori, forse in fin di vita, ricorre in ogni istante - e sono solo le rassicurazioni di Adam che arrivano dall’altra parte del muro a dissuaderlo dal mettere a dura prova i propri poteri già indeboliti.

«Voglio andarmene di qua,» ripete per l’ennesima volta, la testa appoggiata contro il muro che separa le due prigioni.
«Non è ancora il momento, lo sai.»
Peter lo sa, eppure non riesce a trattenersi dal ribadire, in un tono che probabilmente suona infantile, «E voglio anche vederti.»
L’altro ridacchia e, «Presto,» replica. «Davvero.»

Quando torna il silenzio, il ragazzo si sente già maggiormente disposto ad aspettare.

Quattro.

È cominciata come una banalissima conversazione - dopotutto, parlare è tutto ciò che resta loro da fare per trascorrere il tempo.

Adam gli ha chiesto, «Hai una donna?»
Peter ha avuto una fugace visione di Simone - un’immagine di lei sotto la pioggia che, subito, è diventata quella del suo corpo steso a terra e privo di vita -, poi una - ancora più rapida e immediatamente allontanata - di Claire, prima di negare. «Nessuna, al momento.»

E, da lì, dopo altri discorsi di nessuna importanza, è giunto a domandare, «Com’è vivere per sempre?»

Segue un attimo di silenzio a quella domanda, come se Adam - dall’altra parte del muro - stesse meditando su una risposta valida. Peter attende, ma quando nota che quel silenzio si protrae troppo a lungo, non può evitare di sentirsi a disagio per averla posta.

Sta per ritrattarla, dire che non ha davvero bisogno di saperlo, quando la voce dell’altro gli arriva in poco più di un sussurro.

«A volte è bello,» comincia, «riesci a sentirti potente, invincibile. Altre no. È stancante e vorresti solo poter premere un grilletto e farla finita, come tutti gli altri.»

Peter tace, lo stomaco contratto dall’imbarazzo dovuto all’aver tirato fuori un argomento tanto delicato, mentre cerca una qualche frase adatta a risollevare l’atmosfera.

Ma, ancora una volta, è Adam a parlare per primo.
«E, decisamente, è una gran rottura dopo trent’anni chiuso nello stesso posto,» ride. «Però può essere tutta una questione di compagnia, non credi? Magari ora che ci sei tu sarà più divertente.»

Il ragazzo si unisce alla sua risata e concorda, «Ci scommetto.»

Quando poi, dopo qualche istante, Adam riprende («Ho un piano per andarcene da qui,» dice), la contrazione dello stomaco di Peter è di piacevole anticipazione.

«Dimmelo,» sussurra in risposta.

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