Titolo: Brandelli di invidia (ma tu non sei loro)
Fandom: DC Comics
Beta:
iosonosaraPostata il: 08/11/2008
Prompt: Invidia @
settepeccatiPersonaggi: Bruce Wayne, Harvey Dent (Due Facce).
Pairing: Nessuno per quanto riguarda Bruce, ma si può vedere del Due Facce/Harvey, volendo
Rating: Pg15
Conteggio Parole: 1.230 (W)
Disclaimer: I personaggi della storia appartengono ai rispettivi proprietari e creatori, che ne detengono i diritti. Nulla di ciò è scritto a scopo di lucro.
Tabella:
qui.Note:
~ La coppia Due Facce/Harvey è assolutamente canon, oltre che malata e insana e quant’altro. Ma è canon, credetemi.
~ In teoria, gli eventi di questa fic dovrebbero svolgersi in seguito ad un preciso episodio narrato nell’Arkham n. 2, quello di Due Facce, appunto, in cui Harvey si lancia giù da un palazzo deciso a suicidarsi, dopo una serie di riflessioni sul padre che lo picchiava e sullo schifo che c’è nel mondo. Batman (amore ♥) si lancia nel vuoto insieme a lui e, dopo averlo portato in salvo su un cornicione, Harvey gli dice che Due Facce se n’è andato. In realtà, non ci sono particolari riferimenti a questo avvenimento, nella mia fic, però è il mio episodio preferito fino ad ora ed ero felice di raccontarlo xD.
~ Dedicata alla lovvata
iosonosara, soprattutto per quel retroscena sul pairing che mi è venuto fuori. È stata lei a mettermi la pulce nell’orecchio! ♥
~ Vi presento un’altra delle mie bambine. Ne fa parte di diritto. ♥
Brandelli di invidia (ma tu non sei loro)
A volte, si sente come se, nella sua testa, esistessero due personalità. Non quando veste i panni di Batman, mai in quei casi: il costume da pipistrello sembra sempre avere il potere di espellere ogni cellula appartenente a Bruce Wayne come se fosse solo un parassita, un peso di cui liberarsi per avere la mente lucida.
Bruce, invece, ad essere così netto non ci riesce mai.
*
«Cosa sei venuto a fare, Batman?»
La voce di Harvey Dent è roca, resa quasi grottesca dall’eco che rimbalza sulle pareti della cella spoglia.
«Sono qui per vedere come stai.»
Sta mentendo; la realtà, il motivo che l’ha portato ad Arkham, che l’ha portato nella cella di Due Facce, per la precisione, è ben diverso. Risiede in un cumulo di pensieri taglienti che hanno fatto a pezzi le sue notti e le sue giornate, riducendole a brandelli inservibili. Risiede in quel suo sentirsi diviso che è totalmente sbagliato, totalmente fuori luogo per la persona integra che mostra invece di essere.
«E come sto io, non ti importa?»
Batman sobbalza. Anche Harvey - o, meglio, una parte di lui -, nella sua camicia da detenuto malato di mente, sembra trasalire.
«Sta’ zitto,» mormora rabbioso.
Lo sguardo del pipistrello scorre rapido sulla figura dell’uomo che ha di fronte; indugia sulla parte deformata del suo viso, si sofferma a fissare l’occhio innaturalmente sgranato e vi scorge quella luce, la sua luce.
«Pensavo se ne fosse andato,» dice ad Harvey.
«Invece sono tornato, Harvey si sentiva così solo qui dentro. Saresti potuto venire a trovarlo prima, sareste potuti venire tutti, voi che un tempo vi dichiaravate suoi amici, invece di lasciarlo a marcire.»
«Sta’ zitto,» grida di nuovo la sua metà. «In queste condizioni non avrei voluto vedere nessuno, nessuno! Dovevo guarire con le mie forze.»
«Guarire! Sei così sciocco, Harvey. La verità, quella che ti ostini a non comprendere, è che sono l’unico a cui importa di te. È per questo che non possono dividerci, nessuno può; altrimenti, moriresti di solitudine.»
Harvey si prende la testa fra le mani e la scuote violentemente, mormorando una rapida sequenza di «Silenzio, silenzio, silenzio» che, però, sembra non funzionare. Batman avanza di qualche passo, fino a raggiungerlo al centro della cella, dove è seduto. Gli appoggia una mano sulla spalla, tentando di calmarlo, finalmente deciso ad agire, dopo aver assistito inerme al paradossale scambio di battute precedente.
«Non devi ascoltarlo,» comincia, ma il resto della frase viene interrotto dalla mano di Due Facce che, con un gesto brusco e violento, gli afferra il polso e lo spinge via, sfuggendo al contatto.
«Non toccarlo, tu, sudicio ipocrita,» sibila.
Il cavaliere oscuro indietreggia rapidamente, colto di sorpresa da quell’eccesso d’ira. I suoi muscoli si tendono tutti, per prevenire la possibilità che l’altro uomo voglia lottare. Ma ciò non succede: Due Facce resta immobile nello stesso punto in cui era, solo le sue mani si contraggono a pugno e le sopracciglia si aggrottano gettando ombra sul suo sguardo.
