Remember

Jan 08, 2010 21:58

Titolo: Remember
Personaggi: Nebiros&Bellus
Raiting: PG13
Prompt: 77. Remember della Criticombola di Criticoni + 23. Visita del Meme di Halloween di michiru_kaiou7.
Riassunto: In quanto essere immortale conosceva poco e male il concetto di morte; probabilmente la cosa che per lui si avvicinava di più a quella nozione era abbandono e quello, invece, lui lo conosceva bene.
Avvertimenti: shonen-ai implicito; one-shot; spoiler per il VII volume.



I cimiteri erano posti come tanti altri; non c’era differenza fra un cimitero, un bar al centro della città o un paesino di campagna. Ci si incontrava sempre qualcuno quindi Nebiros non aveva mai capito per quale motivo gli esseri umani li temessero tanto. Almeno fino a quel momento.

In quanto essere immortale conosceva poco e male il concetto di morte; probabilmente la cosa che per lui si avvicinava di più a quella nozione era abbandono e quello, invece, lui lo conosceva bene. Ciononostante, da quando Aron era morto, le cose erano cambiate, e di molto: spesso si ritrovava nel cimitero dov’era stato sepolto e guardava la lapide su cui era scritto il nome dell’uomo, chiedendosi scioccamente se Aron l’avrebbe sentito parlare, se l’avesse fatto. Di certo non l’avrebbe sentito il suo corpo, metri sotto terra, chiuso in una bara.

Visitando così spesso quel luogo, iniziava a capire il motivo per cui alcune persone vi si recavano mal volentieri: non era come andare a trovare qualcuno - non che lui avesse così tante persone vive da andare a trovare - qualcuno con cui poter parlare. Quello davanti ad una lapide è sempre un monologo.

E probabilmente solo gli egocentrici riuscivano a parlare davvero con una tomba.

“Di nuovo qui, fratello?” La voce di Bellus - come si faceva chiamare in quel periodo - gli arrivò alle spalle, come una stilettata, irritante come al solito. Nebiros non fece nemmeno cenno di voltarsi, continuando imperterrito a guardare la tomba di Aron. “Dai, non fare quella faccia…” Gli disse il fratello, mettendogli un braccio intorno alle spalle. “Lo sai che il cucciolo ti aspetta lassù, no? Di che ti preoccupi? Non svolazzerà certo via…” Insinuò Bellus, ridacchiando.

Solo allora Nebiros lo scansò e fece per andarsene via.

“No, dai, fratellino, non fare così!” S’affrettò l’altro, andandogli dietro. “Non volevo rompere l’idillio…”

“Buffo che tu lo dica ora.” Commentò acidamente l’altro, riferendosi al fatto che, quando aveva organizzato la sua rivolta, non ci aveva pensato due volte a rompere l’idillio fra lui e la donna che amava - la cui anima s’era reincarnata in Aron.

Bellus capì che se voleva parlare con lui doveva misurare meglio le parole. “Ok, ho capito.” Disse, alzando le mani in segno di resa; poi si schiarì la voce, guardandolo in viso. “Ti manca tanto?” Domandò con fare casuale.

Nebiros si bloccò e lo guardò con un sopracciglio elegantemente sollevato. “È stata Pamela a mandarti, vero?”

“No, certo che… Ok, va bene! Che ci posso fare? È un essere umano e si preoccupa.”

“Fosse per te, in effetti, potrei anche essere morto dal dolore…”

“Come se una cosa del genere potesse mai accadere.”

Nebiros avrebbe voluto colpirlo dritto in faccia, cancellandogli quel sorrisetto beffardo, ma non lo fece, limitandosi a guardare altrove. No, in effetti non si sarebbe mai consumato dal dolore; nonostante amasse Aron, e lo facesse sinceramente, non aveva più - o non aveva ancora - quella purezza che gli avrebbe permesso di morire, finalmente, e tornare da lui. Forse era troppo presto per tornare a far parte del Cielo; eppure gli sarebbe bastato essere mortale e poter morire, sicuro che Aron l’avrebbe salvato e portato con sé. In quel momento capiva l’angoscia di Pamela, che, immortale, aveva comunque tentato di morire per ricongiungersi all’amato.

“Pamela chiedeva se volessi venire a stare da noi… Per l’ennesima volta.”

“Lo sa che non posso.”

“Certo che puoi, è che non vuoi!” Lo rimbrottò Bellus, braccia piegate dietro la nuca, mentre gli stava di fianco. “L’isolamento che ti è stato dato come pena alla fine t’è diventato tanto caro che non potresti farne a meno. Anche quel povero cucciolo doveva soffrire terribilmente per il tuo spirito così spiccatamente votato alla solitudine.”

“Ma che ne sai tu, Berial?” Sibilò l’altro, guardandolo con occhi ridotti a due fessure sul viso. “Tu che sei talmente stupido da non aver capito niente di Pamela fino a quando non ho avuto pena di te e ti ho detto cos’è che provavi per lei. Tu vorresti dirmi cosa provo io?”

Bellus lo guardò seriamente ed abbassò le braccia. Poi fece spallucce e tornò a guardarlo con aria indifferente. “Perché, vorresti dire che non è stato così?” Lo provocò l’altro, guardandolo sottecchi.

Nebiros scosse la testa, ripensando agli anni - ormai lontani - che aveva passato in compagnia di Aron. Quand’era ancora giovane ed in forma non gli si era mai allontanato, perché, nonostante le promesse di non lasciarlo mai più, temeva ancora che il giovane uomo potesse abbandonarlo; la paura l’aveva reso più possessivo di quanto non lo fosse stato in precedenza ed Aron lo avvertiva, ma non sapeva cosa fare. Gli era rimasto sempre vicino, non lo lasciava mai, ma nemmeno quello l’aveva tranquillizzato; la paura dell’abbandono era una forza molto più grande di qualsiasi sentimento avesse mai smosso quell’uomo. E nella vecchiaia, quando ormai Aron si vergognava a farsi guardare da lui, e si nascondeva quasi come un bambino sotto le lenzuola, Nebiros gli sedeva sempre di fianco - magari di spalle, per fargli credere che non lo guardava. Quando era morto, solo allora, il demone aveva capito che tutti i suoi sforzi per non farlo andare via erano stati vani e che se si fosse sforzato di vivere meglio i momenti in cui erano stati insieme, vivi, forse in quel momento avrebbe avuto meno rimpianti, meno motivi per andare pressoché ogni giorno a guardare una lapide che per lui aveva poco senso.

“Non era la solitudine il problema.” Mormorò a mezza voce, tanto che Bellus quasi mancò di sentirlo. Si stirò verso di lui, tendendo l’orecchio ed aspettando che aggiungesse qualcos’altro - qualcosa che però non arrivò mai, visto che Nebiros cominciò a camminare di nuovo, diretto - probabilmente - verso il suo castello solitario, circondato dalle sue bestie feroci.

Era la paura, pensò tra sé Nebiros.

“Morirai di solitudine, invece, te lo dico io!” Gli gridò dietro Bellus, anche se sapeva bene che ciò non sarebbe mai accaduto.

Nebiros rise, senza voltarsi. “Magari fosse così facile!” Poi si voltò, guardando oltre le spalle del fratello, fissando di nuovo lo sguardo sulla lapide che recava il nome di Aron.

Bellus non ebbe quasi modo di accorgersene, tanto fu veloce, ma gli sembrò, per un momento, che gli occhi dell’altro fossero lucidi di pianto.

the tarot café, challenge: criticombola, challenge: meme di halloween

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