Titolo: Distrazione n.1: Invisibilità
Raccolta: Distrazioni
Fandom: Heroes
Beta:
iosonosaraPostata il: 18/11/2007
Prompt: #1: childhood memories @
syllablesoftimePersonaggi: Claude Rains, i suoi genitori (inventati), Ivan Spektor
Rating: Pg
Conteggio Parole: 465 (W)
Avvertimenti: Linguaggio a tratti scurrile
Disclaimer: I personaggi della storia appartengono ai rispettivi proprietari e creatori, che ne detengono i diritti. Nulla di ciò è scritto a scopo di lucro.
Tabella:
qui.Note:
L’ambientazione è pre-serie, ma esistono riferimenti all’intera prima stagione del telefilm.
Distrazione n.1: Invisibilità
Fu affascinante scoprire di avere un’abilità particolare - un’abilità che nessuno tra quelli che conosceva pareva possedere. Fu affascinante scoprire di non essere solo il figlio ribelle di Julia e Thomas, il ragazzo di sedici anni che, citando i suoi insegnanti, aveva ottime capacità ma carenza di interesse.
Da quel momento - da quando Claude scoprì di poter diventare invisibile - la sua vita sembrò assumere una colorazione più intensa e, finalmente, trovò qualcosa a cui valeva la pena di prestare attenzione.
Non ne fu spaventato; avvertiva una sorta di sesto senso che gli diceva che, nonostante le apparenze, non c’era nulla di sbagliato, in quello, nulla da temere. E Claude, effettivamente, non lo temeva.
Lentamente, un passo alla volta, cominciò a studiare il proprio potere in gran segreto. Si chiudeva nel garage di casa - quello pieno di cianfrusaglie che né sua madre, né suo padre aprivano mai - e, davanti ad uno specchio, testava la propria capacità. Non ci mise molto a controllarla; qualche settimana in più, invece, ci volle perché riuscisse a rendere invisibili anche gli oggetti che toccava - e infatti, all’inizio, era stato inquietante vedere riflesso nello specchio un bicchiere galleggiante a mezz’aria.
Pian piano, cominciò a sperimentare l’invisibilità in pubblico: passava davanti a suo padre - le rare volte che era in casa - senza che lui potesse vederlo, faceva scherzi alla vecchietta odiosa che abitava in fondo alla strada, rubandole il giornale da sotto il naso, entrava in aula in ritardo, dichiarando, di fronte allo sguardo stranito del professore, di essere sempre stato lì seduto, e, ovviamente, visitava gli spogliatoi delle ragazze poco prima dell’ora di ginnastica.
Poi, un giorno, Claude capì cosa davvero l’essere invisibile implicasse.
Aveva saltato la scuola - non che fosse una novità, questa - e, annoiato dal girovagare inutilmente per la città, decise di tornare a casa. Suo padre, come al solito, era in viaggio per lavoro e immaginava che sua madre, occupata con le faccende domestiche, non si sarebbe mai resa conto della sua presenza.
Non successe, infatti. Julia non si accorse del figlio che la osservava, immobile sulla soglia della camera da letto, scoparsi il nuovo inquilino del quartiere e Claude fu costretto ad aggiungere questa splendida immagine ai propri ricordi d’infanzia.
Ancora con gli occhi sbarrati e facendo tutto il rumore possibile, Claude ritornò indietro, uscì di casa, prese l’auto di suo padre e guidò per tutto il pomeriggio, senza una meta, finché la benzina non finì.
A ritrovarlo, la mattina dopo, seduto ad una panchina a qualche città di distanza, non furono Julia o Thomas, ma un uomo di nome Spektor che lavorava per una certa Compagnia. Claude lo seguì senza protestare e, quando qualche mese dopo gli fu data la possibilità di tornare a casa, la sua risposta, semplicemente, fu: Non rimetterò mai più piede, lì dentro.