«Dicci la verità, Batman, confessaci perché sei qui. Credi che mentire con noi serva? Credi che non possiamo capire cosa ti agita semplicemente guardandoti?»
«Chi vuoi che lo sappia meglio di noi?» interviene anche Harvey, in un sussurro leggero, estremamente diverso dal ringhio rabbioso usato dalla sua metà.
Ancora una volta, il pipistrello resta in silenzio, senza poter aggiungere nulla al dialogo intessuto dalle due personalità che ha di fronte. È come subire inerme una doccia fredda, come se quelle parole grattassero il suo costume e ne mostrassero il contenuto; è la prima volta che non si sente completamente protetto dalla tuta nera.
«Sono venuto a trovare un vecchio amico, tutto qui,» insiste, ed è l’unica cosa che può fare. Non gli riesce nemmeno difficile, visto come la menzogna è radicata sulla sua pelle.
«Non crederci così ingenui, Batman!» grida Due Facce, alzandosi dalla sedia traballante e muovendo alcuni passi instabili verso di lui. «Sei venuto qui per te stesso, non per Harvey. Perché tu ci invidi, mio caro Cavaliere Oscuro, invidi il modo in cui collaboriamo, invidi il taglio netto che ci distingue, come riusciamo a lasciare le redini l’uno nelle mani dell’altro, a seconda del caso. Tu vorresti solamente essere come noi.»
«Voi non collaborate, Harvey ti vuole fuori dal suo corpo. Harvey ti detesta,» ribatte il pipistrello, la voce ferma e bassa, mentre si eleva in tutta la sua altezza, tentando di guadagnare un po’ di quella sicurezza che gli sta rapidamente scivolando dalle mani.
In tutta risposta, la bocca dell’altro uomo si spalanca in una risata sguaiata, senza ritegno. Piega il collo all’indietro e continua a ridere, di lui, di quella sua costruita certezza.
«Hai sentito, Harv? Che stolto, il nostro pipistrello,» mormora, riprendendo rapidamente il controllo del tono di voce. «Harvey non mi detesta,» ricomincia, tornando a rivolgersi a Batman. «Lui ha bisogno di me, è il mio nome che ha chiamato, la notte, quando ha avuto bisogno di qualcuno. Il mio. Quale nome invochi tu, invece? O meglio, quale nome invoca l’uomo sotto quella sciocca maschera? Di certo non il tuo, Batman. Lui ti odia.»
Pronuncia le ultime tre parole con lentezza, per sottolinearle al meglio e ricalcare la differenza. Poi solleva una mano in aria e fa per scacciarlo. «Adesso va’ via, lasciaci in pace,» dice, dandogli la schiena e dirigendosi verso la branda.
Batman si riscuote scrollando le spalle - quasi volesse liberarsi anche delle parole appena pronunciate da Due Facce - e annuisce, nonostante l’altro non possa vederlo.
«Arrivederci, Harvey. Spero che tu stia meglio, la prossima volta che ci vediamo,» saluta, in una perfetta imitazione di un atto formale.
«Addio, Batman,» è la risposta dell’uomo, subito accompagnata da quella - tagliente e sarcastica - dell’altra metà: «Grazie per la visita, è stato un vero piacere».
Solo molto dopo essersi chiuso la porta della cella alle spalle, quando è nella sua Batmobile e si sta dirigendo verso la Caverna, Batman avverte la tensione e l’inquietudine accumulate lì dentro cominciare a scemare.
*
A volte, si sente tagliato in due, come se Bruce Wayne e Batman fossero due personalità indipendenti l’una dall’altra. A volte, vorrebbe che Batman e la sua eccessiva razionalità sparissero nel momento in cui si toglie il costume e che restasse solo Bruce e la sua aria da giovane playboy viziato che mostra in giro. In questo modo, potrebbe baciare una donna senza pensare al macchinario di menzogne che dovrà necessariamente costruire dopo, dire a Tim e a Dick che è orgoglioso di loro senza il blocco che avverte sul petto appena tenta di dimostrare affetto, o ricordare Jason semplicemente con tristezza e nostalgia, invece che con un senso di colpa fatto di piombo.
A volte, si è ritrovato ad invidiare Harvey - un criminale, sì, un folle - per la facilità con cui si ha il passaggio tra lui e Due Facce, il modo assolutamente indolore con cui le due personalità si alternano senza infastidirsi l’un l’altro. Perché gli piacerebbe incredibilmente lanciare una moneta e spegnere Batman, di tanto in tanto.
Ma sa perfettamente che questo recondito desiderio non ha la minima possibilità di avverarsi. Che gli piaccia o meno, che sia costretto a nasconderlo o voglia farlo, Bruce e Batman sono la medesima persona e, nello stesso momento in cui ha indossato per la prima volta i panni del pipistrello, ha deciso di convivere con questa realtà.
La scelta, in fondo, è stata solo sua.